Se ne parla tanto, della sottocultura otaku: c'è chi se ne identifica sfoggiando l'appartenenza a tale gruppo come una medaglia, ma c'è anche chi si offende a venire considerato tale, sapendo bene la concezione estremamente negativa che tale termine ha in Giappone.
Ma perchè gli otaku sono così malvisti (o, almeno, lo erano fino a qualche anno fa) in Giappone? Le motivazioni sono molteplici, ma una delle principali, se non la principale in assoluto, è la scia di odio e paura che lasciò dietro di sè la serie di omicidi di bambine di età compresa tra 4 e 7 anni ad opera di Tsutomu Miyazaki, collezionista di anime noto al mondo come l'assassino otaku.
Tsutomu Miyazaki nacque prematuro il 21 agosto 1962 a Itsukaichi, Tokyo, con una malformazione ai polsi che gli rendeva impossibile piegare le mani rispetto alle braccia: per muovere le mani in su era costretto a ruotare l'intero braccio. Questo problema fisico perseguitò il piccolo Tsutomu fin dall'asilo, quando un compagno di classe lo prese in giro per le sue buffe mani; da quel momento, in tutte le foto di famiglia iniziò a nascondere sempre le mani e tenere quasi sempre gli occhi chiusi.
Alle elementari era un bambino invisibile: tranquillo, solitario, era incapace di fare amicizia con gli altri e rimproverava le sue mani per la sua completa incapacità di raggiungere qualsiasi risultato. Fu in quel periodo che si sviluppò la sua passione per i manga.
Miyazaki era un ragazzo studioso, tanto da essere stato il primo studente della sua scuola media a passare l'esame di ammissione al liceo Meidai Nakano, affiliato all'università Meiji. Il suo sogno di entrare all'università e diventare insegnante, tuttavia, sfumò quando all'ultimo anno si posizionò 40° su 56 studenti, non ottenendo la raccomandazione per l'università. Il motivo del fallimento fu probabilmente la perdita di interesse di Miyazaki verso lo studio e il dedicare molto del suo tempo al disegno di un manga amatoriale, tuttavia lui incolpò ancora una volta le sue mani.
Miyazaki, dopo un master di tre anni in un college, iniziò a lavorare in una tipografia di un conoscente di suo padre. Dopo aver risparmiato tre milioni di yen in tre anni, si ritrasferì nel suo quartiere natale, andando a vivere con la sorella maggiore in un bilocale a fianco della fabbrica del padre.
Tsutomu non aveva un buon rapporto con la famiglia. Il padre era concentrato unicamente sul lavoro e nella sua passione per la fotografia; anche la madre era molto presa dal lavoro, facendo tuttavia di tanto di tanto dei regali al figlio. Ogni volta che il ragazzo cercava di parlare con loro dei suoi problemi, veniva mandato via o ignorato. Le due sorelli minori, invece, trovavano Tsutomu semplicemente repellente. Solo il nonno sembrava mostrare interesse nei confronti del ragazzo.
Miyazaki non si trovava a suo agio con le ragazze della sua età, probabilmente a causa della sua immaturità fisica (il suo pene era largo quanto una matita e lungo quanto una stuzzicadenti, a quanto racconta un suo insegnante delle superiori). Ciononostante i suoi appetiti sessuali sembravano essere sopra la media: al college era solito riprendere gli allenamenti di tennis femminili da angolature ginecologiche e iniziò a lamentarsi delle censure presenti nelle riviste per adulti. Nel 1984 passò alla pornografia infantile, più nelle sue corde.
L'evento che sancì la trasformazione di Miyazaki fu la morte del nonno Shokichi, l'unico adulto con cui aveva un rapporto di affetto. Tsutomu arrivò a divorare alcune delle sue ossa cremate credendo che finchè fossero rimasti dei resti terreni suo nonno non si sarebbe potuto reincarnare.
Con la sua scomparsa, morì l'unico vero legame tra Tsutomu e la società.
Il rapporto col resto della famiglia si distrusse: sbattè contro il muro la testa di una delle sorelle minori dopo che questa lo accusò di averla spiata farsi il bagno, e picchiò la madre quando gli consigliò di dedicare più tempo al lavoro e meno ai suoi video. Il padre aveva da tempo smesso di cercare un modo per comunicare con lui.
Il 22 agosto 1988 avvenne il primo rapimento, ai danni di Mari Konno, bambina di quattro anni residente a Saitama, nel complesso di appartamenti del Villaggio Iruma.
La bambina stava tornando a casa dopo aver giocato a casa di un amica, quando Miyazaki accostò l'auto vicino alla bambina chiedendole se non volesse salire e andare in un posto divertente.
La portò in un sentiero di montagna, ma quando si accorse del suo crescente fastidio e della sua stanchezza, entrò in panico: la strada era frequentata, e se la bambina avesse iniziato a piangere avrebbe potuto avere problemi. Non volendo riconsegnarla alla famiglia, le mise le mani intorno alla gola e la strangolò; dopodiche, la svestì e l'accarezzò con molta riverenza, per poi rivestirla e riportarla di nascosto nella sua macchina.
Il corpo venne lasciato a decomporsi, non prima di averne amputato mani e piedi, che Miyazaki conservò nel suo armadio; le ossa della bambina vennero cremate e conservate.
Allertata la sera stessa del giorno in cui Mari era scomparsa, la polizia interrogò senza sosta gli abitanti della zona e appese 50.000 volantini con la foto della bambina: alcuni testimoni affermarono di aver visto la bambina camminare insieme ad un uomo sconosciuto.
Dopo aver espresso pubblicamente la speranza che Mari fosse ancora viva, la madre Yukie ricevette una lettera con scritto “Ci sono diavoli in giro”. La famiglia Konno iniziò anche a ricevere numerose chiamate telefoniche anonime: quando rispondevano, la persona all'altro capo riagganciava; quando non rispondevano, il telefono continuava a suonare anche per venti minuti.


Non avendo tuttavia ricevuto richieste di riscatto o rinvenuto alcun cadavere, la polizia catalogò il caso come "persona scomparsa", consigliando però alle famiglie di non perdere di vista i bambini.
Da quel momento, fino all'arresto di Miyazaki, tutti i genitori del luogo iniziarono ad accompagnare ogni giorno i propri figli all'asilo, preoccupati per quanto era successo a Mari.
Erano passate sei settimane dalla scomparsa di Mari Konno, quando Miyazaki colpì nuovamente. Il 3 ottobre 1988, mentre stava andando in macchina a Hanno, nella prefettura di Saitama, Miyazaki vide un'alunna di prima elementare, Masami Yoshizawa, camminare sul marciapiede accanto alla strada. La convinse a salire in macchina e poi la portò sulla stessa collina dove aveva compiuto il primo delitto. Questa volta Miyazaki non si limitò a strangolare la vittima, ma stuprò il cadavere ancora caldo di Masami. Quando questo ebbe un sussulto improvviso, si spaventò e scappò dal luogo del delitto in tutta fretta, lasciando il corpo di Masami a neanche 100 metri da dove si trovava quello di Mari.


