Se pensiamo al Giappone molte sono le cose che possono venire in mente, a seconda dei gusti e delle predisposizioni: cibo, manga, cosplay, stranezze, ma anche spiritualità ed estetica. Il Sol Levante infatti è famoso all'estero anche per la cura quasi maniacale che mette nella presentazione di qualunque cosa: che sia un pacchetto regalo, un vestito, una vetrina, una pietanza o un angolo della casa.
Il senso estetico è probabilmente uno degli aspetti della cultura nipponica che affascina molto e l'Ikebana, ossia l'arte di combinare fiori ed altri elementi per creare composizioni artistiche è una di queste.
 


L'antica arte dell'Ikebana detta anche kado (la via dei fiori) se intesa come cammino di elevazione spirituale secondo i principi dello Zen, è diventata infatti una forma di espressione artistica a sé stante alla fine del XV secolo.
Il termine ikebana significa letteralmente “fiori viventi” o “portare il fiore alla vita” e deriva dall’unione di ike “lasciare in vita” e bana “fiore”. Esistono molti stili e generi, sia moderni che tradizionali, ma l'ikebana si differenzia dalla classica composizione floreale per come gli elementi coinvolti sono posizionati all'interno del contenitore e rispetto allo spazio circostante. Inoltre un ikebana può essere sia complesso, combinando molti elementi che semplice e piccolo, a seconda dello stile adottato.
Le creazioni così ottenute possono essere utilizzate sia per decorare luoghi formali come sale per banchetti e per riunioni aziendali o ryokan che per locali aperti al pubblico, come grandi magazzini e uffici.
 


L'ikebana è un'arte molto antica: nata in India e Cina, si sviluppò in Giappone dove grazie alla complessità di arte e religione tipiche dell'arcipelago, potè trasformarsi da iniziale offerta agli dei in una multiforme espressione artistica. Le sue origini risalgono al VI secolo d.C. quando il buddhismo arrivò nell'arcipelago e con esso l'abitudine delle offerte floreali votive. Come molte altre tradizioni, anch'essa all'inizio era esclusivo appannaggio dei nobili e monaci buddhisti ed è per questo che era caratterizzata da rami sempre tendenti verso l’alto, a rappresentare la spiritualità.
La sua ascesa risale al periodo Muromachi (1333-1568) quando si diffuse a tutti i ceti soprattutto per decorare il tokonoma, un'alcova dedicata all'esposizione di oggetti ornamentali e caratteristica delle residenze aristocratiche.
 


Importante fu anche la figura di Sen no Rikyû, maestro del tè che alla fine del XVI secolo elevò la cerimonia del tè giapponese al rango di raffinata forma artistica e con essa anche l'arte della chabana (fiori di tè) diventò importante.
Sen no Rikyû affermava come l'espressione della natura fosse centrale per la cerimonia del tè e insisteva sul fatto che la composizione floreale dovrebbe mirare a far apparire i fiori "come se fossero in un campo". Tipicamente, le chabana che decorano l'alcova di una casa da tè sono opere austere pensate per riflettere la stagione o il gusto degli ospiti, e la loro evoluzione ha esercitato una grande influenza sull'ikebana.
 


La proliferazione di maestri di addobbi floreali intorno alla metà del XVII secolo contribuì a rendere l'ikebana come una forma d'arte a sé stante. La più antica e prestigiosa scuola di addobbi floreali, la Ikenobô, fu fondata da Ikenobô Senkei, un monaco del periodo Muromachi che esercitò la sua attività sotto il patrocinio dell'aristocrazia.
Il suo discepolo Sen'ô ha continuato a promuovere l'arte della sua scuola, insistendo sul fatto che non si devono solo ammirare i fiori per la loro bellezza, ma che devono essere presenti anche elementi simbolici, come steli appassiti e rami contorti, che testimoniano la grandezza della natura. Le varie scuole di pensiero hanno portato così alla nascita di diversi stili.
 


Il primo, piuttosto elaborato, fu il Rikka, proveniente probabilmente dalla scuola Ikenobo. Il termine rikka significa letteralmente “fiori in piedi“. Si caratterizza per composizioni molto grandi, che sin dall’inizio erano usate per decorare i templi o le case dei nobili. La composizione comprendeva sette elementi: i tre rami principali e i quattro secondari. Subito dopo il Rikka, nel XVII secolo, comparve lo stile Shoka con cui emerse l’esigenza di ridurre la composizione, permettendo alla pianta di poter emergere nella sua semplicità dando vita a opere che si contraddistinguevano per la loro estrema sobrietà. Fu poi la volta del Nageire, che privilegiava vasi molto alti e composizioni particolarmente semplici e minimali. Questo stile venne fondato da Sen no Rikyû, verso la seconda metà del XVI secolo al quale seguì il Seika, un Rikka semplificato, meno austero del Nageire.
 


