La città di Hallfein un tempo sorgeva al confine tra tre province, prosperando grazie all'attività mineraria e al commercio. Tuttavia, una misteriosa tragedia colpì la pacifica cittadina e la maggior parte dei suoi abitanti scomparve completamente. Hallfein divenne un'area ad accesso limitato, il cui accesso fu proibito a tutti tranne che agli investigatori della capitale.
Diversi anni dopo, le restrizioni vengono revocate e si inizia a pensare ad un piano per il restauro della città. In questa occasione, due persone tornano ad Hallfein dopo essere state costrette ad abbandonarla tempo fa. Rias è una ragazza che desidera riaprire il negozio precedentemente gestito dal nonno scomparso, scoprendo di avere un talento per l’antica arte dell’alchimia. Slein invece vuole scoprire il significato delle ultime volontà del padre e saperne di più sul misterioso manufatto che gli ha lasciato, il "Geist Core", il quale sarebbe in grado di aprire percorsi verso dimensioni alternative. L’incontro tra i due sarà l’inizio di un viaggio alla ricerca della verità.
Anche i videogiochi mobile, come i cani di Don Bluth, vanno in Paradiso? La vita di Atelier Resleriana: Forgotten Alchemy and the Polar Night Liberator, iniziata nel gennaio 2024, si è interrotta bruscamente dopo poco più di un anno, quando la casa madre ha deciso di staccare la spina ai server occidentali (in Giappone la sua corsa continua). È una sensazione che i giocatori di mobile game hanno provato almeno una volta sulla propria pelle, ritrovandosi davanti quel temibile comunicato di “end of service” sul profilo ufficiale di un gioco che cade come una mannaia su un titolo che, magari, gli stava anche piacendo, pur consci del fatto che è così che funziona, dato che questo tipo di prodotti si sostiene unicamente con le microtransazioni, e se mantenere aperto un gioco costa più di quanto fa guadagnare, l’epilogo non può che essere inevitabile. Qualche cinico potrebbe anche dire “bene così, si fa pulizia”, il che sarebbe anche in parte condivisibile, ma dal punto di vista prettamente artistico e affettivo il pensiero che si possa “spegnere” il lavoro di mesi, se non anni, finendo in un vero e proprio buco nero, fa abbastanza riflettere, in un periodo in cui si parla tanto di preservazione.
Se è pur vero che quegli artisti e quegli scrittori sono stati – ci auguriamo – pagati per il loro lavoro, è un po’ triste pensare che i personaggi di un “Revived Witch” siano destinati a sparire dalla memoria, al di fuori di chi li ha visti in prima persona.
Forse è anche alla luce di questo che l’annuncio di un nuovo Atelier Resleriana da parte di Koei Tecmo, oltre ad aver stupito per il tempismo, dato che doveva ancora debuttare sul mercato il nuovo capitolo della serie, Atelier Yumia, ha lasciato una sensazione di piacevole sollievo ancora prima di capire cosa fosse. È stato sufficiente sapere che sarebbe stato un RPG tradizionale per console, con il suo inizio, la sua fine e il suo normale prezzo di lancio, per realizzare che almeno parte dello spirito e del lascito dell’Atelier Resleriana mobile, sarebbero convogliati in questa nuova e più consueta iterazione, permettendogli di continuare a vivere sotto un’altra veste.
Il primo dubbio da dissipare è capire quanto forte sia il legame che lega The Red Alchemist & the White Guardian al suo predecessore, al di là del nome, e quanto sia necessario conoscerne gli eventi per apprezzarlo al meglio. Fortunatamente per chi proprio di free-to-play e sistema gacha non ne vuole sapere, The Red Alchemist & the White Guardian è fruibile a sé stante, avendo una nuova coppia di protagonisti con una storia da narrare tutta per loro, ma è comunque doveroso aggiungere una postilla: questo Atelier include una discreta quantità di personaggi cameo e citazioni ai capitoli precedenti, alcuni anche abbastanza vecchiotti (per quanto Koei Tecmo si sia prodigata negli anni a portarli quasi tutti sui sistemi moderni, almeno da Rorona in poi), il che rende questo capitolo particolarmente intriso di fan-service indirizzato ai veterani della saga alchemica, più che ai neofiti. Seppur sia evidente che negli ultimi anni Gust abbia optato per una sorta di alternanza tra capitoli sperimentali e tradizionali, anche a distanza abbastanza ravvicinata (Ryza 2 con Sophie 2, Ryza 3 con il remake di Marie), mai come nel 2025 erano usciti due Atelier così agli antipodi come Yumia e Resleriana, tanto nella struttura di gioco quanto nei toni della narrazione, con il primo in netta rottura con il passato, tra esplorazione open-world e trama più cupa del solito, e il secondo così confortabilmente familiare, nel suo rievocare un più classico schematismo formativo inserito in un vivace contesto slice-of-life.