La polizia si mise subito alla ricerca della bambina interrogando gli abitanti del luogo e spargendo poster segnaletici con la foto di Masami, ma il risultato fu il medesimo che con Mari Konno. Sebbene si sospettasse un collegamento tra i due casi, l'assenza del cadavere o di richieste di riscatto fecero dichiarare anche questo un caso di persona scomparsa.
Passarono altri due mesi, quando il 3 dicembre avvenne il terzo delitto. Questa volta le cose andarono diversamente dai primi due casi. Non solo Miyazaki fu vicino a venire scoperto, ma il cadavere fu ritrovato poco dopo la scomparsa.
Come nei precedenti casi, la bambina, Erika Nanba, si imbattè nell'automobile del suo assassino mentre stava tornando a casa e venne convinta a salire. Dopo essere giunti al parcheggio del Naguri Youth Nature House la bambina, in lacrime, venne costretta a spogliarsi nel sedile posteriore mentre Miyazaki le scattava fotografie. Proprio in quel momento una macchina passò nel parcheggio, illuminando per un momento la faccia dell'uomo con i propri fari.
Miyazaki non venne scoperto, e subito dopo strangolò anche la sua terza vittima; nascose i vestiti nella foresta dietro il parcheggio e avvolse con cura il cadavere in un lenzuolo che mise nel bagagliaio. Mentre tornava a casa, tuttavia, si distrasse dalla guida e una delle ruote della macchina si incastrò in un canale di scolo. Miyazaki corse nella foresta a nascondere il cadavere di Erika, trovando al ritorno due uomini vicino alla sua macchina. Mentre apriva il bagagliaio per rimettere il lenzuolo - ora vuoto - spiegò il suo problema ai due uomini, che lo aiutarono a liberare la ruota.
Il giorno dopo la polizia di Kawagoe iniziò le ricerche di Erika Nanba. Supponendo fin da subito che la scomparsa fosse correlata a quella di Mari e Masami, la prefettura di Saitama organizzò un centro operazioni speciali interamente dedicato a risolvere il caso delle tre bambine scomparse.
Il giorno successivo, un lavoratore del Naguri Youth Nature House scoprì alcuni vestiti da bambina nella foresta: centinaia di poliziotti iniziarono a perlustrare l'area, fino al ritrovamento del cadavere, con mani e piedi legati con un nastro di nylon.
Non vennero trovati altri indizi nei dintorni, tuttavia i due uomini che avevano aiutato Miyazaki a liberare la ruota fornirono una descrizione accurata dell'uomo. Purtroppo, sbagliarono a identificarne la macchina, fornendo alla polizia un modello diverso, che scoprì l'errore solo dopo aver perquisito più di 6000 vetture.
La scoperta del cadavere di Erika Nanba spinse a rivalutare i precedenti casi di Mari e Masami. Ci si trovava di fronte a potenziali omicidi. C'erano inoltre diverse similitudini tra i vari casi: tutte le tre ragazze vivevano a meno di 30 Km di distanza tra loro, tutte le famiglie erano state perseguitate da ripetute chiamate anonime e dopo una settimana dalla scomparsa, anche la famiglia di Erika Nanba aveva ricevuto una lettera recitante: “Erika. Freddo. Tosse. Gola. Riposo. Morte”. Si iniziò seriamente a considerare l'esistenza di un serial killer di bambine nella prefettura di Saitama.
Mentre la preoccupazione di genitori e insegnanti cresceva in tutta Saitama, la polizia rinnovò gli sforzi nella ricerca dei corpi di Mari e Masami, senza alcun risultato.
Il 6 febbraio 1989, Shigeo Konno, il padre di Mari, ritrovò davanti alla porta di casa una scatola contenente polvere, terra, resti di ossa carbonizzate, 10 piccoli denti, foto di vestiti da bambina e una lettera scritta con ritagli di giornale: “Mari. Cremata. Ossa. Investigare. Prova.”
I denti vennero immediatamente fatti analizzare, tuttavia il Dr. Toshio Suzuki sostenne che probabilmente non appartenevano a Mari, notizia che venne divulgata in una conferenza stampa. Poco tempo dopo, però, non solo il Dr. Suzuki cambiò idea, ma le analisi sui resti delle ossa confermarono che si trattava dei resti della piccola Mari.
Nel frattempo, Miyazaki seguiva avidamente tutti gli sviluppi riguardanti il suo caso, e appena seppe del primo verdetto del Dr. Suzuki, inviò una lettera di tre pagine allo Yomiuri Shinbun, intitolata “Confessione criminale” e firmata Yuko Imada.
“Ho messo io la scatola di cartone con i resti di Mari davanti a casa sua. Ho fatto tutto io, dall'inizio dell'incidente fino alla fine. Ho visto la conferenza stampa della polizia dove hanno detto che i resti non sono di Mari. Alla videocamera, la madre ha detto che il verdetto le ha dato nuova speranza che Mari possa essere ancora viva. Allora ho saputo che dovevo scrivere questa confessione, cosi che la madre di Mari non continuasse a sperare invano.”
La polizia ufficializzò il caso di Mari come omicidio, diffuse migliaia di volantini riportanti spezzoni della lettera in tutta la zona in cui vivevano le bambine, e iniziò a studiare gli indizi ottenuti. Si riuscì a identificare la macchina fotografica con cui erano state scattate le foto dei vestiti di Mari, il tipo di cartone in cui erano stati consegnati i resti, e anche il tipo di carta utilizzata per le lettere. Tutti indicavano un legame dell'assassino con qualche tipografia.

L'11 marzo 1989, sette mesi dalla scomparsa di Mari, la famiglia Konno potè celebrarne il funerale, grazie ai resti consegnati dall'assassino. Durante la cerimonia, il padre Shigeo lanciò un appello:
Al ritorno a casa, i genitori di Mari trovarono una nuova lettera di Yoku Imada, intitolata semplicemente Confessione:
“Prima che me ne rendessi conto, il cadavere della bambina era diventato rigido. Volevo incrociare le sue braccia sopra le sue tette, ma non si volevano piegare... Molto presto, su tutto il corpo iniziarono a formarsi delle macchie rosse... grandi macchie rosse. Come la bandiera di Hinomaru. O come se voi aveste ricoperto il suo intero corpo con dei sigilli rossi... Dopo un po', il corpo era ricoperto da smagliature. Era così rigido prima, ma ora sembrava come se fosse pieno d'acqua. E puzzava. Quanto puzzava. Come nulla voi abbiate mai annusato in questo intero, grande, mondo.”
Nell'estate del 1989 Miyazaki stava diventando sempre più inquieto, saltando sempre più spesso il lavoro e passando giornate intere a editare video in camera sua. L'1 giugno vide delle bambine giocare davanti ad una scuola elementare e ne convinse una a togliersi i calzoni, iniziando a fotografarla. Miyazaki venne messo in fuga da alcuni vicini che lo inseguirono.
Il quarto delitto sarebbe avvenuto di lì a pochi giorni. Il 6 giugno, in un parco vicino al campo da tennis di Ariake, vicino Tokyo, Miyazaki vide Ayako Nomoto, una bambina di 5 anni che giocava da sola. All'inizio le chiese semplicemente di posare per qualche fotografia; Ayako accettò. Dopo un po', le chiese di fare qualche foto anche dentro la macchina, e quando le porse una gomma da masticare, Ayako fece un commento sulle sue mani deformi. Miyazaki s'infuriò e iniziò a stringere il collo di Ayako “Questo è quello che succede alle bambine che dicono cose del genere”. Dopo qualche minuto, per essere sicuro fosse morta, la imbavagliò e le legò la braccia con una corda, per poi metterla nel bagagliaio della propria automobile. Mentre tornata a casa, Miyazaki si fermò a noleggiare una videocamera e, per la prima volta, portò il cadavere direttamente a casa propria. Dopo averla svestita e pulita, la filmò tra le gambe, per poi riprendere se stesso masturbarsi di fronte a lei. Infine, la nascose sotto tre lenzuola.
Dopo due giorni la puzza del cadavere era divenuta insopportabile. Miyazaki tagliò la testa, le braccia e i piedi e abbandonò il resto del corpo in un bagno pubblico vicino al cimitero di Hanno. Seppellì le mani nel suo giardino dietro casa, non prima di averne divorato una parte, e seppellì il resto nella collana di Mitakeya, a 230 metri da casa sua.
Il torso venne ritrovato cinque giorni dopo la morte, e presto identificato come quello di Ayako.
Nonostante gli enormi sforzi della polizia, fu un civile a porre fine alla carriera del serial killer di bambine. Il 23 luglio 1989 due sorelle stavano giocando vicino a un lavabo in Hachihoji, quando Miyazaki disse alla maggiore, di 9 anni, di restare lì, mentre convinceva la minore a seguirla fino alla riva del fiume. La sorella tuttavia corse a casa ad avvertire il padre dell'accaduto. Il padre, accorso sul posto, si trovò di fronte un uomo sconosciuto che puntava una macchina fotografica tra le gambe della figlia nuda. Miyazaki venne bloccato, riuscendo a fuggire fino alla propria macchina dove venne arrestato dalla polizia, che lo aspettava dopo esser stata avvertita dell'accaduto. Ufficialmente Miyazaki venne arrestato per aver costretto un minore a commettere atti indecenti, ma tutti erano convinti di aver finalmente catturato il serial killer di bambine, tanto che i giornalisti corsero a riprendere la casa di Miyazaki ancora prima che ci andasse la polizia. Nei mesi successivi, Miyazaki confessò tutti i quattro delitti da lui commessi; aggiunse inoltre di aver mangiato pezzi di due dei cadaveri e di aver bevuto il sangue di uno di questi. Gli investigatori rinvennero anche alcuni filmati pornografici delle sue vittime (sia vive che morte) tra i tanti video presenti in casa sua. Tutti i cadaveri delle bambine vennero ritrovati e riconsegnati alle famiglie.

