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Adotta un titolo 1Adotta un titolo 2Titoli poco conosciuti, passati in sordina all'epoca dell'uscita o dimenticati col tempo... su AnimeClick.it abbiamo migliaia di schede anime e manga senza alcuna recensione, privando quindi i lettori di uno dei principali punti di forza delle stesse.
Per cui, ad ogni appuntamento di questa rubrica vi proporremo alcuni di questi titoli, con la preghiera di recensirli qualora li conosciate. Tutti gli utenti che recensiranno le opere proposte entro la scadenza assegnata riceveranno l'icona premio Scheda adottata. Per le regole da seguire nella stesura delle recensioni rimandiamo al blog apposito, che vi preghiamo di utilizzare anche per commenti, domande o tenere traccia dei premi (non commentate l'iniziativa in questa news).

I titoli al momento disponibili sono:

[ANIME] Doraemon - Il film 3D (Scadenza: 14/1/2015)

[MANGA] La Memoria della Pietra (Scadenza: 18/1/2015)

[MANGA] Soul Gadget Radiant (Scadenza: 21/1/2015)

[ANIME] Body Jack (Scadenza: 25/1/2015)


Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Nekomonogatari (Black), Kimi to Boku e Jin-Roh.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


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"Nekomonogatari (Kuro)" è il terzo capitolo della prima serie di Monogatari, un anime composto da soli quattro episodi, uscito nel 2012, che racconta in un flashback le vicende di Tsubasa Hanekawa durante la Golden Week. Solo quattro puntate? Lo so, lo so, detto così potrebbe sembrare strano. Anche a me, sinceramente, ha colpito non poco la scelta di fare una serie così ridotta in quanto a durata. In fondo, se era solo un flashback poteva benissimo essere inserito in una delle due serie precedenti. Tuttavia le cose sono andate in questo modo e, dopo aver visto l'anime, penso di essere anche un pochino felice di questa scelta.
Il fatto di inserire la storia di Hanekawa in "Bakemonogatari" o "Nisemonogatari" avrebbe rappresentato solamente un troncamento delle vicende principali e, almeno per quanto mi riguarda, non mi avrebbe fatto gustare appieno queste quattro puntate, troppo impaziente, forse, di continuare a seguire il "presente", piuttosto che a concentrarmi sul "passato".

Come già detto la protagonista è Hanekawa, vittima e carnefice. "Nekomonogatari (Kuro)" racconta infatti le sue disavventure durante la Golden Week, quando, da ragazza normale, studiosa e diligente, si è trasformata in un'anomalia a forma di gatto. Ad essere onesti noi, o meglio dire tutti coloro che avevano precedentemente visto "Bakemonogatari", già conoscevano il passato di Hanekawa, ma, in questo caso, quest'ultimo è stato analizzato in maniera ben più approfondita, cercando non solo di narrare un avvenimento passato, ma anche di approfondire il dramma interno alla nostra cara studentessa modello.
Tutto è cambiato quando Koyomi Araragi e Tsubasa Hanekawa hanno visto un gatto bianco senza coda accasciato a terra, morto. Potevano forse lasciarlo così? Assolutamente no. Dunque l'hanno preso e seppellito, non sapendo però che, da quel momento in poi, la loro vita sarebbe cambiata radicalmente (anche se, in effetti, quella di Araragi aveva già ricevuto una bella svolta). Hanekawa vive in una famiglia che non è la sua, coinvolta in uno strano turbinio di relazioni parentali che, di fatto, l'hanno portata ad avere due genitori diversi da "quelli di partenza", freddi e distaccati, violenti e indifferenti ai problemi di una figlia non voluta. Come si fa a vivere costantemente in una gabbia senza dire nulla? Anzi, come può Hanekawa sembrare così spensierata nonostante tutti i suoi problemi? Una risposta? Semplicemente non può. Le sue preoccupazioni, i suoi dolori si accumulano fino a che, grazie anche all'anomalia del gatto bianco, non esplodono, trasformandola così in un sorta di ragazza-gatto. Tutto lo stress raccolto in anni e anni di soprusi viene liberato e l'unico modo per farla tornare normale sembra quello di permettere al gatto di sfogare lo stress della propria padrona, aggredendo un gran numero di persone.

