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Tratto dal romanzo di Hideyuki Kikuchi, "La città delle bestie incantatrici" ("Wicked City") è assunto a vero e proprio cult del cinema d'animazione orientale, e ad oggi, ad oltre trent'anni dalla sua uscita (1987), è in grado di regalare forti emozioni. Un thriller erotico, oscuro, ricco di influenze hard boiled, che trasforma una trama apparentemente banale come quella di una lotta tra due razze, uomini e demoni, in un viaggio oscuro e decadente nei meandri della carne e della sofferenza. Ricco di colpi di scena, "Wicked City" vive di un estremismo visivo che esplode anche in scene erotiche fortemente esplicite, che ne hanno fatto vietare la visione ai minori. Questo però non ha impedito la distribuzione (e ci mancherebbe!) in Italia da parte di Manga Video prima e Dynamic Italia poi, con un doppiaggio di ottimo livello.

Questo lungometraggio è il primo lavoro "completo" del regista Yoshiaki Kawajiri, che ha curato anche character design e sceneggiatura, e che ha pervaso l'opera di un'atmosfera opprimente, inquieta e magica. Il tratto, pur ancorandosi agli standard dell'epoca, non risente poi così tanto del tempo trascorso, grazie anche a delle animazioni più che convincenti. Una pellicola matura sotto tutti gli effetti, dalla violenza estrema nelle trasformazioni mostruose dei demoni, a quella sessuale, che poco lascia all'immaginazione, proponendo scene di fellatio forzate più o meno disturbanti.
Ma, oltre a questo sfacciato voyeurismo, "Wicked City" è una pellicola praticamente perfetta, con una tensione costante che aleggia dall'inizio alla fine grazie a uno sviluppo narrativo eccelso, che rende la trama appassionante, così come l'affezione per i destini dei due protagonisti, fino al clamoroso colpo di scena finale che ribalta tutte le carte fin lì messe in tavola. Uno sguardo sulla possibile integrazione di due mondi così diversi, ma con la speranza da entrambe le parti di potersi finalmente riappacificare e metter fine a tutte le sofferenze. Il tutto ambientato in una notte che sembra non avere fine, che permea luoghi e personaggi di un'atmosfera plumbea e cupa, sottolineata dalla colorazione tendente al bluastro e al violaceo.
Varie definizioni si sono sprecate per cercarne di definire il genere d'appartenenza, vista la continua divagazione in territori da soft hentai, ma alla fine il film è facilmente riconducibile al filone hard-boiled, seppur impregnato di violenza ed erotismo.
Ed e proprio quest'ultimo, l'erotismo, ad aver fatto storcere il naso a una buona fetta di pubblico (soprattutto quello giovane, soprattutto quello femminile), tuttavia per me questo non è un difetto, anzi, permeando in modo equilibrato tutto il film, ha contribuito a renderlo di un maturo estremamente adulto.

Checché se ne dica, nel bene e nel male, questa è una pellicola che ha indubbiamente fatto la storia dell'animazione giapponese.