Il padre di Tsutomu si rifiutò di assumere un avvocato per difendere suo figlio, in quanto non sarebbe stato corretto nei confronti dei parenti delle vittime. Junji Suzuki e Keiji Iwakura si offrirono per difendere Miyazaki durante il processo, costruendo la loro strategia sull'incapacità di Miyazaki di distinguere tra giusto e sbagliato, avendo quindi una responsabilità limitata di quanto avvenuto. L'obiettivo era di evitare la condanna a morte a favore dell'ergastolo.
La prima valutazione psicologica, effettuata a metà settembre dai psichiatri dell'Agenzia Nazionale di Polizia, era stata che Miyazaki non mostrava alcun apparente disordine mentale. La difesa chiese tuttavia una seconda valutazione, più accurata. La corte acconsentì alla richiesta, e un gruppo di psicologi venne assegnato allo studio del caso di Miyazaki. Vennero attestate un gran numero di ossessioni: pedofilia, necrofilia, sadismo, feticismo e cannibalismo; si ritenne inoltre che l'uomo fosse prima un pedofilo e solo secondariamente un assassino: l'omicidio era la conclusione del suo atto d'amore nei confronti delle bambine, un modo per riuscire a possederle.
Tuttavia, per quanto concerneva la consapevolezza di Miyazaki, c'erano opinioni discordanti. Alcuni sostenevano che Miyazaki fosse completamente estraniato dalla realtà, che vivesse in un mondo suo, privo di senso di colpa, e quindi non potesse venire considerato responsabile delle azioni da lui commesse.
Nel frattempo, Miyazaki trascorreva le sue giornate in cella felicemente, guardando anime e leggendo manga, in modo non molto diverso da quanto faceva prima dell'arresto. Scrisse anche ai propri genitori: una feroce lettera d'accusa al padre, a cui attribuiva tutta la colpa per quello che era successo, e una più mite alla madre, con cui si scusò per averla fatta soffrire e a cui disse di ricordarsi di cambiare l'olio alla sua macchina altrimenti non avrebbe potuto usarla. Dopo aver espresso pubblicamente il suo senso di colpa per non aver prestato maggior attenzione al proprio figlio, il padre di Tsutomu Miyazaki si tolse la vita.
Il verdetto finale fu che, sebbene soffrisse di personalità multiple e di schizofrenia, al momento dei delitti Miyazaki era pienamente consapevole della gravità delle sue azioni, e che quindi la responsabilità degli omicidi gli andava assegnata interamente.
Alcuni hanno ritenuto le lettere inviate alle famiglie delle vittime come una rivalsa verso quella società che l'aveva emarginato e criticato; secondo diversi psicologici, invece, Miyazaki non aveva alcun interesse nel pensiero della società, essendosi costruito una sua società ideale nella propria mente, una società di cui egli era il nucleo. Anche tutti gli assassini da lui compiuti, nella sua visione del mondo, non erano in alcun modo diversi da un videogioco, le vittime erano come personaggi di un manga. Confessò di aver ucciso degli animali in passato, per gioco. Aveva buttato un gatto in un fiume, e ne aveva bollito un altro nell'acqua bollente. Aveva anche strangolato il suo stesso cane.

Negli anni successivi la condizione mentale di Miyazaki andò via via peggiorando: iniziò ad avere allucinazioni, disse di sentire una voce che tentava di fargli del male, e divenne quasi psicopatico. Non si pentì però mai dei suoi crimini e si rifiutò di chiedere scusa alle famiglie delle vittime, e iniziò ad accusare un immaginario uomo-ratto dei delitti commessi.
Tsutomu Miyazaki venne condannato a morte diverse volte, ma fu effettivamente impiccato solamente nel 2008, dopo una lunga serie di ricorsi falliti. Erano trascorsi 19 anni dal suo arresto. Le ultime parole che disse al suo psicologico furono: “Dì al mondo che sono una persona gentile”.
Ufficialmente nati nel 1983 negli articoli discriminatori di Akio Nakamori sulla rivista Manga Burikko, all'epoca gli otaku non erano ancora così malvisti come sarebbero successivamente diventati. Sì, la società giapponese aveva già una bassa opinione di questi “bambinoni” che “facevano ore di coda per vedere un film di Gundam o tenevano nel portafogli immagini di Minky Momo o Nanako”, ma la vera esplosione dell'odio nei loro confronti avvenne principalmente a causa degli eventi legati a Tsutomu Miyazaki. Lo stesso termine “otaku”, prima noto principalmente tra gli appassionati e addetti ai lavori, si diffuse tra la popolazione proprio a causa del clamore mediatico seguito all'evento.


Dopo l'arresto del serial killer di bambine, infatti, nella sua casa venne ritrovata una collezione di 5763 videocassette, perlopiù anime (molti pornografici) e film horror, tra cui viene citata la raccolta di film Guinea Pig, nota per la sua estrema violenza e il realismo degli effetti speciali. I giornalisti approfittarono dell'occasione, soprannominando Miyazaki assassino otaku, facendo leva sul suo essere otaku per meglio veicolare l'odio della popolazione verso di lui.
E insieme all'odio verso di lui, crebbe l'odio verso tutta la categoria. Nakamori Akio, il giornalista che aveva battezzato gli otaku col proprio nome, scrisse un libro dedicato alla storia di Miyazaki in cui faceva largo uso del termine otaku, spesso in modo dispregiativo o denigratorio.
Al Comiket di quell'anno un reporter della TBS disse, indicando la folla di presenti: “Guardate! Qui ci sono 100.000 Tsutomu Miyazaki.”
E sempre nel 1989 venne pubblicato Otaku no hon, libro incentrato sulla figura dell'otaku con numerosi articoli dedicati. Chiaramente, anche in questo caso non veniva data una visione positiva degli otaku.
Ci sarebbero voluti due decenni perchè il termine otaku venisse ripulito della deriva quasi criminale a cui era stato associato dopo gli eventi di Miyazaki; da un lato grazie a opere come Densha otoko, che mostravano una figura più apprezzabile, meno deteriore, degli otaku, dall'altro grazie al Cool Japan, movimento con cui il governo giapponese iniziò a sfruttare anime, manga e tutte le sottoculture otaku ad esso relative per esportare la propria industria culturale nazionale nel resto del mondo. Anche se, ancora oggi, molti giornalisti giapponesi restano fortemente critici nei confronti della cultura otaku e dei suoi appartenenti.

Recentemente, sono nate teorie secondo le quali buona parte della collezione di Tsutomu Miyazaki non fosse realmente sua, ma fosse stata inserita dai giornalisti allo scopo di incentivare l'odio nei confronti dell'assassino, oppure che molte delle opere non fossero di natura (pedo)pornografica, ma opere più "innocue" (ad esempio Dokaben).
Fonti consultate:
- Murderpedia (raccolta di articoli su Tsutomu Miyazaki)
- Japantoday
- Japanese-world
- Generazione otaku. Uno studio della postmodernità
di Hiroki Azuma
- Otakuzoku no kenkyuu (traduzione degli articoli originali di Akio Nakamori sugli otaku)
- Debating Otaku in Contemporary Japan: Historical Perspectives and New Horizons di P.W. Galbraith
Ma perchè gli otaku sono così malvisti (o, almeno, lo erano fino a qualche anno fa) in Giappone? Le motivazioni sono molteplici, ma una delle principali, se non la principale in assoluto, è la scia di odio e paura che lasciò dietro di sè la serie di omicidi di bambine di età compresa tra 4 e 7 anni ad opera di Tsutomu Miyazaki, collezionista di anime noto al mondo come l'assassino otaku.
ATTENZIONE! L'ARTICOLO SEGUENTE CONTIENE IMMAGINI CHE POTREBBERO URTARE LA VOSTRA SENSIBILITÀ.
TSUTOMU MIYAZAKI, UN BAMBINO INVISIBILE

Alle elementari era un bambino invisibile: tranquillo, solitario, era incapace di fare amicizia con gli altri e rimproverava le sue mani per la sua completa incapacità di raggiungere qualsiasi risultato. Fu in quel periodo che si sviluppò la sua passione per i manga.
Miyazaki era un ragazzo studioso, tanto da essere stato il primo studente della sua scuola media a passare l'esame di ammissione al liceo Meidai Nakano, affiliato all'università Meiji. Il suo sogno di entrare all'università e diventare insegnante, tuttavia, sfumò quando all'ultimo anno si posizionò 40° su 56 studenti, non ottenendo la raccomandazione per l'università. Il motivo del fallimento fu probabilmente la perdita di interesse di Miyazaki verso lo studio e il dedicare molto del suo tempo al disegno di un manga amatoriale, tuttavia lui incolpò ancora una volta le sue mani.
Miyazaki, dopo un master di tre anni in un college, iniziò a lavorare in una tipografia di un conoscente di suo padre. Dopo aver risparmiato tre milioni di yen in tre anni, si ritrasferì nel suo quartiere natale, andando a vivere con la sorella maggiore in un bilocale a fianco della fabbrica del padre.
LE DIFFICOLTÀ RELAZIONALI CON LA FAMIGLIA E LE DONNE ADULTE

