La narrativa comune vuole che negli anni Sessanta, quando l’animazione giapponese iniziò a gettare i primi semi nella televisione, ci fossero due grandi forze rivali a sfidarsi in una teorica battaglia: la commerciale Mushi Production e l’ambiziosa Tōei Doga. Ma spesso ci si dimentica di un altro studio, oltre Tokyo Movie, che aveva sede vicino a Nerima, nella prefettura di Kokubunji: Tatsunoko Production.
 

Fondato sessant’anni fa, ad oggi viene ricordato dai più per aver prodotto vecchie glorie del passato: da Superauto Mach 5 (Mach GoGoGo!, 1967) che ha ispirato anche un adattamento live action diretto dalle sorelle Wachowski, ai drammi e le lotte contro gli androidi di Kyashan, ai viaggi avventurosi di Judo Boy, fino a al tokusatsu animato Gatchaman, uno dei primi anime a parlare seriamente di crisi ambientale e politica, e il simpatico Yattaman. Ma la verità è che dietro a questi titoli si sono avvicendati una gran quantità di autori in erba e non che hanno fatto la storia dell’animazione giapponese. Lo studio ha contribuito pesantemente allo sviluppo dell’animazione giapponese facendosi pioniere di tecniche e approcci innovativi, così come ha fatto da campo d’addestramento per grandi nomi che oggi tutti conosciamo, come il regista Mamoru Oshii e il compianto disegnatore di sfondi che ha accompagnato lui e Osamu Dezaki, Shichiro Kobayashi, per passare poi anche a Yoshiyuki Tomino, creatore del franchise di GundamTatsunoko pro. ha anche giocato un ruolo fondamentale nella nascita di grandi studi quali Sunrise, IG Project, Kyoto Animation e Studio Pierrot.
 

Tutto ha inizio il 19 ottobre 1962 quando il mangaka Tatsuo Yoshida fonda Tatsunoko Production assieme ai due fratelli, anch’essi autori di manga: Kenji e Toyoharu Yoshida, quest’ultimo detto Ippei Kuri. È strano pensare che un trio di fumettisti decida di punto in bianco di fondare uno studio, ma negli anni ‘60 non era poi così raro: la via del freelancer era priva di copertura assicurativa e sanitaria, nonché più rischiosa per la gestione dei diritti delle opere. Non a caso il primo titolo che liberano nel mondo dell’audiovisivo è Ninja Butai Gekko, un tokusatsu live action in piena regola, adattamento del manga omonimo di Tatsuo Yoshida. Come si può notare l’animazione non è il loro obiettivo iniziale, ma è proprio la lontananza con il medium a permettere loro, ai loro assistenti e ai futuri animatori che graviteranno presso lo studio di vedere l’animazione con occhi diversi. L’unicità di questo approccio permette a Tatsunoko Pro. di trasformarsi in una fucina d’inventiva che viaggia su binari indipendenti dal punto di vista narrativo e tecnico.

Per lungo tempo il loro approccio produttivo si distanzia molto da quello degli altri studi rendendoli differenti anche nella gestione dei vari comparti creativi. Mentre gli altri prediligono l’utilizzo dell’animazione nuda e cruda anche nel lavorare agli effetti speciali, prediligendo quindi un processo basato sui “disegni”, Tatsunoko si abitua sin da subito a far viaggiare a briglie sciolte la sezione artistica, che in principio era il nido dei designer e dei pittori. Questa scelta dà ancora più peso alle attività di questo gruppo di artisti fenomenali, i quali riescono a trovare soluzioni innovative per sopperire talvolta alla mancanza di personale abbastanza esperto in altri reparti oppure lavorare in sinergia con la direzione delle animazioni per bilanciare alcune scelte artistiche.
 
Spezzone di Animetary Ketsudan o Decision, serie documentaristica sulla guerra del Pacifico realizzata con il patrocinio della ditta Sapporo. È la mediazione tra due approcci, quello moralista e pedagogico spinto da Tatsunoko Pro. e quello di esaltazione bellica incoraggiato dai veterani di Sapporo.


