Kamui Fujiwara 1Fra gli ospiti giapponesi presenti all'edizione 2015 di Lucca Comics & Games un nome spiccava meno di altri, quello di Kamui Fujiwara.
Non è un autore molto noto in Italia, dal momento che, delle opere da lui realizzate, poche sono state pubblicate nel nostro paese: una, Raika, è stata pubblicata in sordina e solo parzialmente dalla defunta Comic Art; l'altra, Dragon Quest Saga: L'emblema di Roto, è un pelo più fortunata. Pubblicata fra il 1998 e il 1999 dalla Star Comics, è stata affiancata ad un'altra pubblicazione basata sulla saga videoludica di Dragon Quest, La grande avventura di Dai, che, tuttavia, ha goduto di maggior successo grazie anche ad una trasposizione animata trasmessa in tv e ad un legame più diretto con Shueisha, Shounen Jump e il blockbuster Dragon Ball.
Stupisce, dunque, la scelta della Star Comics di puntare ad una nuova pubblicazione in versione Perfect Edition di L'emblema di Roto, di cui sono già disponibili i primi due volumi, e di portare alla maggior fiera italiana del fumetto un autore poco conosciuto come Kamui Fujiwara.
Proprio per questo motivo, però, è stato bello avere l'occasione di conoscere un autore di cui sapevamo poco e niente tramite diversi eventi dedicati, il primo dei quali è stato il rituale press café al Teatro del Giglio, nella giornata di venerdì 30 ottobre.
 


Può parlarci un po' della sua esperienza come autore di Kerberos Panzer Cop e di Saiyuki?

Gli è stato proposto da Mamoru Oshii di lavorare ad un manga tratto dal suo film e ha accettato dopo una discussione col regista. In quel periodo, Mamoru Oshii stava lavorando anche a Patlabor.
All'inizio il regista aveva solo una bozza della storia, che si è sviluppata man mano, trasformandosi in una storia più lunga, mentre lavorava insieme a Fujiwara. Insieme al manga è stato realizzato anche un prodotto animato.
Per quanto riguarda Saiyuki, gli fu chiesto di realizzare un manga storico da un amico che lavorava per la casa editrice NHK. Fujiwara creò delle bozze di un personaggio, che fu poi colorato in computer grafica. Il personaggio proposto piacque così si diede il via alla realizzazione del manga.
Nel raccontare il suo Saiyuki, a Fujiwara interessava focalizzarsi maggiormente sul personaggio di Sanzo Hoshi. Si può dire, quindi, che sia quasi una "side story" del Saiyuki originale.
 
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Lei ha scritto altre opere legate all'universo di L'emblema di Roto, un volume unico e un seguito: come sono nati questi altri due progetti?

Voleva continuare la storia di L'emblema di Roto. Tutto parte dai personaggi, voleva continuare a narrare la loro storia, infatti ha realizzato un seguito in cui parla dei figli.
E' ancora una storia in via di sviluppo. Il seguito di L'emblema di Roto durerà ancora circa per quattro anni.

E' stato influenzato da Akira Toriyama, che era un autore di punta in quegli anni e ha anche definito il character design dei giochi di Dragon Quest?

Fujiwara non ha mai collaborato direttamente con Akira Toriyama. Lavorando, però, su manga basati su Dragon Quest, è inevitabile che lo stile finisca per essere influenzato da quello del videogioco, che è stato realizzato da Toriyama per quanto riguarda il design dei personaggi e dei mostri.
Lo stile con cui è realizzato L'emblema di Roto, infatti, è diverso da quello con cui ha disegnato Kerberos. Gli è stato chiesto di ispirarsi allo stile del videogioco originale, ma rendendolo più personale.

Nei giochi di ruolo giapponesi un elemento molto importante è quello del viaggio intrapreso dai personaggi, durante il quale apprendono nuove cose e crescono. Com'è stato il "viaggio" del maestro in quanto autore di Dragon Quest? E' cresciuto insieme al suo staff, al suo gruppo di lavoro?