Miyazaki non si trovava a suo agio con le ragazze della sua età, probabilmente a causa della sua immaturità fisica (il suo pene era largo quanto una matita e lungo quanto una stuzzicadenti, a quanto racconta un suo insegnante delle superiori). Ciononostante i suoi appetiti sessuali sembravano essere sopra la media: al college era solito riprendere gli allenamenti di tennis femminili da angolature ginecologiche e iniziò a lamentarsi delle censure presenti nelle riviste per adulti. Nel 1984 passò alla pornografia infantile, più nelle sue corde.
L'evento che sancì la trasformazione di Miyazaki fu la morte del nonno Shokichi, l'unico adulto con cui aveva un rapporto di affetto. Tsutomu arrivò a divorare alcune delle sue ossa cremate credendo che finchè fossero rimasti dei resti terreni suo nonno non si sarebbe potuto reincarnare.
Con la sua scomparsa, morì l'unico vero legame tra Tsutomu e la società.
Il rapporto col resto della famiglia si distrusse: sbattè contro il muro la testa di una delle sorelle minori dopo che questa lo accusò di averla spiata farsi il bagno, e picchiò la madre quando gli consigliò di dedicare più tempo al lavoro e meno ai suoi video. Il padre aveva da tempo smesso di cercare un modo per comunicare con lui.
Mi sentivo tutto solo.
Ogni volta che vedevo una bambina giocare da sola era quasi come rivedere me stesso.
Ogni volta che vedevo una bambina giocare da sola era quasi come rivedere me stesso.
IL PRIMO RAPIMENTO: MARI KONNO (4 ANNI)

La bambina stava tornando a casa dopo aver giocato a casa di un amica, quando Miyazaki accostò l'auto vicino alla bambina chiedendole se non volesse salire e andare in un posto divertente.
La portò in un sentiero di montagna, ma quando si accorse del suo crescente fastidio e della sua stanchezza, entrò in panico: la strada era frequentata, e se la bambina avesse iniziato a piangere avrebbe potuto avere problemi. Non volendo riconsegnarla alla famiglia, le mise le mani intorno alla gola e la strangolò; dopodiche, la svestì e l'accarezzò con molta riverenza, per poi rivestirla e riportarla di nascosto nella sua macchina.
Il corpo venne lasciato a decomporsi, non prima di averne amputato mani e piedi, che Miyazaki conservò nel suo armadio; le ossa della bambina vennero cremate e conservate.
Allertata la sera stessa del giorno in cui Mari era scomparsa, la polizia interrogò senza sosta gli abitanti della zona e appese 50.000 volantini con la foto della bambina: alcuni testimoni affermarono di aver visto la bambina camminare insieme ad un uomo sconosciuto.
Dopo aver espresso pubblicamente la speranza che Mari fosse ancora viva, la madre Yukie ricevette una lettera con scritto “Ci sono diavoli in giro”. La famiglia Konno iniziò anche a ricevere numerose chiamate telefoniche anonime: quando rispondevano, la persona all'altro capo riagganciava; quando non rispondevano, il telefono continuava a suonare anche per venti minuti.


Non avendo tuttavia ricevuto richieste di riscatto o rinvenuto alcun cadavere, la polizia catalogò il caso come "persona scomparsa", consigliando però alle famiglie di non perdere di vista i bambini.
Da quel momento, fino all'arresto di Miyazaki, tutti i genitori del luogo iniziarono ad accompagnare ogni giorno i propri figli all'asilo, preoccupati per quanto era successo a Mari.
LE NUOVE VITTIME: MASAMI YOSHIZAWA (7 ANNI) E ERIKA NANBA (4 ANNI)
Erano passate sei settimane dalla scomparsa di Mari Konno, quando Miyazaki colpì nuovamente. Il 3 ottobre 1988, mentre stava andando in macchina a Hanno, nella prefettura di Saitama, Miyazaki vide un'alunna di prima elementare, Masami Yoshizawa, camminare sul marciapiede accanto alla strada. La convinse a salire in macchina e poi la portò sulla stessa collina dove aveva compiuto il primo delitto. Questa volta Miyazaki non si limitò a strangolare la vittima, ma stuprò il cadavere ancora caldo di Masami. Quando questo ebbe un sussulto improvviso, si spaventò e scappò dal luogo del delitto in tutta fretta, lasciando il corpo di Masami a neanche 100 metri da dove si trovava quello di Mari.


La polizia si mise subito alla ricerca della bambina interrogando gli abitanti del luogo e spargendo poster segnaletici con la foto di Masami, ma il risultato fu il medesimo che con Mari Konno. Sebbene si sospettasse un collegamento tra i due casi, l'assenza del cadavere o di richieste di riscatto fecero dichiarare anche questo un caso di persona scomparsa.
Passarono altri due mesi, quando il 3 dicembre avvenne il terzo delitto. Questa volta le cose andarono diversamente dai primi due casi. Non solo Miyazaki fu vicino a venire scoperto, ma il cadavere fu ritrovato poco dopo la scomparsa.

Miyazaki non venne scoperto, e subito dopo strangolò anche la sua terza vittima; nascose i vestiti nella foresta dietro il parcheggio e avvolse con cura il cadavere in un lenzuolo che mise nel bagagliaio. Mentre tornava a casa, tuttavia, si distrasse dalla guida e una delle ruote della macchina si incastrò in un canale di scolo. Miyazaki corse nella foresta a nascondere il cadavere di Erika, trovando al ritorno due uomini vicino alla sua macchina. Mentre apriva il bagagliaio per rimettere il lenzuolo - ora vuoto - spiegò il suo problema ai due uomini, che lo aiutarono a liberare la ruota.
Il giorno dopo la polizia di Kawagoe iniziò le ricerche di Erika Nanba. Supponendo fin da subito che la scomparsa fosse correlata a quella di Mari e Masami, la prefettura di Saitama organizzò un centro operazioni speciali interamente dedicato a risolvere il caso delle tre bambine scomparse.
Il giorno successivo, un lavoratore del Naguri Youth Nature House scoprì alcuni vestiti da bambina nella foresta: centinaia di poliziotti iniziarono a perlustrare l'area, fino al ritrovamento del cadavere, con mani e piedi legati con un nastro di nylon.
Non vennero trovati altri indizi nei dintorni, tuttavia i due uomini che avevano aiutato Miyazaki a liberare la ruota fornirono una descrizione accurata dell'uomo. Purtroppo, sbagliarono a identificarne la macchina, fornendo alla polizia un modello diverso, che scoprì l'errore solo dopo aver perquisito più di 6000 vetture.
UN FILO COMUNE: IL RITROVAMENTO DI MARI KONNO
La scoperta del cadavere di Erika Nanba spinse a rivalutare i precedenti casi di Mari e Masami. Ci si trovava di fronte a potenziali omicidi. C'erano inoltre diverse similitudini tra i vari casi: tutte le tre ragazze vivevano a meno di 30 Km di distanza tra loro, tutte le famiglie erano state perseguitate da ripetute chiamate anonime e dopo una settimana dalla scomparsa, anche la famiglia di Erika Nanba aveva ricevuto una lettera recitante: “Erika. Freddo. Tosse. Gola. Riposo. Morte”. Si iniziò seriamente a considerare l'esistenza di un serial killer di bambine nella prefettura di Saitama.
Mentre la preoccupazione di genitori e insegnanti cresceva in tutta Saitama, la polizia rinnovò gli sforzi nella ricerca dei corpi di Mari e Masami, senza alcun risultato.
Il 6 febbraio 1989, Shigeo Konno, il padre di Mari, ritrovò davanti alla porta di casa una scatola contenente polvere, terra, resti di ossa carbonizzate, 10 piccoli denti, foto di vestiti da bambina e una lettera scritta con ritagli di giornale: “Mari. Cremata. Ossa. Investigare. Prova.”
I denti vennero immediatamente fatti analizzare, tuttavia il Dr. Toshio Suzuki sostenne che probabilmente non appartenevano a Mari, notizia che venne divulgata in una conferenza stampa. Poco tempo dopo, però, non solo il Dr. Suzuki cambiò idea, ma le analisi sui resti delle ossa confermarono che si trattava dei resti della piccola Mari.
Nel frattempo, Miyazaki seguiva avidamente tutti gli sviluppi riguardanti il suo caso, e appena seppe del primo verdetto del Dr. Suzuki, inviò una lettera di tre pagine allo Yomiuri Shinbun, intitolata “Confessione criminale” e firmata Yuko Imada.
“Ho messo io la scatola di cartone con i resti di Mari davanti a casa sua. Ho fatto tutto io, dall'inizio dell'incidente fino alla fine. Ho visto la conferenza stampa della polizia dove hanno detto che i resti non sono di Mari. Alla videocamera, la madre ha detto che il verdetto le ha dato nuova speranza che Mari possa essere ancora viva. Allora ho saputo che dovevo scrivere questa confessione, cosi che la madre di Mari non continuasse a sperare invano.”
La polizia ufficializzò il caso di Mari come omicidio, diffuse migliaia di volantini riportanti spezzoni della lettera in tutta la zona in cui vivevano le bambine, e iniziò a studiare gli indizi ottenuti. Si riuscì a identificare la macchina fotografica con cui erano state scattate le foto dei vestiti di Mari, il tipo di cartone in cui erano stati consegnati i resti, e anche il tipo di carta utilizzata per le lettere. Tutti indicavano un legame dell'assassino con qualche tipografia.

