Manca ormai pochissimo al debutto sulle tv giapponesi della nuova versione animata di Dragon Quest – La grande avventura di Dai, serie di cui da quasi un trentennio si chiedeva un nuovo adattamento che finalmente le rendesse giustizia, dopo quello del 1991 che è stato cancellato sul più bello.
Ma che cos’è La grande avventura di Dai? I più giovani lo conosceranno con il (fuorviante) titolo I cavalieri del drago, dato da Mediaset alla serie del 1991 nella sua fugace apparizione televisiva su Italia 1 nell’estate 2002, altri avranno sicuramente notato il “Dragon Quest” nel titolo, ricollegandolo a una serie di videogiochi celeberrima in Giappone che oggi si è fatta conoscere anche in Italia, altri ancora avranno in passato seguito il manga pubblicato da Star Comics tra il 1997 e il 2002.

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E’ il 1989 e il terzo capitolo del gioco di ruolo Dragon Quest, uscito l’anno precedente, è campione di vendite e ha ampliato in maniera considerevole l’universo narrativo della serie, perciò si tentano varie vie per lanciare la saga fantasy creata da Yuji Horii anche in altri contesti: una è quella di Dragon Quest – La leggenda dell’eroe Abel, serie animata con forti dirette ispirazioni dal terzo capitolo del gioco, che è stata trasmessa in 43 episodi televisivi e vanta addirittura il character design di Akira Toriyama, disegnatore ufficiale di personaggi e mostri per i giochi della serie. L’altra è, appunto, La grande avventura di Dai, manga pubblicato sulle pagine di Shounen Jump della Shueisha tra il 1989 e il 1997 e firmato dal duo composto dallo sceneggiatore Riku Sanjo (Zyuden Sentai Kyoryuger, Digimon Xros Wars) e dal disegnatore Koji Inada, che era stato assistente di Masakazu Katsura. I primi episodi “di prova” (che effettivamente sembrano un po’ slegati dal resto della serie, anche se introducono elementi importanti che poi saranno ripresi in seguito, e hanno un titolo differente) vanno bene, perciò la serie prosegue con successo per ben otto anni, con annessi adattamento animato (purtroppo cancellato in seguito ad una riorganizzazione del palinsesto televisivo dopo un anno di programmazione), tre film cinematografici e un’infinità di merchandising.

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Slegata dalle storie specifiche dei giochi, ma ambientata nel mondo di Dragon Quest di cui condivide mostri, oggetti e magie, è la storia di Dai, un ragazzino orfano cresciuto in un’isola deserta abitata da mostri che gli fanno da famiglia e amici. Con sommo dispiacere del nonno adottivo, che vorrebbe fare di lui un grande mago, Dai è una schiappa nell’uso della magia e ha invece il sogno di diventare un prode guerriero, come quello che anni orsono salvò il mondo dal male. La rinascita del demone Hadler, più potente e cattivo che mai, e l’incontro con Avan, ex prode guerriero ora istruttore degli eroi che si offre di fargli da insegnante, gli daranno l’occasione di realizzare il suo desiderio, spingendo il piccolo Dai a partire per la più grande delle avventure insieme a fidati compagni, primi fra tutti il pavido mago Pop, la coraggiosa combattente/chierica Maam, la principessa senza peli sulla lingua Leona e il buffo Slime alato Gome. Ma il nostro giovane eroe ha un segreto, un enigmatico emblema a forma di drago che appare sulla sua fronte quando è arrabbiato, che gli conferisce poteri inimmaginabili e di cui lui non conosce il mistero, così come non conosce le sue vere origini…

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Si nota immediatamente quanto La grande avventura di Dai sia figlio di Dragon Ball, nella caratterizzazione del suo protagonista (bambino cresciuto isolato dal mondo, dai capelli neri a punta, che nasconde un misterioso potere), nello stile di disegno (inevitabilmente riconducibile a Toriyama), nell’escalation di potenza che coinvolge i suoi combattimenti. La grande intuizione della serie sta proprio nel suo essere allo stesso tempo un Dragon Quest e uno shounen di Jump figlio di Dragon Ball. Da un lato, il suo essere fondamentalmente uno shounen d’azione gli toglie quella struttura da gioco di ruolo classico in stile “vai nel dungeon a prendere la gemma che poi darai al tizio che in cambio ti darà la nave per attraversare l’oceano e raggiungere l’isola dove troverai la torre al cui interno c’è la chiave per aprire il forziere del tesoro che contiene la spada leggendaria” che aveva invece il contemporaneo La leggenda dell’eroe Abel, per concentrarsi invece più sull’azione e le battaglie, dall’altro non rinuncia alle sue origini da gioco di ruolo delineando in modo molto chiaro la crescita dei suoi personaggi, che nel corso della vicenda cambiano armi ed equipaggiamento, imparano nuovi incantesimi via via più potenti, qualcuno cambia anche “classe” come nel gioco di Dragon Quest.

