Al NipPop di Bologna abbiamo avuto l'opportunità di intervistare Shungiku Uchida, una poliedrica artista giapponese nota come mangaka (Coconino Press ha appena pubblicato il suo La fidanzata di Minami), scrittrice di romanzi, regista, cantante e attrice.
 

 

Prendendo spunto dalla tecnica e dallo stile di disegno de La fidanzata di Minami, molto leggero e minimale, e dal fatto che si tratta di un’artista autodidatta, mi chiedevo quali potessero essere i suoi autori di riferimento, se ce ne sono, che magari l’hanno spinta a diventare mangaka.

Nella mia giovane età, mi sono ispirata ad un' autrice di shoujo manga di nome Jun Morita, molto brava a rendere la corporeità femminile. Mi sono ispirata anche a Tomoya Sato, recentemente scomparso, caratterizzato da un tratto molto essenziale.

La fidanzata di Minami è il suo primo manga pubblicato in Italia ma nel 2003 era già stato tradotto da Marsilio il suo controverso romanzo semi-autobiografico Father Fucker (1993). Questo in Giappone ha avuto molto successo, ristampato decine di volte, ne è stato tratto un film (The Girl of Silence di Arato Genjiro), ma ha anche provocato scandalo per via gli argomenti trattati e lo stile crudo (parla di una ragazza di nome Shizuko che scopre il sesso con un compagno di scuola e rimane inavvertitamente incinta ma il patrigno la costringe ad abortire ed inizia a "punirla" stuprandola ripetutamente con la complicità della madre). Ci vuole parlare di quel successo? Il fatto di essere già una fumettista ha influenzato in qualche maniera la tecnica narrativa del romanzo?

Father Fucker è un romanzo autobiografico, basato sulle violenze che ho subito da giovane da parte di mio padre. Ho scelto di scrivere un romanzo, piuttosto che realizzare un fumetto, perché non sarei mai riuscita a disegnare il volto di mio padre. Inoltre, un altro motivo è che i miei genitori erano contrari al mio desiderio di diventare mangaka e che mia madre amava i romanzi.
Dopo essere diventata mangaka, ho avuto moltissime offerte di lavoro e ho guadagnato molto denaro. Allora, i miei genitori, che erano sempre stati contrari al mio voler diventare mangaka, hanno cominciato a chiedermi dei soldi in prestito. Io ho chiesto loro di scusarsi per aver ostacolato il mio desiderio, ma non lo hanno mai fatto. Questa mia esperienza è simile a quella di uno scrittore americano, che si è visto chiedere soldi dai genitori una volta diventato famoso.

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Lei ha pubblicato per la leggendaria rivista Garo. Cosa si prova a lavorare per una testata di tale portata storica?

Garo è una rivista famosissima ma anche abbastanza squattrinata. Molte delle persone che lavoravano all'interno della rivista erano azionisti, ma non avevano quasi mai utili ed erano anzi, molto spesso, loro che ci chiedevano di portare denaro. A differenza delle altre riviste di manga, che pagano le royalties tutte in una volta, in Garo ci pagavano un po' alla volta mensilmente e cercavamo di sbarcare il lunario con quel poco che guadagnavamo di volta in volta. Ho lavorato per una grandissima rivista, ma che aveva anche grossi problemi finanziari.
So, comunque, che è una rivista che ha dei grandissimi meriti artistici.

Ci vuole parlare della sua esperienza come attrice in Visitor Q del regista di culto Takashi Miike?

Uno dei suoi manager, che era apertamente gay e adesso lavora come "mama" (padrona) di un locale gay a Shinbashi e ha abbandonato la vita artistica, mi chiese di lavorare con Takashi Miike. E' un regista che scherza molto, è una persona molto imprevedibile sotto molti aspetti. Mi avevano avvertito che avrei avuto a che fare con la sua imprevedibiltà, e così è stato. E' una persona estremamente divertente. Ad esempio, il latte usato nella famosa scena era quello destinato a mia figlia, che adesso ha 18 anni e fa l'attrice. Al tempo, me la portavo sempre sul set perché dovevo allattarla, e il regista mi chiedeva di lei. Mia figlia ha già lavorato come attrice in tenera età, ha interpretato una kunoichi in Nintama Rantaro.

Lei è un’artista dai molteplici talenti. Attrice, poetessa ribelle, disegnatrice romantica, scrittrice controversa e addirittura vocalist latino-americana: ma qual è la vera Shungiku?

Non saprei, in realtà, qual è la "vera Shungiku". Quando ero piccola, mi vietavano di scrivere manga e, per realizzare il mio sogno, sono dovuta uscire di casa a sedici anni. Paradossalmente, non mi era vietata la musica. Infatti da giovane cantavo, ho vinto dei premi, ho partecipato ad audizioni televisive (alle quali sono stata respinta). Una volta scappata di casa, ho cercato di proseguire nella carriera di cantante senza successo. Continuo a cantare ancora oggi: non sono riuscita a diventare una professionista, ma se mi arrivano delle offerte da parte di amici o band, se posso, partecipo volentieri. Il canto è stata una parte importante della mia formazione. Inoltre, io sono una madre, quindi nella mia vita di tutti i giorni mi dedico a loro, cucino per loro, usciamo insieme. Oggi questa è una componente molto importante della mia vita.

Lei si è in alcuni casi basata su esperienze personali (spesso anche molto dolorose) per creare storie e personaggi delle sue opere. Quanto aiuta utilizzare esperienze che si è vissute in prima persona per raccontare in modo credibile una storia?