L'11 marzo 1989, sette mesi dalla scomparsa di Mari, la famiglia Konno potè celebrarne il funerale, grazie ai resti consegnati dall'assassino. Durante la cerimonia, il padre Shigeo lanciò un appello:
“Le sue mani e i suoi piedi non sembrano essere tra le spoglie. Quando lei salirà in cielo, non sarà in grado di camminare o mangiare. Vi prego di riportarci il resto delle sue spoglie.”
Al ritorno a casa, i genitori di Mari trovarono una nuova lettera di Yoku Imada, intitolata semplicemente Confessione:
“Prima che me ne rendessi conto, il cadavere della bambina era diventato rigido. Volevo incrociare le sue braccia sopra le sue tette, ma non si volevano piegare... Molto presto, su tutto il corpo iniziarono a formarsi delle macchie rosse... grandi macchie rosse. Come la bandiera di Hinomaru. O come se voi aveste ricoperto il suo intero corpo con dei sigilli rossi... Dopo un po', il corpo era ricoperto da smagliature. Era così rigido prima, ma ora sembrava come se fosse pieno d'acqua. E puzzava. Quanto puzzava. Come nulla voi abbiate mai annusato in questo intero, grande, mondo.”
L'ULTIMA VITTIMA: AYAKO NOMOTO (5 ANNI)

Il quarto delitto sarebbe avvenuto di lì a pochi giorni. Il 6 giugno, in un parco vicino al campo da tennis di Ariake, vicino Tokyo, Miyazaki vide Ayako Nomoto, una bambina di 5 anni che giocava da sola. All'inizio le chiese semplicemente di posare per qualche fotografia; Ayako accettò. Dopo un po', le chiese di fare qualche foto anche dentro la macchina, e quando le porse una gomma da masticare, Ayako fece un commento sulle sue mani deformi. Miyazaki s'infuriò e iniziò a stringere il collo di Ayako “Questo è quello che succede alle bambine che dicono cose del genere”. Dopo qualche minuto, per essere sicuro fosse morta, la imbavagliò e le legò la braccia con una corda, per poi metterla nel bagagliaio della propria automobile. Mentre tornata a casa, Miyazaki si fermò a noleggiare una videocamera e, per la prima volta, portò il cadavere direttamente a casa propria. Dopo averla svestita e pulita, la filmò tra le gambe, per poi riprendere se stesso masturbarsi di fronte a lei. Infine, la nascose sotto tre lenzuola.
Dopo due giorni la puzza del cadavere era divenuta insopportabile. Miyazaki tagliò la testa, le braccia e i piedi e abbandonò il resto del corpo in un bagno pubblico vicino al cimitero di Hanno. Seppellì le mani nel suo giardino dietro casa, non prima di averne divorato una parte, e seppellì il resto nella collana di Mitakeya, a 230 metri da casa sua.
Il torso venne ritrovato cinque giorni dopo la morte, e presto identificato come quello di Ayako.
L'ARRESTO DEL SERIAL KILLER DI BAMBINE
Nonostante gli enormi sforzi della polizia, fu un civile a porre fine alla carriera del serial killer di bambine. Il 23 luglio 1989 due sorelle stavano giocando vicino a un lavabo in Hachihoji, quando Miyazaki disse alla maggiore, di 9 anni, di restare lì, mentre convinceva la minore a seguirla fino alla riva del fiume. La sorella tuttavia corse a casa ad avvertire il padre dell'accaduto. Il padre, accorso sul posto, si trovò di fronte un uomo sconosciuto che puntava una macchina fotografica tra le gambe della figlia nuda. Miyazaki venne bloccato, riuscendo a fuggire fino alla propria macchina dove venne arrestato dalla polizia, che lo aspettava dopo esser stata avvertita dell'accaduto. Ufficialmente Miyazaki venne arrestato per aver costretto un minore a commettere atti indecenti, ma tutti erano convinti di aver finalmente catturato il serial killer di bambine, tanto che i giornalisti corsero a riprendere la casa di Miyazaki ancora prima che ci andasse la polizia. Nei mesi successivi, Miyazaki confessò tutti i quattro delitti da lui commessi; aggiunse inoltre di aver mangiato pezzi di due dei cadaveri e di aver bevuto il sangue di uno di questi. Gli investigatori rinvennero anche alcuni filmati pornografici delle sue vittime (sia vive che morte) tra i tanti video presenti in casa sua. Tutti i cadaveri delle bambine vennero ritrovati e riconsegnati alle famiglie.

Il padre di Tsutomu si rifiutò di assumere un avvocato per difendere suo figlio, in quanto non sarebbe stato corretto nei confronti dei parenti delle vittime. Junji Suzuki e Keiji Iwakura si offrirono per difendere Miyazaki durante il processo, costruendo la loro strategia sull'incapacità di Miyazaki di distinguere tra giusto e sbagliato, avendo quindi una responsabilità limitata di quanto avvenuto. L'obiettivo era di evitare la condanna a morte a favore dell'ergastolo.
MALVAGITÁ O PAZZIA? PROCESSO E CONDANNA DELL'ASSASSINO OTAKU

Tuttavia, per quanto concerneva la consapevolezza di Miyazaki, c'erano opinioni discordanti. Alcuni sostenevano che Miyazaki fosse completamente estraniato dalla realtà, che vivesse in un mondo suo, privo di senso di colpa, e quindi non potesse venire considerato responsabile delle azioni da lui commesse.
Nel frattempo, Miyazaki trascorreva le sue giornate in cella felicemente, guardando anime e leggendo manga, in modo non molto diverso da quanto faceva prima dell'arresto. Scrisse anche ai propri genitori: una feroce lettera d'accusa al padre, a cui attribuiva tutta la colpa per quello che era successo, e una più mite alla madre, con cui si scusò per averla fatta soffrire e a cui disse di ricordarsi di cambiare l'olio alla sua macchina altrimenti non avrebbe potuto usarla. Dopo aver espresso pubblicamente il suo senso di colpa per non aver prestato maggior attenzione al proprio figlio, il padre di Tsutomu Miyazaki si tolse la vita.
Il verdetto finale fu che, sebbene soffrisse di personalità multiple e di schizofrenia, al momento dei delitti Miyazaki era pienamente consapevole della gravità delle sue azioni, e che quindi la responsabilità degli omicidi gli andava assegnata interamente.
Alcuni hanno ritenuto le lettere inviate alle famiglie delle vittime come una rivalsa verso quella società che l'aveva emarginato e criticato; secondo diversi psicologici, invece, Miyazaki non aveva alcun interesse nel pensiero della società, essendosi costruito una sua società ideale nella propria mente, una società di cui egli era il nucleo. Anche tutti gli assassini da lui compiuti, nella sua visione del mondo, non erano in alcun modo diversi da un videogioco, le vittime erano come personaggi di un manga. Confessò di aver ucciso degli animali in passato, per gioco. Aveva buttato un gatto in un fiume, e ne aveva bollito un altro nell'acqua bollente. Aveva anche strangolato il suo stesso cane.

Negli anni successivi la condizione mentale di Miyazaki andò via via peggiorando: iniziò ad avere allucinazioni, disse di sentire una voce che tentava di fargli del male, e divenne quasi psicopatico. Non si pentì però mai dei suoi crimini e si rifiutò di chiedere scusa alle famiglie delle vittime, e iniziò ad accusare un immaginario uomo-ratto dei delitti commessi.
Tsutomu Miyazaki venne condannato a morte diverse volte, ma fu effettivamente impiccato solamente nel 2008, dopo una lunga serie di ricorsi falliti. Erano trascorsi 19 anni dal suo arresto. Le ultime parole che disse al suo psicologico furono: “Dì al mondo che sono una persona gentile”.
L'ODIO VERSO GLI OTAKU SI DIFFONDE: “SONO TUTTI TSUTOMU MIYAZAKI”
Ufficialmente nati nel 1983 negli articoli discriminatori di Akio Nakamori sulla rivista Manga Burikko, all'epoca gli otaku non erano ancora così malvisti come sarebbero successivamente diventati. Sì, la società giapponese aveva già una bassa opinione di questi “bambinoni” che “facevano ore di coda per vedere un film di Gundam o tenevano nel portafogli immagini di Minky Momo o Nanako”, ma la vera esplosione dell'odio nei loro confronti avvenne principalmente a causa degli eventi legati a Tsutomu Miyazaki. Lo stesso termine “otaku”, prima noto principalmente tra gli appassionati e addetti ai lavori, si diffuse tra la popolazione proprio a causa del clamore mediatico seguito all'evento.


