Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi ci dedichiamo ad anime del 2013, con Pupa, Mahou sensou e Kill la Kill.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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2.0/10
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Ci sono anime timidi, anime tendenti al solipsismo, anime di un'inverecondia più unica che rara e anime che, infine, sembrano voler dire allo spettatore: "Non preferiresti dei deliziosi cereali Cheerios?". È per l'appunto a quest'ultima categoria che appartiene "Pupa", quarantotto neghittosi minuti di nonsense e censure a caso che, più che una pubblicità all'omonimo manga di Sayaka Motegi (che dopo quest'esperienza mi manca il coraggio di recuperare), mi sentirei di definire un disservizio a metà fra il maldestro e il proditorio. "L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare": da sua conterranea mi secca, e non poco, scomodare Bartali per siffatta bozzima in movimento, ma se si eccettuano le imprecazioni è davvero tutto ciò che se ne può dire a caldo. Perché non "punirla" con il silenzio, allora? Perché sono del parere che occorra sudarsela, la misericordia, quando in questo caso a sudare è solo il cervello di chi, non sapendo a cos'andava incontro, ha voluto dare una possibilità a un titolo che, pur viziato da sottotoni non proprio family friendly a prescindere dal suo genere di appartenenza, aveva tutte le carte in regola per intrattenere senza patemi né un eccessivo impegno da ambo le parti.

A seguito di un passato di abusi e negligenze i fratelli Utsutsu e Yume Hasegawa (gentilizio che d'ora in avanti sostituirò con Braciola in onore di Maccio Capatonda e del suo "Leggerezze") hanno sviluppato un legame di una forza inusitata per due adolescenti. Utsutsu, in particolare, prende molto sul serio il suo ruolo di Onii-chan, facendo del suo meglio per proteggere la sorellina dalle brutture del mondo. Ma se un giorno Yume stessa si trasformasse in una bruttura da cui il mondo va protetto? Se entrambi si trovassero al centro di un oscuro disegno di nome Pupa? Tra orrende farfalle rosse fatte con la CGI, onnipresenti orsacchiotti dalla dubbia efficacia simbolica, scienziate pazze, marioli non meglio identificati, inabissali incongruenze, sfacciate omissioni e barbosissimi flashback l'odissea color olio esausto delle due Braciole non mancherà di procurare allo spettatore facepalm multipli misti a sbadigli e ridarella fino all'ultimo siparietto pornosoft.

Contando anche i temi d'apertura e di chiusura ogni puntata dura quattro minuti, il che, com'è ovvio, riduce drasticamente lo spazio di manovra a disposizione degli sceneggiatori ma non, ahimè, il rischio di far più danni della grandine. Per quanto infelici possano essere le circostanze, tuttavia, il livello di conoscenza dei più comuni ferri del mestiere ivi riscontrabile è semplicemente scandaloso: un buon terzo degli episodi risulta infatti devoluto a filoni narrativi poco fertili e/o mal collocati lungo una timeline che di conseguenza appare molto più frastagliata e inconsistente di quanto non già non sia. Innumerevoli, dunque, le occasioni sprecate, innumerevoli le approssimazioni, innumerevoli gli insulti all'intelligenza dello spettatore sempre più indeciso, man mano che il mistero attorno ai fratelli Braciola si infittisce, tra il pianto, la rabbia e l'ilarità. Difficilmente un OVA senza un previo turnover (leggasi: calci nel sedere a manetta o, in alternativa, una lunga nuotata nell'Acquario dei Dipendenti dell'Earth Star Entertainment) avrebbe risolto tutti i problemi, ma senz'altro avrebbe avuto più senso.

(Per chi non lo sapesse la pupa è fase intermedia tra il periodo larvale e lo stadio adulto degli insetti olometaboli, tra i quali vale la pena di annoverare la farfalla. Non è quindi del tutto campato per aria dare questo nome alla condizione di Yume, mentre nel caso di Utsutsu è comprensibile nutrire delle perplessità dal momento che, per quanto ci è dato vedere, Pupa ha su di lui effetti completamente diversi.)

