Si è conclusa con successo il 4 luglio la ventiduesima edizione del Far East Film Festival di Udine, quest'anno svoltasi completamente online sul portale MYmovies.it.
Ad aggiudicarsi la vittoria è stato il lungometraggio cinese Better Days di Derek Kwok-cheung TSANG, proiettato come pellicola conclusiva della rassegna e incentrato sui difficili temi del bullismo scolastico, della violenza e dell'emarginazione, oltre che sul complesso obiettivo di inserimento nella vita adulta della società cinese. Questi i nostri pareri sugli eventi raccontati, oltre al comunicato ufficiale del podio di film:
 
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Tratto dal famoso romanzo cinese In His Youth, In Her Beauty dell'autore Jiu Yuexi, il film racconta la storia di Nian, vittima del bullismo implacabile dei suoi coetanei proprio mentre si prepara agli esami di ammissione all'università. Il destino la unisce al piccolo criminale Bei, ma prima che possano rifugiarsi in un mondo tutto loro, si ritrovano invischiati in un'indagine per omicidio che cambierà la loro vita per sempre. In questo thriller drammatico, Derek Tsang dipinge un quadro cupo sotto forma di avvincente storia d'amore, mostrandoci uno squarcio sull'oscuro fenomeno del bullismo e sulla società oppressiva che devono affrontare i giovani di oggi.


 
Dopo il successo di Soul Mate al Far East Film Festival del 2017, Derek Tsang alla sua seconda opera da regista torna a raccontare una storia di adolescenza rubata e di passaggio all'età adulta, aggiungendovi una tetra visione sul bullismo nelle scuole e nelle strade. Il film narra la storia di Chen Nian, brillante liceale che sta per affrontare il Gaokao (il famigerato esame nazionale per accedere alle migliori università) e vive con sua madre che sbarca il lunario come può pur di garantire alla figlia la possibilità di studiare. Dopo il suicidio di una sua compagna sopraffatta dalle vessazioni di un gruppo di teppiste, Chen Nian viene a sua volta presa di mira delle bullette che trovano in lei la nuova vittima. Sarà l’incontro casuale con il delinquente Xiao Bei a cambiare la sua vita: il ragazzo diventerà il suo angelo custode e lei curerà le sue ferite, quelle del corpo e quelle dell’anima. Nella seconda parte il film si tinge di giallo con tanto di indagine poliziesca, per poi sconfinare nel dramma morale (a tratti eccessivamente enfatico) dove sacrificio, amore e riscatto sociale diventano tutt’uno. Significativo il confronto tra Chen Nian, diligente e brava ragazza, e Xiao Bei, teppistello poco raccomandabile, entrambi espressioni di uno stesso disagio sociale. L’estrazione umile della ragazza, già di per sé timida e silenziosa, la rende un bersaglio ideale per i bulli e il tema del bullismo viene affrontato in maniera dura e cruda, soprattutto riflettendo sulle conseguenze nella vittima, sulla sua crescita interiore e sul suo complicato rapporto con gli altri. Sullo sfondo, una velata critica al sistema scolastico cinese che spinge verso l'individualismo e la competitività sfrenata portando gli studenti a vivere ogni prova come una sorta sfida all’ultimo sangue per affermare sé stessi. Fra i punti forti del film bisogna riconoscere la bella prova dei due attori protagonisti con le loro interpretazioni intense e credibili: Zhou Dongyu è bravissima nell’esprimere sia lo smarrimento che la ferrea determinazione, e Jackson Yee, cantante pop idolo dei teenager cinesi, riesce a rendere tutta l’umanità disperata del suo personaggio. Immortalate da un’impeccabile fotografia, le scene si svolgono per lo più in un paesaggio metropolitano freddo e inospitale, fatto di grattacieli, autostrade, viadotti, quartieri fatiscenti che aumentano il senso di degrado e alienazione. Nel complesso Better Days è un ottimo film, ben diretto e interpretato, che propone qualcosa di decisamente originale rispetto a quanto visto in altre opere sullo stesso tema.
 
Molti film mi hanno colpito in questa mia prima edizione del FEFF, ma nessuno è riuscito ad eguagliare i sentimenti che mi ha fatto scaturire "Better Days". Il bullismo è un mostro che spero venga prima o poi estirpato non solo dalle scuole, ma in tutti gli ambiti.
A mio avviso, il premio è ampiamente meritato.
 
Adolescenza, sofferenza e determinazione. Quanto il bullismo possa fare male lo può capire solo chi ne è stato vittima. In questo film viene raccontata una delle tante storie di bullismo che purtroppo esiste in molte società. Better days, ne racconta una, e lo fa in modo freddo e crudo, calando i personaggi in una città in cui se ne evidenzia il degrado dei palazzi, delle vie e dei luoghi vissuti. Chen Nian, la nostra protagonista, è una ragazza che un giorno ha commesso l'errore di uscire fuori dagli schemi del gioco sadico dei suoi compagni di scuola, e per questo motivo inizierà il suo calvario. In questo percorso di sofferenze e determinazione nel voler migliorare la propria condizione di vita, incontra Xiao Bei, un ragazzo che vive di espedienti per strada e che vede in Chen Nian quel coraggio, che forse lui non aveva avuto, di immaginare e lottare per un futuro migliore.  
La vita è piena di difficoltà ma sicuramente anche di "Better days".
Consiglio vivamente la visione di questo film che è ottimo sotto diversi aspetti come regia, fotografia, recitazione e storia.
 
 
 “Better Days” è stato un ottimo modo per concludere questa edizione del Far East Film Festival.
Un film che, pur trattando una tematica ormai affrontata in tutte le salse, coglie l’attenzione dello spettatore e non la molla fino alla fine, riuscendo a far provare empatia per i due giovani protagonisti, soli contro tutto e tutti, alla disperata ricerca di una rivalsa nei confronti di quella società che li ha sempre messi da parte e che considera il bullismo come qualcosa di ineluttabile.
Il film non è solo una dura critica al bullismo, ma a tutto il sistema sociale cinese che in qualche modo fa da fertilizzante a episodi del genere. Ma è anche una delicata storia d’amore e di crescita di cui consiglio vivamente la visione.
 
Ammetto di non essere avvezza ai film "non-nipponici", ma da questo titolo ero parecchio incuriosita per le tematiche trattate: lei, una studentessa modello estremamente introversa, oppressa dai bulli e vittima di atti davvero terribili; lui, un teppistello che non conosce altro che la violenza per sopravvivere.
Entrambi si rendono conto di non essere in grado di comunicare, né tra loro, né con gli altri, o con la società intera: si scontrano in maniera inevitabile, in un mondo duro e implacabile, che va loro addosso.
Il film ha una carica d'intensità pazzesca, capace di indurre il senso angosciante della pressione che gli studenti subiscono per "entrare nel mondo degli adulti" attraverso un esame scolastico, e di mostrare al contempo quanto il sistema possa essere straniante, inumano e disumano, disintegrando anche quel poco di relazioni umane (genitori/figli, amicizie) che a fatica si riescono così a portare avanti.
E' una duplice storia greve ma non pesante, gestita in maniera davvero impeccabile per tutta la durata del film, dal ritmo sempre adeguato e con un'ottima interpretazione attoriale, sia da parte dei protagonisti che dei comprimari.
Non attendetevi pertanto nulla di leggero, ma si tratta sicuramente di un titolo estremamente apprezzabile su più fronti.


 
3000 accrediti da 45 paesi e 25.000 voti per stabilire i vincitori degli Audience Awards 2020: ecco l’edizione digitale del Far East Film Festival raccontata attraverso i numeri. E i numeri raccontano un grande successo. Sia quelli di partenza (46 titoli in line-up, tra cui 5 prime mondiali, corrispondono a decine di case di produzione che hanno accettato di puntare sul FEFF online), sia quelli finali, raccolti dopo 9 giorni di programmazione (non solo film: anche 45 dirette streaming, 38 videomessaggi dei registi, 10 conferenze stampa, senza contare tutte i meeting organizzati su Zoom dal FEFF Campus e da Focus Asia).

Il Gelso d’Oro è andato al potentissimo youth drama cinese Better Days di Derek Tsang (figlio del leggendario Eric Tsang): un’indimenticabile storia d’amore e di violenza sui banchi di scuola che si è aggiudicata anche il Gelso Nero degli accreditati Shogun. Il Gelso d'Argento è andato al debut film malaysiano Victim(s) della regista Layla Ji, presentato al FEFF 22 in prima mondiale (la Malaysia non era mai finita sul podio). Il Gelso di Cristallo è andato alla favola pop taiwanese I WeirDo di Liao Ming-yi (un’altra prima mondiale), che si è aggiudicata anche il Gelso Viola di Mymovies. Il Gelso Bianco per la migliore opera prima, deciso da una giuria internazionale (La Frances Hui, Leopoldo Santovincenzo, Mark Adams), è andato invece all’action-comedy sudcoreana Exit di Lee Sang-geun. Sudcoreana anche la menzione speciale, cioè il noir Beasts Clawing at Straws di Kim Young-hoon. Tutti i Gelsi, ricordiamo, sono realizzati da IdeaPrototipi.

