Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

7.0/10
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“Non morire per i tuoi amici, vivi per loro.” (Natsu)

"Fairy Tail" (フェアリーテイル) è un manga scritto, ideato e disegnato da Hiro Mashima, importante mangaka giapponese autore di diversi altri titoli come "Rave - The Groove Adventure", "Monster Soul", "Monster Hunter Orange" ed "Edens Zero". I 545 capitoli che compongono l’opera furono pubblicati sulla rivista Weekly Shonen Magazine tra il 2006 e il 2017 dalla casa editrice Kodansha e successivamente racchiusi in 63 volumi tankōbon. In Italia l’opera è edita grazie a Star Comics, che la pubblicò tra il 2008 e il 2019 per la collana Young.
L’opera ha ottenuto inoltre diversi riconoscimenti, nel 2008 è stato considerato il miglior manga dell’anno da About.com e nel 2009 ha vinto il Premio Manga Kodansha nella categoria shōnen manga.

Il discorso su "Fairy Tail" è stato uno dei temi più caldi dell’ultimo decennio qui in Italia, paese dove ha avuto un notevole impatto innanzitutto a livello di vendite. Leggendo recensioni, pareri e commenti emerge una considerazione: Fairy Tail è uno dei titoli in assoluto con più opinioni contrastanti. Alcuni lo considerano un capolavoro mentre per altri è un disastro al pari della peste nera, alcuni lo ritengono un titolo originalissimo da cui hanno preso spunto autori successivi mentre per altri è la brutta copia di Oda o addirittura di Mashima stesso ("Rave"), il disegno è apprezzato da alcuni come uno dei tratti più belli e puliti di sempre mentre per altri è solamente un misero stile di per sé eccessivamente piatto e scopiazzato.
Insomma, quando ci sono così tante considerazioni estreme, sia positive che negative, io penso che la risposta sia solo una: penso che la verità stia ne mezzo. Ma forse in questo caso, sta un passettino più in là del “mezzo”. E voglio spiegare il perché.

Tralasciando la trama, già di per sé abbastanza conosciuta, mi preme esporre una mia considerazione sull’idea di base: il giovane mago Natsu, assieme al suo gatto Happy e ad altri amici, è alla ricerca di suo padre, il drago Igneel. Quindi, anche in questo caso viene proposto uno degli schemi classici dei battle shonen: un protagonista che cerca un qualcosa/qualcuno, elemento presente anche nella nostra cultura, vedi lo Schema di Propp, ad esempio. Quindi, un elemento che cerca un altro elemento spinto da una motivazione più o meno definita.
C’è dell’originalità? No, ma perché dovrebbe esserci?
Di per sé sarebbe un qualcosa di folle ricerca dell’originalità in uno schema così collaudato e così radicato nel mondo della narrazione. Attaccare "Fairy Tail" per questo suo aspetto molto “classico” sarebbe un po’ come attaccare parte della letteratura europea, africana e asiatica. Sarebbe ingiusto e poco intelligente.