A fronte di un impianto narrativo tanto disgraziato è chiaro che l'introspezione psicologica non può che latitare. Mi si consenta, a tale proposito, di sfatare un mito: dotare i propri personaggi di una qualsivoglia backstory non equivale a conferire loro una maggiore tridimensionalità. Occorre infatti andare oltre, mostrando in maniera concreta come ciò che è accaduto loro si ripercuota nel quotidiano. Nel caso specifico sappiamo che Papà Braciola picchiava Mamma Braciola davanti ai figli, a loro volta non esenti da maltrattamenti sia fisici che psicologici: qual è il rapporto di questi ultimi con le figure d'autorità? Come si relaziona Yume con l'altro sesso? Che concezione ha del ruolo della donna all'interno di una coppia? Quant'è difficile per Utsutsu sopperire alla mancanza di un modello maschile?, e via discorrendo. D'accordo, lo spazio è quello che è, ma questioni di simile rilevanza non dovrebbero avere la priorità su tutto il resto? Ahimè, si direbbe che per gli sceneggiatori sia un no, per citare Mara Maionchi. Molto meglio convogliare tutte le proprie energie nel banalizzare l'ambiguità nemmeno troppo fuori luogo del rapporto tra i Braciolini, n'est-ce-pas? Inutile dire che tutti gli altri personaggi non sono minimamente pervenuti, compresa quella macchietta semovente di Maria, che pure dovrebbe incarnare quanto di più vicino a un antagonista questa serie possa permettersi.

Anche il comparto tecnico si distingue per la sua sciatteria, con una regia tutt'altro che ispirata, una manciata di animazioni legnose a episodio, una colonna sonora che, OP ed EP a parte, si fa ricordare più che altro per la sua incapacità di rimanere impressa e uno scipitissimo doppiaggio. Del resto immagino sia difficile riuscire a dare il meglio di sé quando il menù, per così dire, prevede solo grida di dolore miste a gemiti (Utsutsu) e un "Onii-chan gnam gnam" al secondo (Yume).

In conclusione: ma perché? Sul serio, ma perché? Credo proprio che uscirò a comprarmi dei Cheerios.



4.0/10
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La dura vita di una fan dei seiyuu: colpa loro se inizio a vedere una serie solo per godere della voce del mio doppiatore preferito, colpa loro se l'anime è una ciofeca ma continuo a seguirlo. Non è vero, in realtà la colpa è mia e questa è la punizione del karma per aver avuto la malsana idea di vedere qualcosa solo per la voce del protagonista. Raccogli quello che semini, dicono.

Takeshi Nanase è un liceale che affronta quotidianamente dei problemi familiari dovuti al pessimo rapporto con la madre e il fratello: quest'ultimo lo accusa di aver causato l'incidente che gli fece quasi perdere l'uso di una gamba, la prima invece, osserva passivamente i propri figli nel loro star male giornaliero. Nonostante la situazione gli provochi palese sofferenza, Takeshi è un tipo abbastanza passivo e si limita a vivere la sua vita da studente assieme alla sua ragazza, la bella Kurumi Ishoshima, e all'amico Ida. Un giorno come tanti, senza apparente motivo, Takeshi si ritrova coinvolto in un bel patatrack perpetrato a colpi di magia da un omaccione muscoloso e dalla sua piccola accompagnatrice. A salvarlo ci pensa una misteriosa ragazza, Mui; durante lo scontro il ragazzo viene colpito e tra botte, capitomboli e conseguenti baci accidentali, acquisisce a sua volta i poteri magici. Da quel momento i tre ragazzi, assieme a Mui, saranno coinvolti nelle lotte di un mondo in cui la magia è all'ordine del giorno e in cui diverse "scuole" si danno battaglia per la supremazia.

