L'immagine che un po' tutti abbiamo della tipica commedia scolastica giapponese è fatta di amicizia, amore, risate, festival coi fuochi d'artificio e di un un mondo in cui tutti i problemi possono essere affrontati e risolti semplicemente “impegnandosi di più”. Inutile dire che la realtà è molto più articolata e complessa rispetto a quanto ci viene raccontato; ma, in fondo, si tratta di semplici opere d'evasione e, in quanto tali, assolvono perfettamente al loro compito.
ReLife, da questo punto di vista, rappresenta quasi un'anomalia, specie se lo si paragona agli altri anime appartenenti allo stesso genere: infatti se da un lato si appropria di tutti i canoni classici delle commedie scolastiche dall'altro non li usa solo per divertire lo spettatore ma anche e soprattutto per puntare il dito contro la crescente decadenza morale della società giapponese moderna.


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ReLife nasce come un manga scritto e disegnato da Sou Yayoi, serializzato sul sito web Comico della NHN PlayArt a partire dal 12 ottobre 2013; fino ad oggi i volumi realizzati sono solo sei. Nell'estate del 2016 è stato proposto il suo adattamento anime, prodotto dalla TMS Entertainment, con la regia di Tomo Kosaka.
ReLife è il nome di un progetto governativo nato per combattere l'aumento del numero dei Neet e degli hikikomori e favorire il loro ritorno in società. A tal fine viene creato un medicinale in grado di restituire ai vari “candidati” l'aspetto di ragazzi liceali per poterli iscrivere nuovamente a scuola; si pensa, infatti, che il rivivere quel particolare periodo della propria esistenza possa stimolare la persona a migliorare la propria personalità. Trascorso un anno l'esperimento termina: il candidato riassume le sue fattezze normali e tutte le persone che l'hanno conosciuto in quel particolare periodo si dimenticheranno di lui.
Dopo un primo tentativo fallito, la scelta del soggetto da “recuperare” cade su Kaizaki Arata, un ragazzo di ventisette anni che vive come un “mezzo hikikomori” a causa di un trauma subito sul lavoro. In cambio della sua collaborazione riceverà uno stipendio per il periodo passato come studente e la promessa di un nuovo posto di lavoro; Per Arata si tratta di un'offerta irrinunciabile per cui accetta di buon grado di diventare il candidato n.2.

 

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Con queste premesse risulta difficile pensare che il punto di forza di questo anime sia la denuncia sociale; e invece la particolare situazione in cui viene a trovarsi il protagonista, metà adolescente e metà adulto, dà all'autore la possibilità di svolgere un'analisi a 360 gradi della società e della mentalità dominante giapponese.
Il resoconto che Arata fa del mondo del lavoro è impietoso: ”Ogni giorno facevo gli straordinari, il lavoro era durissimo e la ricompensa era uno stipendio da fame. L'atmosfera in ufficio era tesissima. L'azienda in cui ero entrato grato e soddisfatto era l'esempio perfetto di un'azienda di schiavisti”. Per non parlare dell'atteggiamento dei suoi colleghi: “Patetici, cercano di scalzare in modo disonesto qualcun altro solo per salire di grado. Un comportamento che conferma che ci si è arresi e non si vede nessun altro modo per vincere se non quello di barare”. Caso eccezionale? L'autore fa intendere chiaramente che non è così quando un Kohai di Arata confessa che “è così ovunque”. Ovviamente non tutti sono disposti ad adattarsi allo stato delle cose; ma saranno proprio costoro ad ingrossare le fila di coloro che il governo dice di voler recuperare: persa la fiducia in sé stessi finiranno per isolarsi sempre di più, in quanto l'idea di interagire con la società e le persone risulterà per loro intollerabile.
L'analisi di Sou Yayoi, però, si spinge ancora più in profondità. Secondo l'autore nipponico è proprio durante gli anni del liceo che le persone cominciano ad arrendersi al “lato oscuro”. E' per questo motivo che Arata viene rispedito a scuola: qui, infatti, ritroverà le stesse dinamiche, seppur ancora in stato embrionale, che domineranno poi il mondo degli adulti. Basta guardare i problemi dei vari personaggi che propone: Hishiro è un'alienata che consuma i suoi pasti in solitudine; Honoka è vista come un'appestata solo perché possiede un talento naturale; ma la vera protagonista è un personaggio che, in teoria, dovrebbe svolgere un ruolo secondario: Kariu Rena. La ragazza dai capelli rossi è un tipo competitivo, che aspira ad essere sempre la numero uno in tutto quello che fa. Il motivo? Essere la migliore “ridefinisce il suo status”. Nonostante i suoi sforzi, Rena non riesce a liberarsi dalla posizione che in Special A sarebbe stata definita come “numero due”: è seconda, infatti, ad Hishiro nello studio e ad Honoka nel club di pallavolo. Pur essendo una ragazza dall'animo gentile, questa situazione la porterà a sentirsi via via sempre più frustrata fino ad indurla a comportamenti sleali o carichi d'invidia nei confronti delle sue compagne.

 

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E Arata? Arata rappresenta la figura del rivoluzionario, colui che si ribella lasciando il suo posto di lavoro dopo solo tre mesi e che usa la sua esperienza per risollevare i suoi giovani compagni quando questi rischiano di cadere preda dell'egoismo o della depressione. Volendo lo si può intendere anche come la ricetta che l'autore indica per costruire una società più a misura d'uomo: bisogna intervenire direttamente alla radice del problema insegnando ai giovani dei modelli di competizione basati sul rispetto reciproco e ad avere un opinione di sé stessi non basata sul paragone con gli altri.
Sulla base di quanto detto finora ReLife potrebbe apparire come un anime cupo e deprimente; in verità si tratta di una commedia scolastica divertente come poche altre. E' la carica comica dei vari personaggi a fare la differenza: in particolare la relazione tra Oga, un belloccio che non capisce nulla d'amore, e Rena darà vita a momenti davvero esilaranti; ma anche il modo in cui la fredda Hishiro tenta di sorridere merita una menzione speciale.

L'apparato grafico è molto buono: l'unica pecca nei disegni è l'eccessiva somiglianza tra Oga e Yoake, cosa che me li ha fatti confondere molto spesso con relativo danno alla comprensione di ciò che stava succedendo. Un po' fastidioso, ma niente d'importante.
Ottima anche la colonna sonora, con musiche composte da Masayasu Tsuboguchi. Orecchiabile la sigla di apertura, ossia “Botton” dei Penguin Reaserch; non c'è, invece, un unica sigla di chiusura ma più brani tratti dal mini Cd che Aruta tiene accanto al suo stereo. Una scelta, devo dire, che ho apprezzato molto anche perché accompagnata sempre da una nuova suggestiva vignetta collegata con l'episodio appena concluso.

In definitiva, almeno secondo il parere di chi scrive, ReLife è un anime di qualità ampiamente superiore rispetto alla media. Quella di raccontare tutte le ipocrisie insite nello stile di vita giapponese senza rinunciare al divertimento sfrenato proprio delle commedie di questo tipo si è rivelato un esperimento decisamente riuscito. Guai a pensare, però, che ciò che Sou Yayoi racconta vada circoscritto al solo contesto nipponico: i concetti espressi sono universali, e i problemi descritti, in misura maggiore o minore, sono presenti in tutte le società occidentali, compresa la nostra.
 
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