Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Strange plus, Sandy dai mille coloriMonster musume no iru nichijou.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


9.0/10
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Che cosa aspettarsi da un corto d'animazione? Di solito ci si aspetta una storiella simpatica, qualche gag umoristica, raramente qualcosa di complesso e articolato. Negli ultimi anni i corti d'animazione hanno avuto una certa diffusione e, tra questi, spicca "Strange+", ossia uno dei migliori corti d'animazione mai visti, complice l'assurdità che regna sovrana in tutta la serie e un umorismo sfrenato, libero da qualsiasi restrizione.
"Strange+" è un corto d'animazione della stagione invernale 2014, conclusosi nella stagione estiva 2014, composto da ventiquattro episodi di tre minuti e trenta secondi. L'opera trae origine dall'omonimo manga del 2002.

Trama: Kō e Takumi sono due fratelli che, assieme ad altri due squinternati, gestiscono un'agenzia investigativa che fa di tutto tranne che indagare. La storia narra delle avventure di questo quartetto di pazzoidi e delle loro "eroiche gesta".

Grafica: complessivamente molto bella e vivace. Le ambientazioni sono ben realizzate, con un ottimo grado di cura per il dettaglio. Le animazioni sono rapidissime e fluide. Ottimo character design. Da segnalare la presenza di qualche sporadico calo grafico.

Sonoro: bellissimo. Le opening sono assurde e demenziali (così come i relativi testi), le ending sono assenti. Le OST sono simpatiche e appropriate al contesto. Effetti sonori fuori di testa. Doppiaggio al top.

Personaggi: non se ne salva uno! È un'impresa ardua riuscire a trovare un cast di personaggi più assurdo di questo, la cui caratterizzazione supera i livelli di demenza conosciuti. Il fattore introspettivo e psicologico sono assenti poiché inutili per la tipologia dell'opera. L'interazione è da bomba H.

Sceneggiatura: essendo un corto demenziale, tutto è volto alla semplicità narrativa e allo scatenamento della risata. La gestione temporale è semplice, immediata e tutto si svolge nel presente. Il ritmo è frenetico. Le scene d'azione sono onnipresenti ed esagerate, così come la violenza a fini umoristici. È presente un moderato quantitativo di fanservice. I dialoghi sono da incorniciare.

Finale: assolutamente folle, come del resto lo è tutta la serie. Si ride a crepapelle fino agli ultimi secondi. L'opera si conclude (?) più che degnamente e, forse, c'è la possibilità di un'eventuale terza serie.

In sintesi, "Strange+" è uno dei migliori umoristici d'animazione mai realizzati. L'opera è un concentrato di assurdità apocalittiche, degne del peggior delirio mentale. Nulla viene risparmiato, tutto si dissacra. Consigliato a tutti coloro che ricercano un quantitativo spropositato di grasse risate tali da scatenare attacchi d'asma e forti minzioni.




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"Mahou no Idol Pastel Yumi", noto in Italia come "Sandy dai mille colori", è l'ultima serie TV appartenente al filone delle maghette dello Studio Pierrot degli anni '80 (ci sarà un ultimo, ininfluente, colpo di coda negli anni '90 con il misconosciuto "Fancy Lala") e, nonostante il successo riscosso nel nostro Paese, si capisce sin da subito che è una produzione diversa e "minore" rispetto a quelle che l'hanno preceduta.
A cominciare, infatti, dal numero degli episodi: solo venticinque contro i circa cinquanta delle serie precedenti. Una scelta motivata dal tema floreale della serie, che non avrebbe permesso un'ambientazione invernale, o il chiaro messaggio che il filone ormai non tirava più?

A differenza di Yu, Persha e Mai, Yumi non ha il potere di trasformarsi in una bella adolescente, ma le sue magie sono altrettanto interessanti: può infatti rendere reale, temporaneamente, qualsiasi cosa disegni con la sua bacchetta magica.
Questo elemento, dunque, taglia fuori dalla narrazione quelli che erano i maggiori punti di forza delle maghette precedenti: le travagliate storie d'amore proibite e ricche di equivoci, e la crescita interiore delle piccole protagoniste che si trovavano a vivere il mondo degli adulti sulla loro pelle. L'elemento magico, in realtà sfruttato anche poco rispetto alle infinite possibilità che offrirebbe, dà comunque una certa varietà e interesse agli episodi, dove, come e più delle maghette precedenti, il focus è tutto sulla quotidianità, sulla crescita, sui rapporti interpersonali.