Come anime devo dire di averlo apprezzato moltissimo. Il numero ridotto di puntate non limita la qualità, anzi, sembra amplificarla, creando una storia breve, ma allo stesso punto completa e intrigante. Il mistero che avvolge la serie Monogatari torna a farsi vivo anche in questa nuova "puntata", un sovrannaturale piuttosto misterioso che gira attorno alle varie anomalie, in questo caso un gatto. I personaggi sono sempre gli stessi, anche se, in questo caso, il loro numero può essere semplicemente limitato a due: Koyomi e Hanekawa. Un doppio monologo in cui vengono narrati e raccontati i pensieri e le preoccupazioni dei due protagonisti.
Penso che sia proprio questo il pregio di "Nekomonogatari (Kuro)", cioè la qualità con cui viene realizzata una seconda storia, contemporanea alla prima. Se le vicende del demone gatto e del mezzo-vampiro sembrano interessare tutte e quattro le puntate, non bisogna dimenticarsi dei vari combattimenti interni, i monologhi che i nostri studenti rivolgono a sé stessi, al fine di cercare una soluzione ai loro problemi.
Un esempio chiaro è la domanda che Koyomi si rivolge all'inizio della serie: "E' amore?" Una domanda che avrà risposta soltanto alla fine... quando tutto sarà finito.

La grafica è uguale alle altre due serie: bella, ma stravagante. Anche la regia è piuttosto particolare, grazie anche a inquadrature proprie della serie Monogatari che, almeno in parte, riescono ad attrarre, quasi fosse un esercizio ipnotico, lo spettatore. In fondo la vicenda ha un ritmo lento, ma proprio queste caratteristiche così strane attirano l'attenzione, rendendo così ogni discorso o monologo un vero e proprio gioco.
Le musiche sono belle e anche il doppiaggio è fatto in maniera diligente e senza particolari errori.

Dunque? Dunque non rimane che consigliarvi la visione di "Nekomonogatari (Kuro)", nonostante il numero ridotto di puntate e nonostante la storia già conosciuta. Perché, come già detto, sebbene questo sia un flashback già visto in "Bakemonogatari", qualcosa di nuovo c'è sempre. Qualcosa che, stupisce, sorprende e attira. Qualcosa che rende questa serie, come le altre due, quasi magica.

Voto finale: 8



7.0/10
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Avvicinarsi a un genere che non rientri nei propri preferiti può essere spesso rischioso; anche quando l'opera che ci si appresta a guardare sia presentata, ed effettivamente per certi aspetti sia "di qualità", ci sarà sempre una fascia di pubblico che non riuscirà ad apprezzarla o a goderne appieno.

Questa situazione mi si è presentata, tra gli altri casi, anche con "Kimi to Boku". L'anime in questione si palesa subito come uno slice of life ad ambientazione scolastica dai toni molto tenui e pacati; le vicende narrate riguardano un gruppo di quattro studenti del secondo anno delle superiori, amici fin dai tempi dell'asilo, non molto affiatati, ma chiaramente affezionati l'un l'altro, e uno studente metà giapponese trasferito da poco nel loro istituto. Shun è un ragazzo dal carattere dolce e dalle sembianze femminili, motivo per cui in più di un'occasione viene scambiato per una ragazza; Kaname è un ragazzo studioso e irascibile, spesso preso in giro per portare degli occhiali da vista; Yuuta e Yuuki sono due gemelli pacati e quasi apatici - Yuuki in particolare - che si divertono spesso a stuzzicare Kaname; infine Chizuru, il ragazzo trasferito, è un personaggio eccentrico ed esuberante, più dedito al divertimento che allo studio.

Il punto forte della serie sono senza dubbio le scenette e gli sketch comici, che riescono a mantenere un certo livello di originalità per tutti e tredici gli episodi di cui la serie è composta e strappano allo spettatore più di una risata. Le tematiche che vengono trattate e gli espedienti narrativi che sono utilizzati sono i più classici di questo genere: il rapporto col genere femminile viene vissuto tramite le timide dichiarazioni delle kouhai, le responsabilità legate all'ambito lavorativo e scolastico tramite uno stage all'asilo e l'organizzazione del festival scolastico, o molto più semplicemente un pomeriggio estivo trascorso a divertirsi. Ognuna di queste attività è un espediente per narrare, tramite i ricordi evocati dalle situazioni che scaturiscono dai dialoghi e dai luoghi che fungono da sfondo per l'episodio, il passato e le prime avventure dell'infanzia dei protagonisti, le prime cotte all'asilo, un'amicizia dimenticata, la scoperta del mondo che li circonda e le emozioni scaturite nei cuori dei bambini, tutto accompagnato da un'immancabile ironia di fondo che rende più appetibili le scene e gli sketch, altrimenti troppo lenti.
E proprio di lentezza mi sembra che pecchi questo anime, cioè il motivo per cui molti lo hanno elogiato, per me è motivo di parziale condanna. Gli episodi scorrono davvero lentamente, senza che nulla effettivamente succeda, senza che la trama si sviluppi; non che mi aspettassi grandi cose sotto questo aspetto da un anime slice of life, ma in questo caso secondo me gli autori hanno tirato un po' troppo la corda. E non a caso gli episodi che mi sono piaciuti di più sono quelli dai risvolti un tantino più psicologici, come la storia d'amore tra Yuuta e Takahashi e il crollo di Kaname al festival scolastico.

