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Adotta un titolo 1Adotta un titolo 2Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).

I titoli al momento disponibili sono:

[MANGA] Odyssey (Scadenza: 9/11/2014)

[ANIME] Hajime no Ippo: Rising (Scadenza: 9/11/2014)

[ANIME] Project A-ko (Scadenza: 9/11/2014)

[MANGA] Gundam Lost War Chronicles (Scadenza: 12/11/2014)

[ANIME] Hipira-kun (Scadenza: 16/11/2014)


Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi diamo ulteriore "fuoco alle polveri" dopo i fuochi d'artificio lucchesi con ci dedichiamo ai classici, con Ping Pong The Animation, Neon Genesis Evangelion e Kill La Kill.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


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Vorrei poter dire che questo è un anime per tutti, ma sarebbe esatto soltanto in parte: per come si presenta, infatti, "Ping Pong The Animation" è prima di tutto un anime per chi, parafrasando Giovenale, non si rassegna a far morire di freddo la propria onestà intellettuale. "E la peppa!", esclamerà qualcuno. "Mica servirà una laurea anche per guardare i cartoni, adesso!". Guardare, appunto - guardare per poter vedere anche ciò che si agita sotto la superficie. L'anno scorso a far storcere il naso per via della sua grafica così difforme dagli standard odierni era stato "Aku no Hana" con il suo rotoscopio; quest'anno è "Ping Pong" con l'inquieta e poderosa essenzialità del suo tratto. Ma a cedere alla seppur umana tentazione di fare del disegno una sineddoche del comparto tecnico e del comparto tecnico una sineddoche del prodotto nella sua interezza - di fare, in altre parole, di un'unica componente il tutto -, si rischia di non guardare, e di conseguenza vedere, proprio un accidente.
Chiaro, i gusti sono gusti. Ci mancherebbe altro che così non fosse. Però non si può nemmeno fare come quando, da bambini, si scartava un cibo perché il suo aspetto non ci convinceva. Una possibilità va sempre data, non tanto per far contenta la mamma o chi per lei, ma per noi stessi - per ampliare i nostri orizzonti, per diventare dei consumatori più responsabili, e magari chissà, anche scoprire dentro di noi nuove corde da far vibrare. Perché "Ping Pong The Animation" è uno di quegli anime che non solo crede fortemente in sé stesso, ma non si tira indietro quando si tratta di ripagare la fiducia dello spettatore: una combinazione di intenti ideale ma tutt'altro che scontata in un panorama tanto variopinto e concorrenziale come quello di oggi, dove il pericolo di creare o di incappare in un prodotto "usa-e-getta" è come non mai dietro l'angolo.

Peco e Smile, nés rispettivamente Hoshino e Tsukimoto, sono amici d'infanzia e di... tavolo da ping pong. Il primo - solare, sfacciato, cochetta nell'animo ma mai superbo - ha infatti iniziato il secondo, chiamato anche Robot o Golgo a causa del suo carattere anodino, a questo sport per il quale entrambi sembrano eccezionalmente portati. Tutti osservano da lontano e con crescente apprensione questa copia di atleti dal potenziale ancora tutto da esplorare, dalla proprietaria del dojo dove hanno imparato a giocare al loro allenatore delle superiori, per non parlare ovviamente dei loro rivali: Sakuma, un vecchio amico col dente avvelenato nei confronti di Peco; il cinese Wenge, per il quale il Giappone rappresenta una specie di purgatorio prima di poter tornare a vestire l'uniforme della propria nazionale; e infine Kazama, indiscusso asso del ping pong giovanile che però non ha mai smesso di guardarsi alle spalle. Ma cos'è esattamente che li spinge a giocare, e cosa succederebbe se mai dovessero ritrovarsi a gareggiare l'uno contro l'altro?