Tutte le mie esperienze personali possono potenzialmente diventare ingredienti della mia scrittura, ma non è sempre così automatico. A volte bisogna anche cercare di capire quali di queste esperienze possono diventare storie. Spesso ci vuole del tempo per capirlo, per riuscire a selezionarle. Ad esempio, due anni fa ho avuto un cancro e sono stata operata, mi hanno inserito una protesi. In quel momento, non riuscivo a scrivere di questo, è passato più di un anno prima che riuscissi a tradurre questa esperienza in una delle mie opere.

 


Lei ha pubblicato manga sulla rivista Garo, considerata uno dei "templi" del gekiga. Cosa ne pensa di questo tipo di pubblicazioni "eccessive, violente e contestatrici", rispetto ai classici manga "mainstream"? Ritiene che parlare di gekiga abbia ancora senso nel 21° secolo, ora che il fumetto giapponese è stato "accettato" persino dal governo giapponese come propria immagine promozionale per esportare le propria industria culturale nel mondo?

Indubbiamente, all'epoca pubblicavano su Garo una serie di artisti molto peculiari. Oggi, esistono ancora dei mangaka che riprendono quello stile, anche se trovano spazio in altri contesti. Oggi non sono più raccolti sotto un'unico modello, un'unica rivista. Inoltre, cambiano gli strumenti. Ad esempio, molti autori si propongono attraverso Twitter. Non so, quindi, se quello stile abbia ancora senso al giorno d'oggi.

La maestra Uchida ha inoltre partecipato ad un evento col pubblico, dove ha conversato con Paolo La Marca, Vincenzo Filosa (entrambi curatori dell'edizione italiana de La fidanzata di Minami) e la professoressa Paola Scrolavezza, curatrice della manifestazione.

 

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Shungiku Uchida ha avuto una passione per i fumetti sin dall'adolescenza, disegnava sempre come valvola di sfogo. Ha debuttato come mangaka sulla rivista Action della casa editrice Futabasha, con un'opera che aveva più personaggi invece di un protagonista unico (idea del suo editor). Alle elementari, le piaceva leggere e disegnare manga, ma la famiglia glielo proibiva e ha dovuto farlo di nascosto. Quando, in terza elementare, ha deciso di diventare mangaka, è stata sgridata dai genitori.

I temi trattati nelle sue storie erano troppo adulti per le riviste shoujo, quindi fu indirizzata su Garo. Inizialmente, però, Garo non pagava i suoi disegnatori e lei aveva la necessità di mantenersi perché era scappata di casa.

E' stato Masayuki Kusumi (lo sceneggiatore di Gourmet) a darle l'idea per La fidanzata di Minami. Non è raro, per lei, prendere idee dagli altri. Le era stato detto che il suo stile di disegno molto semplice avrebbe reso molto bene un personaggio di piccole dimensioni come quello che compare nella storia.

Durante la pubblicazione, prendeva parte a feste con gli altri autori (come ad esempio Shigeru Mizuki). All'epoca, non c'erano molte autrici che parlavano di sesso, ma lei lo faceva in maniera normale, senza rendersi conto di quanto in realtà fosse rivoluzionaria, anche perché i giornalisti dell'epoca travisavano spesso ciò che lei diceva, mettendole in bocca parole che non aveva detto.

All'inizio, i suoi lettori erano quasi tutti maschi, ma poi c'è stata un'inaspettata inversione ed è aumentato il numero delle lettrici donne. Le è capitato di avere brutte esperienze con i fan di sesso maschile anche per quanto riguarda il suo film. Nelle sue opere, i personaggi maschili sono tutti tratteggiati in maniera negativa.

 

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Shungiku Uchida è convinta che, all'interno di una coppia (di qualsiasi genere), l'assenza di rapporti sessuali è causa di problemi e separazioni. Crede che non sia possibile la felicità in una coppia senza un rapporto fisico. Vi sono, però, degli uomini che vogliono stare insieme ad una donna senza voler fare sesso con lei, o che si fanno mantenere dalle donne (questa tipologia di persone, in giapponese, è chiamata "himo" (fili), attaccati al "kai" (conchiglia), simbolo dell'organo femminile.

Si è occupata di un'opera in 17 volumi sul tema della gravidanza e della maternità. Ha deciso di scriverne percHè era felice della nascita dei suoi figli. Per quanto abbia avuto anche esperienze personali molto dolorose, alla maestra Uchida piace raccontare del corpo fisico, lo trova divertente.

Dice di sé di essere diversa dalla tipica donna giapponese, anche per quanto riguarda la gravidanza: veniva sgridata perché, contrariamente al senso comune, non metteva l' "haraobi" (fascia comunemenete usata dalle donne incinte) sotto il kimono. Ha avuto un brutto rapprto col padre, che si faceva mantenere dalla madre e che non è diventato un uomo migliore con la paternità.

Per quanto le sia stato detto che, guardando i suoi disegni, lei dà l'idea di essere lesbica, ha avuto quattro figli (curiosamente chiamati "Alpha", "Beta", "Gamma" e "Delta"), le piace fare sesso, le manca il pudore tipico delle casalinghe giapponesi.

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E' una scrittrice, mangaka, attrice, regista, cantante. Canta sin da piccola e fa concorsi, nonostante l'opposizione dei genitori. Oggi, se capita, canta molto volentieri, così come ha accettato volentieri l'offerta di diventare attrice.

Da giovane, subiva violenza dal patrigno. La madre non l'ha mai aiutata, ma è poi venuta a chiederle soldi, quando è diventata famosa come mangaka, nonostante si fosse sempre opposta. Father Fucker, il romanzo da lei scritto, è la reazione al brutto rapporto che ha sempre avuto con la famiglia.

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Si ringraziano: Paola Scrolavezza e Veruska Motta (organizzazione della manifestazione e dell'intervista), Francesco Vitucci (interprete dell'intervista), Alixx (riprese video), la maestra Shungiku Uchida (per la grande disponibilità e gentilezza).