Ha avuto una bella collaborazione col suo staff, ma non così intensa al punto da accostarla al viaggio degli eroi nella sua storia, forse perché gli ambienti di lavoro giapponesi sono un po' rigidi. Il rapporto più intenso lo ha avuto con l'editor.
Ha vissuto la lavorazione di L'emblema di Roto come un processo di crescita personale. Era il suo primo shounen manga e l'idea di scrivere un manga letto da bambini che sarebbero cresciuti insieme al proseguire della storia è stata come una crescita personale per l'autore.
 
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Se non sbaglio, il maestro ha esordito con un terzo posto al Premio Tezuka con un nome d'arte. Cosa pensa dei premi, sono un buon modo per scovare nuovi talenti?

Nel 1979, ha ottenuto un Premio Tezuka. Questo lo ha aiutato a farsi conoscere dagli editori e ad entrare nell'ambiente per vie traverse. Pensa che questi premi siano un buon modo per farsi conoscere ed entrare in contatto con persone che poi possono aiutare a debuttare come mangaka.

Il maestro ha realizzato diversi manga basati su Dragon Quest. Com'è il suo rapporto con questa saga di videogiochi? Li conosce, ci gioca? Se sì, qual è il suo preferito?

Li ha giocati quasi tutti e questo lo ha molto aiutato nella stesura dei manga. Il suo preferito è Dragon Quest III.

Un elemento importante nei fantasy è il gruppo di personaggi che si unisce, si separa, poi torna insieme per il combattimento finale. E' importante lasciare ai lettori un messaggio di amicizia e comunità?

Il gioco consiste nel crearsi un gruppo di personaggi che collaborano. Questo può essere collegato alla realtà, in diverse situazioni della vita funziona così, del resto. E' un messaggio molto bello, che si può collegare alla vita reale, anche se lui non lo ha mai pensato direttamente come messaggio per i lettori.

Parallelamente a L'emblema di Roto, sia in Giappone che in Italia, è stato pubblicato anche un altro manga basato su Dragon Quest. Ha avuto un rapporto con questo titolo?

Le storie dei due manga sono diverse, anche se si basano sulla stessa matrice. Lo leggeva, ma non ne è stato influenzato direttamente.


Sabato 31 ottobre, invece, Kamui Fujiwara è stato protagonista di uno showcase alla Chiesa dei Servi, dove ha risposto alle domande dell'intervistatore e del pubblico mentre realizzava due bei disegni dal vivo.
 


Uno degli altri ospiti del Lucca Comics & Games di quest'anno è il regista Mamoru Oshii. Lei ha disegnato una versione a fumetti di Kerberos di Mamoru Oshii. Cosa si ricorda di quell'esperienza?

Ha discusso con Mamoru Oshii sul fare un'opera insieme. Fujiwara aveva già visto dei film di Oshii, come ad esempio Akai Megane. Da una semplice discussione è nata la collaborazione tra i due autori. Partendo da una semplice storia, il progetto si è poi trasformato in un'opera più lunga.
Il suo primo incontro con Oshii riguarda il film Stalker di Andrej Tarkovskij. Si sono trovati a discutere su questo film e da qui è nata l'idea di fare un manga assieme.

All'epoca il suo stile era molto realistico, sembra quasi che ci sia un'influenza dello stile di Katsuhiro Otomo. C'è un'influenza reale?

Conosce Katsuhiro Otomo, ma non ha subito la sua influenza. Nel periodo in cui lavorava a Raika si ispirava allo stile di Moebius.

E' una delle prime volte che sento citare il fumetto europeo come una fonte d'ispirazione, dato che il fumetto europeo non è molto noto in Giappone. Com'è entrato in contatto con le opere di Moebius?

Quando era al liceo, è venuto in contatto con la rivista Heavy Metal e si è avvicinato al fumetto francese e americano. Entrambi gli stili erano molto diversi dal manga, dove si usa sempre il bianco e il nero, mentre nelle opere di Moebius ci sono degli echi degli ukiyo-e, le stampe giapponesi tradizionali. E' rimasto molto colpito dalle opere di Moebius perché è uno stile a lui congeniale.
 
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Quello usato per Dragon Quest, invece, è uno stile ancora diverso, ispirato a quello del videogioco...

E' probabile che i suoi lettori siano rimasti scioccati dal cambiamento del suo stile, che era già un po' cambiato con Raika. Con Dragon Quest è cambiato ancora perché la storia era rivolta ad un pubblico più giovanile e doveva basarsi sullo stile del videogioco, da cui ha preso diversi elementi.
E' stato un processo naturale il cambiamento dello stile.