"Abbiamo immaginato e poi costruito un festival vero e proprio – spiegano i responsabili, Sabrina Baracetti e Thomas Bertacche – anche se online. Siamo riusciti a realizzare un programma con titoli importanti, tante opere prime e molte registe donne. Abbiamo cercato di mantenere l'atmosfera che si crea solitamente a Udine, dove una comunità internazionale s’incontra per nove giorni da più di vent’anni. Una cosa è certa: molto di quello che abbiamo sperimentato quest'anno lo porteremo con noi al FEFF 2021. Questa volta live".

Il 90% degli spettatori ha scelto di vivere il Festival preferendo il calendario quotidiano alla semplice library on demand: questo significa che l’impervia scommessa degli organizzatori, cioè la riscrittura del modello originale, è stata ampiamente capita e condivisa. La rivoluzione del FEFF 22, d’altronde, non è consistita nel trasferimento sul web: è consistita nell’adattare ogni singola sezione, ogni singolo spazio operativo, alle leggi del web. Se il quartier generale si è trasferito “virtualmente” su MYmovies.it e “fisicamente” all’Hotel Clocchiatti Next di Udine, dove sono stati allestiti i vari set per le dirette, il Festival ha cambiato la propria sintassi ma non certo la propria anima, rimanendo una vivissima full immersion nel cuore del cinema pop asiatico (Cina, Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud, Giappone, Filippine, Indonesia e Malaysia)! 


 



Di seguito troverete inoltre le nostre impressioni (nei colori verde, giallo e rosso come per il semaforo) anche sui film che abbiamo passato in rassegna; ricordiamo infine che tra i benefit per coloro che si erano accreditati vi è anche l’accesso a Far East Film Online (già definito come il Netflix del cinema asiatico), la nuovissima piattaforma di fruizione dei film progettata dal Festival, che inizierà il proprio viaggio sabato 1° agosto con una cinquantina di titoli (evergreen e novità). La library verrà poi aggiornata periodicamente.
 
 
TUTTI I FILM DELLA RASSEGNA

Con l'eccezione di quattro titoli, tutti i film sono rimasti disponibili on demand per l’intera durata del festival. 

HONG KONG

Chasing Dream, Johnnie TO, songs! fights! love!, Hong Kong/China 2020, International Premiere – WORLDWIDE
 
Johnny To spiazza il pubblico del Far East presentando un inedita combinazione di musical e arti marziali. Confezione di prim'ordine per questa movimentata commedia romantica che unisce inopinatamente le atmosfere patinate da talent show e le botte da orbi sul ring della MMA (Arti Marziali Miste), con i due protagonisti mattatori che spadroneggiano rubandosi la scena a vicenda. La parte musical è abbastanza piacevole e regala anche alcuni brillanti momenti comici, vi si può apprezzare tutta la versatilità performativa di Keru Wang nei panni della prima donna: Cuckoo Du. Da par suo Jacky Heung/Tiger sfodera un fisico d’acciaio e considerevoli doti da stuntman, in onore alla vecchia scuola di Hong Kong di cui Johnny To è un maestro indiscusso.


Ip Man 4, The Finale, Wilson YIP, a-hero-never-dies, Hong Kong 2019, European Festival Premiere – ITALY ONLY

Line Walker 2: Invisible Spy, Jazz BOON, “break your neck” action story, Hong Kong 2019, International Festival Premiere – ITALY ONLY

My Prince Edward, Norris WONG, “my two husbands” dramedy, Hong Kong 2019, European Premiere – ITALY ONLY* GALA
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Alla sua opera prima Norris Wong (che firma anche la sceneggiatura) dirige una commedia disincantata e non troppo romantica che scava nei sentimenti irrisolti dei personaggi interrogandosi sul senso e sui rituali (spesso vuoti) dell'istituto matrimoniale. Non a caso il film è ambientato in un famoso centro commerciale di Hong Kong interamente dedicato alle merci e ai servizi per matrimoni dove la protagonista femminile (interpretata da una brava Stephy Tang) lavora. Questa deve sbrogliare un complicato rebus relazionale tra il suo marito legale (sposato solo per questioni di cittadinanza e da cui vorrebbe divorziare) e il suo attuale fidanzato con cui vorrebbe convolare a nozze “per amore”.
 
Fong sta insieme a Edward da più di 7 anni, ma quando finalmente i due decidono di sposarsi salta fuori un imprevisto: il suo divorzio non è mai stato notificato e quindi lei risulta essere formalmente sposata con un altro uomo.
Se inizialmente questo imprevisto sembra scombussolare la vita di Fong, col procedere della storia si rivelerà essere una fonte di riflessione sulle decisioni che la giovane ha preso in passato, sul ruolo delle donne nella società honkongese come in quella cinese, e sugli stereotipi che sono sempre duri a morire.
Un matrimonio da organizzare… un divorzio da formalizzare… Sembra che la vita di Fong abbia senso solo se rapportata a un uomo.“Senza matrimonio non c’è felicità”. Credo che l’essenza di questo film si possa riassumente in questa semplice frase pronunciata da Edward, il fidanzato di Fong, e penso che, nonostante la semplicità della storia, il film abbia raggiunto il suo intento.
 
Tra un omaggio e l'altro al cinema (segnalo in particolare un omaggio a Playtime di Jacques Tati), la bizzarra storia di una donna di Hong Kong che non può sposarsi con l'attuale fidanzato asfissiante, mammone e possessivo, in quanto risulta ancora sposata con un ragazzo cinese col quale aveva fatto un matrimonio di convenienza dieci anni prima. Sarà forse il destino? Una specie di "Green card" in salsa orientale, con uno sviluppo non del tutto prevedibile. Un film abbastanza buono, ma non particolarmente memorabile.


Suk Suk, Ray YEUNG, Hong Kong 2019, Hong Kong gay drama, 2019 Italian Premiere – ITALY ONLY
 
La singolare storia d’amore tra Pak e Hoi, due anziani gay non dichiarati, è al centro di questo film che ci regala anche un toccante e inedito spaccato di vita sociale. Entrambi nonni amorevoli e dediti alla famiglia, si innamorano e con coraggio intraprendono una relazione clandestina alquanto complicata e destinata a non durare, combattuti tra la passione e la conservazione dei delicati equilibri domestici. Il regista ritrae i suoi personaggi con garbo e misura nelle ordinarie scene di vita quotidiana (spesso a base di buona cucina), grazie anche all’intensa (ma mai sopra le righe) interpretazione dei due attori protagonisti, a cui si aggiunge il sofferto ruolo della moglie di Pak. A punteggiare il racconto, gli incontri di Hoi presso il centro sociale gay che ci danno un’idea dello stato della comunità LGBT locale, mentre sullo sfondo, una inusuale veduta di Hong Kong, in versione calda e accogliente con i suoi mercati rionali, i parchi pubblici, gli scorci sulla baia.
 
“Suk Suk” tratta di un tema che di rado viene rappresentato al cinema: la vita sentimentale di una coppia di anziani. Se poi pensiamo che questa coppia è pure omosessuale, allora le percentuali si riducono ulteriormente.
Ho trovato il film molto realistico, drammatico e delicato allo stesso tempo. Vivere per anni nella finzione, temendo che uscire allo scoperto possa nuocere non solo a sé stessi ma anche ai propri cari, mettendo così alla prova il loro affetto. Ma nonostante ciò, avere ancora la voglia di mettersi in gioco perché si provano quelle emozioni che si pensava fossero ormai sparite per sempre.
“Suk Suk” è la dimostrazione reale e brutale che l’amore non ha età.
 
 
"Suk Suk" racconta, con una regia buona -anche se senza grandi originalità-, una storia d’amore di quelle che solo raramente sono scelte per essere raccontate: perché i due amanti sono due uomini, ma soprattutto perché sono due persone in là con gli anni: sono due nonni. Intorno, e anche “in mezzo”, alla loro storia ci sono le famiglie: rumorosa e vivace l’una, ordinata e rigida l’altra, entrambe con asprezze e dolcezze. Famiglie che ignorano (o, forse, che fingono di ignorare) cosa nascondano i silenzi dei due. E sullo sfondo gli amici, i colleghi, chi sa e chi non sa e la città, vivace, di Hong Kong. È una pellicola che riesce a essere convincente perché i personaggi sono tanto sfaccettati da sembrare veri e perché riesce a dare anche un’idea della vita della locale comunità LGBT, senza diventare didascalica.



