Questa edizione della fiera lucchese ha dato l'opportunità al fandom italiano di incontrare due tra i mangaka dell'ultima generazione più interessanti e chiacchierati: Inio Asano e Kengo Hanazawa. Due personaggi che, come abbiamo avuto modo di verificare più volte dal vivo, si conoscono e hanno grande stima l'uno dell'altro: bastava notare la maglietta di "I am a hero" che sfoggiava Asano quasi tutti i giorni.
Vi invito a visitare il nostro sito nei prossimi giorni per il resoconto dettagliato e tutti i filmati (tra cui un'intervista esclusiva con il sensei Hanazawa) riguardanti la presenza di questi due artisti al Lucca Comics and Games 2013 con la speranza che sia riuscita a suscitare una certa curiosità verso le loro opere e a modificare in parte ciò che emerge da questo sondaggione.
A questo proposito vi consiglio, se non l'avete già fatto in passato, di leggervi queste due ottime recensioni.

Quale opera di Inio Asano giudichi come la migliore?



Un quartiere in periferia. Un gruppo di ragazzi neolaureati. Sogni, ambizioni, speranze: la vita. Questo è quanto Inio Asano descrive nel suo Solanin, un’opera che conferma, come ci si aspettava, il genio creativo e l’incredibile sensibilità del maestro.Di cosa parla Solanin? È l’avventura di un gruppo di giovani che stanno per diventare adulti? Parla dell’inserimento nel mondo del lavoro? Si, ma non è questa la trama. Solanin parla di certezze che mancano. Badate però, l’assenza di certezza è assai diversa dall’incertezza. L’incertezza è il dilemma tra più scelte, spesso invece, in Solanin, di scelte non ce ne sono affatto. Parla del vuoto, della grande paura che vive nello stomaco di tutti quelli che, superata l’età scolare, si sono scontrati a piena faccia con la vita e ne sono rimasti storditi. Crescere è difficile, si dice, ancor più lo è oggi, quando le responsabilità cascano in spalla a uomini e donne con anima e dilemmi infantili. E allora ecco il trauma, questo vuoto, questa paura, questo terrore che lacera. Niente incertezze quindi, niente dubbi, solo il vuoto causato dall’assenza di certezze. Perché è la noia a regnare sovrana nel mondo di Solanin, quella noia che sopraggiunge quando non si hanno più dubbi in quanto non si cercano risposte.Meiko, la nostra eroina, affronta così le sue vicissitudini, prende e molla un lavoro dopo l’altro, non si adatta, non si piega a quel monotono e statico meccanismo che è la società nipponica. Meiko, come i suoi amici, è irresponsabile, ma non del tutto. Il fatto che sia conscia della sua infantilità la catapulta nel mondo degli adulti. Un adulto cosciente di se stesso che però, ancora non vuole crescere. I ragazzi di Solanin sono degli eterni Peter Pan che pian piano cedono alla società, abbandonano i loro sogni, posano i piedi per terra per poi alzarli di colpo, senza un perché, o per il semplice fatto di voler volare ancora una volta, sentirsi ancora irresponsabili e adolescenti, per poi, loro malgrado, rendersi immediatamente conto che a una certa età le ali spariscono e quella spinta, che prima ti faceva volare, ora altro non è che il preambolo di una rovinosa caduta. E tanto più si salta in alto tanto più la caduta è dolorosa. Questo è Solanin, il poetico ritratto del risveglio all’età adulta, dove i nostri protagonisti, assorti nel tepore delle coperte adolescenziali, brontolano elemosinando gli ultimi istanti di sonno, prima che il sogno