Le caratteristiche


La forza trainante del dipartimento artistico getta luce su tre punti focali che non si possono non nominare parlando della pionieristica Tatsunoko: effetti speciali, realismo e mecha.
Grazie al team artistico brillante e pieno d’inventiva, Tatsunoko riesce a compensare la mancanza di esperienza iniziale in ambito animato con la creazione di innovativi effetti speciali realizzati totalmente da artisti e pittori; e soprattutto riesce a reggere i ritmi serrati che lo studio di animazione di Osamu Tezuka, Mushi Production, aveva imposto nella serialità televisiva. L’avere poca manovalanza interna ha costretto lo studio a fare molto affidamento sull’outsourcing, il subappalto a studi esterni di sequenze di animazione: dispendioso dal punto di vista del tempo, ma meno di risorse. Oltretutto ha portato lo studio a circondarsi di professionisti ed esperti che una volta in proprio sarebbero tornati a lavorare con Tatsunoko ormai liberi dai vincoli contrattuali degli ex studi di appartenenza.
 
Sigla di Space Ace o Uchuu Ace, la prima serie animata realizzata dallo studio nel 1965. Basata sul manga omonimo di Tatsuo Yoshida, racconta le avventure di un bambino spaziale armato di un anello d’energia che raggiunge il pianeta Terra per salvarsi da dei persecutori.

Molti sono quelli che si avvicinano allo studio incuriositi dall’episodio pilota di Space Ace. Una serie che potrebbe ricordare il famoso Astroboy di Osamu Tezuka, ma la cui ispirazione è il supereroe americano Superman, dato l’amore di Tatsuo Yoshida per i comics USA. La serie doveva inizialmente avere una lavorazione congiunta con Toei: in cambio di apprendistato ai futuri animatori, Tatsunoko avrebbe fornito il design. Purtroppo Space Ace finisce totalmente in mano allo studio di Yoshida per via di un conflitto di copyright, ma l’esperienza acquisita resta e il primo episodio fa da catalizzatore per molti talenti attirati dalla possibilità di sperimentare e mettersi in gioco.
L’organizzazione produttiva dello studio Tatsunoko è diversa da quella degli altri studi. Innanzitutto lavora per compartimenti compatti che per la maggior parte del tempo comunicano esclusivamente tramite gli assistenti di produzione: per quanto possa sembrare alienante, il lavoro di squadra è altamente incoraggiato. Altresì è ben strutturato l’apprendistato dei nuovi arrivati perché si viene buttati subito nella mischia senza distrazioni e lavorando gomito a gomito con i veterani. Insomma, le prospettive di crescita artistica, le possibilità di sperimentare in un ambiente nuovo e la buona probabilità di fare carriera in breve tempo (vista la poca manodopera in seno allo studio), trasformano Tatsunoko pro. in una meta per aspiranti registi e animatori chiave, garantendo allo studio di Kokubunji una massiccia circolazione di idee, stili, punti di vista e approcci differenti.
 
Sigla italiana di Superauto Mach 5 o Speed Racer, in giapponese Mach GoGoGo!, serie del 1967, basata anch’essa sull’omonimo manga di Tatsuo Yoshida. È la storia di Go, un giovane pilota che si rifiuta di lasciare che il mondo delle corse automobilistiche venga sommerso dai criminali e dalla corruzione.

Se finora abbiamo definito Tatsunoko come sperimentale, dobbiamo tenere a mente che Tatsuo Yoshida e soprattutto Ippei Kuri sono i due portmanteau di quello che viene definito “realismo”. Ma si badi che non si tratta esclusivamente del realismo delle forme, bensì anche del realismo di realizzazione e di percezione: animazioni ed effetti verosimili nel dare corpo, colore e vita a personaggi e ambienti.
Facciamo qualche esempio: già da Superauto Mach 5, serie successiva a Space Ace del 1965 diretta da Hiroshi Sasagawa, si nota una tendenza a disegnare i personaggi con un tratto più veridico rispetto al classico stile tondeggiante e disneyano che avevano portato Toei e Mushi sugli schermi. Inoltre, per iniziare a sottolineare nomi e talenti, la sigla iniziale è interamente animata da Tsuguyuki Kubo che fonderà poi lo Studio Beads.
 
Sigla iniziale di Judo Boy o Kurenai Sanshirō del 1969. Adattamento del manga omonimo del 1961 di Ippei Kuri, racconta il viaggio dell’artista marziale Sanshirō che, con l’amico Kenbō e il cane Boke è alla ricerca di colui che uccise suo padre.

