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C'è una parte del nostro cervello, quella più primitiva, che ha fame.
Sempre.
Di cibo, di movimento, di sesso,...
Una parte "meccanica", programmata per rispondere solo ai comandi basici dell'istinto: spento/acceso, morto/vivo, 0/1.
Per estensione quindi l'intero corpo umano (e così le sue funzioni e azioni) si può considerare, come già fece La Mettrie, nient'altro che una macchina.

Shintaro Kago parte da questa premessa per il tema base del suo "Super Conductive Brains Parataxis".
Facile vedere nello stile dell'autore un sottofondo di materialismo puro e gratuito. Quello che ci propone è qualcosa di più complesso. Perché le sue sono "macchine organiche". Un ossimoro.

Siamo in un futuro imprecisato, dove la civiltà è ormai in osmosi completa con la biotecnologia. Grazie alla clonazione e alla ricostruzione organica, partendo dal codice genetico di una specie estinta, tutte le mansioni e le attività lavorative sono ora svolte dai "sadra", veri e propri corpi umanoidi giganti usati come mezzi di trasporto, macchine da lavoro, armi, ecc.
Una mano diventa un'automobile (con tanto di dita a mo' di ruote), un torso (con quattro gambe o quattro braccia) può essere una gru, e così via. Organi, materiali assemblati senza altro criterio all'infuori della funzione richiesta. Homuncoli, tanto utili quanto grotteschi, come delle inquietanti bambole di carne. Ad esse viene estratto il cervello, sostituito da circuiti o controlli in remoto. I sadra sono organici, ma sono pur sempre dei semplici "pezzi". Costrutti. Senza coscienza e senza "anima".

Ma è davvero così?

È possibile trattare la materia organica come metallo inerte? È possibile declassare la biologia a branca della tecnologia?

Questi quesiti e i temi proposti da Kago, nell'alveo del cyberpunk (in eco a Evangelion e Ghost in the Shell), sono arricchiti dal suo stile fortemente "carnale". La spersonalizzazione del corpo umano è accompagnata da un gusto profondamente fisico ed eroticizzato, firma dell'autore. Tra esaltazioni dello splatter e richiami (neanche troppo velati) alle atmosfere di Tsutomu Nihei e Moebius, siamo di fronte ad una sintesi ottimamente riuscita di due mondi considerati antitetici: l'élan vital, regolato dalle leggi del pathos; e un senso finalistico, freddo e reificante. Non si può, anzi, non si deve più distinguere la carne dalla carrozzeria, l'istinto dall'input, il mezzo dallo scopo.

L'autore sperimenta la fantascienza distopica per veicolare i messaggi a lui cari: l'alienazione sociale, la mercificazione dell'eros (e del corpo femminile nello specifico), la massificazione dei sentimenti e la violenza e sottomissione che fanno da sottofondo alla società moderna che si autoproclama, somma ipocrisia, vittoriosa sull'istinto per mezzo della ragione. La stessa ragione che traduce l'Uomo in consumatore e poi in prodotto di consumo. Un principio volto alla realizzazione del sistema perfetto, totalmente autosufficiente, tramite un "cannibalismo razionale".

Kago ha dato un corso falsamente antologico alla sua opera, suggerendo una struttura da "Cronache Marziane", ma che invece ha un suo denominatore che collega tutte le sottotrame anche quando queste hanno un impatto relativo sul finale, anch'esso artificiosamente costruito per sembrare aperto.
La forza dell'autore trova poi il suo punto massimo in quelle piccole frecciatine che suggeriscono al lettore di trovarsi di fronte ad un mondo deformato e alieno ma allo stesso tempo troppo simile al nostro per permettere di etichettarlo come pura fantasia. L'eugenetica, la corruzione, l'abuso di potere, l'isteria consumista, i soprusi sociali, il contrabbando, la disfasia fra i sessi,...
Troppi i rimandi per non parlare di vera e propria invettiva satireggiante i tempi moderni.

Ecco quindi che nella martellante pubblicità che tappezza un crocicchio alla Blade Runner si possono scorgere suadenti e irriverenti réclame come: "DOLCE GUIDA AL SUICIDIO" o "SVENDITA DI POMPE".

Lo stile del mangaka è molto dettagliato, in fede alle esigenze "hardware" della trama. L'ambientazione e la struttura narrativa sono curati con dettagli che richiamano un senso favolistico che conferisce al tutto quel sottile sottofondo horror tipico delle trame dedicate al mondo dell'infanzia. La natura autoconclusiva dell'opera non fa che aumentare questo effetto piacevolmente disturbante.
Magistrale la cura usata per le azioni dal sapore truculento, enfatizzate nella loro carnalità al punto che le scene sembrano avere un loro status "sonoro", rendendosi palpabili e realistiche pur nel grottesco.

La Star Comics ha poi fatto un interessante lavoro di rilegatura usando una sovraccoperta lucida in trasparenza che integra l'immagine cover con elementi sovrapposti. Un dettaglio inconsueto per l'editoria manga che regala un inaspettato valore aggiunto.

Quando consideriamo "materia" ciò che prima si riteneva "vita", non stiamo solo ridefinendo un elemento esterno a noi. Soprattutto quando questo elemento è parte integrante del nostro quotidiano. Ridefinendo le nostre estensioni, ridefiniamo noi stessi. Adeguiamo la nostra vita a nuove forme di materia, nuove forme di razionalità. Una razionalità che non può ammettere di aver perso contro le leggi della materia.
Quando la vita diventa macchina, la macchina diventa vita, e un simile processo può avere un solo possibile e fatidico esito:

le macchine hanno fame.