svanisca e cominci la vita.Ma il vero cardine etico su cui Asano punta è indubbiamente la ricerca di una felicità stereotipata nelle menti dei nostri protagonisti, e quindi, impossibile da raggiungere. Niente di ciò che hanno li soddisfa o riempie le loro vite e di nuovo impera quel clima di tedio, di noia che smorza i toni, scolorisce i sentimenti, fino a rendere i ragazzi di Asano apatici, privi della spinta necessaria che li deve catapultare nel mondo concreto. Bambini viziati, indubbiamente, come tanti giovani d’oggi, eterni insoddisfatti, si crogiolano nei loro problemi alla ricerca di qualche risposta, insopportabili e di certo irritanti a tratti.È questa genuinità nel dipingere il moderno ventenne giapponese a rendere Solanin un piccolo capolavoro. Serviva tutta la sensibilità di Asano per affrontare questo tema e di certo il maestro non ha deluso i suoi fan. Solanin crea nel lettore una sorta di astio, di insofferenza per quei ragazzi che si lasciano scivolare addosso la vita senza reagire. Solo verso la fine la psicologia comune cambierà leggermente, dimostrando una lieve maturazione del pensiero. Questo cambiamento è possibile solo guardando al passato e la chiave di lettura dell’opera sta proprio in questo: Il tempo che passa è perso per sempre, rendersene conto spinge a vivere più intensamente la propria vita. Serviranno due volumi e un anno narrativo per insegnarlo ai nostri protagonisti. Asano, senza dubbio, cerca di trasmettere questo messaggio forte col piglio poetico che gli è tipico e, secondo me, centra a pieno l’obbiettivo.Asano tocca quindi un altro tasto filosoficamente difficile, affronta il dilemma del tempo che scivola via, lo fa con garbo, senza essere invasivo. Pone il lettore di fronte a un’immagine cinica, staccata e spesso inquietante del futuro, al contempo però, lo rassicura: Meiko è tranquilla, rilassata, quasi rassegnata. Ha preso coscienza che il tempo non aspetta nessuno e quello sconforto, dato dagli anni che passano e incalzano, scompare lasciando spazio a una serena rassegnazione.Il disegno è confezionato con cura e all’altezza del Sensei. Tratti molto morbidi per i personaggi, dettagli fotografici, ombre e chiaroscuri quasi assenti, prendono poi campo libero in tavole da antologia. Ottima retinatura fine e non invasiva, quanto basta.Panini ci consegna Solanin in due volumi, come nell’originale. Stampati su carta discutibile, con coperta morbida al tatto. Pessima scelta dell’inchiostro, troppo grasso per la carta su cui è stampato. La rilegatura, in brossura tagliata, denota ancora una volta un certa sufficienza e bonarieria per un’edizione che si presuppone destinata al pubblico collezionista del fumetto d’autore. La buona traduzione e l’ottima cura editoriale, dimostra senza ombra di dubbio gli editor Panini sanno fare il loro mestiere egregiamente. Prezzo non all’altezza dell’edizione.Nel complesso un’opera matura, degna di Asano, che lascia quel senso di incompiuto, di impreciso e quell’amaro in bocca tipico del maestro. Un manga riflessivo, lento a tratti, indubbiamente adatto a chi ha già passato una certa età e può capire le scelte di vita fatte dai personaggi (senza per forza condividerle, sia chiaro). Un acquisto importante per chi ama il buon fumetto d’autore, e che grazie alla poesia del maestro e alla buona impaginazione, ci fa dimenticare il prezzo e le incurie editoriali. Otto.
by Aduskiev