"Mahou Sensou", ovvero la fiera dell'irritabilità, della banalità e dei cliché. La storia non parte da presupposti del tutto originali, ma mi son detta "dopotutto è sempre piacevole vedere dei giovani virgulti che vengono istruiti alle arti magiche, specialmente se, wow, il protagonista ha già una fidanzata, il che lascia presupporre l'assenza di stupidi triangoli e nuovi amori nati dal nulla". E invece no, ho toppato di nuovo.
Il problema più grosso di "Mahou Sensou" non è la trama in sé, quanto la pessima caratterizzazione dei personaggi e il susseguirsi degli eventi totalmente illogico e/o banale. I protagonisti hanno una caratterizzazione degna di un foglio di carta velina, sono antipatici, stupidi, stanno sempre a lagnarsi e a fare facce da ebeti che cadono dal pero. A capo di questa banda di eroi troviamo proprio Takeshi Nanase, uno dei protagonisti maschili più irritanti, passivi e detestabili degli ultimi anni: per tutta la durata della serie vaga desolato con la sua aria depressa, senza capire niente di chi e di cosa lo circonda, insensibile, citrullo e faccia da schiaffi. Le sue frasi ricorrenti sono "Mui!", "Isoshima…" e "Gekkou…", tre nomi propri, se siamo fortunati scopriamo pure che è capace di contare fino a dieci! Non va meglio con la protagonista femminile, Mui, classica finta santarellina che vorrebbe saltare addosso a quell'ameba di Takeshi ogni tre per due, ma non lo fa, troppo rispetto per Isoshima, così tanto rispetto che guarda caso questi due finiscono sempre in situazioni ambigue. Gli altri protagonisti, praticamente non pervenuti; se è comprensibile perché Takeshi accetti senza farsi mezza domanda di trasferirsi all'accademia di magia, non sono chiare le motivazioni di Isoshima e Ida. Dare man forte al fidanzato/amico, certo, ma si lascia casa propria per fiondarsi in mezzo ad una guerra così, su due piedi? Senza porsi domande? Senza pensare alla vita "reale"? Qualche personaggio che suscita un minimo d'interesse c'è, vedasi la direttrice o qualche nemico, ma tutto finisce lì, senza entusiasmare e incuriosire particolarmente. La trama poi procede tentoni, alcune questioni poste come fondamentali vengono risolte con due lacrimucce e un paio di "Onii-chan" che perforano le orecchie, altre situazioni sono più banali e prevedibili dello zampone a Capodanno, altri personaggi passano a comportarsi da così a cosà nel giro di un paio di episodi. Ogni situazione o atteggiamento dei personaggi sembra cambiare o risolversi dal nulla giusto per portare avanti gli episodi, senza un vero sviluppo, senza mordente e con colpi di scena prevedibilissimi. Il fanservice è poco ma è davvero inutile e irritante, Mui in uniforme da infermiera ripresa con l'inquadratura strategica è il flip table dell'anno. Ciliegina sulla torta, la serie non ha una vera e propria conclusione, difatti i dodici episodi sono praticamente un epilogo di quello che, immagino, sarà il cuore delle vicende.

La situazione non è certo migliore sul versante tecnico, difatti Madhouse sembra essere andata al risparmio con "Mahou Sensou", così tanto che i personaggi sono stati privati, 99 scene su 100, dei loro nasi. O forse i nasi c'erano, ma sentendo puzza di patacca hanno preferito defilarsi e non prendere parte a questa farsa. Il chara design è davvero anonimo, le animazioni sono povere, riciclate e scattose, il design delle armi ridicolo. Una piccola luce nelle tenebre è data dalle due sigle, specie quella finale, particolarmente bella. Gradevole anche l'aggiunta della chara song di Takeshi. Il doppiaggio presenta diversi nomi noti, ma anche il miglior seiyuu del mondo non può fare granché su personaggi che aprono bocca ma in sostanza non dicono nulla: Miyano (la causa di tutto), Fukuyama, Suzumura, Seto, nulla possono contro i loro insignificanti personaggi, risultando praticamente irriconoscibili e anonimi.

"Mahou Sensou" si chiude con un buco in mezzo alla battaglia, probabilmente la fossa biologica da cui è venuto fuori, e indica palesemente la necessità di una continuazione. Dopo le poco gentili parole di quassù potrebbe sembrare logico che non guarderò un'eventuale seconda serie, ma a volte il masochismo misto alla speranza di un miglioramento mi schiaccia prepotentemente e m'impone di proseguire, anche solo per punirmi e farmi capire quanto sia poco nobile seguire un anime per un motivo frivolo come i seiyuu. In realtà qualcosa che mi ha spinto ad arrivare fino alla fine c'è, e sarebbe anche lo stimolo per dare un'occasione ad una potenziale seconda serie: scoprire quanto ignobili e falsi possano essere i due protagonisti. Questo è l'unico input lasciatomi da questa serie, e non è certo poco, infatti il mio voto è un quattro e mezzo (arrotondato per difetto, l'antipatia con me non paga), mica tre o due.