The White Storm 2: Drug Lords, Herman YAU, anti-drug-action gangster epic, Hong Kong 2019, Italian Premiere – ITALY ONLY
 
Herman Yau è una vecchia conoscenza del Far East Film Festival, nelle passate edizioni a Udine aveva già presentato il film di stampo femminista Sara. Il versatile regista torna con un trucido gangster movie nella migliore tradizione action del cinema di Hong Kong, mettendo in mostra tutto l’armamentario tipico del genere: fra sparatorie fino all’ultimo proiettile, arti marziali e inseguimenti automobilistici a rotta di collo, in questo film gli stunt fanno gli straordinari! Il titolo potrebbe suggerire un sequel di The white storm, in realtà gli unici punti in comune sono il mercato delle droghe pesanti e il co-protagonista Louis Koo (uno dei signori della droga del titolo), per il resto è un film fruibile a sé. L’altro protagonista è il pluri premiato Andy Lau (da non confondere con il regista di The Captain, Andrew Lau), nei panni di un magnate della finanza dal passato non proprio immacolato.
 

CHINA

The Captain, Andrew LAU, China’s answer to “Sully”, China 2019, Italian Premiere – WORLDWIDE (EXCEPT CHINA PRC)
 
Presentato come la risposta cinese a Sully di Clint Eastwood, questo disaster movie non lo ricorda nemmeno lontanamente e da nessun punto di vista. Nonostante si ispiri a un disastro aereo realmente accaduto il regista Andrew Lau non si sforza neanche di mantenere un minimo di credibilità e ci presenta un’apologia dei personaggi coinvolti (l’intero equipaggio del volo accidentato) del tutto sterile e fine a sé stessa, condita da una sceneggiatura oltremodo piatta e prevedibile. Il risultato è un polpettone infarcito di effetti speciali e retorica nazionalistica, dal regista di Infernal affairs ci si aspettava molto di più.


Changfeng Town, WANG Jing, vintage charming story, China 2019, Italian Premiere – WORLDWIDE
 
La cineasta Wang Jing scrive e dirige (e monta) un film poetico e malinconico. Ambientato in un passato indefinito e in una cittadina immaginata (ma del tutto verosimile), immersa in un aura di nostalgia e di realismo magico, con i suoi scorci di paesaggi cadenti e consumati dal tempo e con la sua galleria di personaggi pittoreschi le cui vicende tragicomiche (a volte beffarde e crudeli) ruotano guarda caso intorno a un cinema (come in Nuovo Cinema Paradiso). Molte le citazioni e gli omaggi ai grandi maestri del cinema europeo da Truffaut a Fellini.
 
Uno dei film sui quali avevo le aspettative più alte. E invece, sarò io che forse non capisco il cinema cinese, ma sono rimasto molto deluso. L'unico elemento che ho trovato interessante è stata l'ambientazione, e di conseguenza l'atmosfera, in questo paesello della campagna cinese, con le case diroccate, gli abitanti rassegnati alla povertà e alla mediocrità, e le loro storie che si intrecciano. Ma secondo me il problema dei questo film sono proprio i personaggi e le loro storie. Mi aspettavo un Truffaut cinese, e invece i personaggi non bucano lo schermo, sono poco interessanti così come le loro storie. La regista non è riuscita ad osare, alla fine la cosa più intensa è stata la scena del cane e ho fatto molta fatica ad arrivare fino alla fine. Peccato!


An Insignificant Affair, NING Yuanyuan, “never give up” love story, China 2020, World Premiere – WORLDWIDE*
 
La giovanissima Ning Yuanyuan (22 anni), dimostra una maturità fuori dal comune scrivendo, dirigendo e recitando magnificamente nel ruolo della protagonista in questa sorprendente commedia scolastica. La storia è ambientata a Taizhou, tranquilla cittadina fluviale dall’aspetto molto tradizionale, e ruota attorno a due liceali: He Xiaoshi, ragazzo un po’ svogliato che non esita a chiedere l'aiuto dei compagni di classe più bravi, come ad esempio Lin Xiaoyu, ragazza super diligente e responsabile, cresciuta troppo in fretta a causa di situazioni familiari difficili. Mentre giocano in modo del tutto innocente, i due vengono pescati dalla preside che li accusa di avere una relazione, cosa proibita dal regolamento scolastico, il che li costringe a scrivere un’autocritica da leggere di fronte a tutta la classe. Dopo una prima stesura scherzosa e irriverente, puntualmente rifiutata dalla preside, scaturiscono una serie di situazioni sempre più paradossali, in cui Xiaoshi e Xiaoyu devono scrivere e riscrivere una serie di autocritiche sempre più astratte di volta in volta rifiutate perché considerate prive di onestà. Così quella che era cominciata come una normale commedia sentimentale si trasforma in una specie di teatro dell'assurdo con una nota surreale (la scena in cui tutti gli studenti sono trasformati in zucche è da antologia!), una critica pungente alla vuota disciplina del sistema scolastico e, più in generale, alla società cinese. Ottima l’interpretazione fresca e naturalistica degli attori che ricordano certi personaggi adolescenti dei film di Rohmer.
 

INDONESIA

Gundala, Joko ANWAR, modern superhero saga, Indonesia 2019, Italian Premiere – WORLDWIDE

Impetigore, Joko ANWAR, everyday horror, Indonesia 2019, Italian Premiere – ITALY ONLY
 
Ogni volta che decido di guardare un film horror parto sempre in punta di piedi, essendo facilmente impressionabile, di conseguenza ho guardato Impetigore con questo spirito. Ebbene, più che un horror vero e proprio, a me è sembrato un film dai tratti soprannaturali con parecchia suspense e un bel po’ di splatter.
Il film è ambientato in un villaggio rurale dell’Indonesia, cui Maya fa ritorno insieme alla sua migliore amica per svelare una serie di misteri legati alla sua infanzia. Tra magia nera, maledizioni e folklore, il ritmo della narrazione è piuttosto incalzante e tiene alta l’attenzione dello spettatore.
Purtroppo il finale non mi ha convinta, ma devo dire di aver apprezzato molto le rappresentazioni del teatro delle marionette, sia come forma d’arte a sé stante che come stratagemma utilizzato per rappresentare le scene di flashback e alcuni dei momenti più cruenti del film. 


 

JAPAN 

#HandballStrive, MATSUI Daigo, sport comedy with smartphone, Japan 2020, World Premiere – WORLDWIDE
 
A distanza di quattro anni dal terremoto di magnitudo 7.0 che ha colpito la città e l'area circostante di Kumamoto, nel sud del Giappone, una parte dei suoi abitanti vive ancora nei cosiddetti alloggi temporanei in strutture simili a container. Proprio qui, la noia spinge due millennials ad avviare una finta squadra di pallamano promuovendola con foto e hashtag sui social media... fino a quando il tutto non sfugge di mano. Il film scorre piacevole offrendo uno spaccato vivace, onesto e privo di compatimenti del popolo locale, dai giovani alle loro famiglie, dalle ragazze della squadra (questa sì, vera) di pallamano al fratello che ha lasciato la periferia per Tokyo. Una commedia fresca dal cuore sportivo davvero molto interessante.


A Beloved Wife, ADACHI Shin, quirky marriage story, Japan 2020, International Premiere – WORLDWIDE
 
Commedia matrimoniale dolceamara (più amara che dolce) di stampo semi autobiografico. Con la voce off del protagonista, il film narra le vicende e le vicissitudini di Gota, sceneggiatore cinematografico in attesa dell’occasione buona che sembra non arrivare mai, frustrato sessualmente e schiavizzato da una moglie arcigna e velenosa che lo tratta continuamente come uno zerbino. Nel tentativo di risollevare le sue sorti professionali e coniugali, Gota ha l’infelice idea di trascinare moglie e figlia in un disastroso viaggio sull’isola di Shikoku, nella Prefettura di Kagawa, in cerca di ispirazione per il suo lavoro. Il film è tutto imperniato sull’umorismo caustico dei dialoghi al vetriolo e sull’esasperante rapporto di coppia fra i due protagonisti, in perenne equilibrio instabile che sembra dover esplodere da un momento all’altro. Il viaggio (che ci fa godere degli scorci turistici affacciati sul Mare interno di Seto) diventa così un percorso di iniziazione, una prova a ostacoli da superare per recuperare un matrimonio alla deriva, la cui salvezza dipende dalle sorti di una sceneggiatura e in definitiva dagli umori del produttore di turno.


