Pablo Picasso, uno dei più celebri e apprezzati artisti di sempre disse “l’arte è una menzogna che ci consente di riconoscere la verità”. Tatsuki Fujimoto, uno dei mangaka più celebri e apprezzati del decennio, gioca continuamente con quel che può essere vero con il lettore, ma soprattutto con se stesso, mettendosi sempre alle corde e facendosi trasportare dall’ispirazione e molto probabilmente dall’arte stessa, alla quale dichiara continuamente il suo amore.

L’autore di Fire Punch e Chainsaw Man lo avevamo lasciato, infatti, con il capolavoro Look Back, un one-shot del quale parlammo in questo articolo, nel quale aveva sdoppiato la sua anima per trasmettere al meglio quanto amasse l’arte del fumetto, riuscendo a parlare anche di chi è morto nonostante volesse solo amare in pace.

Lo ritroviamo con Goodbye, Eri un nuovo one-shot (di 201 tavole) nel quale in un certo modo continua quella catarsi iniziata proprio col finale struggente di Look Back ma nel quale, soprattutto, continua a farci comprendere quanto il suo cuore batte forte per l’amore verso l’arte. Così come Look Back anche questa opera è stata largamente apprezzata sul web ed è stata letta da più di 2.5 milioni di utenti in un solo giorno. In questo articolo sono presenti SPOILER dell'opera (ma non la sua conclusione) e quindi vi consiglio di leggerla legalmente in inglese su Manga Plus cliccando QUI
 
La madre di Yuta soffre di una grave malattia ed è proprio il giorno del suo 12° compleanno quando lei gli chiede, porgendogli il cellulare che gli ha comprato come regalo, di registrare ogni attimo che le rimane da vivere. Il bambino acconsente però non riesce a registrare proprio i suoi ultimi momenti e sceglie di stravolgere tutto… con un pizzico di fantasy.
 
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Se in Look Back il medium che regnava era quello del fumetto, regalandoci non solo una storia meravigliosa ma tante piccole opere d’arte, in questo one-shot Fujimoto torna a parlarci di cinema, come ama fare da sempre, come ben sapranno i lettori Fire Punch, manga intriso di cinema in ogni forma e modo possibile. Yuta è un classico personaggio à la Fujimoto, ovvero una vittima di un evento traumatico con grandissimi problemi a confrontarsi con le sue stesse emozioni, reo di azioni al limite dell’assurdo e facilmente criticabili non solo dagli altri personaggi della storia ma magari anche dal lettore stesso.

Come potete leggere dalla trama del manga, al giovane Yuta è stato assegnato da sua madre il compito di registrarla (tramite un cellulare comprato appositamente per il giorno del suo compleanno) durante la sua malattia per creare un vero e proprio film su di lei. Yuta cerca di fare il suo meglio e riesce a mostrare a noi lettori, e ai compagni di scuola che successivamente potranno visionare il suo lavoro, dei dolci spaccati familiari ma anche la disperazione del padre, il graduale appassirsi di sua madre fino ad arrivare ai suoi ultimi momenti, che però lui non riesce a filmare ma anzi, in netta controtendenza con ciò che è stato mostrato fino a quel momento decide di dare un epilogo alquanto particolare al suo film…
 
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Il suo film si conclude con lui che scappa urlando “Addio, mamma!” mentre l’ospedale esplode. Quel che si può considerare la fuga di un ragazzino da un trauma troppo grande per lui, vissuto in maniera quasi ossessiva nei mesi precedenti, per altri è una mancanza di rispetto alla solennità della vita, un banalizzare la morte. Yuta filma le orribili reazioni di chiunque gli sia capitato a tiro, da un professore a compagni vari, decidendo, infine, di suicidarsi, buttandosi dallo stesso ospedale nel quale si è spenta la madre… ed è lì che incontra Eri.

Lei è una ragazza che sembra essere ancora più strana di lui, che gli confida che ha amato tantissimo il suo film e lo obbliga a vederne tanti insieme in un edificio abbandonato, ma che il suo più grande desiderio è di vedere un nuovo film di questo meraviglioso regista. Scopriremo ben presto che anche a Eri non rimane nulla da vivere e perciò vedendo il film del ragazzo ha compreso che è proprio in questo modo che vorrebbe essere ricordata dopo la sua morte, anche perché entrambi comprendono quanto sia speciale quel pizzico di fantasy nella storia di ognuno.