Oberon,Slanzard e Ironic74 circondano Inio Asano durante l'aperitivo in suo onore

asanonoi

 

Come giudichi il manga I am a Hero di Kengo Hanazawa

 
Esordisco immediatamente con una doverosa e colloquiale premessa: questa recensione mi ha fatto tribolare per lungo tempo, perché nel ponderarne l'impostazione son nati in me una serie di atroci dilemmi morali.Perché? Semplice: spoilerare, anche solo vagamente, il primo volume di questo manga sarebbe un ignobile crimine verso l'umanità tutta, visto che dal punto di vista narrativo si tratta di una delle cose più geniali e sorprendenti che abbia letto da un paio di anni a questa parte, complice un gioco di suggerimenti e falsi indizi che accompagnano il lettore fin quasi alla fine del primo volume, per poi sorprenderti con un colpo di scena di quelli tosti e slogamascella nell'ultima dozzina di pagine.Facciamo così: io mi limiterò davvero all'essenziale nello spoilerare, ma se gradite il genere psicologico-horror e, soprattutto, se avete uno stomaco d'acciaio, non fate i tirchi ed intanto andate a comprare il primo volume di I am a Hero sulla fiducia. Io nel frattempo comincio.Il manga di Kengo Hanazawa -un autore quasi esordiente, che proprio grazie al titolo in esame ha riscosso un improvviso e notevole apprezzamento in patria- fin dalle primissime pagine ci introduce nella quotidianità di questo strano ragazzo di nome Hideo. E che Hideo non abbia proprio tutte le rotelle a posto, lo si capisce da subito. Ad esempio la gente normale prima di prendere sonno conta le pecorelle, lui invece deve approntare una sorta di cerchio mistico/esoterico per tenere lontani gli spiriti, o qualsiasi cosa egli creda lo perseguiti al calare delle tenebre.Ecco appunto, "credere". Si perché Hideo crede di vedere o fare molte cose, ma queste il più delle volte hanno atto solo nella sua testa.Allo stesso modo, Hideo crede di essere un eroe, o almeno è ciò che si ripete nei momenti difficili per acquistare fiducia in sé stesso. E tale fissa nasce dal fatto che gli ideogrammi del suo nome, letti diversamente, significano "hero".E già così di spunti ce ne sarebbero abbastanza per un manga curioso. E difatti, per gran parte del primo volume, il lettore può pensare di avere tra le mani uno slice of life psicologico simile ad Homunculus (citazione non casuale), che vede come protagonista questo tizio e la sua sfigatissima vita da assistente mangaka, desideroso di sfondare, ma costretto a fare i conti con le sue insicurezze patologiche.Poi però arriva la megasorpresona, e il lettore capisce che forse forse non è solo Hideo ad essere tutto scemo (perché scemo lo è di sicuro, eh), ma attorno a lui sta succedendo un gran casino, e l'uomo nero che mangia i bambini forse esiste davvero…Da qui in poi il maga cambia radicalmente registro, e ci vorrà un po' prima di rinsavire assieme al nostro Hideo, che inizialmente fatica a rendersi conto della situazione, tanto da preoccuparsi di cose di secondaria importanza come pagare diligentemente la metropolitana, quando nel contempo si sta scatenando l'apocalisse attorno a lui, ed ognuno è intento a salvare la pellaccia.Dicevamo che ci vuole uno stomaco d'acciaio per leggere I am a Hero; questo perché vi è un ampio ricorso a visioni grandguignolesche, scene splatter e situazioni così esageratamente disgustose e/o ai limiti del surreale da risultare grottesche.Forse in questo è possibile evidenziare un difetto dell'opera, che infatti sembra calcare troppo la mano in molti frangenti, tanto da poter probabilmente risultare per alcuni addirittura disturbante o semplicemente insensata. Certo non vi è involontarietà in ciò, e lo si nota anche in un certo humor nero di cui spesso si vela l'opera.Uno degli elementi più interessanti che Kengo Hanazawa però ci regala, è sicuramente la regia. Inquadrature originali e tutta una serie di sapienti espedienti dal sapore cinematografico che aggiungono brio e notevole coinvolgimento alla narrazione. Emblematica la fuga nel bosco del quarto volume, dove l'autore sembra quasi omaggiare John Landis ricorrendo all'espediente del far vivere direttamente allo spettatore l'inseguimento, tramite gli occhi dell'ignoto cacciatore.I disegni di Kengo Hanazawa sono dettagliati e ben leggibili, in particolar modo gli ambienti si distinguono per la resa praticamente fotografica. Tale stile iperrealista è ancor più evidente nelle (poche) pagine a colori che ogni tanto l'autore ci regala; davvero pregne di atmosfera.Il chara design è mediamente abbastanza realistico, forse fanno storcere il naso alcuni visi ed espressioni sempre tendenti al grottesco; anche se palesemente la cosa è voluta, visto che han il compito di sottolineare ed enfatizzare la bizzarria di molti momenti.I am a Hero viene pubblicato in Italia da GP Publishing, che propone una classica edizione da fumetteria a 5.90€ con sovracoperta, un paio di pagine a colori per volume (quando disponibili), carta bianca e liscia dalla trasparenza trascurabile.I volumi si presentano nel complesso ben confezionati, robusti e facilmente sfogliabili; anche l'adattamento è ben fatto e durante la lettura non si notano refusi o discorsi poco chiari.L'unica lacuna è costituita da un evidente difetto nella resa dei retini che appaiono spesso "a quadrettoni". A onor del vero GP Publishing è però intervenuta riuscendo a risolvere il problema; e dal volume 4 il manga presenta una resa di stampa largamente soddisfacente.Pur non essendo un titolo adatto a tutti, I am a Hero merita certamente attenzione: riesce a toccare i familiari tòpoi del filone horror in maniera molto intrigante, divertente ed inconsueta, con indiscutibili sprazzi di genialità.Fra splatter e digressioni psicologiche, i volumi scorrono veloci ed erratici, senza che in realtà siano sopraggiunte molte svolte clamorose, o che il protagonista abbia apparentemente risolto qualcosa. Ma il piacere della lettura e la fame di sviluppi futuri sicuramente non scemano mai.Stiamo a vedere quindi se l'odissea di Hideo rappresenterà quella svolta esistenziale inconsapevolmente tanto attesa, l'opportunità per sciogliere quel nodo gordiano che vincola la sua indole sociopatica; o se la sua sarà una semplice fuga per la sopravvivenza in un inferno in cui l'unica via di scampo è, appunto, diventare un eroe… o almeno credersi tali.
by oberon
                                     
                                      Il nostro Oberon con Kengo Hanazawa


hanazawa


Ringraziando tutti per la partecipazione, vi ricordo ancora una volta che per info, suggerimenti o mandarmi a quel paese potete scrivere a:

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