Quante volte abbiano letto sui giornali o sentito in televisione frasi come "Erano dei bravi ragazzi" a corollario di interviste fatte sui luoghi dove erano accaduti fatti di bullismo o addirittura criminosi. Gente comune che si accorge di aver avuto come vicini di casa veri e propri "mostri", che magari aveva pure avuto qualche sospetto ma aveva preferito passare oltre, perché "non ci eravamo accorti di nulla".
Gente pavida, racchiusa nella loro realtà fatta di perbenismo e tranquillità mentre fuori i loro stessi figli compiono atti che solo a leggerli fanno tremare i polsi.

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Questa era la realtà del Giappone degli anni 80 pre bolla economica in cui è ambientato il manga 17 anni scritto da Seiji Fujii e disegnato da Youji Kamata. Ispirato a un fatto di cronaca nera che ha avuto risvolti epocali nel paese, tratta infatti del sequestro e della violenza perpetrata ai danni di una ragazzina diciassettenne per mano di suoi coetanei, esponendoci alcuni degli aspetti più duri e sconvolgenti del crimine giovanile giapponese, altamente diffuso in quegli anni.17 anni - scappare.jpg

LA STORIA REALE

Siamo nel novembre 1988, Junko Furuta, ragazza del secondo anno delle scuole superiori, proveniente dalla Prefettura di Saitama, lungo la strada che l’ avrebbe portata a casa dopo le lezioni, fu sequestrata da quattro ragazzi: il coetaneo Jo Kamisaku (nome inventato dopo l'arresto), 17 anni, Miyano Hiroshi, 18 anni, Minato Nobuharu, 16enne e Watanabe Yasushi, 17 anni. Alcuni giorni prima, la ragazza aveva respinto le avances di uno di essi, nello specifico Kamisaku (affiliato, insieme ad Hiroshi, alla Yakuza, nota organizzazione criminale giapponese) che decise quindi di vendicarsi organizzando il suo rapimento.
Junko fu tenuta prigioniera per 44 giorni all’ interno di una casa di proprietà dei genitori di Nobuharu Minato. Per evitare un indagine della polizia, i ragazzi la obbligarono a chiamare a casa dicendo ai familiari di essere scappata ma di trovarsi al sicuro (alcune fonti raccontano che la giovane rassicurò il padre e la madre affermando di essere ospite di un’amica).
In diverse occasioni i genitori di Minato passarono a trovare il figlio e in quelle circostanze Junko venne costretta a mentire, sotto minaccia dai sequestratori, presentandosi come la fidanzata di uno di essi.
La giovane studentessa subì torture e sevizie fuori da ogni umana comprensione: venne ripetutamente stuprata da diversi uomini (si parla addirittura di 500 violenze sessuali subite) e torturata anche più volte nel corso della stessa giornata.
La ragazza più volte cercò di scappare, di raggiungere il telefono per chiamare la polizia ma ogni tentativo si rivelò inutile.
Quella casa era ormai diventata una gabbia e nonostante molte persone sapessero delle torture che la ragazza stava subendo, nessuno ebbe la pietà di aiutarla a fuggire da quell’interminabile incubo.
Il 4 gennaio 1989, dopo 44 giorni di sequestro e sevizie disumane, usando il finto pretesto di una sconfitta durante una partita a Mahjong (dove i quattro ragazzi giocarono contro Junko che alla fine vinse) la ragazza finì per essere uccisa dai suoi aguzzini. Il suo cadavere venne messo in un bidone vuoto riempito successivamente di cemento e abbandonato in una discarica isolata. Tempo dopo, un pentito della Yakuza denunciò il tragico accaduto indicando alla polizia il luogo dove si trovava il corpo della giovane e i quattro ragazzi furono immediatamente arrestati.
 
Junko Furuda e i suoi aguzzini nelle foto che furono diffuse all'epoca

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La madre della giovane, venuta a conoscenza delle mostruosità e degli abusi patiti dalla figlia, a causa dello shock, dovette ricorrere alle cure di un ospedale psichiatrico dove tutt’ora è ricoverata.
I sequestratori beneficiarono del fatto di essere minorenni: per la legge giapponese non potevano avere responsabilità penale. Furono semplicemente cambiate le loro identità che rimasero ignote all’opinione pubblica, la quale, a seguito del delitto, chiese di abbassare per legge la responsabilità penale a 16 anni.
Oggi in Giappone, anche a causa di altri crimini compiuti da minorenni, la responsabilità penale è scesa a 14 anni.

da: http://theevolution.altervista.org/junko-furuta-un-incubo-lungo-44-giorni/

LA STORIA DEL MANGA

Inizialmente due studenti di nome Hiroki e Takashi vengono tratti in salvo da alcuni bulli da un famoso teppista, Miyamoto. I due, inizialmente, sono eccitati all'idea di far parte della sua banda ma presto comprendono che ciò significa dovergli dimostrare obbedienza e lealtà. I crimini in cui si ritrovano coinvolti diventano così sempre più gravi. Una notte rapiscono una studentessa, Sachiko, e per Hiroki inizia una battaglia interiore tra la sua coscienza e il senso di autoprotezione. Nel frattempo la gemella di Sachiko, Miki, che frequenta la stessa scuola di Hiroki, indaga assieme alla famiglia e alla polizia sulla scomparsa della sorella. Riuscirò Sachiko a tornare a casa? Che tipo di persona, o di mostro, diventerà Hiroki?