Colorless, KOYAMA Takashi, forbidden-colors youth drama, Japan 2019, European Premiere – EUROPE ONLY*
 
Disillusa e un po' cinica questa commedia romantica, sfuggente come i suoi protagonisti dal carattere fragile e insicuro. Opera prima per Takashi Koyama che firma anche lo script, ruota intorno a una ragazza di provincia che sbarca nella grande città con tante aspettative ma che si scontra con una realtà più complicata del previsto. Il topos è un classico ma lo sguardo del regista è moderno e disincantato, distaccato nel non giudicare troppo i suoi personaggi, nemmeno i più “negativi”. Lo stile registico è molto sicuro di sé, con il racconto che si divide in segmenti non lineari a seconda dei punti di vista dei personaggi, l’uso disinvolto della cinepresa e anche un certo coraggio nelle scene più osé. Buona l’interpretazione dei giovani protagonisti nei panni dei millennials un po’ alla deriva.
 
Davvero molto bello nel raccontare senza disincanto alcuno la storia di due giovani determinati ad entrare nel mondo dello spettacolo... ma a che prezzo? Si tratta di personaggi non necessariamente da empatizzare, che lo sguardo della cinepresa però ci restituisce in maniera piuttosto diretta e incisiva. Chi essere, e come esserlo, in un mondo come quello attuale? "Colorless", dunque?
Mi è molto piaciuta la scelta di far raccontare una parte delle vicende dal duplice punto di vista dei due protagonisti, una visione speculare che ci fa così comprendere i "non detti" di scene precedenti.


Dance with Me, YAGUCHI Shinobu, compulsive dance musical, Japan 2019, Italian Premiere – ITALY ONLY
 
Intrattiene e diverte con leggerezza questo stralunato film che strizza l’occhio al pubblico femminile, un frizzante mix di commedia e musical con tanti personaggi e situazioni esilaranti. All’inizio non convince del tutto, i numeri musicali sembrano forzati e non si capisce bene dove vuole andare a parare. Nella seconda parte sembra trovare una sua dimensione, diventa praticamente un road movie e il racconto ingrana inanellando una serie di scene comiche più o meno imprevedibili fino al finale scoppiettante. Il numeroso cast di attori se cava egregiamente sia nelle scene slapstick (con una recitazione volutamente calcata e pantomimica) che nei numeri di danza, con particolare riferimento all'alchimia che si crea fra le due attrici protagoniste che formano un'inedita ma irresistibile coppia comica.
 
Sono un’amante dei musical e, nonostante all'inizio non mi stesse convincendo molto, ho deciso di dare una chance a “Dance with Me” e continuarne la visione. Devo dire di non essermene pentita. La particolarità di questo musical è che, a differenza dei classici del genere, la protagonista è fin troppo consapevole della sua situazione e, suo malgrado, è costretta a cantare e ballare non appena sente il minimo accenno di musica.
Tra appuntamenti galanti e inseguimenti in autostrada, divertente e spumeggiante come ogni commedia musicale che si rispetti, "Dance with me" non delude le aspettative e risulta essere un piacevole film sulla scoperta di sé e l'amicizia condito da performance canore e coreografie di tutto rispetto.


Minori, on the Brink, NINOMIYA Ryutaro, female power drama, Japan 2019, Italian Premiere – WORLDWIDE (EXCEPT JAPAN)
 
Scritto da Ryutaro Ninomiya e prodotto dalla Enbu Seminar (la scuola di recitazione e regia che ha prodotto Zombie contro zombie), Minori, on the Brink è un film giapponese che sembra rappresentare le istanze del movimento internazionalista #MeToo. Minori è una ragazza di 21 anni, occhi fiammeggianti e il broncio perennemente stampato sul volto. È diplomata alla scuola superiore ma non ha voglia di continuare a studiare e vive con sua nonna lavorando come cameriera in un locale di ramen a Kamakura. È una tipa abbastanza ordinaria, anche piuttosto carina, quanto meno i ragazzi la considerano attraente e la invitano in continuazione a uscire con loro. Ma questo anziché lusingare il suo amor proprio non fa che alimentare la rabbia e l’insofferenza che le covano dentro e che deflagrano ogni qualvolta si trova di fronte a qualche sopruso da parte degli uomini, come quando affronta da sola (venendo alle vie di fatto) un ragazzo accusato di aver molestato una sua amica. Ma dietro la facciata da dura si nasconde una persona molto fragile e insicura. Becero maschilismo, disparità di genere, rapporti umani estremamente fragili, famiglie dissolte e il vuoto di senso di una gioventù smarrita e disorientata: tutto questo è Minori, on the brink, un film lento e alienante, con una sceneggiatura casuale costruita su un'impalcatura di dialoghi spesso inconcludenti o apparentemente poco significativi. Ritratto autentico e amarissimo di una generazione.


My Sweet Grappa Remedies, OHKU Akiko, life, love and a sip of grappa, Japan 2019, Italian Premiere – WORLDWIDE (EXCEPT JAPAN, CHINA, TAIWAN, USA)
 
MY SWEET GRAPPA REMEDIES è il film che non ti aspetti: una donna di mezz'età ci racconta la sua vita. Giorno dopo giorno, leggendo un ipotetico diario, con tanto di data e meteo. All'inizio non sembra succeda granché, ma poi come per un incantesimo, ci si ritrova a desiderare di vedere un altro giorno e un altro ancora. Con dolcezza, ironia, emozione e commozione ci si ritrova a voler bene alla protagonista e al suo piccolo mondo. Si sorride e ci si riconcilia con se stessi.
Un film terapeutico sotto certi punti di vista, per imparare a volersi più bene e a pensare che il bello deve ancora venire, l'amore e l'amicizia non hanno età e le sorprese, belle, possono essere dietro l'angolo, basta solo magari cambiare strada per una volta, salire su un ponte per scoprire un paesaggio nuovo che in realtà era sempre stato sotto i nostri occhi.
Bravi tutti gli attori, anche se il personaggio di Wakabayashi è a mio giudizio una spanna sopra tutti. Un'amica così la vorrei subito!
 
Uno slice-of-life con la S maiuscola magistralmente diretto dalla regista Akiko Ohku; innamoratasi della grappa italiana (ebbene sì!) dopo averla assaggiata due anni fa proprio a Udine, la Ohku ha inteso fare dell'italico liquore il centro delle pulsioni della protagonista del suo film, in una pellicola che parte molto lentamente (a tratti forse troppo) e che si rivela incredibilmente delicata, rilassante e divertente. Uno sguardo tenero e introspettivo per una storia dai temi piuttosto seri, eppur leggera. Bravissimo il trio d'attori, da Yasuko Matsuyuki sulla protagonista ad Haru Kuroki e Hiroya Shimizu sui due dolcissimi comprimari.


One Night, SHIRAISHI Kazuya, powerful family drama, Japan 2019, European Premiere – ITALY ONLY
 
One night è un film che non fa sconti. La notte citata nel titolo è una di quelle che ti cambia la vita per sempre. Sotto ad una pioggia torrenziale, una donna prende una decisione davvero drastica: investe con il suo taxi il marito, ubriacone e violento. Lo fa perché vuole liberare i suoi tre figli dal giogo oppressivo del loro padre. "Ora potete diventare quello che volete, siete liberi". Questa è la sua dichiarazione prima di andare a costituirsi.
Quindici anni dopo la donna ritorna come promesso, e assieme a lei scopriremo che la libertà donata non ha dato i suoi frutti.
Film cupo, crudo, che non risparmia le scene di violenza domestica. La prima parte sembra non riuscire ad ingranare perfettamente, dando un'impressione di cristallizzazione, ma in realtà è solo un modo per prepararci alla seconda, dove invece tutti i nodi vengono al pettine, le emozioni nascoste si palesano in tutta la loro furia e finalmente i protagonisti possono chiudere i conti con il passato ed essere finalmente liberi davvero.
Attori in stato di grazia.
 
In una famiglia lacerata dalla violenza domestica, una madre compie un gesto estremo per salvare il futuro dei propri figli, senza sapere che proprio quel tempo per i prossimi quindici anni per loro non scorrerà mai. Attriti, fallimenti e incapacità personali, rancore, la necessità di affogare tutto o quasi nell'alcool, nel sesso, nelle parole di un articolo mai del tutto terminato. Fino al momento in cui il timore di perdere ancora qualcos'altro non fa crollare tutto, e venire alla luce le paure.
Una prova attoriale splendida da parte di Takeru Sato, Ryohei Suzuki, Mayu Matsuoka e Kuranosuke Sasaki; un film che non si risparmia in nulla, che non manca di far riflettere, che pecca forse in eccesso di melodramma, regalando tuttavia una conclusione molto buona. Come di un'onda che lava via i tanti, troppi detriti lasciati lì da quindici anni di tempeste predenti.
 