L’originalità dell’opera, a parer mio, andrebbe infatti ricercata nella costruzione del racconto attorno a questo schema. E qui arrivano i pregi e i difetti di Mashima.
L’autore ha infatti un enorme pregio: quello di avere tanta fantasia nella rielaborazione di elementi che di per sé esistono già. Altro pregio dell’artista, ha tanta voglia. Ma proprio qui, considerando l’aspetto della “voglia” iniziano ad emergere i difetti che limitano moltissimo l’autore. Mashima mette infatti molta carne al fuoco, troppa per le sue capacità a livello di gestione. E ovviamente spesso questa carne brucia.
In "Fairy Tail" c’è un filo conduttore, Natsu alla ricerca di Igneel (che ricorda molto Rufy alla ricerca dello One Piece giusto per fare un esempio). Si tratta di un filo conduttore molto semplice ma molto forte e che può e che deve legare tra di loro le diverse saghe che compongono l’opera. E qui arriva un altro problema: le saghe sono troppo spesso eccessivamente slegate tra di loro e, purtroppo, forse leggermente ripetitive.
Spesso le saghe aggiungo anche pochi elementi inerenti alla famosa ricerca di Natsu, allontanando troppo spesso l’attenzione del lettore che dovrebbe avere sempre almeno un occhio sull'obbiettivo principale.
Altro lato negativo dell’opera, l’acqua. "Fairy Tail" è una zuppa eccessivamente annacquata. Non solo le saghe sono allungate ma, almeno in un paio di casi, sono proprio state realizzate saghe con l’unico scopo di allungare l’opera. Ovviamente le vendite molto buone hanno influenzato di molto questo aspetto.
Anche considerando questi elementi però Fairy Tail non risulta essere un brutto manga, Mashima gioca e sa giocare moltissimo sul tema “amicizia”, probabilmente lo sfondo più evidente di "Fairy Tail".
Mashima è infatti molto bravo a legare tra di loro i personaggi che, a loro volta, riescono a creare un saldo legame con il lettore.
I personaggi sono ben costruiti, a volte stereotipati (come è ovvio che sia considerato un po’ l’insieme delle cose), ma comunque risultano essere di buon impatto sia per il pubblico che per il racconto.
E proprio rimanendo sul tema “personaggi” vorrei spezzare una lancia a favore del disegno, probabilmente a oggi il migliore del panorama battle shonen.
Il tratto di Mashima è bello, c’è poco da dire a riguardo, è semplicemente bello, bello e ideale per l’opera. Si tratta di uno stile ordinato, riconoscibile, emotivo, espressivo, d’impatto. I combattimenti sono puliti e sanno farsi seguire con piacere, gli sfondi sono spesso ben realizzati, i personaggi sono disegnati veramente molto bene, curati nei minimi dettagli. L’espressività dei volti è spesso ottima e Mashima la sfrutta molto per caricare con ulteriore pathos il racconto.
Anche qui però c’è un difetto: il fan service. Troppo fan service. L’autore attinge a piene mani dalla sua capacità di disegnare le curve di ragazze in shorts e costume. Il fan service in questo caso non “arricchisce” l’opera, anzi, la rende quasi vomitevole. Viene utilizzato praticamente quasi sempre, quasi in ogni vignetta in cui è presente una ragazza: dai momenti di svago nella gilda ai combattimenti, dalle scene emotivamente forti (rovinate proprio dal fan service) a quelle un po’ più divertenti. Un vero e proprio abuso di forme che nemmeno il miglior esperto di chirurgia plastica riuscirebbe a creare.
Bene, quindi da una piccola e curata analisi penso di poter ritenere "Fairy Tail" un buon titolo, sicuramente un titolo che raggiunge la sufficienza in modo più che abbondante pur non inserendosi tra i capolavori del genere. Ha piuttosto il merito di rientrare tra i titoli che più hanno influenzato il manga battle shonen degli ultimi anni e che più ha venduto a livello di copie, ottenendo negli anni sempre buonissimi risultati.

Insomma, "Fairy Tail" è un manga che può essere consigliato praticamente a tutti proprio perché riesce ad emozionare il lettore. Certo, i difetti ci sono e non nego che moltissime volte ho letto questo titolo con sofferenza e noia. Ma si è così creato un rapporto di amore e odio tra me e l’opera. Però non posso negare le emozioni che negli anni mi hanno accompagnato e mi hanno cresciuto: iniziai a leggerlo quando ero solo un bambino con pochissima esperienza del mondo manga e ho terminato la lettura da ragazzo, pochi anni fa, con numerosi titoli alle spalle.
"Fairy Tail" è riuscito ad emozionarmi, ad annoiarmi e a divertirmi, mi ha fatto amare il suo mondo e i suoi personaggi sia nei suoi volumi migliori che in quelli peggiori. "Fairy Tail" è un consiglio che faccio principalmente con il cuore piuttosto che con la testa, leggetelo, ma leggetelo con la consapevolezza che a tratti vi annoierete, che penserete di abbandonarlo, che lo odierete, ma anche con la convinzione che in fin dei conti lo amerete veramente tanto.
Tanto da sentire un vuoto dentro quando terminerete la lettura.
Questo perché "Fairy Tail" cresce, sbaglia e si arricchisce insieme a voi.