5.0/10
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Primo progetto televisivo del neonato studio Trigger, fondato nel 2011 dal regista d'oro di GAINAX, Hiroyuki Imaishi, e il collega Masahiko Ohtsuka, KILL La KILL è ora la serie televisiva sulla bocca di tutti, pompata da un immenso hype e che sicuramente tornerà a far parlare di sè nei prossimi tempi con manga, film riassuntivi e ogni altra amenità. E come molte opere di successo a tavolino, create fin dal principio per far parlare di sè, offre il fianco a tante, tante di quelle critiche che è quasi incredibile l'enorme popolarità che ha riscosso, solo perché "figlioccia" dell'altrettanto importante successo di costume Gurren Lagann, da cui riprende il design "cartoonesco" e deforme, il regista e la sceneggiatrice principale. Ma KILL La KILL, pur con alcuni innegabili meriti, è una visione semplicemente pesantissima, capace di sprofondare lo spettatore, nelle fasi avanzate della storia, in un abisso apatico raramente eguagliato.

A scanso di equivoci, non si sta parlando di un titolo che vuole prendersi sul serio: l'opera è completamente disimpegnata, ponendosi per l'ennesima volta (contando i "trascorsi" GAINAX dello staff) come parodia/omaggio a stili, tendenze e mode assimilati negli ultimi anni dall'animazione, in particolar modo quella action. Il soggetto non può che essere esilissimo, derivativo dai classici Mazinger Z e Kekko Kamen di Go Nagai: la scatenata Ryuuko Motoi riceve in eredità dal nonno morente, ucciso da un misterioso sicario, una potente arma (un incrocio fra una forbice e una spada), apprendendo che la soluzione del mistero risiede nella gigantesca città-stato-accademia di Honnouji, gestita con pugno di ferro dal consiglio studentesco a cui fa capo la carismatica spadaccina Satsuki Kiryuin. Per scoprire che fine ha fatto l'altra arma complementare creata dal nonno, e apprendere chi è stato ad assassinarlo, Ryuuko dovrà sconfiggere tutti i club della scuola fino ad arrivare a Satsuki. Le armi di combattimento della storia sono uniformi speciali, di svariate tipologie di classi, che donano inauduti super-poteri a chi le indossa: per affrontare i vari uomini di Satsuki anche Ryuuko, oltre alla spada-forbice, dovrà adeguarsi a indossare una battle-suit. Nel suo caso sarà un (s)vestito senziente e porcellone, Senketsu.

KILL La KILL, senza nessuna pretesa narrativa, vuole porsi come un one-man show di Hiroyuki Imaishi, pronto a replicare, da Gurren Lagann, la sua regia indiavolata e funambolica. Il primo episodio è emblematico: una sarabanda di animazioni spacca-mascella, continuative e di una fluidità sconvolgente, si sposano con un ritmo freneticissimo (vola da una sequenza all'altra uccidendo le lungaggini), inquadrature vertiginose e straordinarie idee visive, basate su sangue che sprizza a geyser in deliri plasmatici, titoli di armi/trasformazioni/power-up affidati a enormi kanji rossi che occupano quasi tutto lo schermo, trasformazioni e "vestizioni" che avvengono in un'orgia di colori e chiccherie, etc. Il talento dell'artista nello strabiliare l'occhio è fuori questione, per tutta la durata della serie non manca di sfoderare sequenze d'azione stupefacenti, post-moderne, con esplosioni e distruzioni che frantumano lo schermo in mille pezzi, armi che stridono facendo tremare le pareti, lottatori che partecipano agli scontri altrui buttandosi nella mischia in modo improvviso e urlato, mazzate di una fisicità possente e battaglie acrobatiche, dalle coreografie sempre più creative e impossibili (palle da tennis assassine, amplificatori musicali che esplodono in onde d'urto da 100.000 hz, armature biologiche, informatici che lottano da dentro il cyberspazio etc, ogni follia umanamente concepibile), che hanno luogo in terra come in cielo, filmate da ogni altezza, luogo e angolatura possibile. Il solo lavoro di Imaishi costituisce la forte autorialità del titolo. A contribuire ulteriormente alla riuscita grafica è il deforme, colorato e altrettanto stiloso chara design di Sushio, che come in Gurren Lagann sembra essere il più adatto a venire valorizzato dalla direzione del regista, eccellente anche nel caratterizzare tutti i combattenti con look, pose e uniformi/armature carismatiche, ispirate alle mode e al folklore action, degne di un picchiaduro. Questa perizia basta e avanza a determinare come KILL La KILL sia destinato a fare scuola, tanto che i numerosi inserti ecchi (poppe e mutandine sbandierate in ogni dove e quando, le succintissime uniformi da combattimento di Ryuuko e Satsuki, ambigui rapporti sensuali fra questa e sua madre etc.) si potevano anche evitare, non aggiungono niente limitandosi a volgarizzare il contesto per far presa sul solito target otaku.