Nel 2004 Koharu uccide il marito violento per dare ai loro tre figli la possibilità di vivere liberamente la propria vita, senza un padre che dia loro addosso al minimo accenno di ribellione. Prima di costituirsi alla polizia, promette ai ragazzi di ricongiungersi con loro una volta trascorsi quindici anni.
Siamo nel 2019 e le vite di Daiki, Yuji e Sonoko sono sì andate avanti, ma in qualche modo sono rimaste cristallizzate, ancorate ai fatti accaduti quindici anni prima. Daiki ha messo su famiglia, ma continua a essere balbuziente e, pur avendo la nomea di persona che vuol sempre far la pace, inizia a mostrare attacchi di violenza nei confronti della moglie. Yuji si è trasferito ed è riuscito in qualche modo a entrare nel mondo dell’editoria, sfruttando le vicende familiari per farsi un nome. Sonoko, la minore dei tre, ha abbandonato il sogno di diventare parrucchiera per affogare nell’alcol il suo dolore e cercare così di dimenticare il passato.
Il precario equilibrio che i tre giovani avevano raggiunto viene infranto dal ritorno di Koharu nelle loro vite. Il film segue le vicende di questa famiglia disfunzionale che cerca di scrollarsi di dosso il dolore causato dalle violenze inferte dal padre e dalle conseguenze del suo omicidio. Più di una volta lo spettatore viene messo di fronte al giudizio dei figli e a quello impietoso della comunità: Koharu è una martire che ha sacrificato la sua libertà per donarla ai propri figli, oppure è un’assassina come tanti altri? 
Tra scene di grande delicatezza e altre dai toni un po’ troppo melodrammatici, allo spettatore non viene chiesto di giudicare le azioni di Koharu, ma di accompagnare lei, Daiki, Yuji e Sonoko nel loro percorso di crescita per fare i conti col passato e costruire un nuovo futuro.


Romance Doll, TANADA Yuki, he, she and the sex doll, Japan 2020, European Premiere – ITALY ONLY



 
Un ragazzo diplomato in arte che finisce per essere assunto in un'improbabile azienda artigiana di bambole gonfiabili.
Una coppia che si conosce e innamora nella maniera più bizzarra cui si possa pensare, ma che poi mantiene dei segreti l'uno sull'altra; una storia che si sgretola lentamente ma progressivamente, una mano che non si vuole lasciare andare, nemmeno quando sembra non ci sia più il tempo per nulla.
Uno sguardo dolce, introspettivo, delicato e non privo di cenni anche ironici, su uno spaccato come quello del mondo delle bambole gonfiabili che di per sé di "poetico" non avrebbe nulla. Uno sguardo sensibile di donna alla regia, con una straordinaria prova attoriale per i due protagonisti interpretati da Issei Takahashi e Yu Aoi.
Un film affatto facile ma decisamente riuscito, sapientemente cesellato in ogni suo minimo tassello.
 
Ammetto che mi aspettavo tutt'altro da questo film, un film divertente e che parlasse di manichini e bambole dell'amore, e invece mi sono trovata davanti a uno schiaffo in faccia... o un pugno nello stomaco.
Romance Doll racconta la vita di due persone, che si incontrano e si innamorano nonostante la loro relazione inizi con una "piccola" bugia.
Non sarà però questa menzogna che porterà allo sfacelo la coppia: silenzi, un lavoro difficile e una malattia improvvisa metteranno a dura prova l'amore tra queste due persone.
Introspettivo, romantico e duro: un film che merita di essere apprezzato.
 
Il mio giudizio su Romance Doll potrebbe essere in parte dovuto al fatto che mi aspettavo un'altra cosa dopo aver letto la trama. E si sa che le aspettative tradite non sono il modo migliore per dare un giudizio obiettivo su un'opera. Nonostante questo, il film è oggettivamente ben fatto: tratta temi come il sesso e la malattia in modo delicato, senza nascondere ma nemmeno senza indugiare o sfruttare facili pietismi.
È un'opera molto triste, difficile, che ci mette davanti al fatto che non siamo eterni, che dobbiamo sfruttare al meglio ogni nostro singolo giorno perché potremmo non averne più quando li vorremmo ardentemente. Finale che mi ha lasciata un po' perplessa, ma probabilmente è soprattutto un problema culturale (non dico di più perché sarebbe spoiler).
Insomma, per me bene ma non benissimo. Niente da dire invece sugli attori, molto bravi tutti.


WOTAKOI - Love is Hard for Otaku, otaku sparkling musical, FUKUDA Yuichi, Japan 2020, International Festival Premiere – ITALY ONLY
 
Film che non va confrontato con l'anime perché inevitabilmente ci perde. Condensare in meno di due ore tutta una serie densa come Wotakoi non era facile. Hanno avuto il coraggio di staccarsene facendo un'opera molto diversa. Il tocco musical rende il tutto ancora più surreale. Più divertente la prima metà. Carino ma solo per veri otaku.
 
Bisogna essere onesti, ammettendo come gli eventi siano stati stravolti rispetto alla storia originale, pertanto di aderenza all'opera proprio non si può parlare; allo stesso tempo però il film rimane un omaggio affettuosissimo alla sub-cultura otaku in chiave musical, con un ottimo tono da commedia e gag che divertono. Inoltre, proprio tanti degli aspetti che nell'anime mi avevano fatto storcere il naso, qui trovano invece una collocazione più sensata.
Bravissimi gli attori, su tutti Mitsuki Takahata che nel ruolo di Narumi fa incredibilmente meglio della sua controparte animata!
 
Per quanto il film abbia adattato gran parte degli eventi del primo volume del manga, c'è da dire che questa versione di Wotakoi l'ho apprezzata meno di quella animata e cartacea. Sarà stata la "mancanza" dei miei amati Bakakura e Hanako, forse la presenza di un po' troppe canzoni (perchè sì, è un mezzo musical), ma la storia non mi ha preso come avrei voluto. Nulla da dire sugli attori: Kento Yamazaki con la sua monoespressione è perfetto nei panni di Hirotaka, mentre Narumi è stata dolcissima e assurda nei panni della fujoshi. Menzione d'onore alla bellissima Nanao, che avrei preferito apparisse un po' di più.
Un film da vedere se si è amato Wotakoi, ma forse per apprezzare ancor di più le sue altre due versioni.
 
Premetto di non aver letto il manga né visto la serie anime, quindi libera da qualsiasi pregiudizio mi sono goduta questa commedia sentimentale con protagonisti due giovani otaku.
Ho trovato molto divertente seguire le disavventure di questa coppia e ho apprezzato particolarmente l’inserimento delle performance musicali, secondo me molto ben riuscite.

MALAYSIA

Soul, Emir EZWAN, folk tradition horror, Malaysia 2020, European Premiere – EUROPE ONLY*

Victim(s), Layla JI, hidden truth drama, Malaysia 2020, World Premiere – WORLDWIDE*
 

THE PHILIPPINES

Edward, Thop NAZARENO, coming-of-age story, The Philippines 2019, European Premiere – WORLDWIDE
 
Edward è un adolescente che vive praticamente in un ospedale pubblico di Manila per assistere suo padre malato. Indifferente alla sofferenza che lo circonda e spinto dalla giovanile vitalità, preferisce bighellonare per i reparti con il suo amico Renz, raggranellando qualche spicciolo con piccoli traffici, gareggiando nei corridoi con le sedie a rotelle, scommettendo cinicamente sulla dipartita dei malati terminali. Edward sembra incurante della grave malattia di suo padre e della condizione di desolante affollamento dell’ospedale fino a quando non incontra Agnes, una giovane paziente che gli diventa subito amica ma che poi scompare misteriosamente senza lasciare notizie. Senza retorica e con una certa leggerezza, il film ci fornisce un punto di vista abbastanza insolito sull’adolescenza e sul passaggio alla maturità, soffermandosi sul microcosmo non certo idilliaco in cui Edward si ritrova a vivere: la famiglia, gli amici, i medici, i paramedici, i pazienti, tutta una rete di relazioni che inizia e finisce all’interno dell'ospedale stesso. Ritratto con un realismo che ne coglie l’atmosfera autentica, l’ospedale diventa quindi un personaggio extra, con i suoi spazi sovraffollati, la mancanza di riservatezza, il suo carico di umanità dolente.

Sunod, Carlo LEDESMA, ghost in the office building, The Philippines 2019, International Premiere – WORLDWIDE (EXCEPT THE PHILIPPINES)
 

SOUTH KOREA



Ashfall, KIM Byung-seo, LEE Hae-jun, North/South, friends/enemies disaster action, South Korea 2019, International Festival
Premiere – EUROPE ONLY OPENING FILM
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Non sono una patita dei film d'azione, tanto meno coreani, eppure questo titolo mi ha gradevolmente intrattenuta: i cliché sono tanti e tutti evidenti, le esagerazioni non mancano, ma il film è ben costruito e il bel duo dell'eroe/antieroe è lo scheletro che sorregge il tutto. Addirittura, mi ha divertito.
 
