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9.0/10
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Scrivere, per molte persone, è l'unico modo per esprimere i propri sentimenti, perché a voce non ne sarebbero in grado. Che sia un diario o una lettera a qualcuno, mettere nero su bianco le emozioni, anche importanti, che si provano, può servire a renderle più chiare anche a se stessi. Non stupisce quindi che sia un espediente letterario molto usato per raccontare una storia. Ed è quello che fa appunto Ryoko Ikeda in Caro Fratello, opera pubblicata dal 1974 sulla rivista Margaret della Shūeisha, e in seguito raccolta in 3 tankōbon, usciti tra l'agosto e l'ottobre del 1975. In Italia fu edito prima dalla Star Comics nel 1995, poi ristampato nel 2011 dalla Goen ed infine ora è uscita una riedizione per la casa editrice J-Pop, formato grande e deluxe con all'interno anche storie inedite, mai pubblicate prima d’ora in Italia.

Dopo la conclusione de Le Rose di Versailles, l'autrice torna con una storia (quasi) tutta al femminile, incentrata su Nanako Misonoo, una ragazza in procinto di iniziare il suo primo giorno di scuola presso la prestigiosa Accademia Seiran, un istituto femminile rivolto ai ricchi oppure, come nel suo caso, agli studenti più meritevoli. Ben presto si renderà conto che all'interno di questa scuola tutto ruota attorno a tre studentesse molto talentuose. Una volta conosciuto il clima ostile presente nell'istituto, la ragazza deciderà di sfogare il suoi sentimenti e le sue preoccupazioni tramite delle lettere indirizzate ad un uomo che chiamerà "Caro fratello".
Questa sinossi non è altro che la punta di un iceberg. L'opera, pur nella sua brevità, è densa di temi e avvenimenti e tocca corde scoperte di una società giapponese che in quegli anni affrontava una rivoluzione sociale al pari del resto del mondo. Occorre infatti collocarla temporalmente per comprendere appieno e godere della storia che altrimenti potrebbe essere fraintesa.

Riyoko Ikeda infatti è una delle componenti del celeberrimo Gruppo 24, che comprendeva mangaka accomunate dall'essere quasi tutte nate nel 24° anno dell'era Showa (1949), divenuto iconico per l'apporto imprescindibile all'evoluzione e alla crescita dello shojo. In un periodo in cui le pubblicazioni per ragazze erano ancora realizzate da uomini, incapaci di andare incontro ai gusti del pubblico femminile, questo gruppo rivoluzionò completamente il genere, introducendo tematiche di una profondità prima impensabile e dando vita a nuovi filoni e sottogeneri.
Inoltre gli anni '70, in Giappone come nel resto del mondo, furono anni di presa di coscienza di sé, di moti studenteschi, di affermazione di diritti, soprattutto femminili. La Ikeda questa volta lascia da parte la Storia e si concentra sull'animo umano, in particolare sul quel periodo così difficile come l'adolescenza, con la scoperta di nuovi sentimenti, la confusione su quello che si è e su quello che si vorrebbe essere, l'infatuazione per persone del proprio sesso, il senso di smarrimento all'interno di famiglie disgregate e la dipendenza dalla droga.
La storia si presenta molto articolata, con diversi colpi di scena e personaggi le cui esistenze si intrecciano in maniera imprevedibile. A unire il tutto ci sono emozioni forti, quali l'amore, la morte e l'anelito alla vita nonostante tutto.
Fragilità e forza si alternano veloci, d'altronde tutto in questo manga è portato all'estremo, richiamando in diversi momenti il pathos tipico del melodramma e delle opere liriche tanto amate dall'autrice.
La Ikeda toglie il velo sulla "bellezza" della giovinezza e ce ne svela invece le crudeltà, le invidie, la propensione all'autodistruzione e lo fa proprio su una rivista le cui lettrici hanno l'età delle protagoniste della storia.
Tanti profili psicologici diversi per presentare un'umanità variegata. Nanako Misonoo è la protagonista e colei attraverso la quale sentiamo e percepiamo le voci e le grida delle altre ragazze. La sua innocenza e spensieratezza dureranno poco: travolta da un turbinio di scoperte, diventerà adulta e consapevole di sé e del mondo reale. Se all'inizio della storia subisce le emozioni contrastanti che prova, alla fine uscirà migliore seppur provata da così tanto dolore.