Judo Boy non è da meno: i design, seppur mitigati dalla sensibilità shōjo di Eiji Tanaka (in veste anche di direttore delle animazioni) rimangono vistosamente umani e anatomicamente più accurati; gli occhi, per esempio, sono meno sferici, i muscoli e gli spigoli anatomici sono segnati e i colori sono più brillanti. Il lato negativo di questo approccio realistico purtroppo dev’essere tenuto da conto perché per quanto se ne guadagni in veridicità anatomica, è molto difficile animare un corpo dalle forme così specifiche mantenendo la compattezza dei volumi. Ragionando su tale aspetto, Tatsunoko riesce a trovare delle soluzioni e sperimentare grazie a Tanaka e Mitsuki Nakamura, capo del reparto artistico (il quale diventerà un affiliato di Sunrise e collaborerà a Gundam e Lamù curando per entrambe la direzione artistica). La risultante è una serie che mette sul piatto soluzioni raramente viste prime dal punto di vista estetico e performativo, come l’uso di effetti speciali live action o l’anticipazione delle harmony, fermoimmagine pittorici e drammatizzanti che verranno rese famose da Osamu Dezaki.
 
Sigle di Kyashan - Il ragazzo androide del Shinzō Ningen Kyashan del 1973. Mentre la regia generale venne affidata a Hiroshi Sasagawa, alcuni episodi furono diretti da Yoshiyuki Tomino, il futuro creatore di Gundam. Si segue qui l’epopea di Kyashan, ragazzo che sceglie di diventare un androide per poter combattere alla pari contro le truppe meccaniche del Generale Andro.

Sempre parlando di design è impossibile non nominare, sia per grandezza della figura che per l’impatto che ha avuto nello sviluppo della filosofia dello studio, Yoshitaka Amano, per la prima volta alla Tatsunoko in veste di character designer di Kyashan - Il ragazzo androide (1973). È con l’intervento di quello che sarà il famoso designer della saga di Final Fantasy che lo studio Tatsunoko porta sullo schermo non più personaggi pesanti e grezzi, sebbene già limati dalla presenza di Eiji Tanaka, ma esseri longilinei e delicati, dai corpi scolpiti ma non sgraziati. Anche la mecha animation prende il via grazie ad un potente apporto dato dagli artisti di questo studio, in primo luogo da Masami Suda agli inizi della sua stellare carriera; lo stesso Masami Suda che regalerà al mondo perle d’animazione come Kenshirō e Slam Dunk.
 
Clip da Decision o Animetari Ketsudan del 1971 in cui si possono vedere le fiamme realizzate in maniera non convenzionale, nonché il moto e l’animazione del veicolo aereo.

Per quanto riguarda i marchingegni, il suo lavoro in Decision è mastodontico: è lui a realizzare gli aerei di guerra e a farli muovere in maniera realistica fin nei dettagli. Suda è un animatore che non ha paura dei mezzi che possiede e cerca sempre nuovi punti di vista per far emergere la potenza e l’imponenza delle sue creature robotiche; ne è un esempio lo sfruttamento della prospettiva, come quella dei cittadini di fronte alla grandezza dei mecha: l’animazione rallenta e gli edifici crollano sotto i colpi pesanti e letali delle creature d’acciaio. Non è solo un esperto delle anatomie meccaniche, ma un profondo conoscitore del contesto in cui si spostano i corpi. E questo rientra nell’alveo del realismo di cui sopra.
L’allievo Tomonori Kogawa, mago delle coreografie complesse ma chiare, non è da meno tant’è che negli anni ‘80 è direttore delle animazioni per Space Runaway Ideon sotto la direzione del leggendario Yoshiyuki Tomino che incontra proprio qui, allo studio Tatsunoko. Ricordiamo poi che il direttore artistico di Ideon è Mitsuki Nakamura, designer o direttore artistico per quasi tutte le principali serie d’azione dello studio. Egli si affilierà a Sunrise a lavorare per Lamù e Gundam, ma la sua carriera parte come direttore artistico di Superauto Mach 5.

 
Improbabile vedere le animazioni di Suda in questo frammento di Gatchaman e non pensare direttamente alle scene d’azione in Kenshiro.