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Già dalla trama capiamo che la storia del manga è solo "liberamente ispirata" a quei tremendi fatti di cronaca. La violenza viene sì mostrata ma solo perché al servizio della storia stessa e senza una morbosa ricerca del raccapriccio a tutti i costi. Le brutalità a cui vediamo sottoposta la povera rapita sono infatti, per quanto infime e inumane, molto inferiori a quelle che purtroppo portarono alla morte nella realtà.  Quello che si vuole veramente mostrare tavola dopo tavola è la discesa verso l'abisso del giovane Hiroki, incapace di fermare tutto quello che sta succedendo pur avendone più volte la possibilità. Un ragazzo apparentemente "come tutti gli altri" che entra in una banda giovanile perché "fa figo" ma si rende poi conto che i giochi si fanno sempre più pericolosi. La sua coscienza inizia a chiedere un sempre maggiore tributo di rimorso ma ormai la strada è presa e l'anima perduta per sempre. Molto intensa la scena dove il giovane si guarda allo specchio non riconoscendo più cosa vede davanti. Tornare indietro? Scappare? Niente può più impedire l'irreparabile discesa agli inferi e allora Hiroki che fa? Trascina giù con sè il suo amico Takashi, forse l'atto più vile perchè fatto con la piena coscienza di volerlo fare.
L'altra protagonista è sicuramente Miki, la sorella della ragazza rapita, che senza sosta e senza arrendersi combatte per far si che la verità esca fuori in un mondo, quello degli adulti, che non riesce a credere che possano succedere cose tanto brutte in un paese che sta vivendo la sua ritrovata opulenza dopo essere rimasto in ginocchio alla fine della guerra.
Come viene spiegato nelle varie postfazioni scritte da Giorgio Fabio Colombo (docente di diritto comparato e avvocato) al termine del volume dell'edizione italiana, le varie autorità non brillano affatto all'interno di questo manga che vede come eroina incontrastata proprio la giovane Miki. La polizia ma anche gli insegnanti e i vertici della scuola che provano a nascondere o comunque a far dimenticare velocemente quanto è accaduto per perpetuare quella tranquilla vita quotidiana di cui parlavamo all'inizio. In un'ambiente del genere non possiamo che prendere atto di come il branco famelico di una gang giovanile riesca a trovare terreno fertile, protetto addirittura dalla legge in quanto minorenni.

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Neanche quello che dovrebbe essere l'ultimo baluardo della stabilità, la famiglia, riesce a far qualcosa. I genitori dei ragazzi della banda sono conniventi se non complici e addirittura vittime stesse dei loro figli. Bambini cresciuti che giocano a fare i duri e che ormai non provano più niente, sono ormai diventati mostri senza un apparente motivo se non la noia di una opulenza arrivata forse troppo in fretta.
Un'escalation di perdizione descritta fondamentalmente bene dal manga, con un tratto del disegno essenziale da seinen classico che un po' ricorda le forme del maestro Taniguchi, mentre la vicenda reale viene edulcorata e modificata in un finale giudicato buonista ma che in realtà non lo è. Perché nessuno ha davvero imparato qualcosa dalla vicenda. Il bene non trionfa perché i ragazzi usciranno di prigione senza un minimo pentimento mentre la rapita, seppur salva nella vita, porterà le sue ferite dentro di sè per sempre. Forse il manga poteva osare di più ma ha voluto concludere con una forma di apparente giustizia facendo scontare una pena detentiva ai colpevoli mentre nella realtà essi non poterono essere processati visto le regole in vigore sui minori. Furono cambiate le loro identità e "fatti sparire" in un'altra città del Giappone dove probabilmente vivono ancora oggi. Nessun responsabile quindi, nessun condannato e nessuno che abbia scontato la pena per aver perpetrato i peggiori atti verso un essere umano. 

Jpop ci porta questo manga molto particolare in una veste grafica molto curata e anche in un box  contenente la serie completa in 4 volumi di formato 12x16 al prezzo di 27,60 euro. Da notare che su ogni volume la sovracopertina mostra uno dei personaggi della storia con la caratteristica pecetta nera sugli occhi che serve a proteggere l'identità dei minori (come nelle foto dell'epoca). Occhi che però sono svelati nella cover interna in un azzeccato gioco grafico. 
Al termine di ogni volume c'è un interessante approfondimento del docente di diritto comparato Giorgio Fabio Colombo sul contesto storico, la società e gli aspetti legali del periodo in cui si svolgono i fatti. 

Il manga presentato sul nostro canale youtube da Aphrodite Urania
 
 
17 anni è un manga non per tutti ma la cui lettura consiglio vivamente. Per alcuni il fumetto deve essere solo intrattenimento ma a mio avviso questo è sminuirne la reale portata non solo artistica ma anche culturale. Il fumetto è un medium potente e al pari del cinema e del romanzo può avere anche il ruolo di far conoscere e di far riflettere. Tragedie come quella raccontata non sono mai il il frutto di un caso isolato, anzi sono figlie della società che le ha partorite e che poi finisce per rinnegarle. Una società in cui i mostri non sono sicuramente mai solo quelli sbattuti in prima pagina.