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5.5/10
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“Guilty Crown”, serie di anime in 22 episodi, è un prodotto che ha ricevuto un discreto successo di pubblico tanto da essere poi trasposto in un manga e novel.

È una serie del 2011, prodotta dalla Production I.G. ("Neon Genesis Evangelion: Death & Rebirth") e accompagnato dalla regia di Tetsuro Araki ("Death Note", "L’attacco dei giganti"). La sceneggiatura è stata sviluppata da Hiroyuki Yoshiro ("Code Geass: Lelouch of the Rebellion"), mentre il design dei personaggi è stato curato dallo studio grafico Redjuice per poi essere adattato all’animazione da Hiromi Kato. Con un “pedigree” simile, sarebbe lecito aspettarsi un prodotto curato sotto tutti gli aspetti e l’ambientazione sci-fi “post-apocalittica" sulla scia degli altri anime citati sarebbe di per se una quasi “garanzia” di un prodotto “di livello” secondo le aspettative legittimamente alimentate dalla squadra messa in campo. Ma si sa che non sempre mettere in campo una squadra infarcita di campioni genera di conseguenza automaticamente una squadra “vincente” e nel caso di specie il prodotto non credo sia riuscito a soddisfare pienamente le alte aspettative.

Premetto che a mio avviso non si tratta di un anime da cassare “senza pietà” ma nemmeno da porre sul podio delle migliori produzioni di genere.

In sostanza, come si soleva dire ai tempi in cui frequentavo la scuola (parecchio tempo fa...), il “ragazzo ha le potenzialità ma non si applica”. Il risultato in sintesi è: più che buon comparto tecnico/grafico e audio (alcune melodie sono notevoli sia per il sound sia per i testi), ma la trama e i personaggi lasciano un po’ a desiderare. A parte gli scherzi, la trama dell’intero anime sembra divisa in due parti quasi simmetriche: i primi 12 episodi e i successivi 10. Nella prima il ritmo è un po’ più blando e più riflessivo; nella seconda parte ci sono più colpi di scena, i chiarimenti necessari relativi al passato dei protagonisti e molta più azione fino al gran finale (attenzione alla coda dopo la sigla finale...). Sulla trama non vorrei spoilerare troppo. Mi limito a scrivere che la serie è ambientata nel 2039, 10 anni dopo l’evento che ha cambiato la storia del Giappone e di riflesso anche del mondo intero: il 24.12.2029 un virus di origine aliena (definito Apocalypse) devasta l’intero Giappone e dopo 10 anni la popolazione è riuscita e tale evento è chiamato “Lost Christmas”. Dieci anni dopo il Giappone è dominato da un governo che si avvale di un dipartimento che elimina senza alcuna pietà le persone che possano aver contratto il virus in modo che questo non possa diffondersi. Contro questo sistema si è creata una “fronda” di dissidenti (considerati terroristi) chiamati “Onoranze Funebri” (Funeral Parlor) capitanati da Gai Tsutsugami, cui si unirà suo malgrado il protagonista della saga Shū Ōma, dopo aver incontrato e salvato in un combattimento Inori Yuzuriha, ragazza famosa come idol e cantante ma anche membro dei Funeral Parlor, per i quali aveva appena sottratto una fiala preziosa e contenente il genoma void. In questo combattimento, a seguito della rottura accidentale della fiala, Shu acquisisce il "potere del re" ossia la capacità di estrarre dal cuore delle persone i Void che sono concetti/oggetti legati ai cuori degli uomini che assumono una forma fisica (anche di arma), e cambiano aspetto a seconda del soggetto da cui vengono estratti, attribuendo a chi li utilizza un potere speciale.