"Voi fate sogni ambiziosi: successo, fama... ma queste cose costano. Ed è esattamente qui che si incomincia a pagare - col sudore!". Sembra una battuta da spokon, e invece è "Saranno famosi", con tanto di bastonate sul parquet da qualche parte tra il "tamente" e il "qui". Ma della favoletta che con l'impegno di si può raggiungere qualsiasi risultato "Ping Pong" non sa che farsene. Cioè, in realtà non si tratta affatto di una favoletta, ma non sono forse i messaggi più forti quelli maggiormente esposti al rischio di venire caricati al punto da vanificarne il significato? Guardate "Capitan Tsubasa" - che pure è epico, eh?
Il mondo ha i denti. La gente ha i dubbi. E nella carriera di uno sportivo, costretto a giocarsi il tutto e per tutto nel giro di pochi anni, l'abilità di guardarsi dentro non è meno importante del coefficiente agonistico. Nel caso specifico tutti e cinque i personaggi principali partono da una percezione più o meno inesatta del proprio io e del motivo che li spinge a giocare: Peco punta tutto sull'istinto, mentre Smile, che crede più a quel che dicono gli altri di lui che a sé medesimo, sulla tecnica; Sakuma si rifiuta di prendere coscienza dei propri limiti; Wenge è troppo preso dal suo obiettivo per rendersi conto di essere in una situazione di stallo emozionale; mentre Kazama, per l'onore della famiglia e della squadra, si è sempre negato la necessità di ascoltarsi. Un racconto più di formazione, dunque, che sportivo nel senso più stretto del termine, ma con un intreccio volutamente ridotto ai minimi termini, nel quale il ping pong assume un valore oserei dire psicoanalitico piuttosto che puramente professionale. Ciascuno di questi ragazzi ha infatti una Cosa, per citare Marie Cardinal, che formicola dentro di loro, "un universo ostile o, nella migliore delle ipotesi, indifferente" con cui non possono più permettersi di non fare i conti - e non è detto che l'aiuto che cercano non possa provenire, oltreché da loro stessi, anche da chi gravita loro intorno.

E adesso torniamo al tanto chiacchierato comparto tecnico, shall we? Fermo restando che non detengo la verità assoluta più di quanto non la detenga chiunque di voi, ciò che a mio parere rende capziosa la bocciatura di "Ping Pong" unicamente sulla base dello stile di disegno è che la presunta sciatteria dello stesso non è riscontrabile in nessun altro comparto, al contrario di quanto accade solitamente con i prodotti di conclamata scarsa qualità. La direzione dinamica e a tratti visionaria di Masaaki Yuasa, il cui curriculum artistico parla da solo, scongiura il rischio tutt'altro che remoto di trovare noiose le varie partite, con angolazioni ardite e una notevole varietà di espedienti tra i quali spicca un utilizzo intelligentemente spericolato dello split screen; la fotografia conquista con la sua garbata funzionalità; il doppiaggio è inappuntabile anche per quanto concerne i personaggi secondari; ma soprattutto la colonna sonora, variegatissima e suggestiva, agevola al massimo l'immersione nella storia. Deliziosa l'opening sorprendentemente chiassosa, dolcissima l'ending nella sua sobrietà.

Una grandissima scoperta, educativa, stimolante, ispirante. In altre parole, un anime eroico dal primo all'ultimo fotogramma.



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"Neon Genesis Evangelion" è un anime intoccabile. Se devi parlarne ti conviene non vituperarlo, di' solo cose positive ed esalta il genio di Anno, onora con le tue parole ciò che ha segnato con un marchio indelebile l'animazione giapponese. Ma io sono una persona normale, con un QI nella media, che si è fermata agli studi superiori, quindi - evidentemente, eh - io non sono in grado di comprendere il numero esorbitante di sfaccettature che compongono questa serie.