Appurato che la saga di Atelier abbia abbracciato a sé la teoria del multiverso, o del multi-mondo, se vogliamo essere più precisi (già Lulua ad un certo punto aveva a che fare con mondi paralleli, per non menzionare il peculiare Nelke), la massiccia presenza di cameo in Atelier Resleriana può essere un valore aggiunto, e certamente lo è, ma anche un’arma a doppio taglio; se bene o male Ryza, Meruru o Ayesha possono dire di essere abbastanza famose per essere riconosciute dalla maggior parte dei giocatori, una Elie o una Judith risultano già più ostiche, per un occidentale, con il rischio di farle apparire nulla più di strambe ragazzine incontrate per caso. Certo, questo può anche essere uno stimolo per andarsi ad informare sul passato della serie, ma l’efficacia di presentare Viorate semplicemente come un’amante di carote è quantomeno dubbia, considerato lo spazio dedicato ad ognuno di loro, e se era abbastanza pronosticabile un ruolo da comparsa per le due Shallie, Firis o Logy, stupisce constatare la marginalità nella trama per i personaggi introdotti nel primo Resleriana, al di là dei villain Lara e Geron, con la stessa Resna che nel suo ruolo di mentore-lampo per Rias, si è dimostrata fin troppo fugace per lasciare il segno.
Il trattamento di favore lo riceveranno i quattro personaggi giocabili, ovviamente, in aggiunta alla coppia di protagonisti, e per la loro scelta sembra che Gust sia andata a consultare l’ultimo sondaggio di popolarità ufficiale pre-Ryza, risalente al 2018 indetto in occasione del 20° anniversario, dove troviamo Sophie al 1° posto, una pucciosissima Totori al 2° e la vivace Willbell al 6°, la più amata tra le non protagoniste, una aggiunta dettata probabilmente anche per dare varietà al party affiancando alle tre alchimiste un personaggio con abilità da strega (ma non dite in giro che è una strega). Sorprende quindi in tal senso il ruolo di primo piano ricoperto da Raze, personaggio di Mana Khemia 2 che persino il sottoscritto ha impiegato qualche secondo per ricordare da quale gioco provenisse, ma sempre secondo tale sondaggio si scopre che nella nutrita categoria “spadaccini figoni” della serie è secondo soltanto a Sterk, la cui presenza sarebbe stata superflua senza Rorona.
Come da tradizione, ognuno di questi personaggi ha le sue side-story in più parti che hanno anche lo scopo pratico di sbloccare nuove voci dell’albero delle abilità, ma la narrazione principale è portata avanti dal duo protagonista e relative figure comprimarie come El, Randolf e Camilia. Se dal punto di vista dello sviluppo della narrazione non si avverte una grande differenza rispetto ad altri Atelier, e senza dubbio è difficile scoprirsi sorpresi da ciò che avviene sullo schermo, va anche detto che il ritorno, oltre quindici anni dopo Escha & Logy, ad una coppia uomo-donna, dona quel pizzico di freschezza al percorso battuto dalla serie nell’ultima decade, che per Gust passa sempre attraverso la sete di conoscenza, della verità e dunque la scoperta di sé e della natura delle cose. Qui a farla da padrone è un sottotesto romantico finemente marcato, che pare assumere i connotati di uno sfogo frutto di un tentennamento trentennale a volte francamente stucchevole, nel suo voler sempre delegare al giocatore la libertà di fantasticare sui propri personaggi preferiti, che sa solo di facile scappatoia; eppure basta un dialogo in più, un’inclinazione registica verso uno sguardo imbarazzato, con una protagonista mai così audace nel suo dire “vieni a vivere da me”, per imprimere un rapporto che si sviluppa tramite supporto reciproco (l’alchimia di lei non funzionerebbe senza il manufatto di lui) e sentimenti comuni nella ricerca della verità, andando a compensare l’impersonalità dell’atelier rispetto al consueto, tanto bello nel suo essere simile ad un planetario con il soffitto ricoperto di stelle, quanto estraneo per la nostra Rias, che si sente ospite e non proprietaria, consapevole, in fondo al suo cuore, di essere un’alchimista a tempo determinato.