Da ricordare anche lo Chabana, lo stile tipico e classico, che ritroviamo durante il rituale del Tè, che prevede un solo bocciolo con accanto alcune foglie verdi e il Moribana letteralmente “ammasso di fiori” che si basa sull’impiego di vasi molto bassi, ricchi di fiori grandi. Questo stile comparve verso la fine del XIX secolo ad opera del Maestro Unshin Ohara. Forse fra tutti è quello che diede avvio alla modernità, risentendo degli influssi dell’Occidente.
In epoca moderna ogni scuola adottò poi un proprio stile personale, il cosidetto iyubana o stile libero, nato al termine della Prima Guerra Mondiale. Si iniziò a lasciare spazio all‘uso maggiore della creatività, spingendosi verso nuove forme originali, privilegiando anche vasi molto moderni e l'uso di sassi, rami secchi ed altri materiali naturali.
 


Dietro alla pratica di questa disciplina vi è tutto un mondo filosofico. Parliamo di una vera e propria dedizione verso la Natura, una devozione spirituale che consente all’Uomo di recuperare un rapporto più intimo con se stesso e con il mondo circostante.
L'Ikebana coltiva l'armonia tra i vari elementi che concorrono alla sua composizione, piante e fiori di stagione ma anche rami secchi, pietre e persino muschi, accuratamente disposti in un contenitore di ceramica, vetro, legno, bambù, plastica o metallo. La bellezza è espressa attraverso piccoli dettagli e gli elementi che la compongono sono ridotti alle loro forme più sobrie.
 


Per la realizzazione delle composizioni di ikebana, possono essere utilizzati tutti gli elementi del mondo vegetale strettamente di natura organica, siano essi rami, foglie, erbe o fiori. I rami e i fiori vanno disposti secondo un sistema ternario, quasi sempre a formare un triangolo. Il ramo più lungo è quello più importante, perché è considerato l'elemento che si avvicina al cielo, il ramo più corto invece rappresenta la terra e il ramo intermedio l'uomo.
Così come queste tre forze si devono armonizzare per formare l'universo, anche i fiori e i rami si devono equilibrare nello spazio senza alcuno sforzo apparente trasmettendo un senso di equilibrio e di armonia, in accordo con l’ambiente circostante.
 


L'etichetta e le buone maniere sono in primo piano nell'ikebana, il cui obiettivo centrale è il rispetto per la vita dei fiori e lo sviluppo spirituale della persona che li dispone. Padroneggiare uno stile richiede una lunga formazione e molta pratica, quindi la maggior parte delle persone trascorre anni a studiare con insegnanti esperti.
Le scuole più influenti di ikebana sono Ikenobô, Sôgetsu e Ohara. Rispetto all'Ikenobô e ai suoi 550 anni di età, le altre due scuole sono innegabilmente recenti creazioni, poiché hanno poco più di un secolo. Sôgetsu, fondata nel 1927 da Teshigahara Sôfû, è caratterizzata dalla preponderanza del rispetto per l'espressione individuale rispetto alla conformità agli stili stabiliti. L'Ohara, creato alla fine dell'800, si distingue per l'adesione allo stile Moribana.
 


Nonostante la possibilità e l’invito a lasciare spazio alla propria creatività, una composizione deve comunque rispettare alcune regole.
Si parte sempre dal vaso, che può essere di ceramica o altro materiale. Ma anche un elemento naturale come un tronco d’albero, un pezzo di legno o una pietra, purché non trasparente può essere la base da cui partire. Per tenere i vari elementi in posizione, si può usare un pezzo di legno forato o i cubi verdi di polistirolo che usano i fioristi. Si possono usare rami, fiori, foglie ed erba, basta che tutto sia naturale e di stagione, anche con diverse texture e altezze, da comporre in modo personale.
 


L’elemento dominante è sempre il triangolo: questo significa che deve esserci un raccordo di vertici, ciascuno dei quali ha uno specifico significato. Lo stelo più alto rappresenta il Cielo (Shin), ed è l’elemento chiave e principale dell’intera composizione. Lo stelo di media altezza rappresenta invece l’Uomo (Soe) e generalmente ha una lunghezza pari a 2/3 dello stelo più alto. Va sistemato sempre in maniera inclinata, tendente verso il Cielo.
Lo stelo più basso, rappresentante la Terra (Hikae) va sistemato davanti agli altri due o in posizione completamente opposta. Una volta definito il triangolo, la composizione può essere arricchita con altri elementi della Natura.
 


Occorre poi rispettare tre dimensioni: profondità, spazio e asimmetria. Le piante poi vanno scelte in base al messaggio che si vuole trasmettere: ad esempio, il bambù simboleggia la prosperità, mentre i fiori di pesco sono un inno alla femminilità.
Per fiori e foglie di solito si prediligono i boccioli appena schiusi perchè inserire un fiore o una foglia già sbocciati impedisce a chi osserva di poter ammirare il processo della nascita. Al contrario, un fiore giunto a maturazione, si avvia già verso la decomposizione, evocando quindi il senso della morte.

Fonte consultata:
Nippon