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Akame ga Kill! è un manga shōnen che riesce subito nell'intento di attirare l'attenzione del lettore attraverso i brutali e sadici scenari narrati all'interno dell'opera, d'altronde si tratta solo del primo dei tanti pregi che caratterizzano la serie scritta da Takahiro e disegnata da Tetsuya Tashiro. Ma partiamo dal principio: Tatsumi è un giovane ragazzo di compagna, il quale insieme ai suoi amici Ieyasu e Sayo, decide di dirigersi nella "Capitale" dell'Impero per fare carriera e riuscire a guadagnare abbastanza denaro da permettere la sopravvivenza del proprio villaggio. Tuttavia le infinite possibilità e lo splendore mostrato dalla Capitale Imperiale non sono altro che una maschera ben costruita, dietro la quale si cela una profonda corruzione e un'atroce malvagità manifestata sia dalla maggior parte dei cittadini che la abitano, sia dai funzionari che la governano.

Coloro che si oppongono a tutta questa ferocia sono un piccolo gruppo di assassini ben addestrati che si fanno chiamare Night Raid, dei quali entra a far parte lo stesso Tatsumi, proprio dopo aver vissuto in prima persona una dimostrazione agghiacciante (tortura e uccisione dei suoi migliori amici) della doppia faccia mostrata dai cittadini della capitale. La trama, già di per sé molto interessante e avvolta nel mistero, è coadiuvata da un'ottima caratterizzazione da parte dei personaggi primari o secondari che siano: a spiccare fra tutti c'è sicuramente la figura del nostro protagonista, il quale all'inizio resta pur sempre legato ai valori e all'umanità che lo definiscono, ma col trascorrere del tempo diventa sempre più consapevole del fatto che per raggiungere i propri obbiettivi e salvare l'impero non può far altro che trasformarsi in un soggetto risoluto, serio e talvolta distaccato dalla vita tranquilla e serena che precedentemente conduceva; non è da meno in questo discorso la figura di Akame, che potrebbe essere definita come l’antitesi di Tatsumi, poiché essendo stata abituata fin da piccola a sopravvivere da sola e con i propri mezzi attraverso un addestramento fuori dall’immaginario, ha una capacità di giudizio e risolutezza tale da non vacillare mai in nessuna situazione le si pone dinanzi, neanche quando si tratta di prendere decisioni sui propri amici o sulla sua amata sorellina.

Tra lei e Tatsumi nasce fin da subito una buona e sincera amicizia, la quale cresce sempre di più durante la lettura dei volumi, e viene sancita dalla promessa di entrambi di non morire in battaglia e di estirpare la malvagità e la corruzione presente nell’impero. Akame è dunque definibile come l’antitesi del protagonista per il semplice fatto che a differenza del primo, è un personaggio avente già una sua caratterizzazione profonda, radicata e che ha raggiunto una maturazione a livello psicologico tale da non avere bisogno di particolari cambiamenti o trasformazioni durante il proseguire della narrazione. Un’altra menzione particolare va devoluta “all’individuo più forte dell’impero” (così come almeno Takahiro scrive sempre nel suo manga): il generale Esdeath. Ritengo sia uno dei personaggi più belli che abbia visto in azione /letto negli ultimi anni… Il genio militare e la follia sono i due attributi che possono caratterizzarla nel migliore dei modi! I due termini utilizzati possono sembrare una contraddizione vera e propria per descrivere un essere umano, tuttavia sono proprio questi due elementi a renderla così speciale.