Nel complesso ho trovato la serie discreta, anche se non mi ha coinvolto più di tanto mi ha regalato qualche risata e il comparto tecnico era abbastanza buono, sia per quanto concerne le animazioni sia per le musiche. Unica nota negativa sono le continue inquadrature di gatti, utilizzate a mo' di eyecatch tra una scena e l'altra, che imitano gli sguardi, le pose e gli atteggiamenti dei giovani protagonisti; l'ho trovata piuttosto disturbante e inquietante come trovata, ma magari sono io. Voto finale 7, consigliato a chi il genere lo mastica più di me e magari è in grado di apprezzarne più le qualità.



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Avendo impresso un solco profondo nella storia del cinema, grazie a svariati capolavori, il regista Mamoru Oshii in accordo con lo studio della "Production I.G." decide che è ora di iniziare a cercare delle nuove leve in modo da garantire la sopravvivenza dell'azienda. Nonostante il progetto della "Kerberos Saga" sia totalmente legato alla figura di Oshii, che l'ha sviluppata nel corso degli anni nei media più svariati (manga, romanzi, trasmissioni radiofoniche e film), decide di realizzare un film animato appartenente a tale universo che funga da prequel, scrivendo sia il soggetto che la sceneggiatura, ma affidando la regia al suo allievo Hiroyuki Okiura, il quale a soli trentatré anni aveva già lavorato in molti film che hanno fatto la storia dell'animazione (per esempio: "Akira", "Patlabor 2" e "Ghost in the Shell"). Il film uscirà prima nei cinema francesi nel 1999 e poi l'anno successivo in Giappone. In Italia "Jin-Roh: Uomini e Lupi", è stato riproposto di recentemente da Yamato Video, in un'edizione limitata a due dischi (di cui uno contenente oltre cinquanta minuti di contenuti speciali molto interessanti per comprendere meglio l'opera ed i suoi sottotesti), sia in DVD che in Blu-Ray.

Nell'universo alternativo creato da Mamoru Oshii, la Germania ha vinto la Seconda Guerra Mondiale, ma tutto sembra procedere come la storia normale, e infatti, nel giro di dieci anni dalla sconfitta, il Giappone si riprende grazie a uno sviluppo economico senza precedenti. Tutto questo ha creato benessere, ma al contempo anche numerose disuguaglianze sociali, e ciò finisce con il provocare pesanti agitazioni e proteste. Per ovviare a ciò, il governo decide di creare l'organizzazione della DIME, la quale, avvalendosi di membri duramente addestrati, riesce a contrapporsi sempre più efficacemente all'organizzazione terroristica chiamata la "Setta", nella quale sono confluiti i vari gruppi di rivoltosi. Nel 1962, in uno di questi innumerevoli scontri, Kazuki Fuse, membro della DIME, si ritrova innanzi a una giovane terrorista che si lascia esplodere con una bomba invece di farsi catturare, e, a seguito di tale evento, Fuse viene rispedito nuovamente all'addestramento reclute, perché non le ha sparato. L'uomo in piena crisi di coscienza per via dell'accaduto, si ritrova coinvolto negli intricati e labirintici giochi di potere che vorrebbero smantellare la DIME.