Esteticamente, KILL La KILL farà clamore. In ogni altro aspetto, è un fallimento. Ventiquattro episodi sono odiosamente troppi per una storia dalle zero pretese, ampiamente prevedibile in ogni risvolto e che inciampa anche nella banalità di riciclare nel suo plot gli stessi colpi di scena fondamentali di Gurren Lagann (non certo inventati da GAINAX nel 2007, ma la sensazione di déjà vu scorre potente visto che buona parte del pubblico di KILL La KILL lo guarda proprio perché ha amato il predecessore). A complicare le cose, la serie scade anche nella pochezza di un budget inadatto alle ambizioni: Imaishi fa di tutto per sopperire al problema con le sue capacità visive, ma senza riuscirci, perché la serie è una continua altalena fra tecnicismi superlativi e sequenze statiche affidate a inquadrature fisse, ricicli di animazione e gif. Il livello di spettacolarità dei dettagliati disegni è un buon specchietto per le allodole, ma crolla vistosamente quando la storia, più o meno a 1/3 del suo sviluppo, inizia a porre tutto il suo interesse su infiniti combattimenti che mettono in piena luce il problema. Impostare l'interesse di un'opera sul solo estro registico di un genio non è una cattiva idea, ma non può non necessitare di fondi adeguati per permettere all'artista di esprimersi al suo meglio: in caso contrario, viene fuori solo una serie d'azione dove l'azione è spesso inguardabile. Che concetto di intrattenimento si può perseguire offrendo combattimenti scattosi e privi di animazione? Il citato, primo fantasmagorico episodio è quasi un unicuum, raramente si rivedranno quei livelli, già la seconda puntata è più o meno imbarazzante (un tripudio di inserti flash e minimali inserti animati). I problemi di mancanza di yen, quando iniziano a farsi sentire, non abbandonano più la visione fino alla fine, decretando uno dei motivi più importanti del fallimentare risultato finale. Sarebbe bastato ridurre la durata della serie da 24 a 12/13 episodi per evitare di disperdere troppo i fondi, magari evitando di sprecare intere puntate a sviluppare l'insignificante "trama", ma la lungimiranza evidentemente non ha pagato in casa Trigger.

Anche a livello di umorismo, sfortunatamente, KILL La KILL è fonte più di dolori che gioie. Inizialmente il solito apparato citazionistico di tradizione GAINAX, la creatività di alcune avventure demenziali/satiriche e svariate, riuscite idee comiche (l'immancabile recap, narrato sotto forma di velocissimo riassunto orale; la rivelazione su chi sono i veri nemici da battere che minacciano la Terra; l'organizzazione partigiana di nudisti e le loro esilaranti macchine da guerra; power-up mai così infiniti) sono fonte di risate spontanee, di soddisfazione per una parodia del genere action molto allegra e ispirata. Peccato si tratti di elementi sparuti e che spariscono poco tempo tempo. Le successive quindici puntate replicano ad eternum le stesse cose, 2/3 idee che fanno sorridere la prima volta, poi diventano indifferenti e infine snervanti e odiose: gli onnipresenti siparietti petulanti di Mako, amica del cuore di Ryuuko; le gag della sua famiglia che non fa altro che mangiare; gli spogliarelli del capo dei nudisti; le luci violacee che evidenziano i punti "critici" della sua nudità, le facce buffe di uno dei sottoposti di Satsuki... A metà visione, le non-animazioni nei combattimenti e l'odio per gag viste milioni di volte portano a una noia terribile, a non vedere l'ora che la serie finisca. A questo punto non saranno le puntate finali, che estremizzano l'azione a livelli apocalittici degni dei fasti di Gurren Lagann e Diebuster, a fare la differenza e a riscattare una visione tra le più mortifere del 2013.

Tirando le somme, si può capire come a più di qualcuno il magnetico carisma grafico/registico di KILL La KILL, i suoi personaggi cliché volutamente estremizzati, la fantasia negli scontri e la filosofia action "urlatissima" e iper-potenziata possano piacere molto o addirittura tantissimo, così come l'opera di dissacrazione del genere. Ma francamente, pur ammettendo tutte queste cose, chi scrive non la sente di dare anche solo una sufficienza stentata a un prodotto che, stiloso quanto si vuole, per gran parte della sua durata è un totale vuoto empatico, la suprema voglia di spegnere lo schermo.