Ogni personaggio racchiude in sé un tormento: la bella Mariko Shinobu vuole a tutti i costi essere la migliore amica di Nanako e non esita a ricorrere a prepotenze e mezzi scorretti pur di riuscirci. Rei Asaka, soprannominata "Saint Just", per la sua bellezza algida, si mostra indifferente agli schemi sociali, all'etichetta e ai suoi molteplici talenti artistici, ma in realtà dentro è corrosa da un senso di autodistruzione ed è dipendente da droghe e farmaci.
Fukiko Ichinomiya, la principessa dell'istituto, sembra dolce e generosa, ma in realtà è manipolatrice e profondamente crudele. Kaoru Orihara, detta il "principe Kaoru", nonostante il suo atteggiamento da maschiaccio è la più protettiva nei confronti di Nanako, ma cela anche lei una profonda ferita, nel corpo e nell'anima.
Nanako nel corso della storia diventerà abbastanza forte da smascherare i falsi sorrisi che la circondano, rivelando al mondo come dietro alle maschere di ragazze perbene, si annidino in realtà invidie, angherie, soprusi, bullismo e malignità.
Dietro alla bellezza di Saint Just manca la voglia di vivere, dietro alla possessività di Mariko si cela una gran solitudine, Fukiko vive solo per il suo orgoglio senza curarsi di nient'altro e il Principe Kaoru si aggrappa alla vita con la disperazione propria di chi la sente scivolare via dalle mani.

Tecnicamente il titolo pur avendo il tratto tipico di quegli anni, è ancora attualissimo e davvero splendido. I fronzoli, le rose, i motivi floreali sparsi a profusione non disturbano, anzi ben sottolineano il lato drammatico della vicenda.
I personaggi sono rappresentati con un'eleganza sia negli abiti che nelle fattezze tale da diventare quasi un archetipo della bellezza femminile di quegli anni; in alcuni momenti sembra quasi di avere fra le mani una rivista di moda di quel periodo. Inoltre i disegni non sono ingabbiati in classici riquadri, ma spaziano nelle pagine a piacimento, dando così movimento alle immagini e voce potente agli struggimenti delle protagoniste, eroine tragiche tratteggiate con smisurato amore dalla Ikeda.

J-Pop ha voluto omaggiare questo titolo, caposaldo di un genere, con un'ottima edizione, formato 15X21 cm, brossurato con sovraccoperta per un totale di 576 pagine, 8 illustrazioni a colori e 2 storie inedite, al prezzo di 15 euro.
Il progetto grafico di questa nuova edizione è ispirato proprio alla corrispondenza epistolare: dal lettering del titolo, al colore, alla cornice, ai timbri è evidente il richiamo alla carta da lettere.
A volergli trovare un difetto è la mole del volume: bello da vedere e da esporre in libreria, resta un po' scomodo da leggere se non si dispone di un tavolo o di un divano in modo da reggerlo bene. Personalmente avrei forse apprezzato di più due volumi, meno d'impatto visivamente ma più piccoli e maneggevoli.

Caro fratello di Ryoko Ikeda resta un titolo imprescindibile non solo per gli amanti dello shojo, ma per gli amanti del manga in generale. Un'opera che non risente il passare degli anni se letta con la giusta consapevolezza: certi passaggi melodrammatici potrebbero far sorridere un lettore inesperto che non sa come e quando collocare l'opera, ma che sono semplicemente frutto di un'epoca e di un percorso e che nulla tolgonono alla grandezza della storia e alla bravura della sensei, sia dal punto di vista grafico che da quello della sceneggiatura. Una storia che affronta il lato oscuro dell'adolescenza e che parla apertamente di dipendenza da farmaci, suicidio, bullismo, malattia, fragilità e forte attrazione per una persona dello stesso sesso.