Durante la ricca parata di eventi dedicati al videogioco e al fumetto della Milano Games Week and Cartoomics svoltasi dal 22 al 24 novembre, abbiamo avuto modo di intervistare un grande dell'industria dell'animazione giapponese: Masaru Kitao.

Per chi non sapesse di chi si tratti, basta dire che è direttore delle animazioni e character designer di Death Note. Il character designer è un ruolo fondamentale perché i disegni del manga devono essere riadattati in modo tale da essere animati in maniera più agevole. Vengono quindi caratterizzati, snelliti, puliti dei tratti superflui e resi veloci e semplici da far muovere.
Ma Masaru Kitao non ha lavorato soltanto a Death Note, perché è stato fondamentale per la realizzazione di un altro anime di culto: è stato character designer, direttore di episodio, storyboarder e animatore per Pesca la tua carta Sakura (Card Captor Sakura), altro titolo molto amato dal pubblico. La sua mano di animatore ha anche dato forma a Chobits, Bubblegum Crisis e l'antologia "sakuga" di culto che fu The Hakkenden a cui partecipò come animatore principale. Tra le serie attuali ha dato il suo contributo a Shingeki No Kyojin e Rurouni Kenshin.
 



Di seguito riportiamo l'intervista che abbiamo avuto l'onore di fare.

Innanzitutto come mai ha scelto di intraprendere la carriera di animatore?
A me piacevano molto teatro e recitazione: grazie all'animazione e ai disegni ho voluto arrivare a questa mia passione. Per le opere che mi hanno ispirato, direi tutte quelle di Osamu Dezaki.

Secondo lei quali sono le caratteristiche visive cruciali in un anime che l'animazione occidentale non riesce a replicare?
Secondo me sono gli occhi dei personaggi e le loro espressioni. A chi lavora nell'animazione giapponese piace molto rappresentare non tanto il movimento, un'animazione fluida dell'espressione o occhi o del loro movimento. Si va proprio a ricercare l'estetica del frame. Penso sia questa la fondamentale differenza. 

A suo gusto, è meglio lavorare su opere lunghe o brevi?
A me piace lavorare su opere abbastanza lunghe perché c'è modo di approfondire anche i rapporti tra i membri dello staff: sono importanti e vanno a migliorare il lavoro. Quindi direi di preferire le serie più lunghe di un solo cour, quindi più lunghe dei soliti dodici o tredici episodi. 


Masaru Kitao con Edoardo Serino che ha contribuito a far venire il maestro in Italia

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Qual è il suo approccio alle opere originali? Cosa trova maggiormente difficile?
Per quanto riguarda Death Note, i disegni di Takeshi Obata erano dettagliatissimi e molto difficili da riprodurre in animazione. Per me adattarli è stata la più difficile ripensando a Death Note. Poi di solito, diciamo che faccio come tutti gli animatori: prima di lavorare a un prodotto leggo sempre l'opera originale. Poi devo ammettere di essere un grande fan di Death Note, lo leggevo ancor prima di mettermi a lavorare all'adattamento animato.

Lei ha lavorato a molte opere di fantascienza, un genere che andava molto a fine secolo: secondo lei qual è la differenza, anche visiva, tra la fantascienza di ieri e oggi?
Nella fantascienza di un tempo quello che si vedeva era frutto di pura fantasia, ora quelle cose totalmente immaginate si stanno piano piano realizzando. Gli autori quindi cercano di essere più aderenti possibili alla realtà quando lavorano ad un'opera di fantascienza. Bisogna impegnarsi per rendere reali le cose. Prima questo non succedeva perché ciò che veniva immaginato era considerato come qualcosa di lontano. 

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Per quanto lei, dal suo lavoro, può percepire gli anime creati per la diffusione mondiale, per esempio per volere di Netflix, hanno qualcosa di diverso rispetto quelli creati internamente?
Onestamente no. Per noi che lavoriamo e basta non cambia nulla. Forse cambia il budget, perché le produzioni interne hanno un budget minore rispetto alle serie prodotte per Netflix o Amazon che mettono a disposizione un budget molto più grande.

Ripensando alle esperienze fatte sul posto di lavoro a serie più recenti, ad esempio Shingeki no Kyojin oppure Kenshin, può dirci dove vede diretta l'industria dell'animazione giapponese?
Probabilmente il fatto che ci siano molti remake significa che c'è una forte riduzione di valide opere originali. E in più c'è un problema di mancanza di staff. Il futuro non è particolarmente roseo.

Quali sono le opere che, a suo parere, le hanno permesso maggiore di avere maggiore creatività in quanto animatore, oppure quelle in cui pensa si sia espresso meglio?
Difficile rispondere. Fare animazione significa lavorare insieme ad altri e bisogna sempre sottostare a delle regole. Un animatore non può prendersi troppe libertà perché c'è sempre qualcuno che decide come devono essere fatte le cose. In tutte le opere cui ho lavorato mi sono trovato soddisfatto. Però devo dire che mi piace molto lavorare alle serie di Tetsuro Araki perché siamo davvero molto amici. 
 

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Quali sono gli animatori che l'hanno ispirata in passato o continuano ad ispirarla tutt'oggi? Sicuramente tra gli animatori del passato ci sono Akio Sugino, Shingo Araki, Manabu Ohashi, Akihiro Kanayama. Oppure Yoshinori Kanemori. E poi ci sono anche animatori attuali che mi ispirano, come Nobuteru Yuki. E pure un'altra! Lei è anche un'amica e compagna di lavori: Kumiko Takahashi che ha lavorato con me Pesca la tua carta Sakura.

E ringraziando il maestro per il suo tempo, per il lavoro che ha fatto e che continuerà a fare, concludiamo l'intervista con questo pilastro dell'animazione giapponese.

ps: si ringrazia Edoardo Serino per traduzione e per aver reso questa intervista possibile. Un sentito grazie anche all'organizzazione della Milano Games Week