Senza entrare nel dettaglio, i primi 12 episodi sono più scanditi dai momenti di riflessione e di dubbio del protagonista nel seguire il gruppo dei dissidenti: secondo lo stereotipo classico degli adolescenti maschi giapponesi, il protagonista Shu è il solito ragazzo introverso, senza un genitore (sulla madre mi riservo di scrivere oltre), sensibile e solitario, con un innato senso della giustizia e dell’altruismo. E nonostante il grande potere acquisito, fa fatica ad accettarlo, al pari del ruolo di “salvatore” che Gai vorrebbe riconoscergli introducendolo nella sua organizzazione. Peccato che la sceneggiatura in questa fase chiarisce poco del passato dei personaggi ed in particolare di Shu, della sua sorella Mana (e del suo affetto un po’ “morboso” nei confronti di Shu), della madre e soprattutto di Gai, il cui ruolo nel passato di Shu di intuisce solo nel combattimento dell’episodio 12.

[b[Attenzione: questa parte contiene spoiler![/b]

Pertanto una persona come me (un po’ dura di comprendonio …) fa fatica a comprendere il senso della storia: di sicuro si comprende che Shu è un personaggio speciale (una sorta di “eletto”, infatti è capace di gestire il potere di estrarre i Void fin dall’inizio senza particolari addestramenti), ma non è chiaro il motivo e soprattutto rende il tutto poco realistico: in “Matrix”, Neo ci mette un film per capire come sconfiggere le sentinelle; in "Guilty Crown", Shu da subito è in grado di affrontare le forze governative soggiogandole con il Void estratto da Inori. Tutto troppo “forzato”... e concentrato sullo “stucchevole” “to be or not to be” di Shu e sulla incipiente infatuazione nei confronti di Inori,“so teenage”.

La seconda parte dell’anime porta molta più azione e l’evoluzione dei personaggi: in particolare quello di Shu. E ancora una volta, da buon adolescente alla scoperta della sua coscienza, istinti e debolezze, Shu passa dal “Re buono e altruista” a finto “tiranno” (come si vedrà sempre e comunque a scopo benefico) finendo per farsi odiare da chi voleva proteggere, per poi finire come il salvatore della nazione e dell’umanità dalla follia e dal delirio di onnipotenza di coloro che avevano cercato di impadronirsi del potere del re e utilizzarlo per rifondare l’umanità distruggendo ogni umano presente sulla Terra... Insomma un personaggio un po’ sempre forzato ma con una apprezzabile evoluzione.

Il dramma esistenziale di Shu è comunque intervallato da azione e il percorso del suo sacrificio per salvare gli amici e soprattutto Inori assomiglia un po’ al terzo capitolo della Saga di "Matrix" quando Neo, sebbene menomato, va ad affrontare le macchine per salvare il genere umano...

Purtroppo è il resto dei personaggi che lascia il tempo che trova: Gai che con la complicità del sistema cerca di rimpiazzare Shu nel ruolo di predestinato (e non rivelo altro relativamente al passato con Shu e Mana, perché in fondo Shu aveva rifiutato), la sorella Mana delirante e folle nel suo atteggiamento verso Shu, la madre che nella prima parte sembra atteggiarsi a sorella maggiore di Shu (ridicola la scena a casa con Shu e Inori) rimanendo nelle c.d retrovie, poi nella seconda parte tradisce Shu (per il suo bene) e infine lo appoggia e aiuta, Inori sempre troppo monodimensionale e impalpabile nel suo amore verso Shu, eccezion fatta per la sua voce e le splendide melodie del film, Hare innamorata di Shu fino all’estremo e ingenuo sacrificio, Ayase che convive in modo dignitosissimo con la propria disabilità e trasmette un messaggio molto positivo come reazione al suo status.

E poi la trama. Alla fine, onestamente, si spiega quasi tutto (eccezion fatta per Dath), ma, come già scritto, lo fa alla fine e spesso nella serie ho avuto la sensazione che i fatti, le azioni e gli accadimenti fossero quasi casuali e senza senso. Con una narrazione del genere, ricca di plot twist che rendono il tutto troppo forzatamente drama e un po' anche soap opera, personaggi quasi mai approfonditi bene, la serie purtroppo non mi ha preso. Resta un comparto tecnico di primordine e musiche/canzoni notevoli. Peccato, comunque resta un quasi sufficiente esempio di intrattenimento senza troppe pretese.