Possiede una personalità e un’infanzia molto simile a quella di Akame, ma a livello ideologico c’è una differenza abissale: Esdeath, essendo cresciuta in un ambiente ostile, oltre ad avere una facilità disarmante nel prendere decisioni e nell’uccidere chi intralcia i propri piani senza battere ciglio, ritiene che tutti coloro che non riescono a sopravvivere all’avversità non possono essere che classificati come “deboli” (tutto sommato un’idea a livello concettuale molto simile a quella darwiniana della “selezione naturale”); oltretutto è caratterizzata da un’indole sadica e torturatrice soprattutto nei confronti di coloro i quali hanno tradito l’impero. Nel complesso la maggior parte dei personaggi descritti da Takahiro mostrano caratteristiche che si avvicinano più alla follia che al raziocinio (masochismo, sadismo, narcisismo, malvagità, complessi particolari e stravaganti), ma è proprio ciò a rendere l’opera imprevedibile e impossibile da decifrare nella sua interezza. Durante la lettura del manga si ha come la sensazione che in qualsiasi momento possa succedere qualcosa, che gli equilibri siano sempre appesi ad un filo sottilissimo e facile da spezzare… quando parlo di imprevedibilità, faccio riferimento nello specifico anche alla sopravvivenza dei personaggi stessi, buoni o cattivi che siano, i quali, come per la storia, sono sempre appesi ad un filo. Un'altra caratteristica interessante riscontrata nel manga è l’abilità di Takahiro di riuscire a confondere la valenza dei personaggi durante il corso delle vicende, cioè a definirli sotto un’unica matrice, senza utilizzare particolari differenziazioni ad esempio tra “bene” e male”. Ciò significa che così come i buoni anche i cattivi hanno le loro “valide” ragioni per combattere l’esercito rivoluzionario e i Night Raid stessi… voler difendere la propria patria e i cittadini di cui ne fanno parte non credo sia un ideale privo di qualsiasi valore. A mio modo di vedere, l’unica pecca che ho riscontrato all’interno della relazione tra personaggi in generale, è stato il fidanzamento di Tatsumi: magari potrebbe anche trattarsi di un gusto puramente soggettivo, tuttavia ho riscontrato un’esagerata banalità con la quale è stata fondata e supportata la questione. Quando il protagonista ha deciso di accettare la richiesta, almeno interiormente ho percepito come la sensazione che chiunque tra le ragazze dei Night Raid chiedesse al ragazzo di fidanzarsi, avrebbe accettato comunque. Questa mia impressione poi si è mantenuta costante anche durante i volumi conclusivi dell’opera, dove tralasciando qualche scenetta-gag di gelosia messa qua e là, la coppia non è riuscito a trasmettermi nulla a livello emotivo.

Dal manga è stata tratta anche una serie anime, la quale però, arrivata ad un certo punto della storia, prende una piega completamente diversa rispetto al manga. Sinceramente le due opere messe a paragone hanno i loro pro e i loro contro, ma avendo visto e letto entrambe, ritengo superiore e maggiormente esplicativo il manga rispetto all’anime. Sostanzialmente ho trovato i volumi non eccessivamente pesanti e corposi dato che mi è capitato di leggerli per la maggior parte delle volte anche in tarda serata; i disegni sempre piuttosto chiari e facili da interpretare così come le ambientazioni che fanno da cornice e sfondo alla narrazione, per non parlare poi dei combattimenti… davvero realizzati in modo eccezionale! Molto interessante l’idea del mangaka, Tashiro, di aggiungere ogni tanto durante lo scorrere delle pagine, gli “schizzi preparatori” dei personaggi principali della serie. Un plauso va fatto anche a Takahiro, il quale ha cercato sempre di essere il più chiaro possibile durante la stesura della storia, anche per quei caratteri che magari sono comparsi all’interno di un singolo volume, attraverso delle esplicazioni ulteriori a fine manga.

