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Attenzione: la recensione contiene spoiler!

Yi è una ragazzina cinese che non ha più il padre, disperso sulle montagne per motivi imprecisati, la quale ha sviluppato un attaccamento morboso verso l'unica cosa che le rimane di lui: il suo violino. Quando sua madre, per desiderio di compagnia le chiede di suonarlo, Yi si rifiuta dicendo di averlo venduto. Il violino è fondamentale per l'intreccio ed era necessario che la ragazza non se ne separasse mai .. però c'erano altri modi per farglielo tenere.

Yi sembra passare le sue serate suonando malinconicamente sul terrazzo del tetto, al chiaro di luna, senza che nessuno ai piani inferiori o nei palazzi di fronte si accorga della musica. E quando trova una creatura antropomorfa seminascosta tra le lamiere del tetto non ha alcuna esitazione a suonare, per lui, la musica negata a sua madre. Questo mostro di simpatia che è Yi, gli applica sulla ferita un asciugamano pulito diviso in due pezzi, ma si dimentica che andrebbe disinfettato. Così Pearl, come ha deciso di chiamarlo, dovrebbe morire di infezione prima che il film arrivi a metà...

Chi cerca il "piccolo" Pearl sta usando elicotteri neri e fari abbaglianti, perciò la ragazza appende coperte ai fili del bucato e lo circonda di tappeti sfilacciati e vecchie tende. Ancora una volta, la madre è così rispettosa della privacy di sua figlia adolescente che non sale mai sul tetto a guardare che sta combinando. Non si chiede perché spariscono tende e coperte. E non le viene la curiosità di vedere dove gli elicotteri puntino i propri fari. Tutto questo in una delle città più popolate e organizzate della Cina, un paese emotivamente freddo, dove tutti se ne fregano degli altri e la presenza del governo è impercettibile. Il che la dice lunga sulla conoscenza che gli americani hanno dei cinesi.

Yi, a cavalcioni del suo amico bianco e peloso, fa un grande effetto nella fuga sui tetti della città. Peccato che lo yeti non abbia alcun peso. Pearl non sfonda le verande saltando da un palazzo all'altro, non fa cadere tegole o vasi da fiori, non produce un rimbombo sufficiente a far sporgere i cittadini fuori dalle finestre o a far alzare la testa a chi sta camminando per la strada. Pearl così sembra un sogno privato, il sogno della ragazza e dei suoi amici, coinvolti loro malgrado --ma questa non è una cosa intenzionale, è frutto di un lavoro pretenzioso e trascurato. "Arlo", film non meno assurdo, ha avuto regista e animatori più consapevoli, che hanno realizzato una scena sulla differenza di peso tra le più commoventi. Il limite non sta nella computer grafica ma nell'uso che se ne fa.

Il cugino Jin, un tempo compagno di giochi di Yi, adesso è il più popolare della scuola e la guarda dall'alto in basso. Peng, fratello di Jin, è troppo piccolo perché i due possano andarci d'accordo e viene escluso da entrambi. I tre ragazzi stanno smarrendo loro stessi.

Pearl è dotato di poteri incommensurabili. Perché non si salva da solo? Il film dimostra che può creare fulmini e controllare tempeste: non poteva decidersi prima? Per tentare la fuga ha dovuto aspettare che un inserviente distratto, o un dipendente licenziato, lasciasse aperta la gabbia. Non è lo yeti a dover essere salvato. Il viaggio intrapreso dalla combriccola improvvisata è anche un viaggio alla scoperta delle proprie radici... ma non viene mai spiegato: lo si lascia solo intuire. La scelta di non far parlare lo yeti si è rivelata pessima; se tutto è lasciato al caso, Pearl poteva dare un'interpretazione verso la fine.

La parentela "mitologica" tra Yi e Pearl le farà scoprire di avere poteri simili ai suoi, mezza yeti anche lei, il che chiude questa collezione di assurdità. I film d'animazione americani degli ultimi anni sono basati sulla perdita, sullo scontro del singolo contro il mondo, sulla solitudine (spesso autoimposta) ma questo è naturale. I film sono fatti così perché i tempi che viviamo sono così. L'eccesso di magia rappresenta la pacca sulla spalla di chi dice: "andrà tutto bene!", ma non ci crede nemmeno lui.
Questo tipo di film per ragazzi, che ormai prevale su tutti, punta sull'emotività e non stimola il ragionamento.