Mentre le serie d’azione e avventura si sono fatte portastendardo di interessanti sviluppi tecnici e narrativi, sono le prime vittime che a lungo andare iniziano a soffrire del contesto: mancanza d’inventiva, uniformazione dei processi e cambi di filosofia; d’altro canto le serie comiche che da Il mio amico Guz del 1967 costituivano il secondo filone animato portato avanti dallo studio, non sembravano dare particolari problemi produttivi e di ascolti. Tra queste ricordiamo sicuramente Chobin, il principe stellare del 1974 diretto da Shigeyuki Ayashi, dai più conosciuto con il nome di Rintarō, co-fondatore dello studio Madhouse che tornerà spesso a collaborare con Tatsunoko.
 
Sigla italiana di Chobin, principe stellare o Hoshi no ko Chobin del 1974, nota serie sulle avventure di una creatura stellare arrivata sulla Terra per salvarsi dal malefico Burunga.

Il sole d’oro dello studio Tatsunoko inizia a spegnersi con La battaglia dei pianeti - Gatchaman (1972) in cui vengono investite molte risorse economiche per supportare questa lunga serie animata a tema supereroistico ma che strizza l’occhio al tokusatsu. Per colpa della mole di lavoro lo studio, già avvezzo all’outsourcing, sceglie di voltarsi verso la Corea del Sud per produrre le animazioni; questa scelta fa tremare non poco gli artisti: in un ambiente già in crisi per le alte pressioni che gli sponsor e i produttori infliggevano sugli studi (nonostante Tatsunoko avesse tentato di rimanere più autonoma possibile andando a fondare una sua fabbrica di giocattoli, Tatsunoko Land). Perennemente spronati a produrre sempre di più, l’arrivo di una manodopera a prezzo ancor più basso portò molti dipendenti a cercar fortuna altrove. La serie però è la summa delle potenzialità del processo produttivo della Tatsunoko e in cui molti dei suoi artisti raggiungono la maturità: così Kogawa, e Tsuneo Ninomiya che riesce a prendere una boccata d’aria dall’ambiente saturo di gekiga e trasformare quello che altrove è diventato l’espressionismo dezakiano espresso da Akio Sugino in un un modo per far muovere personaggi eleganti ed esili in maniera impattante e fervente.
 
Sigla di Gatchaman - La battaglia dei pianeti o Kagaku Ninjatai Gatchaman del 1972 su cinque supereroi in difesa del pianeta Terra contro i nemici del “Generalissimo” che si muovono nell’ombra.

Già da tempo si nota come la linea realistica che avevano portato avanti con decisione da Tatsuo e Kogawa andasse sfaldandosi in favore di quella abbracciata da Tanaka e Ninomiya; in più era da qualche tempo che la mancanza di inventiva aveva iniziato a far andar via grosse personalità: nel 1976 dopo Gowapper 5 Godam, il mitico Masami Suda lascia lo studio.

Alla morte di Tatsuo Yoshida lo studio va in mano a Kenji, ma tra i due fratelli manca il collante costituito dal compianto fondatore e tutti i tentativi di riportare in auge lo studio non hanno il successo sperato. La diaspora si intensifica quando Tatsunoko, non più tanto sicura economicamente è costretta ad allinearsi al mercato: gli artisti non esprimono più quella creatività di cui si erano fatti araldi negli anni passati e lo si vede con Polymar i cui effetti speciali non sono più realizzati dal tanto acclamato team di artisti ma dagli animatori, come nel resto dell’industria.
 
Sigla di apertura giapponese di Time Bokan o La macchina del tempo, 1975: dei ragazzi devono rimediare ad un pasticcio temporale nato dall’invenzione della macchina del tempo.

Tuttavia si scorgono ancora un paio di volti nuovi ed interessanti:
Akemi Takada che giunge come character designer per Gatchaman. Diventa poi molto influente grazie ai suoi lavori per Kimagure Orange Road, L'incantevole Creamy e molte opere meisaku.
A lei si aggiungono animatori e registi: Mizuho Nishikubo che si unisce per Time Bokan e la seconda serie di Gatchaman, futuro regista di Video Girl Ai e direttore delle animazioni in Ghost in the shell. Aveva lavorato precedentemente sotto Osamu Dezaki a Lady Oscar come animatore.
Abbiamo poi il compianto Hidehito Ueda che diverrà un prolifico regista. Egli ha prestato la sua esperienza a Mononoke, GTO e innumerevoli altri franchise.
Si uniscono anche Koichi Mashimo, futuro fondatore dello studio BeeTrain, regista della sua trilogia Girls with guns e delle serie .hack e L'immortale, e Mamoru Oshii, regista di Ghost in the shell, Lamù, Gosenzosama banbanzai” e Tenshi no tamago, tra gli altri.