Blockbuster catastrofico coreano, ben fatto ed avvincente. È stato proposto nel Festival come una delle produzioni ad alto budget di punta, ma in fin dei conti altro non è che bel "popcorn movie" da gustarsi per un po' di relax, magari dopo la visione di un film dai contenuti più pesanti... e intelligenti. Interessante soprattutto la parte più "politica" della trama, in particolare l'onnipresente ingerenza degli Stati Uniti, che riescono a palesarsi anche in un'americanata non americana. Per il resto, una via di mezzo tra un disaster movie e un road movie, con tante sparatorie e un po' di scene (pre)apocalittiche che male non fanno. Forse più adatto come film in prima serata su Italia Uno piuttosto che a un Festival del Cinema.


Beasts Clawing at Straws, KIM Young-Hoon, sexy-crime-thriller, South Korea 2020, Italian Premiere – ITALY ONLY*
 
Un sanguinario gangster, una torbida dark lady, una borsa piena di soldi che passa di mano in mano, una galleria di personaggi sbandati di stampo coheniano: ci sono tutti gli ingredienti per un noir coi controfiocchi in questo Beasts clawing at straws, opera prima di Kim Young-hoon. Se poi ci aggiungiamo una trama circolare alla Pulp Fiction e qualche eccesso di ordinaria violenza, il gioco è fatto e il film mantiene tutte le aspettative regalando agli spettatori del Far East quasi due ore di sana tensione e una girandola di colpi di scena. Il tutto incorniciato da una confezione di prim’ordine: fotografia ineccepibile, ritmo sostenuto, colonna sonora suggestiva, sceneggiatura imprevedibile. Insomma, nessun dettaglio lasciato al caso e il cinema coreano è servito.


The Closet, KIM Kwang-bin, jumpscares horror, South Korea 2020, International Premiere – ITALY ONLY*
 
Attraverso l’armadio de Le cronache di Narnia si entrava in un mondo fantastico popolato da creature leggendarie, così l’armadio di The closet è la porta di accesso a un mondo infernale popolato da bambine demoniache. Questa la premessa non troppo originale del film che anche nel suo sviluppo non riserva sorprese tanto eclatanti, limitandosi a riciclare una serie luoghi comuni e cliché visti e rivisti decine di volte. Se le bambine possedute ci riportano alla mente Poltergeist e L’esorcista non c’è da sorprendersi, sono molti i riferimenti più o meno espliciti ai classici horror degli anni ’70 e ’80 (Grano rosso sangue, La casa, Hellreiser, Nightmare) che questo film coreano prende di peso aggiornandoli con effetti non troppo speciali in alta definizione e qualche trovata da videogioco survival horror. Sin dai tempi de Il villaggio dei dannati del 1960, i bambini sono stati spesso sorprendenti protagonisti delle pellicole più spaventose riuscendo a dar vita a personaggi davvero inquietanti. Peccato che ciò non accade a The closet dove una pur brava Heo Yool e le sue controparti adulte ce la mettono davvero tutta a non risultare involontariamente comici.

Crazy Romance, KIM Han-gyul, drunken love story, South Korea 2020, World Festival Premiere – WORLDWIDE*

Exit, LEE Sang-geun, Toxic Gas Attacks Daegu!! action comedy, South Korea 2019, Italian Premiere – ITALY ONLY
 
Un "popcorn movie" coreano, un action con qualche venatura comica che farà sudare freddo chiunque soffra di vertigini! In realtà non il genere di film che mi aspetterei da una rassegna cinematografica internazionale, ma si è lasciato guardare con piacere, con scene ad alto budget che riescono nel loro dovere di intrattenimento, ma senza dare niente di più.


The House of Us, YOON Ga-eun, life’s-not-a-fairy-tale children story, South Korea 2019, Italian Premiere – EUROPE ONLY
 
"The House of Us" è un racconto fiabesco: dei racconti per l’infanzia ha infatti le protagoniste giovanissime, le particolari luci che rimandano a momenti lontani e onirici, i dialoghi in cui il “paladino” annuncia i suoi piani ad alta voce. Però queste atmosfere “da sogno” narrano le difficoltà, decisamente reali, di tre giovanissime che faticano a trovare uno spazio dove crescere, Ha-Na e le due sorelline con cui fa amicizia provengono da due famiglie difficili, non abusanti ma in cui gli adulti sono talmente proiettati su quelle che avvertono (a torto o a ragione) essere le priorità della vita che trascurano di volgere lo sguardo verso i figli. Il fratello di Ha-Na, più grande, è già entrato nel medesimo meccanismo: già corre anche lui. 
Le tre cercano di costruirsi un rifugio: hanno il conforto dell’estate, del cibo da condividere e l'amicizia. Gradevolissimo!
 
Come non innamorarsi di questo film?
The House of Us è stata una splendida sorpresa in questa rassegna di film, uno dei pochi film coreani che ho visto e che ho amato tantissimo!
La storia ruota attorno a queste tre bambine che, in un modo o nell'altro, non ricevono le giuste attenzioni dai loro genitori.
Un viaggio alla ricerca di una "propria casa", un viaggio che consiglio a tutti di intraprendere.
 
Tre bimbe appartenenti a due famiglie diverse, ma con qualcosa di tristemente in comune: l'attenzione dei genitori che manca e lo sguardo rivolto altrove, non per colpa ma per frenesia, si potrebbe dire. Si tratta di due famiglie che le necessità lavorative portano fisicamente o psicologicamente lontano dai figli, il cui pigolio giunge solo ovattato.
Il film denuncia con schiettezza una situazione che induce le tre ragazzine a trovare conforto nell'amicizia l'una nell'altra, ma il loro grido rimane tale, fino alla fine. 
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La regista coreana Yoon Ga-eun, aveva già incantato il pubblico del Far East Film Festival con un'opera prima intensa ed emozionante quale The world of us, tutta coniugata al femminile e incentrata su una quotidianità infantile tanto "piccola" e ingenua quanto poetica e struggente. Quest’anno presenta una nuova opera nuova, The house of us, che prosegue quel discorso e continua a indagare quel mondo con la stessa innata capacità di trattare le piccole attrici, in grado sempre di conservare quella freschezza e quella spontaneità nella recitazione. Ne viene fuori un film bello ed emozionante, un vivido e realistico ritratto di gruppo che ci trasporta con delicatezza nella dimensione infantile e ci invita a riflettere sulle responsabilità degli adulti. A questo punto ci si aspetta una trilogia.


Kim Ji-young: Born 1982, KIM Do-young, #Metoo family drama, South Korea 2019, European Premiere – ITALY ONLY*
 
Kim_Ji-young_Born_1982
Dopo una lunga carriera da attrice Kim Do-young firma la sua prima regia adattando un romanzo bestseller in Sud Corea. Il film racconta il malessere e la depressione di Kim Ji-young, moglie, madre e donna. Un nome comune, una carriera lavorativa comune, una famiglia come tante altre in Corea (e non solo) che naturalmente la spinge a lasciare il lavoro per dedicarsi alla famiglia. Comune è probabilmente la parola chiave per interpretare questo film che esplora gli striscianti pregiudizi e le ordinarie disuguaglianze che la protagonista incontra nella vita di ogni giorno. A dare corpo e anima a questa figura di donna così “comune” eppure così prorompente come archetipo ideologico, la brava e popolare attrice Jung Yoo-mi, che riesce a calarsi magnificamente in un personaggio complesso e sfaccettato, affiancata da Gong Yoo (Train to Busan) nel ruolo del marito fedele, pronto a sacrificare la sua di carriera per devozione alla famiglia. Il film è un commovente ritratto che mostra il percorso in salita che certe donne affrontano per raggiungere quella libertà che agli uomini è dovuta, vittime di un patriarcato atavico e lasciate sole a combattere, fornisce quindi molti interessanti spunti di riflessione sulla sempre aperta questione femminista.


Lucky Chan-sil, KIM Cho-hee, cinephile romantic drama, South Korea 2020, European Premiere – ITALY ONLY*
 
Deliziosa e originale questa commedia coreana semi autobiografica incentrata sulla crisi professionale ed esistenziale di una donna di mezza età. Citando Yasujiro Ozu già dai titoli di testa (girati in 4:3 e con lo sfondo telato) la regista Kim Kyoung Hee dichiara subito la sua ascendenza cinefila, ed è proprio il cinema a fare da sfondo al racconto, dal momento che la protagonista è una produttrice la cui carriera si è arenata dopo la morte del suo regista di riferimento. Così come il fantasma di Humphrey Bogart si era intrufolato nelle scene di Provaci ancora Sam, qui è il personaggio di Leslie Cheung (divo del cinema di Hong Kong divenuto leggenda dopo il suo suicidio nel 2003) a fare da consigliere spirituale nelle visioni oniriche della protagonista, che saprà risollevarsi e trovare una direzione anche grazie alle persone che le sono a fianco.
 