Akame ga Kill! è uno degli shonen più belli realizzati nell’arco degli ultimi anni! Il livello di trama, personaggi, combattimenti e ambientazioni, raggiunge dei livelli altissimi in ogni singola pagina del manga: cinico, incisivo e soprattutto emozionante da leggere.
Il mio voto è 9.

P.S. Alla fine di ogni volume di Akame ga Kill! è presente una collaborazione con i vari manga più importanti pubblicati sulla rivista Gangan Joker. Seppur di poche pagine, la lettura è stata davvero piacevole e divertente, avendo la possibilità di confrontare personaggi di opere e autori diversi.

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A Certain Magical Index (To aru majutsu no index) è una serie di light novel giapponesi scritte da Kazuma Kamachi e formata da 22 volumi (più due special) pubblicati tra il 2004 e il 2010. Da essa sono state tratte diverse stagioni anime e spin-off, oltre che un manga omonimo e la serie di novel "New Testament: To aru majutsu no index", che ne è il seguito diretto.
La storia si svolge in quella che viene definita la "Città Accademia", una città tecnologicamente più avanzata del resto del mondo, dove individui con poteri soprannaturali chiamati esper studiano e vengono formati (oltre che essere studiati a loro volta dagli scienziati). In questa città vive il nostro protagonista Touma Kamijo, un ragazzo apparentemente senza poteri (classificato infatti come un livello 0) ma dotato in realtà di un abilità molto particolare chiamata Imagine Breaker, in grado di negare ed annullare qualunque fenomeno soprannaturale. La sua vita da studente viene sconvolta però da ritrovamento di una suora vestita di bianco, Index, appartenente ad una associazione magica inglese, appesa svenuta al suo balcone: essa rivela di essere inseguita da maghi che vogliono impossessarsi della sua smisurata conoscenza magica, memorizzata nella sua testa; in questo incontro tra due mondi separati e in confitto, Touma Kamijo dovrà gestire varie situazioni pericolose e incredibili, scoprendo cosa si cela sotto la patina di due mondi pieni di segreti e dove ombre ed oscurità non sono certo una rarità.

Questa serie si distingue sicuramente per avere una storia ben congegnata, che sa catturare subito l'interesse del lettore, delineando volume per volume un mondo complesso e articolato, con luci ma con anche molte ombre. Se all'inizio le basi possono apparire poco solide, la storia mano mano fornisce tutte le informazioni necessarie per risultare credibile, pur nella ovvia presenza di elementi soprannaturali. I personaggi introdotti sono molto numerosi e di solito ben caratterizzati, tanto che si ha la tangibile impressione che le vicende e i problemi non possano mai essere causati o risolti da uno solo, ma da tante unità che collaborano secondo un disegno preciso. La grande mole di personaggi diventa però un difetto quando alcuni, che meriterebbero spazio maggiore per l'originalità, vengono lasciati un po' ai margini a favore di altri forse più commerciali ma sicuramente meno interessanti.

La trama è formata da diversi archi (molti dei quali si concludono in un unico volume) ma le vicende risultano tutte concatenate, tanto che in alcuni casi eventi dei primi volumi portano a conseguenze solo molto più in là; i temi trattati sono i più disparati, da quelli legati allo sviluppo scientifico spinto al limite, la clonazione, la diversità, fino al fanatismo, solo per citarne alcuni; la storia risulta spesso diretta, senza attenuazioni, soprattutto sul lato scientifico, mostrando bene la crudeltà e il cinismo presenti dietro all'aura pura e innocente della Città Accademia. I momenti di ilarità comunque non mancano sicuramente grazie ad un protagonista sfortunato come pochi, la suora Index perennemente affamata e col brutto vizio di mordere la testa del protagonista e altri personaggi eccentrici che abitano questo mondo. Le illustrazioni di Haimura Kiyotaka migliorano con il passare dei volumi e risultano sempre godibili.

In definitiva un'ottima opera che sa appassionare il lettore e riesce a stupire ad ogni volume e che sarebbe sicuramente interessante poter leggere in italiano se fosse pubblicata.