Questo ci porta al confronto con Akira Toriyama, che ha fatto il design originale del videogioco. Qual è il suo rapporto con Toriyama?

In realtà, non ha mai pensato a Toriyama, mentre disegnava. E' un appassionato di Dragon Quest, li ha giocati quasi tutti, e gli piaceva l'idea di fare un fumetto su Dragon Quest.
Inizialmente, era stato chiamato un altro disegnatore, che però è stato successivamente scartato perché aveva uno stile troppo somigliante a quello di Toriyama. E' dunque stato richiamato e gli è stato assegnato il lavoro.

Aldilà di Dragon Quest, è un appassionato di videogiochi?

Gli piacciono molto i videogiochi di ruolo alla giapponese, soprattutto i vecchi giochi del Famicon, che ha giocato da ragazzo.
 
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C'è un videogioco moderno che le piace, anche se magari adesso ha meno tempo da dedicargli?

Uncharted.

Domanda dal pubblico: Toriyama ha realizzato il design di Dragon Quest e anche il manga di Dragon Ball. Qual è venuto prima?

E' stato fatto prima Dragon Ball, successivamente Toriyama è stato chiamato come designer di Dragon Quest.

Di solito lei lavora su testi di altri sceneggiatori. Come si trova a lavorare su personaggi non suoi? Qual è il rapporto fra l'editor e un artista che non è il creatore dei personaggi ma soltanto il disegnatore?

In realtà, lui lavora un po' anche alla storia. Il manga nasce da un processo di discussione fra l'editor, lo scrittore e il disegnatore.

Come funziona questo processo?

E' un dialogo fra tre persone (editor, scrittore e disegnatore), ma non avviene contemporaneamente. La parte più difficile è quella dell'editor, che parla prima con l'uno e poi con l'altro, facendo da tramite tra i due artisti.

Quindi i due artisti non si confrontano direttamente, senza la mediazione dell'editor?

Per quanto riguarda il suo lavoro, non parla direttamente con lo scrittore, ma lo fa solo tramite la mediazione dell'editor.
 


Domanda dal pubblico: Parlando di L'emblema di Roto, la storia inizialmente presenta uno scenario fantastico di stampo occidentale, con draghi, cavalieri, fate e mostri, mentre poi a un certo punto si passa ad un'ambientazione basata sull'antico Giappone con templi, Yamata no Orochi, Koropokkuru. Come mai la presenza del Giappone è così forte, anche in mondi fantastici che non dovrebbero averci a che fare?

La storia parla di un viaggio, quindi il viaggiare comporta anche il passaggio per ambientazioni molto diverse. Il cambiamento del paesaggio riflette il cambiamento nello spirito dei personaggi.

Domanda dal pubblico: Oltre al manga di Dragon Quest III (L'emblema di Roto) ha disegnato anche il manga di Dragon Quest VII (I guerrieri dell'Eden). Quale fra questi due ha preferito? Ha realizzato il manga di Dragon Quest VII per una richiesta esterna o di sua iniziativa?

Per questo tipo di lavori che sono ispirati a videogiochi, c'è sempre una richiesta da parte di un editor. Fra i due manga, è affezionato a tutti e due, ma ha preferito maggiormente l'esperienza con Dragon Quest VII perché ha avuto maggiore libertà sulla storia.

Quanto è difficile creare una storia di Dragon Quest, che deve avere degli elementi riconoscibili ma contemporaneamente deve presentare qualcosa di nuovo?

Più che di avere un equilibrio, ci sono degli elementi del gioco (combattimenti, draghi, alcuni personaggi) che vanno utilizzati nel manga. Non gli è stato particolarmente difficile utilizzarli per creare la sua storia.

Domanda dal pubblico: Dragon Quest è uno dei franchise rpg più amati al mondo. Cosa aggiungono i suoi manga a questo franchise, secondo lei?

Ci sono diverse tipologie di fans, sia quelli che vedono il manga come un approfondimento del gioco, sia quelli che invece pensano che il manga gli rovini la visione che loro avevano del gioco. Dipende quindi dalle persone.

Si ringraziano Horus e Oberon per le riprese video.