Tra le tante iniziative di animazione al cinema che affollano, anche se per pochi giorni, i palinsesti delle sale italiane, torna sul grande schermo un classico dell’animazione internazionale a partire dal 3 novembre: Il pianeta selvaggio di René Laloux del 1973. Si tratta del primo film d’animazione ad essere premiato al Festival del Cinema di Cannes.
La pellicola ritorna in versione restaurata in 4K per mostrarsi in tutta la sua potenza immaginifica e critica, tipica di quella fantascienza degli anni Settanta che inizia a intraprendere una strada più speculativa e a mettere in discussione lo status quo delle istituzioni.
Ecco il trailer del film.
Pronto dagli anni Sessanta ma distribuito solo dieci anni dopo, Il pianeta selvaggio ci trasporta su Ygam, un pianeta abitato da giganteschi esseri blu chiamati Draag, dediti alla meditazione. I loro figli trascorrono gran parte del tempo in compagnia degli Oms, piccoli esseri umani provenienti da un pianeta ormai distrutto e usati dai Draag come animali domestici. Terr, un giovane Om cresciuto e accudito da Tiwa fin dalla nascita, scopre che la conoscenza dei giganti viene trasmessa attraverso messaggi captati da una sorta di cuffia elettronica. Quando Tiwa viene iniziata alla meditazione, Terr fugge portando con sé una di queste cuffie. Da lì inizia un moto di ribellione degli Oms, stanchi della sottomissione ai Draag.
Il restauro gioca a favore della pellicola, esaltando gli straordinari scenari immaginati da Roland Topor, illustratore, designer, attore, cineasta e drammaturgo francese, che collaborò anche con Federico Fellini in film celebri come Il Casanova e Il pianeta delle donne. Con lui lavorò il regista e autore René Laloux, figura di culto nell’animazione d’autore, che con questo film nel 1973 firma il suo debutto alla regia di lungometraggio dopo una serie di cortometraggi, tra cui Les temps morts e Les escargots in cui tenta di riflettere sul tema della stasi del tempo e dello spazio.
Questi due punti rimangono la chiave del loro lavoro: infatti i due artisti collaborarono in modo sinergico, gestendo spazio e tempo del film in maniera magistrale e portando ciascuno la propria esperienza alla creazione di un mondo fuori dal comune. I due elementi chiave non pervadono solo questo film, ma l’intera opera di Laloux, che tornerà ad approfondirli in Gandahar e soprattutto in I maestri del tempo.

Ispirato al romanzo Oms en série (Homo Domesticus) di Stefan Wul, il film riflette su un tema tanto nuovo all’epoca quanto attuale oggi: il posto dell’uomo nell’economia dell’universo.
L’opera mette in discussione il concetto di deumanizzazione ma anche quello di antropocentrismo, aprendo invece al pensiero antispecista: prospettive che, negli anni Settanta, rappresentano una ventata d’aria fresca in un panorama fantascientifico ancora dominato da una visione glorificante dell’umanità e del suo progresso.
Pertanto, Il pianeta selvaggio invita spettatrici e spettatori a confrontarsi con un futuro in cui l’uomo non è più al centro del cosmo, ma deve fare i conti con l’alterità e con i propri limiti.
Tutto questo è accompagnato da un comparto tecnico d’eccezione: la realizzazione è avvenuta con la tecnica analogica del cut-out, che consiste nel ritagliare e muovere a mano i disegni, partendo dalle illustrazioni originali di Topor. Il tutto impreziosito dalle musiche di Alain Goraguer e Claude Pascal.

