Una delle attività che più mi piace fare quando vado in Giappone è andare al cinema per gustarmi i miei adorati anime sul grande schermo. Per la verità non è neanche importante se adori o meno un brand o un determinato regista (ammetto che alcune volte in passato avevo mirato date particolari), cerco di capire cosa viene programmato in quel momento e cosa possa essere maggiormente nelle mie corde. Per questo ora che dopo 3 anni il Giappone ha riaperto e sono potuto tornare, sono riuscito ad andare a vedere l'ultimo film di Makoto Shinkai dal titolo Suzume no Tojimari. Se per me la data è stata una coincidenza di un viaggio che puntava più ai momiji autunnali, non lo è stata invece per il regista che ha scelto l'11.11 (11 Novembre) come data di lancio a memoria di quel fatidico 11 Marzo 2011, quando un terremoto e conseguente tsunami sconvolsero il Giappone.

Il cinema che ho scelto era lo United Cinema all'interno del centro commerciale Canal City situato in una zona centrale di Fukuoka. Non sapevo bene quanto avrei dovuto attendere per il film una volta giunto sul posto, ma ho trovato che ben 4 delle 13 sale erano dedicate al film di Shinkai e che praticamente iniziava una proiezione ogni mezz'ora. Essendo anche un mercoledì pomeridiano, ho usufruito di uno sconto a 1200 yen (poco più di 8 euro). Ovviamente la differenza rispetto a noi è abissale: il film di Shinkai occupava cartelloni e locandine ovunque, mentre altri film come Black Panther erano relegati al riepilogo delle varie sale. Ovviamente essendo una premiere (era il 5° giorno di programmazione) non sono mancati gadget in regalo in forma di un clear file e di un pamphlet con introduzione del regista, character design dei personaggi, approfondimenti e interviste ai doppiatori. Questa non è certo una novità dato che mi è capitato spessissimo che al biglietto d'ingresso fossero allegati gadget vari, specialmente quando sono andato subito dopo l'uscita del film. Probabilmente in Italia non ci arriveremo mai, ma è bello vedere come in Giappone gli anime siano ormai strettamente inseriti nel tessuto sociale e quanto un'uscita di un regista importante sia un vero e proprio evento.

Complice l'orario pomeridiano e il giorno feriale la sala era semivuota, ma dopo la consueta mezz'ora di pubblicità e trailer, mi sono potuto godere il film su uno schermo gigante (e non era neanche la sala principale) e posso lasciarvi la mia recensione che manterrò più possibile libera da spoiler.



 

Sarò sincero: ho sempre trovato un po' pesante la narrazione del primo Shinkai, quello della Voce delle stelle e di 5 centimetri al secondo e non ho mai apprezzato Your Name e Weathering with You al pari del successo che hanno avuto. Per carità, tecnicamente i suoi ultimi film sono straordinari specialmente dal punto di vista degli scenari mozzafiato, ma a fine proiezione rimaneva sempre il dubbio su come sarebbe potuto essere un film di Shinkai con una sceneggiatura più ispirata.
Your Name aveva una trama forse inutilmente complicata unita ad un elemento gender-bender che dava molta innaturalità allo sviluppo dei personaggi e anche alla comicità. La tematica che faceva da metafora agli eventi (ovvero il terremoto del Tōhoku del 2011) era trattata in modo decisamente approssimativo, così come il tema del riscaldamento globale in Weathering with You troppo banalizzato da risultare addirittura in un finale frustrante.

Fin troppo facile era quindi pensare ad un nuovo film che seguisse il canovaccio dei suoi due predecessori ispirandosi magari alla situazione globale corona virus; invece contrariamente alle previsioni, Suzume no Tojimari torna sul tema del terremoto nel 2011 e lo fa in modo decisamente più convincente, consegnandoci uno Shinkai che non solo compie uno step in avanti rispetto ai suoi vecchi film, ma che forse riesce finalmente a raggiungere, senza snaturarsi, la sua maturità artistica.