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Una trama semplice, definita sin dalle prime battute, che viaggia a vele spiegate in una precisa direzione, e ci arriva senza divagare troppo, ma prendendosi tutto il tempo necessario per far girare a Dai un fantastico mondo dove incontrerà mille e più persone differenti: chi diventerà il suo migliore amico, chi si unirà a lui senza battere ciglio, chi lo aiuterà, chi gli si opporrà ma poi diventerà suo amico, chi sarà un mortale nemico fino alla fine e via dicendo. I personaggi sono davvero molti, e il bello di La grande avventura di Dai è proprio questo, essendo il tipo di storia dove anche la più secondaria delle comparse ha poi qualcosa da dire o compie in qualche modo un suo personale percorso che lo porta a crescere. Complice anche uno stile di disegno che cambia radicalmente man mano che la storia va avanti, passando da uno stile semplicissimo, leggero, incerto, quasi impalpabile ad uno più definito, luminoso, ricco di dettagli, è un piacere seguire questi personaggi, che tra l’inizio e la fine della storia compiono un percorso che li farà cambiare tutti radicalmente. A partire dal protagonista, che, da ragazzino che non sa nulla del mondo e che prende il suo sogno di diventare un eroe quasi come un gioco, diventerà sempre più consapevole del peso che il ruolo dell’eroe comporta e crescerà tantissimo attraverso le relazioni che instaurerà con le persone incontrate lungo la sua avventura, tutti i personaggi si interrogheranno spesso su se stessi, sui loro sentimenti, sogni, paure, trovando in se stessi e nei loro compagni la forza di andare avanti, crescere, resistere alle difficoltà. Il percorso di crescita di Dai lo rende un personaggio un po’ più sfaccettato rispetto al classico “Goku” esaltato tutto sorrisi e battaglie, ma anche tutti i suoi compagni attraverseranno un percorso di crescita anche più sofferto e interessante del suo, fra prese di coscienza, drammi, colpi di scena e storie d’amore piacevolmente sofferte che hanno, cosa rara per il genere, un peso molto importante nella caratterizzazione dei personaggi (in questa serie, infatti, anche i personaggi femminili sono una fondamentale pedina del racconto, scendono in prima linea per combattere e per farsi valere, risultando risolutivi per la lotta in più occasioni, ma allo stesso amano, soffrono e crescono anche loro).

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Viaggi in luoghi fantastici, mostri, agguati, missioni, tornei, ma ovviamente anche combattimenti, dato che sin da subito veniamo messi a conoscenza della struttura delle fila nemiche e quindi della missione dei nostri eroi. I combattimenti di La grande avventura di Dai non sono mai noiosi, le variabili e i colpi di scena non mancano, i nemici ne sanno una più del diavolo e i nostri eroi si dovranno ingegnare un sacco per riuscire a vincere. Ogni personaggio appartiene a una determinata “classe”, quindi ha un suo preciso stile di combattimento, una sua arma o delle tecniche specifiche che lo rendono unico e differente dagli altri, e le cose si fanno decisamente imprevedibili quando entrano in gioco le decine di magie differenti che provengono dal mondo di Dragon Quest, tra palle di fuoco, raggi energetici, fulmini, teletrasporti, esplosioni, getti di ghiaccio, illusioni e chi più ne ha più ne metta. Nelle fasi più avanzate, l’influenza del Dragon Ball anni novanta si fa più pesante, sia nello stile grafico di certi personaggi, sia nei combattimenti caratterizzati da trasformazioni, personaggi che volano, aure di energia a confronto. Tuttavia, la varietà di personaggi, tecniche e risvolti è sempre un grosso punto a favore anche nelle scene di battaglia più tipicamente “shounen”, dove comunque i personaggi non si battono mai per il semplice gusto di farlo ma sono sempre mossi da ideali e non mancano di confrontarsi anche sul piano psicologico oltre che su quello fisico e anche i cattivi della serie non sono dei bambolotti che parlano per frasi fatte ma si interrogano su ciò che fanno, provano sentimenti, onorano i loro avversari o ci mettono al corrente di una loro ideologia magari anche condivisibile.

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La grande avventura di Dai è una delle migliori serie del suo genere, sorretta da ottimi personaggi in continua evoluzione a cui sarà facilissimo affezionarsi e una storia semplice ma appassionante e splendidamente raccontata. Molte serie simili avrebbero tanto da imparare dal suo modo di caratterizzare i personaggi e raccontare una grande avventura ricca di esperienze ed emozioni. Dopo aver popolato con successo le pagine di Shounen Jump per quasi un decennio, finalmente torna a farsi conoscere dalle nuove generazioni con un nuovo anime che sembra avere tutte le carte in regola per farsi amare, a patto che venga trattato con rispetto senza tagliare pezzi della vicenda. Sarà un’avventura da seguire coi suoi ritmi, insieme a un gruppo di personaggi che diventeranno i nostri migliori amici e che cresceranno con noi lungo la vicenda, che speriamo di poter vedere nella sua interezza. Ogni singolo tassello della storia, ogni personaggio anche apparentemente insignificante o secondario è parte di una grande avventura che va vissuta passo per passo, senza fretta, lasciandosi incantare dagli scontri di spada e magia, dai simpaticissimi mostri che portano l’inconfondibile tocco di Akira Toriyama, dai suoi personaggi che sognano, dubitano, soffrono, amano, cadono, si rialzano, trovando il piccolo grande eroe che giace dentro il loro cuore.