Quando ero piccola e alla televisione davano solamente le repliche che potevo recitare a memoria, prendevo in mano il mio compagno di vita (leggasi Game Boy Color) e, se con un occhio seguivo i cartoni, con l'altro giocavo a qualunque cartuccia ci fosse dentro. A distanza di anni e anni, questa mia abitudine l'ho persa. Eppure c'è stato un momento in cui, vedendo "Evangelion" e probabilmente in preda a una crisi di noia, avrei volentieri rispolverato il Game Boy e ci avrei giocato nuovamente. Ma avrei potuto pure leggere un libro, fare le pulizie, sturare il water, perché tanto al mio ritorno avrei compreso grosso modo quel che capivo prima, ossia niente.
"Come fai a non capire un semplice anime di mecha?" si chiederà chi non ha ancora intrapreso la visione di "Evangelion". Ma magari fosse nato e finito come mecha! Il problema è la seconda parte, in cui "Neon Genesis Evangelion" si trasforma in "Esplorando le menti di Shinji & Co.".
Il motivo per cui ho fatto davvero fatica a capire "Evangelion" è semplice: la trama si perde. Che fosse voluto è palese anche a me, ma dopo episodi su episodi in cui il sentiero si fa via via più nebbioso, in me non è il pensiero del "Devo capire cosa sta succedendo! Ora mi vedo l'episodio daccapo!" a sopraggiungere, bensì la noia. Tanta, tanta noia. Stare di fronte a una moltitudine di personaggi dai complessi esistenziali che nessun adolescente sano di mentre avrebbe, alla lunga, è pesante da sopportare. Chi perde il padre, la madre, chi tutti e due, chi viene sopraffatto da crisi di pianto, di isterismo, rabbia, frustrazione e la lista continua e continua. E senza nessuna logica di fondo: i protagonisti si muovono mediante una forza esterna a loro stessi e si comportano amplificando le proprie emozioni a tal punto che penso che nemmeno il più forte degli antidepressivi avrebbe effetto per dare loro un po' di sollievo.
L'impulso principale che ho avuto durante la visione della serie è stato quello di andare in cucina, prendere il frigo e scagliarlo violentemente sulla TV. Ma anche prendere a sprangate chi compare in Eva non era certo da meno!

E il finale. Ce lo vedo, io, Anno che mi dice: "Caro telespettatore. Mi sono finiti i soldi, non avevo la ben che minima idea su come finire la serie e ci tenevo a darti il colpo di grazia. Eccoti i due episodi finali. Probabilmente non li troverai molto diversi dal tuo libro di filosofia, ma tu non risparmiarti dal gridare al miracolo e definire la mia opera come il capolavoro del secolo. Ma che dico! Di questo millennio e anche del prossimo, visto che ci siamo! Nel frattempo io mi crogiolo nei frutti dati dal mio lavoro e attenderò con impazienza l'implosione definitiva del tuo cervello." Un finale su cui ci hanno fatto di tutto: tesi di laurea, analisi, scritto libri e chissà che altro, ma a me ha generato solo fastidio.
Che cosa caratterizza questi due episodi? Innanzitutto, la trama non c'è più. Se prima era un filo sottile che ancora riusciva a guidare il mio cammino, ora s'è fatto invisibile. È una serie di sequenze - molte delle quali avrei potuto disegnare tranquillamente anche io - che non hanno grandi connessioni tra loro e che si limitano a riprendere concetti, citazioni e idee. Non c'è limite al numero di persone che hanno scavato sotto la sua superficie, accampando così tante e disparate (e disperate) ipotesi che racchiuderle in un solo libro sarebbe impossibile. Ma tutto ciò a me proprio non interessa. È un finale nato perché non c'erano più soldi, che ha la pigrizia di dire allo spettatore "Costruiscimi tu, perché a me non va". Non mi piace, l'ho trovato di pessimo gusto. E lo si può considerare un grido contro gli otaku? Sì e no, ma con tutte le opere fatte appositamente per loro nel corso degli anni sulla base di "Evangelion" io ho i miei dubbi.

Ha influenzato il genere mecha? Sì, direi di sì. Ha introdotto l'innovativo elemento dell'antieroe (che ad oggi ha forse un po' stufato) e una maggiore analisi introspettiva nei personaggi. Ma ciò non fa di "Evangelion" un capolavoro, perché non ha influenzato granché altri ambiti, a parte casi isolati. Lo si può considerare innovativo nel genere, ma finisce lì. E ciò nemmeno dà credito al fatto che sia un buon prodotto. Per me, un buon prodotto è ciò che ha un inizio, una fine, uno svolgimento appassionante, una trama ben distribuita e dei personaggi azzeccati e costruiti come si deve. Ed "Evangelion" non rientra in questi canoni.

E la grafica, tanto esaltata, se è buona nella prima metà (e ci credo, se già è un anime da ventisei episodi), nella seconda si assiste a un riciclaggio di scene, un continuo calo fino al baratro degli ultimi episodi.

Ma lo consiglio, eh! Pare, infatti, che io sia un'eccezione e per di più ignorante. Il più delle persone che lo guarda ne rimane affascinato e come potrei non dire: "Vedilo!"?
Ma per me è il voto è 4. Non mi è piaciuto per niente e non lo rivedrò. Non ne sento il bisogno.