Rias ha infatti una sua attività da gestire, il negozio del nonno, che si lega a quello dell’alchimia in maniera apparentemente casuale ma che rappresenta la parte manageriale di questo Atelier, la quale procede di pari passo con la ricostruzione di Hallfein, che da scialba cittadina la vediamo gradualmente trasformarsi... in una scialba cittadina ma meno diroccata di prima, con un maggior flusso di commercianti e di conseguenza una fornitura migliore di materiali e oggetti di ogni genere. Qui è dove Gust mostra maggiormente il fianco in quanto a sforzo produttivo, con questi pochi modelli di NPC piazzati nei vicoli della città a fissare il vuoto, anche se nessuno di essi è inquietante quanto il mercante Heiter che ho sperato fino all’ultimo fosse in realtà il villain finale, con quel perenne sorriso finto gentile tipico di chi scruta le gambe delle studentesse in metropolitana. Combattimenti a turni con le classiche due file da tre personaggi, frontline e retrovia, con possibilità di mitigare i danni parando gli attacchi avversari e di concatenare colpi speciali ma anche strumenti che coinvolgono tre persone nella stessa combo, per un flusso di gameplay abbastanza piacevole non fosse per una difficoltà generale ancora una volta tarata verso il basso, anche se non ai livelli a tratti imbarazzanti di Yumia. Skill e attacchi saranno sufficienti per avere la meglio sulla maggior parte dei nemici; le alchimiste del gruppo in particolare sono decisamente troppo forti (Sophie su tutti) lasciando agli oggetti offensivi, che dovrebbe essere la loro specialità, un ruolo marginale. Questo almeno fino a quando non ci si addentra nei dungeon generativi (i percorsi dimensionali) più avanzati, i quali possono avere come effetto passivo alcuni malus, come appunto depotenziare i colpi fisici, così da stimolare la creazione di bombe migliori e altri oggetti atti a offendere il boss di quella specifica area.
A compensare un’esplorazione di molto ridimensionata non solo rispetto a Yumia (il che era largamente preventivabile), ma anche ad altri Atelier dalla struttura più classica come Sophie 2 e Lulua, ci pensa un sistema alchemico molto più profondo rispetto a quanto visto nei capitoli più recenti della saga. The Red Alchemist & the White Guardian prende spunto dal sistema dei colori visto in Forgotten Alchemy and the Polar Night Liberator, ma lo amplia aggiungendo una maggior stratificazione nel processo di creazione, composto da due fasi per l’aggiunta di materiali in cui è possibile, nella seconda, aggiungere dei catalizzatori e soprattutto trasformare l’oggetto in un altro oggetto sbloccandone la relativa ricetta. Comprare i ricettari dai negozianti o compiere determinate azioni, infatti, non sblocca tutte le ricette del gioco, soltanto sperimentando, consultando l’albero delle ricette per capire quali materiali servono per la trasformazione, si avrà accesso alle creazioni più avanzate. In sostanza, passeremo molto tempo al calderone che torna ad essere il fulcro nevralgico del sistema di gioco, al netto di alcuni aspetti non immediatamente chiari (uno su tutti il livello di sviluppo di Hallfein, richiesto in un paio di volte nell’avventura), ma in questo Atelier si torna a ragionare e a sperimentare nel processo di creazione come non succedeva da diversi anni, trasmettendo un maggior senso di progressione e gratificazione in maniera graduale, facendoti godere la storia nel corso dei primi 6/7 capitoli salvo poi richiedere un maggior impegno nella fase finale. Graficamente il gioco è gradevole, caratterizzato da colori vivaci, una buona espressività sui personaggi principali e un’interfaccia ben illustrata e facile da navigare, delude però l’assenza di doppiaggio su molti dei personaggi storici. Gioco testato su PS5, disponibile anche per PC e Nintendo Switch.
Ultime recensioni della serie: Sophie 2, Ryza 3, Marie, Yumia.
Pro
- Sistema alchemico più stimolante per i fan della serie
- Progressione intelligente su più livelli
- La coppia protagonista funziona e dona varietà alla narrazione
Contro
- Esplorazione ridotta rispetto agli ultimi capitoli
- Personaggi cameo non molto valorizzati
Scherzi a parte, anche se non sto scherzando, in Escha e Logy avevo apprezzato moltissimo che i protagonisti fossero un ragazzo e una ragazza (per quanto abbia apprezzato anche le coppie tutte al femminile), quindi non vedevo l'ora di tornarci su!
Trovo strano che esca così vicino a Yumia, comunque.
Di converso, temo per le vendite di questo, considerato anche il periodo in cui è uscito, gli otaku giapponesi boicotteranno, Gust darà di nuovo la colpa al protagonista maschio come fu per Iris e in parte Logy e ci condanneranno ad altri 10 anni di ragazzine moe, che mi vanno anche bene, ma dopo un po' anche basta, per questo ho apprezzato molto Yumia come personaggio. Ovviamente speriamo non sia così e che continuino ad alternare le due formule, perché è lo scenario migliore, provando a proporre sempre qualcosa di diverso con una visione più globale delle cose, non lasciandosi influenzare troppo dai sondaggi giapponesi, anche se l'Atelier perfetto sarebbe quello con il budget e l'ambizione di Yumia e le meccaniche di gioco di Resleriana, che da giocatore di vecchia data ho trovato molto più soddisfacenti.
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