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Belgrado, 2074. Una studentessa di psicologia, Edit, dopo l'ennesimo fallimento nel dare un esame, decide di farsi installare un chip proveniente dal mercato nero. Il chip le permette di ricordare ed elaborare qualsiasi cosa intorno a lei. Quando il professore responsabile di un progetto della ditta in cui lavora part-time le mostra il diagramma di Abel, scienziato autistico del quale lei si occupa, Edit piange. Viene anche a sapere che tutti i calcolatori che hanno elaborato la formula (che vuole spiegare la forza che lega tutte le forze dell'Universo) hanno acquistato una specie di coscienza e hanno smesso di elaborare, cadendo nell'algoritmo dell'assurdo per poi spegnersi definitivamente. Poco dopo, però, si accorge che sta perdendo il controllo sul suo corpo. Il chip installato in lei, infatti, dopo aver visto la formula di Abel, ha preso vita e comincia anche a manifestarsi a lei in forma umana.

Un bel film, il cui scopo è trattare della relazione sempre più stretta tra uomini e macchine. Cosa succederebbe se i calcolatori diventassero in tutto e per tutto vivi? L'algoritmo di Abel non è forse altro che la spiegazione della vita. Una spiegazione tanto bella, da far piangere di gioia, eppure quasi impossibile da elaborare per l'uomo. Una bella riflessione filosofica a fine visione è d'obbligo.

Produzione del 2009, colonna sonora adatta. I disegni sono particolari, ma ci si abitua dopo poco.
I sottotitoli sono tradotti in modo molto superficiale, se non sbagliato in certi punti, e si corre il rischio di non riuscire a capire alcune parti. Non consiglio affatto di vederlo con i sottotitoli in italiano, perché si perderebbe tutta l'ironia dei dialoghi o la loro profondità. Avendolo visto in lingua originale credo di aver goduto appieno dell'opera. Non è certo un capolavoro, ma un 8 mi sembra più che adeguato.