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6.0/10
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Alla fine l’ho letto “Cappuccino” di Wataru Yoshizumi, dato che ho 36 anni e mi volevo cimentare con una storia matura, più vicina alla mia realtà e al mio vissuto più recente.
L’argomento a noi occidentali non sembra tanto innovativo, dato che ai problemi delle giovani coppie la nostra smaliziata TV dedica ormai ogni minuto e quarto d’ora, senza contare le riviste e i giornali. Bisogna però comprendere che per un paese agganciato alle tradizioni come è il Giappone l’argomento “convivenza” resta piuttosto indigesto, ancora soggetto a tabù e al più provinciale modo di vedere le cose del “esiste ma non ne parliamo”.
Questo però non può giustificare la debolezza di questo titolo, dovuto ad una trama piuttosto piatta e superficiale ed ad una introspezione psicologica secondo me troppo carente rispetto agli argomenti trattati.
Un lui ed una lei che, finita l’università, decidono di andare a vivere insieme sfidando le titubanze solo della famiglia di lei (di quella di lui non ci sono tracce) motivati, in questa audace scelta di vita, dal fatto che si vedono poco. Insomma, già dall’incipit si possono notare le debolezze di questa storia, che poi si dipana senza sussulti nel mostrarci una lei sempre più sorpresa dalla trasformazione del suo principe azzurro in pantofolaio casalingo e alla fine anche fedifrago.

La storia di “Cappuccino” per certi versi ricorda il film “L’ultimo bacio” di Muccino scevro però delle paranoie da trentenni sull’orlo di una crisi d’identità, ma il paragone si ferma solo al fatto che il rapporto viene messo in crisi dal tradimento di lui con una più giovane.
Siamo lontani anni luce dai tormenti e dalle indecisioni generazionali che il film ci mostrava con cruda realtà, qui la psicologia dei due protagonisti è ridotta all’osso, anzi, quella di lui sembra latitare del tutto mostrandoci un uomo in balia degli eventi, incapace di prendere decisioni e provare sentimenti autentici. Anche i meccanismi che devono indurre i protagonisti a compiere determinate azioni risultano artificiosi e in alcuni casi paradossali, senza parlare dei personaggi di contorno, in realtà solo due, il cui apporto alla storia è praticamente nullo.

Dal punto di vista grafico niente da eccepire, l’artista, già conosciuta per il più famoso Marmalade Boy, mantiene il suo tratto semplice e senza sbavature, niente di ricercato, con gli ambienti i fondali abbozzati quanto basta.
Certo è un prodotto che può far pensare e magari ottenere il risultato di far dialogare una coppia che è in procinto di convivere o lo sta facendo da poco, ma ritengo sia più utile in Giappone che in Italia, dove l’argomento è trattato regolarmente da trent’anni anche se con scarsi risultati visto l’incremento annuale dei divorzi. Se si è in cerca però di una storia breve e senza troppe pretese allora “Cappuccino” diventa l’acquisto giusto, in virtù anche di un prezzo una volta tanto onesto.