Chiunque leggerà questa breve sinossi, capirà immediatamente che non si ritrova innanzi a un'opera qualsiasi, ma invece ha a che fare con un universo molto vasto, complesso e ricco di sfaccettature. Nonostante con un ottimo uso della voce fuori campo all'inizio del film si riesca benissimo a sintetizzare gli avvenimenti salienti caratterizzanti il contesto in cui la pellicola è immersa, si percepisce chiaramente come durante il corso dell'opera si abbia la sensazione di avere assaggiato solo un mero antipasto, facente invece parte di una portata molto più sostanziosa. Sensazione di incompletezza a parte, tutto ciò che c'è da sapere per quanto concerne la pellicola in questione è espresso all'interno di essa e, quindi, i timori di non capire determinati passaggi del film, o peggio la storia, sono infondati. La trama del film si dipana in lunghi, quanto complessi e labirintici giochi di potere dove le varie organizzazioni che si occupano della sicurezza interna si fronteggiano segretamente nel tentativo di prevalere l'una sull'altra, facendo anche uso di metodi illegali pur di riuscirvi.
Tutte le fila dell'intricata vicenda sono mossi abilmente dalle sapienti mani di Mamoru Oshii, la cui sceneggiatura si dimostra ben solida e inattaccabile, visto che tutti i pezzi del puzzle risultano incastrati alla perfezione, riuscendo così a creare un'immagine perfetta di tutti i machiavellici meccanismi presenti. Le fila dell'intera storia non sono facili da seguire e l'attenzione richiesta da parte di chi segue deve essere molto alta, pena perdersi all'interno dell'intricata tela di vicende, finendo così con il non apprezzare l'opera, che a dire il vero fa di tutto per mettere in difficoltà lo spettatore, poiché Oshii, come di consueto, sbatte letteralmente in faccia al povero spettatore un'enorme quantità di informazioni, nozioni, nomi di organizzazioni e personaggi senza un'adeguata presentazione pregressa (che molte volte manca del tutto), così che risulti molto facile perdersi, ma questo è il prezzo per ottenere un effetto più realistico possibile della vicenda.
Dopo che tutte le tessere di questo contorto mosaico avranno avuto la loro collocazione, ci si ritroverà innanzi all'immagine che l'autore voleva comunicarci, cioè una spietata critica all'immobilismo della società giapponese, all'interno della quale è impossibile modificare la propria posizione, cambiando il proprio status attuale. Kazuki Fuse esiste come individuo solo in quanto appartenente all'organizzazione della DIME, poiché al di fuori di essa finirà con l'essere un lupo solitario che cercherà invano di convivere con le altre persone. Con arditi simbolismi e l'uso metaforico della storia di Cappuccetto Rosso nell'originaria versione di Perrault, Fuse verrà squadrato sino nelle profondità della sua psiche in piena crisi, poiché è alla ricerca di una risposta che gli consenta di capire se potrà mai esistere come individuo solitario, oppure dovrà continuare ad essere un lupo in un branco di simili, al cui solo interno potrà collocare la propria esistenza, potendo aspirare al massimo nel potersi travestire da essere umano per poter celare le proprie vere sembianze.

Parlando di "Jin-Roh", si finisce inevitabilmente con il lodare solo quel genio di Mamoru Oshii, il quale ha avuto il merito di scrivere l'intricata vicenda in questione, però in tal modo si oscurano sempre i meriti di colui che dall'alto dirige abilmente tutti i fili della storia, il regista Hiroyuki Okiura. L'allievo di Oshii sfoggia una regia fortemente debitrice verso quella del suo maestro, a cui sicuramente avrà chiesto numerosi consigli per la realizzazione delle scene chiave del film, ma che dimostra avere comunque una forte personalità, riuscendo a conferire un ritmo molto lento e sostenuto alla storia, dando così un forte taglio da cinema live all'intera vicenda, narrata con uno stile molto freddo e documentaristico.
Tutto ciò si riflette nella messa in scena tendente al realismo più assoluto sin nei più piccoli particolari e sia nelle stranianti quanto eclettiche inquadrature degli sguardi spenti dei suoi personaggi, rivolti chissà dove alla ricerca di una risposta ai propri dilemma. Okiura nasce come emulo di Oshii, ma a differenza di molti altri registi che tentano di scimmiottarne lo stile senza comprenderne la vera essenza (vedere i film di "Cowboy Bebop" o "Patlabor WXIII" per fare due esempi), egli nel giro di poco tempo se ne distaccherà, creando un proprio stile personale.

In sostanza ci si ritrova innanzi a un'opera complessa e che sicuramente risulterà indigesta a uno spettatore poco avvezzo, ma dal risultato finale assolutamente riuscito, visto che Hiroyuki Okiura riesce a entrare nell'esclusivo quanto limitato club di registi che sono riusciti a debuttare con il capolavoro. Ad aggiungere ulteriore valore alla pellicola è il fatto che ci si ritrovi innanzi all'ultimo kolossal animato in modo analogico, dove la CGI risulta del tutto assente (unica eccezione è la copertina del libro di Cappuccetto Rosso) a favore delle animazioni a mano, le quali sole riescono a conferire un tocco realistico alla rappresentazione della storia.
Insomma, un film molto avanti per l'epoca, poiché contenente sottotesti che ancora a distanza di anni risultano tuttora attuali, e per questo motivo merita una visione da parte di qualunque persona ami il cinema.