Ma questi sono solo alcuni dei numerosi nomi che si sono avvicendati e che hanno avuto la fortuna di poter lavorare gomito a gomito con imponenti maestri o con futuri colleghi: basti pensare che dei cinque nomi nominati per ultimi, soltanto Mashimo rimarrà più a lungo allo studio Tatsunoko per poi spostarsi allo studio Production I.G fondato da Mitsuhisa Ishikawa, ex produttore per Tatsunoko. Gli altri quattro presero a viaggiare: chi allo studio Pierrot (fondata da un ex dipendente della Tatsunoko, Yuji Nunokawa e Mitsuo Kaminashi, il quale aveva lasciato lo studio Mushi per fondare con lui questo “collettivo” che divenne lo studio Pierrot) a lavorare a Nils Holgersson che stilisticamente e tecnicamente riesce in qualche modo a portare avanti una sorta di eredità Tatsunokiana poiché incarnava l’altro tipo di serie leggere che Tatsunoko produceva, distanti dalle storie epiche d’azione.
 
Sigla iniziale di Gowapper 5 Godam o Godam del 1976, cinque ragazzi che combattono contro il Popolo degli abissi con dei robot creati dal dottor Hoarai, la cui mente è uploadata in un computer.

Un altro studio che beneficiò della presenza di Tatsunoko fu lo studio Sunrise con il quale si avvicendò per una serie di lavori in esterna per Kyashan - Il ragazzo androide, e che poi accolse molti dei suoi esodati.
E ancora, è difficile pensare come lo studio Tatsunoko sia stato fondamentale per la nascita di una casa nota come la Kyoto Animation: Yoko Hatta, pittrice di fondali per Tezuka, si trasferì a Tokyo dove, con un gruppo di donne appassionate di pittura, portò avanti la sua attività artistica producendo fondali per Tatsunoko e Pierrot. Il gruppo si formalizzò sotto il nome del marito, Hideaki Hatta, e prese il nome Kyoto Animation. In seguito alla solida relazione che si sviluppò con Ishikawa si misero a lavoro per la produzione di Zillion e permisero anche allo studio Production I.G di consolidarsi.

Insomma, la Tatsunoko Production ha visto passare molti più artisti e autori di quelli citati in queste poche righe e sebbene il suo apice creativo sia andato sfumando nell’ultimo ventennio del secolo scorso, è riuscita a mettere in pista autori di un certo calibro come Masaaki Yuasa e Akiyuki Shinbō grazie alla forte rete di conoscenze che negli anni d’oro era riuscita a crearsi. Tatsunoko Production riuscì a rimanere a galla laddove Mushi cadde a pezzi grazie ad un inventiva e una catena produttiva fuori dal comune. Non sono molte le serie Tatsunoko che escono ogni anno, sebbene dal 2005 la compagnia di produzione di giocattoli Tanaka ha comprato quasi il 90% dello studio, commissionando quindi serie volte a sponsorizzarla e aumentare le vendite. E intanto Yoshitaka Amano continua ad essere il loro character designer di fiducia, come dimostra Exception, disponibile su Netflix dal 13 ottobre.
 

Ma sin dalle origini, i figli e le figlie di Tatsu sono stati accolti per periodi brevi o lunghi, sono stati messi di fronte a sfide, insegnamenti e una volta trovate le proprie ali hanno spiccato il volo per andare portare esperienze, innovazioni e inventiva in altri lidi, e in altri continenti.


Fonti consultate:
- SakugaBlog - The Evolution of Kyoto Animation: A Unique Anime Studio and Its Consistent Vision
- Pagina ufficiale Tatsunoko in inglese
- Animetudes - The History of Tatsunoko
- Production I.G - Kazuchisa Kise and the Birth of Studio 2
- Battle of the Planet - What Was Gatchaman?