La vita di Chan-sil cambia radicalmente a causa della morte improvvisa del regista di cui produceva film da anni. Così, a quarant'anni, single e senza più un lavoro, è costretta per forza di cose a fare i conti con la realtà e a tirare le somme della sua vita.
Grazie a vecchi e nuovi amici, più il supporto di un angelo custode che veglia su di lei, Chan-sil riuscirà a ricordare cosa l’ha spinta ad amare i film e a farla lavorare per il cinema, a capire quali sono i suoi veri desideri e a trovare finalmente il suo posto nel mondo.


The Man Standing Next, WOO Min-ho, chilling political drama, South Korea 2020, International Festival Premiere – ITALY ONLY
 
Un’intensa storia di spionaggio, in cui si seguono le vicende che hanno spinto il direttore della KCIA, l’agenzia di intelligence sudcoreana, ad assassinare il presidente in carica.
A tratti un po’ troppo lento per i miei gusti, ma sempre molto intenso, il film svela gli intrighi e i giochi di potere che si celano dietro il regime di Park e i dilemmi del direttore Kim, diviso tra la fedeltà verso il proprio leader e l’amore per la patria e la democrazia.


Vertigo, JEON Gye-soo, love on the top floor, South Korea 2019, Italian Premiere – EUROPE ONLY
 
Il film mostra le difficoltà sociali, lavorative e sentimentali di Seo-Young, una giovane donna che lavora per una grande azienda sudcoreana. Al disagio interiore si unisce quello fisico generato da problemi all'udito che degenerano in senso di vertigine e veri e propri attacchi di panico.
Il ritmo con cui viene narrata la storia rende molto bene le emozioni provate dalla ragazza, tanto da riuscire a trasmetterle allo spettatore. E se da un lato ci sono Seo-Young e tutta la tensione e il dolore che la caratterizzano, dall'altro abbiamo Kwon-Woo che, pur con i suoi drammi personali, funge da spiraglio di luce nelle tenebre in cui vive la protagonista e suggerisce la speranza di un futuro più roseo.
 

TAIWAN

 
Detention, John HSU, political psycho-horror, Taiwan 2019, Italian Premiere – ITALY ONLY*
 
I roghi dei libri sono sempre un orrore, ce lo ricorda questo cruento film rievocando il periodo del Terrore Bianco a Taiwan, un’epoca di leggi marziali in cui chiunque fosse sospettato di essere un dissidente politico poteva rischiare la vita. Il soggetto è tratto da un videogioco, ispirato a sua volta a una serie di episodi realmente accaduti (siamo nel 1962) e il film si struttura non diversamente da un horror convenzionale con tutti i topoi classici del genere, la suspense e gli effetti speciali. Il racconto ricrea un opprimente clima di sospetto e paranoia, seguendo il doppio binario incubo/realtà, con la realtà che può rivelarsi più agghiacciante dei peggiori incubi. Significativa la scena in cui i ragazzi copiano i libri proibiti, che rimanda direttamente a Fahreneit 451. Quel che rimane alla fine del film è comunque una lezione di storia che fa riflettere anche sul presente.
 
Ambientato nei primi anni 60 a Taiwan, durante la dittatura militare del Kuomintang, quando la polizia militare arrestava, torturava e uccideva chiunque fosse sospettato di diffondere la propaganda comunista o antigovernativa. Due giovani studenti si risvegliano di notte nella loro scuola, all'apparenza abbandonata e diroccata, e un orrendo essere inizia a dare loro la caccia. Le atmosfere alla Silent Hill (il film è tratto infatti da un videogioco horror) rivelano mano a mano la vera storia dei due giovani. Se avete amato come me il film "Il labirinto del fauno", col quale questo film ha moltissimi punti in comune sia di stile narrativo che di contenuto, non potete perdervi Detention, che ci ricorda come l'orrore causato da immaginarie creature non sia neanche lontanamente paragonabile all'orrore reale provocato dalla crudeltà umana.


I WeirDO, LIAO Mingyi, smartphone-made madcap couple story, Taiwan 2020, World Premiere – ITALY ONLY * GALA
 
La storia di due ragazzi affetti da DOC – disturbo ossessivo compulsivo – che, forti della loro particolare condizione, decidono di diventare prima compagni di viaggio e poi compagni nella vita per affrontare insieme il mondo dei “normali”.
Il film ha una prospettiva prettamente soggettiva: i dialoghi, le luci, le inquadrature, tutto fa sì che lo spettatore possa provare empatia per la giovane coppia. Così, risulta naturale condividere il loro entusiasmo nei confronti della nuova relazione e, allo stesso modo, è inevitabile simpatizzare con loro man mano che il dramma si insinua nelle loro vite.
Una storia d’amore, di sofferenza, di accettazione di sé e dell’altro; divertente e drammatico allo stesso tempo, questo film offre molti spunti di riflessione e credo proprio non deluderà le aspettative degli spettatori.
 
"I WeirDO" è un film surreale, luminoso e patinato, con una fotografia elegante e dal carattere deciso. Rapisce lo sguardo fin dal primo istante e poi continua a sedurre: con due protagonisti brillanti e divertenti, irrealistici negli sguardi lucidi che hanno sul loro disturbo ossessivo compulsivo e sul mondo che li circonda, due personaggi non facilmente prevedibili, ma costruiti in modo coerente e resi con una recitazione piacevole e priva di eccessi. Anche la narrazione, non esclusivamente lineare, contribuisce a tenere sempre alta l’attenzione. Un film dal tono leggero che tratta temi importanti, che pone domande importanti e lo sa fare da un’angolazione inconsueta.


We Are Champions, Jung-Chi CHANG, The Basket Brothers - Taiwan 2019, European Premiere – ITALY ONLY
 
Molto carino questo coming of age incentrato sulla rivalità sportiva tra due fratelli, uno dei quali afflitto da un handicap uditivo. Legati a due differenti squadre scolastiche, una più forte, titolata e da battere, l’altra di un istituto che non dispone del budget sufficiente a tenerla in piedi, i due cercheranno un riscatto da una condizione di vita non facile. Così si sviluppa questo racconto di formazione che esalta i valori della famiglia, dell’amicizia, del sacrificio e del lavoro di gruppo. L'ambientazione nel mondo delle squadre scolastiche sul modello del basket americano fa pensare a uno Slam Dunk in salsa Taiwanese, magari i fan del manga potrebbero apprezzare.

  


FILM FUORI CONCORSO


SPECIAL SCREENING 

Labyrinth of Cinema, OBAYASHI Nobuhiko, psychedelic-eccentric-mystic tale - Japan 2019, Italian Premiere – EUROPE ONLY (EXCEPT UK)
 
Un ritorno allo sperimentalismo visionario delle origini per Obayashi, che si rivolge soprattutto ai giovani nel raccontare con dovizia di particolari alcuni episodi salienti del passato militarista nipponico, dagli ultimi giorni del feudalesimo alla bomba di Hiroshima. Ambientato in un cinema surreale nella città di Onomichi, alcuni giovani vengono catapultati a vivere nelle storie che stanno visionando. Si tratta di un film eccessivo, carico, debordante, fluviale nelle sue tre ore che scorrono al ritmo di un montaggio frenetico e dei dialoghi serrati. Di forte impatto visivo con la sua fotografia dai cromatismi saturi, e disinvolto nella commistione di generi, il racconto porta avanti un’istanza etica oltre che estetica. A tratti potrebbe risultare un po’ lungo ed estenuante da seguire ma ne vale assolutamente la pena, almeno per chi cerca un approccio insolitamente visionario alla storia del Giappone, guidati dalle liriche potenti del nume tutelare Chūya Nakahara.
 
Un labirinto di nome e di fatto. Il film sfrutta lo stratagemma del metacinema, ambientando parte della storia in una sala cinematografica durante la sua ultima proiezione prima che questa venga chiusa definitivamente.
Tre giovani uomini con diversi background vengono catapultati all'interno della pellicola per trarre in salvo una ragazza. Viaggiando nel tempo per le diverse epoche storiche giapponesi, i tre saranno testimoni delle atrocità generate dalla guerra e si faranno portatori, insieme al narratore, del messaggio di pace che permea per l’intera durata del film.
“Labyrinth of Cinema” è un’opera che fa riflettere e che funge da memoria storica di chi ha vissuto la guerra e, al tempo stesso, monito e fonte di speranza per le generazioni future.
 
Labyrinth_of_Cinema-hiroshima




DOCUMENTARI

I-Documentary of the Journalist, MORI Tatsuya, the power of free speech, Japan 2019, Italian Premiere – EUROPE ONLY
 
Documentario che segue passo passo alcuni mesi di lavoro di Isoko Mochizuki, la tenace reporter investigativa che ha provocato l’irritazione del governo conservatore nipponico diffondendo notizie scomode sui più scottanti scandali che lo hanno coinvolto, dallo spostamento della base aerea Futenma dei marine statunitensi a Okinawa, allo scandalo Moritomo Gakuen. Il regista Tatsuya Mori, si concentra soprattutto sulla censura, sulla libertà di stampa e sull’ostruzionismo nei confronti dei media, filmando implacabilmente il trattamento che viene riservato alla Mochizuki durante le conferenze stampa ufficiali. Da vedere.
 