Dopo l'arresto del serial killer di bambine, infatti, nella sua casa venne ritrovata una collezione di 5763 videocassette, perlopiù anime (molti pornografici) e film horror, tra cui viene citata la raccolta di film Guinea Pig, nota per la sua estrema violenza e il realismo degli effetti speciali. I giornalisti approfittarono dell'occasione, soprannominando Miyazaki assassino otaku, facendo leva sul suo essere otaku per meglio veicolare l'odio della popolazione verso di lui.
E insieme all'odio verso di lui, crebbe l'odio verso tutta la categoria. Nakamori Akio, il giornalista che aveva battezzato gli otaku col proprio nome, scrisse un libro dedicato alla storia di Miyazaki in cui faceva largo uso del termine otaku, spesso in modo dispregiativo o denigratorio.
Al Comiket di quell'anno un reporter della TBS disse, indicando la folla di presenti: “Guardate! Qui ci sono 100.000 Tsutomu Miyazaki.”
E sempre nel 1989 venne pubblicato Otaku no hon, libro incentrato sulla figura dell'otaku con numerosi articoli dedicati. Chiaramente, anche in questo caso non veniva data una visione positiva degli otaku.
Ci sarebbero voluti due decenni perchè il termine otaku venisse ripulito della deriva quasi criminale a cui era stato associato dopo gli eventi di Miyazaki; da un lato grazie a opere come Densha otoko, che mostravano una figura più apprezzabile, meno deteriore, degli otaku, dall'altro grazie al Cool Japan, movimento con cui il governo giapponese iniziò a sfruttare anime, manga e tutte le sottoculture otaku ad esso relative per esportare la propria industria culturale nazionale nel resto del mondo. Anche se, ancora oggi, molti giornalisti giapponesi restano fortemente critici nei confronti della cultura otaku e dei suoi appartenenti.