Suzume no Tojimari

Trama
(nota: gli spoiler sono relativi solo al preambolo del film, che è poi quanto viene spiegato anche nel trailer).
Suzume è una studentessa 17enne che, dopo aver perso i genitori, vive con la zia in un piccolo paesino del Kyūshū. Un giorno incontra un giovane viaggiatore di nome Sōta che le chiede indicazioni per raggiungere una vecchia stazione termale abbandonata e una misteriosa "porta". Affascinata dal giovane, decide di seguirlo e finisce inavvertitamente con l'aprire proprio quella porta, la cui apertura però, secondo la leggenda, è causa di innumerevoli disastri. Suzume si ritrova anche a raccogliere una pietra* che nelle sue mani si tramuta in un gattino che scappa via.
Prima che accada l'irreparabile però Suzume e Sōta riescono a richiudere il portale scongiurando il peggio e Suzume apprende come Sōta sia in viaggio lungo tutto il Giappone proprio per chiudere questi portali e prevenire i disastri. Tuttavia proprio nel momento in cui Suzume e Sōta stanno facendo conoscenza, appare il gattino (Daijin) e che tramuta Sōta in una sedia per bambini (con sole 3 gambe) fuggendo poi via. Inizia così l'inseguimento di Suzume e Sōta-sedia al gatto in un viaggio che porterà i due lungo tutto il Giappone.
* kaname-ishi, un termine che in giapponese indica una roccia sacra custodita nei templi e che protegge dai disastri naturali.


Come è facilmente intuibile dalla trama, Shinkai non tradisce quello che è il suo solito canovaccio: si introduce un elemento sovrannaturale e un evento scatenante che fa partire la trama. Questa si sviluppa molto a cuor leggero con battute e scenette divertenti nella prima parte, dosando pian piano rivelazioni prima di una svolta più drammatica che culmina con un climax finale. Il film da questo punto di vista è semplice, e se già si conosce il regista, si intuisce sempre dove stia andando a parare. Ma quello che cambia rispetto al passato è Shinkai stesso a spiegarlo nel pamphlet che in Giappone viene dato a tutti gli spettatori che vanno al cinema. Il regista ha sempre avuto come pubblico di riferimento quello degli adolescenti, ma stavolta Shinkai voleva di più, voleva creare una storia che fosse anche per famiglie.

E così la storia si muove su tre binari paralleli:
- il primo binario è la storia classica e romantica dell'incontro tra lui e lei, e il cercare di riportare Sōta alla sua forma originale con palese riferimento alla fiaba "Il principe e il Ranocchio" dei fratelli Grimm (anche in questo caso citata da Shinkai stesso);
- il secondo binario è quello del viaggio on the road, con i due ragazzi che partendo dal Kyūshū, toccano varie parti del Giappone (da Ehime a Kōbe, a Tōkyō, fino a Iwate) facendo la conoscenza di personaggi molto diversi tra loro che si offriranno di aiutare e che ha anche come obiettivo quello di chiudere i vari portali fonte di disastri sparsi lungo tutto il Paese;
- il terzo infine, che si rivelerà centrale, proprio quello familiare: la crescita personale di Suzume e il rapporto con la madre che ha perso e con la zia che l'ha invece cresciuta, ma anche la crescita della zia stessa che trovatasi a crescere la figlia della sorella, si ritrova a sua volta ad inseguirla lungo tutto il Giappone.