Giornalisti messi in difficoltà dal governo e dalle testate per cui lavorano, politici che abusano del loro potere, cittadini che pretendono di avere risposte dal governo tramite chi, per lavoro, dovrebbe informarli. Questo documentario mostra molto più delle difficoltà quotidiane a cui è sottoposta Isoko Mochizuki, protagonista della pellicola; dà, invece, l’opportunità di farsi un’idea su quale sia lo stato attuale dei mezzi d’informazione giapponesi.
Seguendo la Mochizuki durante le sue giornate lavorative, la frustrazione provata dalla giornalista è palpabile proprio perché è evidente il senso del dovere che lei, come tanti altri giornalisti, mostra nel suo lavoro e, allo stesso modo, è innegabile il boicottaggio a cui è sottoposta. È quindi inevitabile solidarizzare con i giornalisti messi in difficoltà, ma anche con tutti quei cittadini che pretendono un’informazione seria dai mezzi d’informazione. 
Il regista del documentario, che ha un ruolo attivo nel film, mostra in modo chiaro il suo punto di vista. Che si sia d’accordo con lui o meno, “I – Documentary of the Journalist” offre l’occasione per riflettere su una questione che, purtroppo, è sempre attuale.
 


RESTORED CLASSICS

Cheerful Wind, HOU Hsiao-Hsien, classic romantic drama, Taiwan 1982/restored version 2019, International Premiere –– WORLDWIDE
 
Unica retrospettiva di questo festival, A cheerful wind è il secondo lungometraggio di Hou Hsiao-hsien, considerato il capostipite della nouvelle vague taiwanese. Il film racconta un'insolita love story: mentre sta lavorando sul set di uno spot diretto dal suo collega e fidanzato sull'isola di Pescadores, la fotografa di scena Hsing-hui conosce Chin-tai, un turista cieco in visita nell'isola. Qualche tempo dopo, Hsing-hui e Chin-tai si rincontrano casualmente a Taipei dove la loro amicizia si trasforma in un tenero innamoramento. In questo film, che possiamo definire classico, il cineasta teorizza la cosiddetta “telephoto aesthetic”, ovvero una tecnica di ripresa che permette di ottenere immagini “compresse” e prive di profondità grazie all’uso del teleobbiettivo (invece dell'obbiettivo grandangolare). Avendo poca profondità di campo, il teleobbiettivo permette inoltre al regista di sfruttare “i difetti” di messa a fuoco aprendo un’infinita possibilità di scelte estetiche, come quella di mettere a fuoco un solo soggetto e di sfocare gradualmente gli altri piani di profondità. Ereditato da colleghi come Altman e Peckinpah, il sempre maggior affinamento della tecnica del teleobbiettivo diventerà una cifra stilistica della filmografia di Hou.



INFO SCREENINGS

The President's Last Bang, IM sang-soo, real life political drama, South Korea 2005/restored version 2019 – ITALY ONLY
 
Importante per la conoscenza della storia coreana recente, questo sofisticato thriller del 2005 (recentemente restaurato) riflette amaramente, con il suo corrosivo black humor, sulle origini dell’attuale stato democratico. Nella notte del 26 ottobre del 1979, durante un festino privato, il presidente sudcoreano Park Chung-hee viene ucciso a sangue freddo dal capo dei servizi segreti, in una congiura di palazzo improvvisata all’ultimo momento. Cronaca vera e finzione vengono mescolati dal regista con intento provocatorio in un film che destò scandalo e rischiò la censura aprendo un ampio dibattito sulla libertà di espressione. Un altro film presentato quest’anno al festival, la spy story del 2019 The Man Standing Next, racconta gli antefatti di quella vicenda.
 

SPECIAL TRIBUTE

WATANABE HIROBUMI, COMIC POET OF THE EVERYDAY


I'm Really Good, WATANABE Hirobumi, wacky children comedy, Japan 2020, World Premiere – WORLDWIDE
 
Un mediometraggio di studiatissima e costruita semplicità, già dalla scelta del bianco e nero, questo "I am really good": una giornata qualunque nella vita di una ragazzina qualunque che va a scuola con il fratello e l’amica del cuore, gioca con i compagni, torna a casa, mangia, fa i compiti... 
Si avverte chiaramente un intenso lavoro di scrittura dietro questo apparente “nulla”: un contrappunto di elementi senza tempo, come due bambine che camminano fianco a fianco ridendo e scherzando, e elementi che riportano alle mode contemporanee, come l’insistere dei dialoghi sul cibo, di figure rassicuranti, il gatto sul tavolo su cui i fratelli Riko e Keita fanno i compiti, e personaggi inquietanti, il venditore di libri interpretato dallo stesso regista. Interessante quanto piacevole.
 
Un giorno qualsiasi nella vita di Riko, bambina della provincia rurale giapponese, di suo fratello e della sua amica, scrutati dall'occhio discreto della telecamera di Hirobumi Watanabe. Dietro l’approccio un po' anarchico e un po' documentaristico delle riprese, si intravede un certo studio: la durata inconsueta, un accenno di sceneggiatura, un impianto sonoro semplice che detta i toni, il siparietto comico con protagonista lo stesso regista nei panni di un goffo venditore di libri, la poesia del bianco e nero. Il tutto maneggiato con il fare anticonvenzionale del regista che riesce a catturare il quotidiano in un opera minimale eppure in qualche modo compiuta.  


Cry, WATANABE Hirobumi, offbeat slice of life, International Premiere, Japan 2019 – WORLDWIDE
 
Continua con Cry il viaggio nel cinema di Hirobumi Watanabe, che mantiene un approccio più vicino al cinema del reale che al cinema di finzione. Rispetto a I'm really good, il film dura per più di una giornata, con una struttura più rigorosa e le scene che si ripetono in modo sistematico e prevedibile con rari intermezzi a spezzare la monotonia narrativa (come l’incursione nella sala cinematografica dove il regista cita autoironicamente i suoi stessi film). Inoltre la base musicale del fratello Yuji Watanabe sembra avere più personalità. Mettendosi al centro delle inquadrature e imponendo la sua forte presenza scenica nei panni di un laconico e solitario allevatore di maiali, il regista sembra dichiarare con questo film un personale manifesto poetico.


Life Finds A Way, WATANABE Hirobumi, a most unconventional film director, International Premiere, Japan 2018 – WORLDWIDE
 
Primo lungometraggio di lunghezza canonica per Watanabe che realizza un film personale e auto riflessivo su una crisi creativa, che diverte con la sua naturale vena comica e la fantastica colonna sonora indie punk dei Triple Fire, i quali ripropongono anche un brano di Tom Waits tratto da Night on earth di Jim Jarmush. Una breve ma significativa parabola che parla delle vicissitudini dei cineasti, paragonati alla bistrattata cicala della favola. Dialoghi più o meno acuti sul cinema ricordano Nanni Moretti e le sue sfuriate contro i critici. Watanabe usa tutti gli elementi della sua grammatica filmica: la camera fissa, i viaggi in macchina, i soliloqui che diventano testimonianze dirette delle difficoltà economiche del regista, le nuvole di intermezzo e soprattutto la monotona ripetitività di gesti e situazioni quotidiane, con le loro impercettibili variazioni. Molto presenti in questo anarchico vagabondaggio narrativo le figure femminili nel ruolo di implacabili fustigatrici.


Party ‘Round the Globe, WATANABE Hirobumi, ordinary lives of two Beatles’ fans, International Premiere, Japan 2017 – WORLDWIDE
 
Introdotto da un colorato prologo animato, il film racconta la monotona quotidianità di un silenzioso e solitario personaggio, Honda, e del suo cane Ringo, spezzata dall’arrivo in Giappone di Paul McCartney per una serie di concerti. Essendo fan dell'ex Beatles, Honda decide di partire per Tokyo con il collega di lavoro Hirayama, inguaribile chiacchierone che gli terrà compagnia durante il viaggio con i suoi lunghi sproloqui. La simpatica ironia e l'approccio casual dell’attore/regista Watanabe si esprime al meglio in questo lungometraggio tutto giocato sul contrasto umoristico tra Hirayama, che parla a ruota libera di argomenti a caso, e Honda, che lo ascolta imperturbabile. Dopo il concerto, il logorroico Hirayama inviterà l’amico alla festa della nonna centenaria, e Honda si ritroverà in mezzo a tante persone con una prospettiva di vita un po' meno solitaria.


Fonti consultate:
Far East Film Festival I, II