Recentemente, sono nate teorie secondo le quali buona parte della collezione di Tsutomu Miyazaki non fosse realmente sua, ma fosse stata inserita dai giornalisti allo scopo di incentivare l'odio nei confronti dell'assassino, oppure che molte delle opere non fossero di natura (pedo)pornografica, ma opere più "innocue" (ad esempio Dokaben).
Fonti consultate:
- Murderpedia (raccolta di articoli su Tsutomu Miyazaki)
- Japantoday
- Japanese-world
- Generazione otaku. Uno studio della postmodernità
- Otakuzoku no kenkyuu (traduzione degli articoli originali di Akio Nakamori sugli otaku)
- Debating Otaku in Contemporary Japan: Historical Perspectives and New Horizons di P.W. Galbraith
Il Giappone degli anni '90 fu sconvolto anche da un altro caso molto simile a questo, ma stavolta il serial killer era solamente un bambino.
Comunque la colpa non è dei manga, queste sono persone emarginate dalla società che sviluppano pericolose perversioni, estraniandosi completamente dal mondo reale.
I miei più sinceri complimenti per l'articolo.
Sulla vicenda in se... ovviamente essere otaku in se non ha portato l'individuo ad avere tale mentalità disturbata. Direi che le carenze affettive, le difficoltà di relazione/autostima e il vistoso difetto fisico abbiano generato una bomba a orologeria pronta a scoppiare.
Purtroppo un mix del genere può avere luogo ovunque.
Ringrazio anzi Slanzard per la lunga ricerca.
La penso ovviamente come Meganoide, non è certo colpa dei manga, ma da allora in poi gli otaku non sono stati mai visti benissimo dalla società...li sfrutta per far soldi, ma resta sempre una concezione di "malato" su di loro
E questo sicuramente ha influito sulla settorializzazione dell'animazione giapponese, con sempre più opere da e per otaku e meno per un pubblico più variegato (ad eccezione di quelle per bambini/ragazzi).
Tra l'altro è uscito questo nuovo studio che introduce una nuova visione sugli otaku.
http://www.animenewsnetwork.com/interest/2015-12-05/otaku-term-extends-to-introduce-diverse-meanings-and-impact-on-economy/.95925
Comunque è davvero incredibile pensare quanto può essere devastante la prese in giro ad un bambino a scuola, o la mancanza di un abbraccio a casa.
Ma questi pazzo sarebbe stato tale a prescindere dall'essere otaku.
Chiaro che l'otaku vero e proprio incarna delle tendenze sicuramente negative per la socialità, ma solo dove v'è terreno fertile tale condizione fa germogliare la follia.
In altre parole l'otaku medio è un represso recluso che si eccita con gli ecchi, non certo un omicida.
Te lo aspetti in un sito dedicato alla cronaca nera, oppure alla psicologia criminale, non qui.
Comprendo che, essendo la terribile storia di questo serial killer alla radice dello stigma verso gli otaku nel Sol Levante, sia di interesse per l'utenza.
Ma non serviva descrivere in maniera minuziosa gli atti depravati che questo criminale ha commesso, siamo onesti. Indugiare sugli aspetti più macabri degli omicidi è qualcosa che fa purtroppo spessissimo anche l'informazione televisiva italiana, ed io la trovo una forma di speculazione, una mancanza di rispetto per le vittime.
Fare informazione è un'altra cosa.
Ripeto: fossimo in un sito dedicato alla criminologia, ci vedrei un senso. Ma in questa sede, non era necessario indugiare così su certi dettagli.
Penso che tutti sappiamo che in Giappone i serial killer possano raggiungere vette di crudeltà atroci quanto altrove. Potevate risparmiarci i particolari.
P.S. Parlo da persona che, in quanto interessata in generale alla psicologia, è interessata anche alla psicologia criminale.
Articoli di questo stampo ne ho letti nelle sedi opportune. Ma vedere nella homepage di questo sito colorato le foto delle piccole vittime mi ha un attimino spiazzata e messo un senso d'ansia, perché non ero psicologicamente pronta. Non è come quando guardo intenzionalmente "Amori criminali" o altre cose simili.
Al di là del comprensibile ribrezzo che causano i suoi efferati delitti, Tsutomu Miyazaki alla fine è stato un povero infelice, vittima di un difetto fisico e dell'ambiente familiare quanto mai pessimo che lo circondava, e proprio anche per la poca attenzione dei suoi familiari che i suoi gravi disturbi mentali sono stati completamente sottovalutati che in seguito ha commesso tutte quelle atrocità. Sono sempre stato contrario ala pena capitale, e in questo caso ancora di più, visto che il soggetto era senz'altro affetto da molteplici disturbi della personalità. Di certo non lo si poteva rimettere in libertà, però ucciderlo comunque è stato davvero un gesto crudele ed inutile, scandalosa poi è la legislazione giapponese che può far passare anche decenni interi prima che un condannato venga poi messo nelle mani del boia, facendogli trascorrere periodi lunghissimi di essenzialmente non-vita in attesa che poi un giorno qualsiasi gli venga poi stretta la corda intorno al collo, una tortura peggiore della morte stessa!
Invece sarebbero da condannare almeno ad una gogna mediatica molto forte quegli sciacalli di giornalisti che ci hanno così marciato sul caso di Tsutomu Miyazaki, e creato un clima di odio, paura ed intolleranza nei confronti di tutti quegli appassionati a cui avevano appiccicato l'etichetta di Otaku, fossero o meno tanto fissati con manga e disegni animati. Purtroppo tutta la mia generazione, chi più chi meno, ha dovuto, una volta raggiunti i 15/16 anni, un po' nascondere la propria passione per gli anime, almeno di fronte a certe persone, ed in certi contesti onde evitare di essere considerato nella migliore delle ipotesi un povero sfigato, nella peggiore un rimbambito o ritardato mentale; insomma uno di quei "casi umani" da esibire i quei stomachevoli talk alla Maurizio Costanzo!
Insomma ne abbiamo mangiato tanto di nervoso, ma non immaginavo proprio che proprio in Giappone gli appassionati di questo mondo fossero anche lì così vessati da intellettuali ipocriti e giornalisti sciacalli, e tutto solo per le infami imprese di uno squilibrato! Pensavo più che altro che fossero le potenti PTA (gruppi di pressione formati da insegnati e genitori) a condurre campagne contro gli anime (cosa che avevo letto avvenne soprattutto negli anni '60 e primi '70), ma non immaginavo proprio che ci fossero altre persone che lo facessero nei confronti di una platea non certo di scolaretti, ma addirittura di adulti!
@Ironic74: Concordo in pieno! Per quanto possa essere brutta la realtà va sempre affrontata e raccontata, sforzandosi di essere più neutrali e obiettivi possibile (anche se capisco che in questo caso possa essere quanto mai difficile). Sono proprio articoli come questo che mi fanno apprezzare AnimeClick come risorsa affidabile ed autorevole in campo di fumetto ed animazione, oltre che per cultura popolare ed altri aspetti della realtà giapponese! Continuate così assolutamente e non date retta a quelli che vogliono solo che si parli delle cose belle del Giappone, non sono dei veri appassionati!
Complimenti per l'articolo. Non mi è piaciuto leggerlo. Fa male, proprio fisicamente, ricordarsi quanta malvagità ci possa essere a questo mondo. So che probabilmente Miyazaki è una vittima a sua volta... ma il dolore che ha provocato mi lascia senza fiato.
Ancora, ottimo articolo.
Restando in tema, so che questa trasmissione a sua volta potrebbe essere considerata una forma di speculazione sulla morte, tuttavia penso abbia il merito di indagare certe dinamiche di coppia, e mettere in guardia potenziali vittime.
Ad ogni modo, se guardo quella trasmissione, so cosa aspettarmi, e sono mentalmente pronta.
Se entro nel sito di Animeclick e vedo delle foto di bambine seviziate e assassinate, così, di brutto...be', la cosa mi turba parecchio, in quanto mi coglie impreparata. Non si può passare dalle capigliature più ridicole dei pg dei cartoni ai bambini uccisi con tale disinvoltura.
Spero che la mia critica sia compresa. Non sto dicendo che non se ne doveva parlare.
Sto criticando il come se ne è parlato.
Direi che si tratta di un mostro partorito e allevato dalla società che l'ha denigrato ed emarginato e dalla quale non è riuscito a trovare la forza per difendersi in alcun modo, non mi sorprende che sia esploso così.
Certo che far girare bambini/e di asilo ed elementari da soli/e.............................
Rifletteteci. Provate a pensare se foste i loro genitori, quanto piacere vi farebbe vederle esibite con tale leggerezza in un sito dedicato ai cartoni animati.
Non sono d'accordo con chi reputa questo articolo poco consono al sito, dopo tutto l'argomento otaku è sempre molto dibattuto, e reputo questa notizia un tassello non proprio di poco conto.
Inoltre reputo giusto l'aver scritto il tutto molto dettagliatamente perché i fatti sono questi, perché far finta di nulla o indorare la pillola? Perché dover sempre mettere i paraocchi quando la realtà non ci piace? In più quando si scrive un articolo credo sia giusto cercar di scrivere in modo più esaustivo possibile.
Comprendo che ci siano persone molto sensibili (anche se chiunque resta spiazzato da questo articolo) però si può semplicemente fermare la lettura.
Ancora complimenti per l'articolo, è scritto molto bene.
L'articolo denota una morbosità nei dettagli che nulla ha a che fare con il suo proposito informativo, data la tipologia di sito in cui è stato pubblicato.
La relazione esistente in Giappone nell'immaginario comune tra devianza ed otaku poteva essere esplorata senza speculare sui dettagli macabri.
Inoltre le foto delle piccole vittime non aggiungono nulla alla notizia.
Non confondiamo la completezza dell'informazione con la morbosità.
>Comprendo che ci siano persone molto sensibili (anche se chiunque resta spiazzato da questo articolo) però si può semplicemente fermare la lettura.
Io mi informo sulla cronaca nera. Lo faccio anche con articoli molto dettagliati, come questo, ma in ambiti diversi. Se durante lo zapping vedo nel maxi schermo del salotto della D'Urso la vittima di turno di un caso di omicidio, al ribrezzo che suscita la tragedia in sè, si aggiunge un altro tipo di ribrezzo.
Ovviamente non guardo la D'Urso, cambio canale. Ma sapere che esiste questo tipo di speculazione mediatica dozzinale sulle tragedie umane è un dispiacere aggiuntivo. Idem per questo articolo, che merita le critiche che gli ho mosso.
Non è questione di non voler mostrare le cose brutte del Giappone, di indorare la pillola...solo di avere rispetto di persone morte, e dei loro cari.
>E poi non credo proprio che i parenti di quelle sfortunate creature passino il tempo a cercare sul web le foto dei loro congiunti uccisi da Tsutomu Miyazaki, né tanto meno che le possano trovare su un sito italiano. Dovrebbero proprio avere una sfortuna nera per arrivare a questa pagina navigando così per caso sulla rete!
Secondo te il problema risiede nella probabilità che possano essere trovate o meno dagli interessati? No, è una questione di principio.
Qualche giorno fa, è stato pubblicato un articolo su due bambini "pucciosi", e molte persone hanno criticato l'esposizione mediatica di quei bambini, ricevendo ampi consensi.
Anch'io concordo nel definire abominevole l'esposizione mediatica dei bambini.
Peggio ancora se morti assassinati. I loro genitori non hanno scelto che i loro volti divenissero di dominio pubblico.
Comunque chiudo qui, proprio per rispetto delle piccole vittime.
Non sapevo che una delle cause di disprezzo per gli otaku fosse così grave,
ma è ovvio che i giornalisti dell'epoca hanno calcato su qualcosa che già la gente non apprezzava.
Mi spieghi l'utilità delle fotografie? Mi spieghi perché ci si indigna tanto se i genitori mettono su FB le foto dei loro pargoli (cosa che disapprovo pure io), poi però se si tratta di bambini morti chiunque può pubblicare ovunque le loro foto, pure in un sito dove si parla essenzialmente di cartoni?
Lo sciacallaggio mediatico non è informazione.
Avevo detto che avrei chiuso il discorso, ti ho risposto, ma è davvero la mia ultima replica, anche perché si sta discutendo su qualcosa in merito al quale non cambierei mai idea.