6.0/10
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"Tranquilli! La trama di "Kill La Kill" procede a ritmo serrato!", annuncia un personaggio dell'anime nella piccola parentesi riassuntiva del sedicesimo episodio. Procede con ritmo così serrato che chi ha intenzione di guardare "Kill La Kill" potrebbe iniziare direttamente da questo episodio ed evitare la perdita di tempo degli episodi precedenti.

Da un po' di tempo ho smesso di guardare anime e di seguire i portali dedicati ad essi con la stessa assiduità con cui lo facevo in passato, quindi quando un nome mi giunge alle orecchie senza ch'io lo vada a cercare, vuol dire che ha raggiunto una certa notorietà. "Kill La Kill" è uno di questi casi.

Speravo di trovarmi davanti a un prodotto nuovo e originale, e la prima puntata mi portava in questa direzione: animazioni, atmosfera e ambientazioni votate tutte a un particolare stile grafico, fatto di tagli frenetici, primi piani sporchi, velocità, giochi di prospettiva e ambientazioni particolari. Tutto questo però, a partire in particolar modo dalla terza puntata comincia a venire sempre più meno, virando ai più classici stereotipi shonen e condendo il tutto con una massiccia dose di fanservice. Ambientazione scolastica, nemico da uccidere, power up, altro nemico da uccidere, seni ovunque, culi come sopra, nemico da uccidere, cambi di costume stile Sailor Moon, boss finale, una spolverata di nonsense, esplosioni e tamarrate. A livello tecnico, come detto, dopo la prima e promettente puntata il livello medio cala vertiginosamente per ritornare ad avere picchi felici solamente in poche e rare scene durante i numerosi combattimenti, ma dato anche il relativamente esiguo budget dello Studio Trigger si può dire che questo anime è tecnicamente superiore alla media.

Comunque sia il fastidio non è dato - quantomeno nel mio caso - da tutto ciò, è dato dall'ipocrisia del prodotto, che si presenta in un modo per poi rivelarsi in un altro, e ripensandoci a mente fredda non è fastidio, è profonda e cocente delusione per numerosi spunti stilistici lasciati morire, spunti che da soli avrebbero potuto sopperire benissimo alla flebile e quasi inesistente trama di "Kill La Kill". Trama così inesistente che riesce perfino a permettersi una puntata che è in tutto e per tutto un filler, cosa che mi ha lasciato abbastanza basito data anche la brevità dell'anime. La serie non contenta di ciò decide di abbassare ancora di più il tiro arrivando a raggiungere livelli tali di piattume da risultare una visione più adatta a un bambino, che di per se non sarebbe niente di male, ma dato l'alto tasso di nutiane puppe a pera e scene al limite dell'incesto presentate a video penso proprio non fosse quella l'intenzione degli autori.

"Kill La Kill" è un anime che avrei già dovuto droppare molto prima della metà della serie, se solo non fosse per la mia ostinazione a non lasciare serie incompiute e la sincera speranza di vedere l'anime tornare ai fasti della puntata di esordio, ma così non è stato. Inoltre altro punto debole di "Kill La Kill" è l'identità, l'anime tenta di proporre scene drammatiche per poi spezzarle in tutta la loro forza con altrettante scene comiche, che condannano la visione a essere vittima di una patina di leggerezza che la avvolgerà sempre, dalla prima all'ultima puntata. La leggerezza di per se non sarebbe neppure così incisiva se solamente non rovinasse quei pochi momenti che avrebbero bisogno di un clima più serio per essere efficaci nel modo giusto. So in prima persona, dati i commenti che ricevetti alla criticatissima recensione di Code Geass in una puntata della rubrica "I manga/anime (s)consigliati dall'utenza di AnimeClick.it", che non tutti la pensano come me e trovano questi espedienti un ottimo modo per spezzare la tensione, ma in "Kill La KIll" la tensione non viene spezzata, viene semplicemente soppressa sul nascere. Solamente nell'ultima puntata viene lasciato respiro alla drammaticità, facendo intendere che comunque "Kill La Kill" delle carte da giocare le aveva. E a proposito di "identità", ho trovato veramente ingiusto pubblicizzare questo anime come successore spirituale di Gurren Lagann, tamarrate escluse e ovviamente con sottolineatura positiva per il "predecessore".
Non v'è molto altro da dire, la serie la consiglio unicamente a chi ama il genere shonen fatto di power-up e nemici sempre più forti.