La pellicola ritorna in versione restaurata in 4K per mostrarsi in tutta la sua potenza immaginifica e critica, tipica di quella fantascienza degli anni Settanta che inizia a intraprendere una strada più speculativa e a mettere in discussione lo status quo delle istituzioni.
Ecco il trailer del film.
Pronto dagli anni Sessanta ma distribuito solo dieci anni dopo, Il pianeta selvaggio ci trasporta su Ygam, un pianeta abitato da giganteschi esseri blu chiamati Draag, dediti alla meditazione. I loro figli trascorrono gran parte del tempo in compagnia degli Oms, piccoli esseri umani provenienti da un pianeta ormai distrutto e usati dai Draag come animali domestici. Terr, un giovane Om cresciuto e accudito da Tiwa fin dalla nascita, scopre che la conoscenza dei giganti viene trasmessa attraverso messaggi captati da una sorta di cuffia elettronica. Quando Tiwa viene iniziata alla meditazione, Terr fugge portando con sé una di queste cuffie. Da lì inizia un moto di ribellione degli Oms, stanchi della sottomissione ai Draag.
Il restauro gioca a favore della pellicola, esaltando gli straordinari scenari immaginati da Roland Topor, illustratore, designer, attore, cineasta e drammaturgo francese, che collaborò anche con Federico Fellini in film celebri come Il Casanova e Il pianeta delle donne. Con lui lavorò il regista e autore René Laloux, figura di culto nell’animazione d’autore, che con questo film nel 1973 firma il suo debutto alla regia di lungometraggio dopo una serie di cortometraggi, tra cui Les temps morts e Les escargots in cui tenta di riflettere sul tema della stasi del tempo e dello spazio.
Questi due punti rimangono la chiave del loro lavoro: infatti i due artisti collaborarono in modo sinergico, gestendo spazio e tempo del film in maniera magistrale e portando ciascuno la propria esperienza alla creazione di un mondo fuori dal comune. I due elementi chiave non pervadono solo questo film, ma l’intera opera di Laloux, che tornerà ad approfondirli in Gandahar e soprattutto in I maestri del tempo.

Ispirato al romanzo Oms en série (Homo Domesticus) di Stefan Wul, il film riflette su un tema tanto nuovo all’epoca quanto attuale oggi: il posto dell’uomo nell’economia dell’universo.
L’opera mette in discussione il concetto di deumanizzazione ma anche quello di antropocentrismo, aprendo invece al pensiero antispecista: prospettive che, negli anni Settanta, rappresentano una ventata d’aria fresca in un panorama fantascientifico ancora dominato da una visione glorificante dell’umanità e del suo progresso.
Pertanto, Il pianeta selvaggio invita spettatrici e spettatori a confrontarsi con un futuro in cui l’uomo non è più al centro del cosmo, ma deve fare i conti con l’alterità e con i propri limiti.
Tutto questo è accompagnato da un comparto tecnico d’eccezione: la realizzazione è avvenuta con la tecnica analogica del cut-out, che consiste nel ritagliare e muovere a mano i disegni, partendo dalle illustrazioni originali di Topor. Il tutto impreziosito dalle musiche di Alain Goraguer e Claude Pascal.

Si tratta dunque di un film fondamentale per la storia del cinema d’animazione, e non solo, per la sua manifattura artigianale, il piglio squisitamente artistico, il design unico e l’uso dello spazio, del tempo e del colore che hanno fatto scuola.
Ma ciò che lo rende ancora più potente sono i suoi temi, profondamente attuali e universali, che continuano a parlarci a distanza di cinquant’anni.
A questo link potete trovare la lista delle sale aderenti e le date in cui il film sarà distribuito in ciascuna località.
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Un lavoro oggi probabilmente non possibile, frutto di uno sperimentalismo che ereditava davvero il concetto dell'immaginazione come motore dell'estro artistico.
Se si considera per esempio che Laloux sfruttò la sua passione per la psichiatria e usò alcuni disegni fatti da degenti dei manicomi per realizzare il film, si ha un'idea di quanto fosse incondizionata la premessa alla base dell'esperimento.
Un must imprescindibile.
non sei tenuto ad andarci
Per chi fosse interessato CG Entertainment ha lanciato la start up per l'edizione in home video del film in 4k + Blu-ray in concomitanza con la distribuzione cinematografica (tra gli extra, oltre al libretto, anche un'intervista a René Laloux e il cortometraggio Les escargots):
https://www.cgtv.it/film-dvd/il-pianeta-selvaggio/
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