La piccola Yumi (Sandy) è caratterizzata in maniera reale e simpatica: è una bambina vivace, sensibile, dolce, pasticciona e un po' lunatica, che vorrebbe farsi notare dall'affascinante e adulto Kyouhei (chiamato in Italia, nuovamente, Roby) e non si accorge, invece, del timido amore che prova per lei il suo impacciato ma gentile migliore amico Kenta (Ciccio), che fra capricci e litigi coi genitori impara a conoscere il mondo degli adulti, con l'aiuto di un pizzico di magia che male non fa.
A "Mahou no Idol Pastel Yumi" manca una trama portante, un obbiettivo (perché "Mahou no Idol", se il tema del mondo dello spettacolo non è minimamente trattato?), una scadenza, e la serie procede un po' a tentoni, fra un giorno qualunque e l'altro, fino a un finale che vira sul fantastico e apre le porte a molte trattazioni interessanti, purtroppo tutte solo accennate.
A parte quei tre, inutili, episodi riassuntivi, la serie, tuttavia, non annoia mai, grazie anche alla sua vivacità, all'intento educativo che mai viene meno e alla splendida caratterizzazione dei personaggi.
Come in tutte le produzioni del filone, infatti, alla piccola protagonista si affianca un cast di personaggi secondari ben riuscito che spesso e volentieri le ruba la scena facendo ridere ed emozionare lo spettatore: indimenticabili i suoi genitori, la "cattiva" miliardaria Fukurokoji (Trudy) allergica ai fiori e il suo buffo lacchè Saburo (Carmelo), lo strambo Dankichi (Cesare), arzillo nonno avventuriero che vive in una casa sull'albero e gira con un cammello come animale da compagnia. Sono personaggi simpaticissimi, che è davvero un piacere veder interagire fra loro e che, però, di tanto in tanto, ci stupiscono raccontandoci un po' di sé, vicende dolorose o toccanti del loro passato, o mostrano un'introspezione, una maturazione che ci fanno commuovere.

Come da tradizione del filone, l'aspetto tecnico è molto curato e gradevole, con una grafica ormai consolidata e piacevolissima, personaggi simpaticissimi ed espressivi, splendidi paesaggi (la città dove vivono i personaggi, coi suoi splendidi campi fioriti e le casette sul mare, è davvero incantevole) e musiche sobrie e graziose.
Il cast di doppiaggio giapponese è quasi lo stesso delle altre serie del filone: Yuu Mizushima è ancora una volta il bell'interesse amoroso della protagonista, Miina Tominaga è stata declassata da ex protagonista a folletto, Shigeru Chiba ormai ci ha preso gusto e ci regala uno spassosissimo personaggio di contorno.
Molto azzeccato anche il doppiaggio italiano, che presenta una delle prime prove da protagonista della dolcissima Debora Magnaghi, nonostante i nomi dei personaggi siano stati cambiati nel solito pot-pourri di nomi inglesi e italiani a casaccio tipico di quegli anni.

"Mahou no Idol Pastel Yumi" appare decisamente deludente se si pensa agli "alti" delle precedenti maghette Pierrot: non ha l'originalità di "Creamy Mami", le struggenti storie d'amore e gli universi fantastici di "Persha", la splendida indagine psicologica e il bellissimo alter-ego adulto di "Magical Emi", ma si accontenta, tutto sommato, di essere una serie solo "carina", un piacevole divertissement estivo, magari da guardare tutto d'un fiato in un afoso week end, mentre si è in preda a ricordi nostalgici dell'infanzia e di quando anche noi sognavamo di poter dar vita alle nostre fantasie e ai nostri desideri.
Il finale in sé e per sé è deludente, in quanto si era preparato il terreno per una maturazione dei personaggi e della trama che però non è avvenuta, la chiusura della serie è abbastanza frettolosa e rimane un anime un po' fine a sé stesso e dimenticabile alla lunga, ma anche capace di regalare sorrisi ed emozioni grazie ad un cast di personaggi molto simpatici e ad un'atmosfera solare, leggera, a volte anche un po' poetica.
Non è fra i classici del genere, ma è senza dubbio una visione piacevole e senza troppe pretese.




