Era il 28 settembre 1992 quando su Italia1 venne trasmessa la prima puntata di quello che sarebbe stato un successo che avrebbe travolto tutto il paese: partiva infatti il Karaoke condotto da Fiorello. Ogni sera in una piazza in diverse città italiane, perfetti sconosciuti salivano su un palco per cantare seguendo le parole che comparivano su uno schermo e in pochi mesi divenne un fenomeno di costume sociale. Ben presto in molti locali si organizzarono serate karaoke e esibirsi davanti a tutti diventò una prassi per i meno timidi.
Ma da dove arrivava questa parola così esotica? E soprattutto nel paese di origine si svolgeva esattamente come da noi?
 

Il karaoke nasce in Giappone circa 50 anni fa. Diventa popolare alla fine del periodo di rapida crescita economica e parte integrante della vita giapponese con la bolla speculativa. Secondo il "Karaoke White Paper 2020", la dimensione del mercato dell'industria del karaoke nel 2019, quindi prima della crisi sanitaria, era di circa 151,3 miliardi di yen per le consumazioni legate a questo passatempo, di circa 379,8 miliardi di yen per le sale karaoke e di circa 45,6 miliardi di yen per i bus turistici, le sale banchetti e le sale dei centri di socializzazione dei quartieri, per un mercato totale di circa 576,5 miliardi di yen.
 

Inoltre, se si sommano le vendite dei produttori di software, 70 miliardi di yen, la distribuzione dei contenuti, che ammonta a 272,7 miliardi di yen, e gli altri diritti d'uso, si può stimare che il mercato totale del karaoke sia di circa 1.000 miliardi di yen (7,5 miliardi di euro).
Questo settore così redditizio è entrato in crisi a causa della pandemia di Covid-19: molti karaoke sono stati chiusi per non rischiare di diventare focolai di contaminazione. Ma se in molti si divertono con il karaoke a casa, tanti sono preoccupati di come queste chiusure possano influire negativamente sulla progressione delle malattie neurodegenerative nelle persone anziane che non possono più andare a cantare e perdono così una fonte preziosa di allenamento mnemonico e di interazione con gli altri.
 

Ma cosa vuol dire il termine Karaoke?
Kara significa vuoto e oke è l'abbreviazione di okesutura, una lettura giapponese della parola "orchestra", quindi orchestra vuota o senza orchestra.
La sua origine però non è sicura: alcuni dicono che sia legata alla compagnia teatrale Takarazuka. Quando nel 1956 la compagnia stessa stava per annullare uno spettacolo a causa di uno sciopero dei membri dell'orchestra, la Matsushita Electric (futura Panasonic), su richiesta del teatro, fornì apparecchiature e cassette con la musica registrata, in modo che la performance potesse tenersi nonostante non ci fosse la musica dal vivo.
Altri dicono che il fenomeno abbia avuto origine nella città di Kobe: una sera un chitarrista non poteva esibirsi in uno snack bar, così il proprietario decise di proporre ai suoi clienti di cantare usando come base delle registrazioni strumentali.
 

Poiché le case giapponesi tendono ad essere molto vicine tra loro e hanno le pareti molto sottili quindi scarso isolamento acustico, sono nati i locali per il karaoke: in queste strutture a volte a più piani, vi sono numerose stanzette insonorizzate in cui poter cantare a squarciagola da soli oppure in compagnia di amici.
È il modo perfetto per rilassarsi e un ottimo sistema per rompere il ghiccio quando si fanno nuove conoscenze. Il primo fu inaugurato a Okayama nel 1984, all'interno di un vagone merci convertito. La moda prese facilmente piede e si diffuse poi in tutto il Giappone radicandosi profondamente nella cultura giapponese. È la quarta forma di intrattenimento più popolare del paese dopo cinema, ristoranti e bar; attualmente si contano più di 100.000 karaoke.
 

Il karaoke è una delle principali attività sociali degli adulti giapponesi, in particolare degli uomini d'affari o dei salaryman che dopo il lavoro vi si recano per bere per ore, sfogarsi parlando delle loro preoccupazioni e cantano le loro melodie preferite.
Ma con gli anni il karaoke è diventato molto più che uno strumento per gli impiegati allentare le loro tensioni. I bar ora sono frequentati da persone di ogni ceto sociale. È una forma di intrattenimento fondamentale. Ci sono anche quelli che sono così preoccupati di "perdere la faccia" o di apparire senza talento di fronte ai loro amici, colleghi o capi, che ci sono persino allenatori di karaoke professionisti.
 