Tanti di noi siamo in conoscenza della situazione in giappone, alcuni disagi sono paragonabili ai casi che abbiamo proprio a casa nostra. La società ha le sue colpe, il serial killer è uno prodotto della società ipocrità capitalista. Il fenomeno dei neet inizia pure crescere in europa, senza altro nuovi disagi per tanti ragazzi sono in arrivo. Io facevo coordinatore del movimento giovanile per 3 anni, sotte mia guida avevo vari ragazzi e le loro testimonianze di tanti tipi di disagi, problemi, o denuncie del bullismo.
Comunque sono contento che animeclick affronta anche questi casi verramente difficili da affrontare. Uno articolo molto pulito. Giusto per informare capre, come direbbe Sgarbi. Mi dispiace per sensibili, pero la vità non è passagiata. La realtà si deve affrontare, anche con la mente fredda. Slanzard merita tutti complimenti per lavoro svolto.
Prima di tutto, non esiste sede adatta per discutere ed approfondire argomenti del genere, non c'è sito, emittente televisiva e testata giornalistica che possieda il diritto di esporre tutto ciò senza risultare eccessivo, troppo duro, irrispettoso: le lamentele le troviamo ovunque, benché nessuno si soffermi mai a percepire quando è usata con criterio e conoscenza.
Nel mio piccolo posso solo fare i complimenti per la cura, la ricerca che sta dietro ad ogni riga e lo sforzo di portare qualcosa di diverso sul sito. Ogni giorno, ogni location, ogni periodo è corretto per aprire le menti del prossimo -o provare a farlo-, sperando che questi comprendano anche l'inesattezza di stereotipi che portano ad una mentalità criminale: non credete mai in uno stampino, o una serie di comportamenti che generano al 100% tali orrori, dinnanzi possiamo solo pensare e portarceli dietro, crescere e domandarci come portare positività nelle nostre vite e in chi influenziamo.
Tali temi saranno sempre "fuori luogo" in un certo senso, che siano davanti a Goku o con una pagina nera con un semplice font georgia 11 grigio. Andate oltre all'estetica, le offese le trovi -se ci sono- all'interno dei contenuti, l'impaginazione dell'articolo, l'oggettività dell'approfondimento, la capacità di portare a galla in maniera razionale l'accaduto, e dare al lettore la possibilità di tradurre tutto, che sia ignorante o no.
E mi fermo, non c'è ora che mi fa sembrare più intelligente, ma questa di sicuro è la meno adatta!
E mi accodo ai complimenti a Slanzard per l'accuratezza delle informazioni. Che ci piaccia o meno sono questi i fatti e non possono essere raccontati diversamente. Inoltre il titolo dell'articolo è inequivocabile, dunque ci si deve aspettare di cosa tratta, anche da chi come me non conosceva questa storia. Chi è ipersensibile fa meglio a non aprirlo.
Alcune considerazioni personali... Pur non conoscendo la storia, ma avendo letto qua e là del disprezzo verso gli otaku, istintivamente non mi piacerebbe se qualcuno mi definisse tale (che poi vabbè sono appassionata di anime e manga ma spendo cifre ragionevoli rispetto ad altri fan che acquistano veramente tanto e inoltre ho imparato ad amare il Giappone per quello che è realmente con tutto ciò che è realmente, a differenza di certi fan che amano solo gli anime ignorando il suo paese di produzione).
In quanto all'impiccagione (pensare che un paese avanzato l'abbia praticato nel 2008 fa gelare come gli atti del serial killer) alla fine non sono contraria. Capisco che Miyazaki sia a sua volta una vittima, ma al punto di non ritorno a cui era arrivato è stato meglio dargli la morte che farlo vivere in quel modo.
Infine un'utente parla delle foto delle bimbe lamentandosene (ShinXela). E' un articolo di cronaca e ciò giustifica la loro pubblicazione. All'atto dei fatti già la polizia aveva sparso foto segnaletiche e poi i giornalisti hanno fatto il resto. Ormai non ha senso non pubblicarle e ripeto la sede è appropriata. Dirò in ultima cosa che per caso mi sono imbattuta nel caso americano Bob Berdella, serial killer di gay. In questo caso le vittime erano ragazzi. Vi assicuro che le foto sono agghiaccianti e sconsiglio di vederle a chi ne rimarrebbe impressionato (i cadaveri erano fotografati legati e alcuni con gli occhi sbarrati). Per un po' di giorni avevo quelle foto sempre in testa...
Cosa fece alle vittime, in quale misura, dove le filmò, etc etc sono informazioni che oltre una certa misura rischiano di far scivolare il tutto nella sindrome di Studio Aperto...
Che interesse c'è nel sapere la misura del suo pene?
E' una notizia attendibile?
E se anche lo fosse, chissenefrega...
Ovviamente è una mia opinione.
Ebbene sì, se oggigiorno l'animazione è in larga parte nelle mani degli otaku, questo fu uno dei motivi principali (anche se la settorializzazione del media vera e propria iniziò un pochino prima, a circa metà anni '80).
Altro che gli shonen da quattro soldi
Detto questo, l'articolo mi dà la conferma di quanto bieco ed abietto possa essere l'uomo e la società tutta, e con questa affermazione non mi riferisco soltanto alle azioni di quest'uomo, quanto alle aberrazioni sociali che lo hanno portato ad essere, o meglio, divenire, il mostro delle bambine. Una società infatti in cui emarginare, dileggiare, fare oggetto di bullismo l'individuo più debole è una norma, non c'è da stupirsi che di 1000 Tsutomo, ne emerga uno con più di una rotella fuori posto.
E non limitiamo questo commento alla sola realtà nipponica. Anche da noi eventi analoghi sono all'ordine del giorno, con ragazzi bullizzati perché obesi o quant'altro. E non parliamo poi dei media, subito pronti a scendere giù per pasteggiare allegramente con il cadavere di turno, nello specifico, i giornalisti giapponesi pronti a ricamare la storiella degli otaku maniaci, cavalcando, con un cinismo allucinante, l'onda del terrore e del ribrezzo suscitato nella società giapponese da questa vicenda.
In sintesi, estrema dimostrazione di come l'umanità sia tragicamente infilata in un nuovo medioevo, che il progresso tecnologico riesce solo in parte a mascherare...
Io ho gli occhi pieni di lacrime e capisco oggi le raccomandazioni di mia madre verso gli sconosciuti. I genitori non avranno mai l'anima in pace.
foto si foto no, anche oggi molto attuale, ma sappiamo bene che l'uomo dimentica facilmente e che è più facile girare gli occhi dall'altro lato in qualsiasi contesto.
Tutto questo tempo d'attesa è causato dai continui ricorsi e appelli che fa la difesa dell'imputato. Fintanto che è legalmente possibile fare un ricorso la pena di morte può essere ritardata.
Mi spieghi l'utilità delle fotografie? Mi spieghi perché ci si indigna tanto se i genitori mettono su FB le foto dei loro pargoli (cosa che disapprovo pure io), poi però se si tratta di bambini morti chiunque può pubblicare ovunque le loro foto, pure in un sito dove si parla essenzialmente di cartoni?
Perchè su FB tu metti le foto di bambini vivi che possono essere facilmente presi di mira da qualunque pazzo degenerato. E senza neanche andare a prendere i pedofili, quanto è attuale la notizia degli insulti alla bambina ( di 5 anni ) protagonista dello show "Buona fortuna Charlie?" Al di là della deficienza dell'adulto che insulta una bambina, non è da meno la madre che mette la figlia in pasto alla rete solo per qualche visualizzazione in più. Queste sono bambine morte che non potranno mai essere lese e lo stesso vale per i parenti ( dubito che qualcuno adesso si segna nome e cognome dei genitori per andare a tormentarli in Giappone )
Il Giappone, cone ogni paese del mondo, ha le sue zone di luce e ombra, fingere che non siano importanti o edulcorarle in qualche modo non renderà giustizia a nessuno: né al paese né al lettore né alle vittime.
Ammetto che leggerei con piacere qualche altro approfondimento sulla situazione che si è delineata dopo i fatti di Miyazaki verso gli otaku, per comprendere meglio il percorso dalla condanna all' 'accettazione' del fenomeno.
Personalmente avevo sempre associato l'odio verso gli otaku giapponesi alla stregua dei nerd americani, quindi qualcosa più legato agli interessi, l'abbigliamento e cose di questo genere, estremizzata dalla mentalità severa giapponese dove l'impegno nello studio e il lavoro sono viste come un obbligo in cui investire il 99% del proprio tempo, ma mai avrei pensato che dietro ci fosse qualcosa di così estremo.
Ovviamente il mio parere è che la società di quei tempi abbia spinto l'opinione pubblica verso questa concezione proprio per distogliere lo sguardo di molti dai loro "hobby" ed impegnarsi in attività socialmente più adeguate, ma tale strategia in fondo ha creato odio si nei confronti degli otaku, ma allo stesso tempo non ne ha fermato il suo sviluppo (magari rallentato), tanto che oggi girando per il giappone la cultura otaku è visibile ovunque, basti pensare ai kombini ed ai suoi angoli per i manga, dove è abitudine comune mettersi a leggere anche volumi interi senza che nessuno si lamenti.
Ringrazio ancora per l'approfondimento ed indagherò su Densha Otoko che sembra un pezzo imposrtante della cultura otaku e penso vada letto/visto.
trattato, non vi ho trovato eccessi come scritto da altri, comunque
ovviamente ci sta che non sia affrontabile da tutti.
Trattando la cultura e informazione giapponese credo sia giusto
scrivere ANCHE queste notizie!
Per rispondere a Slanzard, il fatto di cronaca ha si acuito i pregiudizi dei conservatori nei confronti degli otaku, ma anche associato la parola a "squilibrato", quando prima si limitava a "lavativo". Adesso il panorama è diverso. Gli otaku portano soldi. Tanti. E Seppur integrati a forza nella società, non saranno mai riconosciuti di pari livello. Ottimo articolo su un tema delicato e opportunamente evitato.
Ah, scusate la pignoleria, ma il nome "girellaro" di Gambare Dokaben è Mr. Baseball (magari a qualcuno interessa), così come Minky Momo è meglio conosciuta come Gigì principessa dei sogni e Nanako SOS è Nanà Supergirl. Ma sono dettagli da poco...
Confessò di aver ucciso degli animali in passato, per gioco. Aveva buttato un gatto in un fiume, e ne aveva bollito un altro nell'acqua bollente. Aveva anche strangolato il suo stesso cane
XD
Non ho trovato questo articolo fuori luogo per quanto duro da far scorrere, anzi, ringrazio per la sua pubblicazione visto che ignoravo queste vicende associate al concetto di "otaku".
Faccio i complimenti a Slanzard per l'articolo e spero almeno che quelle bambine non abbiano molto sofferto... Purtroppo il male peggiore nelle società fortemente industrializzate è la mancanza di empatia verso il prossimo. In questo il Giappone è sicuramente un bruttissimo esempio.
Insomma, sbagliato generalizzare.
Comunque complimenti a chi ha scritto l'articolo, soprattutto per il lato informativo della vicenda, anche se l'ho trovato davvero molto disturbante.
Se è vero che un folle non fa l'otaku, ahimè è comunque che poi Tv e media facciano di tutta un'erba un fascio.
Complimenti ancora per l'articolo.
Ciao!
Tacchan
Vorrei consigliare per la prossima giornata contro la violenza sulle donne di dedicare un approfondimento a Junko Mizuno (anche se dubito ci sarà molta gente che riuscirà a leggerlo per intero).
Quella storia è ancora peggio, lì c'era solo cattiveria e crudeltà neanche problemi mentali.
Ottimo articolo, complimenti!
Articoli del genere ci vorrebbero più spesso, perchè se si vuole conoscere il mondo nipponico vanno capite anche le problematiche e il tessuto oscuro e brutto che c'è in quel mondo, è inutile nascondere la testa sotto la sabbia e pensare sia la magica terra del kawaiii.
Credo che tu ti riferisca a Junko Furuta, perché Junko Mizuno è una mangaka ed è ancora viva.
Beh, il caso a cui ti riferisci però non è legato al mondo otaku, di sicuro è un caso orribile, ma non so quanto sia utile mettere sul sito tutti i casi di omicidio più efferati (tra l'altro non è che ci siano solo in Giappone)
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