Nel film Eri diventa una vampira che, nonostante i suoi circa 1200 anni, dovrà presto morire e ha paura di essere dimenticata; dunque salva Yuta, un ragazzo pronto a suicidarsi ma che viene convinto da lei a salvarsi, prima vedendo insieme tantissimi film e poi obbligandola a filmarla finché rimarrà in vita. Ben presto realizzerà che il suo problema non fosse l’essere stato bullizzato dai compagni di scuola ma il suo rammarico per non aver filmato gli ultimi istanti di vita della madre, comprendendo che una volta che filmerà la morte della vampira potrà di nuovo trovare in se la voglia di vivere e di fare film.

The End.
 
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No, non è proprio la fine, perché senza anticipare la reale conclusione del one-shot Yuta rimarrà insoddisfatto dalla sua opera, nonostante con questo nuovo film sia riuscito ad entrare nel cuore degli spettatori sente sempre che manca qualcosa. Rivedrà di continuo tutto il girato, farà diverse versioni del suo film ma qualcosa manca, qualcosa di speciale. La risposta è palese, il modo in cui ci si arriverà sarà eccellente ma non trovo corretto dire proprio tutto.

Goodbye, Eri è una menzogna o forse è la verità, è una perfetta commistione tra film e fumetto, due media che s’incontrano in modo armonico. Ogni singola tavola è strutturata come se fosse un frame proveniente dal cellulare di Yuta, possiamo ammirare effetti di motion blur per comprendere che l’attimo che noi vediamo è in movimento. Il manga in maniera superficiale si potrebbe pensare che sia strutturato in modo semplicistico, con tavole perlopiù a 4 pannelli con zoomate continue o focus su determinati dettagli, invece, l’estro di Fujimoto è riuscito a contestualizzare nel modo migliore un film dentro un manga, dimostrando per l’ennesima volta che per quanto le sue opere siano criticabili (come quella di Yuta) il suo spessore in quanto artista è soltanto invidiabile.

A mio avviso l’opera di per sé è inferiore a Look Back, dato che alcuni temi presenti in questo lavoro erano stati già approfonditi in passato, in più se il one-shot precedente potesse essere apprezzato da qualsiasi lettore, qui ritroviamo il Fujimoto più incline all’assurdo, con un’ironia fraintendibile e che può non andare bene a tutti. Ovviamente va bene per me, che ho cercato su Google l’arte è una bugia” sicuro che qualcuno a caso avesse detto una frase a caso su questo tema così da poterla citare ed iniziare la recensione in un modo che potesse farmi sembrare colto, anche se in realtà c’entra proprio nulla con il fumetto di per sé; perché alla fine c’è qualcosa che tutti possiamo imparare anche da questo manga: sta a noi decidere che realtà mostrare, che si parli di un fumetto creato da un maestro, un articolo scritto da un mediocre redattore o la vostra stessa vita. I film inquadrano quello che scegliete voi, viene mostrato ciò che sceglie il regista, e quindi la madre di Yuta sembra una bella persona e potrebbe fare sorvolare il lettore sulla sua scellerata richiesta di sottoporre un bambino a qualcosa di così disumano. Allo stesso modo il lettore o lo spettatore critica fin troppo facilmente ciò che vede, credendo di aver compreso ogni sfumatura, senza chiedersi il perché di certe scelte.

Non esiste una realtà univoca o che deve essere per forza considerata condivisibile. Goodbye, Eri è l’ennesimo studio di un grande mangaka sulle emozioni umane, sul modo di sopravvivere alla morte e su come l’arte può essere la salvezza. Magari ci insegna pure che nella vita manca un pizzico di fantasy, ma questo è qualcosa che può comprendere solo chi ha la volontà di osare. Il titolo dell’articolo è puro bait per attrarre chi non avesse ancora letto il one-shot, nel caso non fosse chiaro. Boom.
 
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