Ma se parliamo strettamente della tecnologia dietro al karaoke stesso, le cose si fanno un po' più complicate perché entrano in gioco vari elementi: l'hardware, il software, il sistema, i servizi. È possibile collocare la nascita dello strumento del karaoke come lo conosciamo noi tra il 1965 e il 1975. Bisogna però considerare che l'industria del karaoke è stata capace di cavalcare le varie ondate di innovazione che si sono susseguite nel corso dei decenni, evolvendosi di pari passo.
Se a metà degli anni '60 gli snack bar iniziarono a usare per la loro clientela dispositivi con microfoni collegati a lettori di cassette a 8 tracce per cantare, fu all'inizio degli anni '70 che venne introdotto il software specifico per il karaoke.
All'inizio degli anni '80 comparvero i laser disc, con i quali diventò possibile avere immagini e testi su uno schermo, nonché la modifica del colore dei testi man mano che la melodia progrediva.
 

A metà di quel decennio comparve il servizio pay-per-song, cioè 100 yen per una canzone che contribuì a sviluppare presso i giovani il successo del karaoke, fino a quel momento appannaggio quasi esclusivo degli uomini di mezza età che frequentavano gli snack bar. Fu anche in questo periodo che nacque la trasmissione dati via cavo ISDN, aprendo la strada al business del download karaoke.
Alla fine degli anni '90, Internet inizia a distribuire musica ai personal computer, e i progressi nei semiconduttori hanno permesso l'avvento dell'era del karaoke microfonico: con microfoni dotati di memoria e collegati a un televisore, il karaoke in casa diventa possibile.
 

All'inizio degli anni 2000 si è aperta la strada al karaoke portatile. Il VOD (Video on demand) sta diventando comune così come il karaoke su smartphone che si sta diffondendo vertiginosamente. L'app Pokekara gratuita è quella più scaricata ed è anche interattivo, consentendo agli utenti di ascoltare i messaggi lasciati da altri utenti, commentarli e collaborare con loro, creando così un'interazione simile ad un social network.
In un mercato così sopravvivono solo le piattaforme più performanti e così se nel 1996 c'erano 15 aziende leader nell'industria del karaoke, nel 2004 erano solo 8 e ora sono solo 2: la Daiichikosho (DAM) e l'Exing (JOYSOUND).
 

Gli ultimi due anni, a causa della pandemia di coronavirus, sono stati davvero difficili per i locali di karaoke: visti come luoghi in cui era facile diffondere la malattia, sono stati costretti a ridurre drasticamente gli orari di apertura e tanti hanno preferito sospendere del tutto le attività.
Da una prima stima, sembra che il 10% dei bar karaoke del paese sia stato costretto a chiudere perché non poteva permettersi l'affitto e i costi correlati. Chi è rimasto aperto, ha dovuto affrontare sforzi significativi per mettere tutto in sicurezza, con l'installazione di pannelli, disinfezione continua e una ventilazione sistematica. Il settore sta inoltre cercando di diversificare la sua offerta, proponendo i suoi ambienti insonorizzati come luoghi per svolgere il telelavoro o come sale per riunioni da remoto.
 

Ma se aveste l'occasione di entrare in un karaoke, sapreste come comportarvi? Ecco le principali regole per godervi qualche ora di canto sfrenato!
Molti bar karaoke sono aperti 24 ore al giorno, per altri invece l'orario più comune è dalle 11:00 alle 3:00 del mattino seguente, con orari di apertura più lunghi il venerdì e il sabato sera. Spesso si trovano vicino alle stazioni ferroviarie. Le catene di karaoke più importanti sono Big Echo, Cote D'Azur o Karaokekan che offrono una selezione di brani più aggiornata. Affittare una stanza con un gruppo di amici può costare circa 10 euro a persona all'ora, anche se le tariffe possono variare in base al momento della giornata e al giorno della settimana, con cifre più alte alla sera e nei weekend. In alcuni casi, in questa cifra è compreso un all-you-can-drink o un all-you-can-eat.
 

Nella propria stanza vi è tutto l'occorrente per il karaoke, come microfoni, monitor e talvolta anche tamburelli e maracas per accompagnare le performances altrui. Cibo e bevande possono essere ordinati tramite una sorta di telefono/citofono.
Oltre a innumerevoli canzoni giapponesi, di solito è disponibile una ragionevole selezione di canzoni in altre lingue fra cui l'inglese, il cinese e il coreano.
I bar karaoke vecchio stile invece sono piccoli locali a conduzione familiare in cui gli avventori (di solito clienti molto abituali) cantano davanti a tutti e si rivolgono a una clientela prettamente maschile e anziana.


Se si opta per passare qualche ora in un karaoke appartenente ad una grande catena, una volta arrivati alla reception, potrebbe essere richiesta una registrazione ai nuovi clienti compilando un semplice modulo e presentando un documento di identità. Viene chiesto il numero di persone che intendono entrare, il tempo che si pensa di restare e un possibile ordine iniziale di cibo o bevande.
Quando il tempo è scaduto, si può decidere se portare il conto allo sportello per il pagamento o se chiedere una proroga per fermarsi ancora.

Avete mai avuto occasione di provare un vero karaoke giapponese? Vi è piaciuto? Ditecelo nei commenti!

Fonti consultate:
Nippon