Ed ecco quindi l'elemento nuovo, quello che rende tutta la storia e i personaggi più realistici e naturali rispetto ai suoi vecchi film. La storia romantica c'è, ma non è più l'elemento centrale. Non è un caso che il viaggio si concuda proprio a Iwate, forse la prefettura del Tōhoku più devastata dallo tsunami del 2011. Suzume da bambina ha perso la madre nel terremoto e non ha mai fatto i conti con la sua perdita, così come a sua volta la zia non si è mai sentita all'altezza di crescere la nipote. E questo approccio in qualche modo più realistico rende i personaggi più vividi, affronta temi reali come quelli della perdita e avvicina di più lo spettatore ai personaggi. Non c'è un improbabile meteorite che distrugge un paese a fungere da metafora, ma proprio il riferimento ad un evento reale, ad una ferita ancora aperta nel cuore del popolo giapponese.
Può darsi che qualcuno ala fine preferirà lo Shinkai più focalizzato sulla storia d'amore, ma questo film non lo snatura per nulla, anzi lo arricchisce e lo svincola dal rischio di ripetere sempre lo stesso film con poche variazioni sul tema.

Suzume no Tojimari


A riprova anche del passo in avanti registico di Shinkai è l'abbandono dell'utilizzo delle musiche dei Radwimps come insert song durante la storia quasi a comporre delle clip musicali. In questo film infatti i Radwimps sono lasciati soltanto nei crediti finali, ma questo non significa che le scelte musicali non vengano fatte in modo sapiente. Se le scene più intense sono sottolineate da una bella colonna sonora orchestrale, la parte on the road è spesso intrisa da un senso nostalgico e sottolineata da alcune delle canzoni più iconiche del J-Pop anni '80 come Ito di Miyuki Nakajima, Sweet Memories di Seiko Matsuda (insert song in Penguin's Memory), Galaxy Express 999 dei Godiego o Rouge no Dengon, storica opening di Kiki's Delivery Service di Yumi Arai.

E l'omaggio a Kiki non è certo casuale dato che proprio Makoto Shinkai ha dichiarato come il film di Miyazaki assieme al romanzo "Ranocchio salva Tōkyō" di Haruki Murakami siano state le opere che più hanno influenzato questo film (Daijin stesso è fortemente ispirato al gatto Jiji).
Non mancano comunque riferimenti anche ad altri film Ghibli: i Mimizu, una sorta di lombrichi che fuoriescono dai portali distruggendo tutto quello che incontrano, ricordano molto la distruzione causata dallo Shishigami di Mononoke Hime quando viene decapitato, così come alcune scene d'azione rimandano direttamente a scene del Castello errante di Howl.

Suzume no Tojimari
 
Insomma pur in un film in cui la storia è molto semplice e dai canoni decisamente mainstream, Shinkai riesce ad esprimere bene una maggior poeticità di fondo e a veicolare un messaggio più esplicito e non banale con riflessioni su tragedie che spesso nella cultura giapponese vengono vissute in maniera molto intima. Per questo forse anche se non è detto che possa arrivare così forte e chiaro internazionalmente (ad esempio l'app con la sirena che avverte dei terremoti, fu realmente introdotta in quella forma a seguito del terremoto del 2011 e successive scosse di assestamento, ma se per un giapponese il riferimento è diretto, non è detto sia lo stesso per noi) non è una sorpresa che il film risulti in patria campione d'incassi anche più dei precedenti.

Certo il film resta pure sempre un fantasy con elementi sovrannaturali, qualche forzatura c'è da aspettarsela, Suzume e Sōta si innamorano un po' troppo rapidamente e l'elemento mistico sembra più funzionale a far procedere gli eventi che altro, ma questo accadeva anche negli altri film e anzi, forse era anche più accentuato. Suzume no Tojimari invece rispetto ai predecessori risulta più convincente come sceneggiatura, personaggi e scene divertenti, mantenendo stabile il livello tecnico che il regista è solito regalarci con gli splendidi fondali, animazioni e colonna sonora. Forse resta qualche dubbio sulla resa della CGI in alcune scene, ma siamo proprio a livello di sottigliezze. Decisamente quindi un film più che riuscito, che compie alcune scelte in controtendenza con i precedenti del regista, ma che probabilmente lo fa risultare decisamente più convincente e che non è un'eresia definire come il miglior film di Shinkai.