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Le premesse per un nuovo <i>Galaxy Express</i> all'apparenza ci sono tutte: una bionda dal corpo sinuoso e un omuncolo deforme e corto, con le stesse fattezze di Tetsuro. Questi elementi possono scoraggiare, ma in fondo la sapienza popolare spesso non sbaglia quando dice che l'abito non fa il monaco.
<i>Queen Millennia</i> è un'opera di Matsumoto più evoluta e matura, e ciò è evidente fin nel suo esordio. L'ambientazione non è più lo spazio, né vi si trovano fantomatici treni intergalattici. Ci si sposta nel passato, sulla Terra del 1999, in un'epoca nemmeno tanto distante da noi rispetto alle ere degli altri universi <q>matsumotiani</q>. Nel <q>leijiverse</q> <i>La Regina dei Mille Anni</i> è la stella focale della cronologia, che di logico ha poco, ma un inizio sì: questa serie è il punto da cui si origina tutto.
La trama è ciò che contrappone per antonomasia <i>Queen Millennia</i> a <i>Galaxy Express</i>. Quest'anime contiene dei filler, come tutte le altre produzioni animate relative all'universo suddetto, ma qui essi sono tutti funzionali al disegno del soggetto, a tracciarne con ineluttabilità le linee di contorno. L'architettura degli episodi si articola nella logica della successione, cosicché misteri e colpi di scena a essi collegati si snoderanno per tutta la durata della serie, anche se con un vistoso calo narrativo nella parte finale.

E finalmente la bionda, Kira Tesawa, non è più un alone, né una comparsa con la falsa promessa di un fascino legato all'ambiguità. Il carisma c'è davvero, e c'è davvero una storia sotto: piccoli e disordinati elementi concorreranno a svelare il ritratto in tutte le sue tonalità. Kira è la concrezione dei significati legati al buon governo, sorta di allegoria della temperanza e della giustizia in versione utopica, con tutte le contraddizioni di chi si dibatte tra il volere e il potere.
Per ciò che concerne l'omuncolo brutto, finalmente si assume consapevolezza del fatto che, se Tetsuro fosse stato come Tori, <i>Galaxy Express 999</i> sarebbe stato un prodotto quantomeno accettabile. Anche Tori piange spesso, ammettiamolo, ma di certo non diventa il lagnoso per eccellenza. Pure Tori ha i suoi assurdi colpi di testa, non privi di una certa vanagloria, che lo riavvicinano al carattere di Tetsuro. Ma qui questi momenti di follia sono catartici per il protagonista, in quanto lo mettono di fronte all'impossibilità di evolversi in uno stereotipo di eroe fanfarone e tronfio. Anzi, essi hanno la finalità di toglierlo per un po' dalle luci della ribalta per salvare infine gli episodi in calcio d'angolo. E lo spazio lasciato da Tori è consistente.

L'osservatorio Amamori e il QDI costituiscono uno degli sfondi più belli della serie, e articolano un vasto ordito di vicende atte a impedire che la Terra venga colpita da un pianeta dall'orbita irregolare: Lamethal. Ma la tensione di tali intrighi, che raggiunge anche livelli non trascurabili d'audacia, purtroppo si allenta fino a scomparire dopo la prima metà della serie. Peccato che i brevissimi e interessanti baleni di battaglie spaziali lascino il posto a stupidi e infantili siparietti sui compagni di scuola di Tori o sui genitori di Kira. La loro funzione di riempitivo è malcelata, suscitando immediatamente un forte tedio nello spettatore. L'ironia di cui sono forieri questi stratagemmi stride vistosamente con la complessità e la serietà dei fatti narrati. La serie non disdegna il patetismo, tanto caro alle produzioni animate legate a Matsumoto, ma come sempre si tratta di una nota stonata e goffa, che sottrae altri punti.

Tutto sommato però il taglio registico di alcune scene fa dimenticare questi difetti, accompagnato anche dalla sobrietà e dal carattere pittoresco di alcuni sfondi. A ciò si aggiunga la straordinaria costanza a livello qualitativo dei settori legati al chara design e alle animazioni.
Nonostante il continuo loop dei temi musicali, il comparto sonoro mostra una certa raffinatezza, contenendo melodie concise, taglienti, efficaci. Ma la musica in sé non è scevra di ossimori, così anche qui troviamo temi delicati, dolci e intrisi di pathos, dosati con la sapiente autorevolezza che ne evita il decadimento in motivi gonfi di vuota maestosità e di retorica, fenomeno pressoché diffuso in prodotti contemporanei.

Si poteva fare di meglio, molto meglio, questo è vero. Non si può certo dimenticare la goffa involuzione della Regina Madre di Lamethal, consegnata al finale dell'opera spoglia - senza una motivazione incisiva - dell'aura di fredda impassibilità che l'aveva fino ad allora velata.
I limiti del plot narrativo non possono garantire al titolo un posto tra gli indimenticabili, come è stato per <i>Capitan Harlock</i>. Nonostante ciò arriva il comparto tecnico molto elegante a salvare <i>Queen Millennia</i> dall'aborto. La serie non tiene il filo narrativo fino alla fine, smaglia purtroppo la rete dell'intreccio proprio nel punto in cui questo doveva essere tirato con polso fermo. Ciò le pregiudica una valutazione più alta. A ogni buon conto lo spettatore e il fan di Matsumoto ricorderanno lo spazio di <i>Queen Millennia</i> come un universo più riuscito rispetto a quello di <i>Galaxy Express 999</i>.