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"Monster Musume no Iru Nichijou". Tradotto: come rovinare un incipit originale sovrapponendogli una storia da quattro soldi. La mediocrità di quest'anime appare da subito imbarazzante e non ho problemi a confessare che, nonostante io sia un discreto cultore del genere harem, ho fatto una fatica immane ad arrivare fino alla fine. E dopo tutta questa fatica, sinceramente, avrei molto gradito l'esistenza di un tredicesimo episodio in cui l'autore di questo scempio si scusasse con il pubblico, giustificando l'esistenza di questo anime citando il classico "Tengo famiglia".

Partiamo, come al solito, dalla trama. Un bel giorno gli esseri umani scoprono l'esistenza di altre razze umanoidi oltre alla propria; in particolare, queste sono composte per lo più da esseri mitologici metà uomo e metà animale. Dove queste creature fossero vissute finora e quali fossero stati i loro organi di governo non è dato saperlo; ad ogni modo qualche contatto fra le due diverse autorità dev'esserci stato, perché da esso è scaturita la "Legge per lo scambio culturale fra le specie", che permetteva a questi esseri di vivere tra gli uomini a patto di venire adottati da qualche famiglia. Se state pensando che tutto questo sembra una presa per i fondelli, vi rassicuro subito: le vostre facoltà mentali non presentano problemi, perché è davvero così, e ciò diventerà ancora più evidente quando si scenderà più nello specifico. E scendere nello specifico significa seguire le peripezie di Kimihito Kurusu, un giovane giapponese che in principio si è limitato ad adottare Miia, una donna arpia, ma che poi finirà per accogliere in casa qualsiasi stranezza che abbia il dono di respirare.

La trama, nonostante tutte le assurdità presenti, poteva essere addirittura passabile; anzi sono stato invogliato a guardare questo titolo proprio perché mi sembrava contenere una certa originalità. Purtroppo questa era, però, solo un'originalità di facciata, mentre la realtà era molto diversa. Come ho detto prima, sono un discreto consumatore di harem, ma questo non vuol dire che apprezzi in toto il genere. Son ben consapevole che harem troppo spesso fa rima con ecchi; e, se non si può dire di amare il genere, se non si apprezza anche questo aspetto, è altresì vero che a tutto c'è un limite, al di sotto del quale si scende nella volgarità, e questo non è certo un segnale di qualità. Anzi, personalmente, non lo accetto proprio.
Detto questo, per far capire cos'è "Monster Musume no Iru Nichijou" a chi ancora non lo ha visto basta fargli immaginare l'harem più volgare che si ricordi e associarlo a uno "zoo" di animali i cui membri sono sempre pronti a prestare una tetta. Kurusu, infatti, passa la maggior tempo del suo tempo o immerso negli abbondanti seni delle sue controparti femminili o a risolvere un problema altrettanto imbarazzante delle stesse. Il resto del tempo è fatto di una comicità che non mi ha divertito e di presunte avventure che non mi hanno mai coinvolto.
Qualcuno, seppur timidamente, ha parlato di un anime con un suo fine sociale: dato che il protagonista non fa differenze, ma tratta allo stesso modo esseri umani e mostri, questo titolo vorrebbe trasmettere un messaggio liberale, atto a negare ogni tipo di discriminazione. Ma può davvero esserlo un anime in cui le ragazze (anche se travestite da essere mitologico) sono state pensate come dei veri e propri oggetti sessuali e che, in quanto tali, sono suscettibili di ogni forma di molestia? Non so come la pensate voi, ma io inorridisco al solo pensiero che questo titolo possa essere additato come un esempio di integrazione fra esseri viventi.

Credo di aver speso anche troppe parole per un anime che, a mio avviso, andrebbe catalogato come uno di quei vecchi 'pornazzi' d'epoca in cui non si vede mai niente di concreto e in cui sono presenti animali. Perché per me "Monster Musume no Iru Nichijou" non ha nessun altro motivo di esistere.
Recensione troppo severa? Lo so, sono un mostro.