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6.0/10
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"Viviamo in un mondo dove domina la virtualità, un mondo di maschere, apparenza e finzione.
Il grande scopo della vita è trovare di nuovo la realtà" (Fabrizio Caramagna)

Mamoru Hosoda in "Summer Wars" mi è sembrato affrontare e in un certo senso rivisitare a modo suo (quello stile scanzonato, divertente, infarcito di buoni sentimenti, naif) il tema della contrapposizione tra realtà e mondo virtuale, costituito da un network globale che in un mondo del tutto simile a quello che viviamo oggi controlla e può influenzare ogni tipo di azione degli uomini.

Come tutte le creazioni umane, questa "matrice" è al servizio dell'umanità e facilita ogni aspetto della sua esistenza, fino a quando... una IA molto potente, "birichina" e sperimentale (con grande capacità di autoapprendimento) si impadronirà degli account degli utenti e quindi dei loro profili, andando a inficiare progressivamente le funzionalità di base del sistema, mandando in tilt trasporti, finanza, comunicazioni, fino al rischio di catastrofi immani come la caduta di satelliti fuori controllo sulla superficie terrestre.

Come potrà l'umanità contrapporsi a questa sorta di "Matrix" che tenta di soggiogare l'umanità? Ed ecco che la tragedia di dimensioni planetarie si intreccia con le vicende di due studenti delle superiori. Kenji, genio della matematica e appassionato di computer (è una sorta di volontario che manutiene e controlla con un compagno di scuola il fantomatico network denominato "Oz"), e Natsuki, una delle ragazze più popolari della scuola che frequentano, che gli offre un "lavoro", o meglio un incarico particolare: accompagnarla alla riunione della sua numerosa famiglia per festeggiare il compleanno della nonna.

Mamoru Hosoda ha diretto "Summer Wars" nel 2009 dopo il buon successo ottenuto con il suo primo film, "La ragazza che saltava nel tempo", del 2006. Film che ho apprezzato per la delicatezza e la profondità dei temi trattati con uno stile fresco, frizzante, in apparenza frivolo e leggero, ma di qualità visiva e narrativa di spessore.

Hosoda usa ancora il fantasy e la fantascienza come strumento per scrivere una storia in cui tenta di narrare, attraverso l'utilizzo del tema piuttosto classico della contrapposizione tra il mondo virtuale (collegato tramite social e gaming online a quello vero) e quello reale, il recupero e la esaltazione dei valori della famiglia iper-tradizionale nipponica e, in generale, la valorizzazione delle relazioni umane reali contro il mondo "artefatto" e "asettico" del virtuale.

Con "Summer Wars" siamo in un certo senso all'opposto delle animazioni di fine anni '90 e inizi '00, alla "serial experiments lain", tanto per intenderci. Nessun dramma, nessuna crisi di identità ed esistenziale, nessuna ambientazione inquietante e/o cupa che trasuda nichilismo, smarrimento e disperazione.
In "Summer Wars" il fantastico mondo virtuale di "Oz", sebbene suggestivo e visionario con uno sfondo bianco, luminoso e con personaggi coloratissimi e 'pucciosi' (in un certo senso mi ha ricordato come atmosfera un po' "Mind Game" o "Sonny Boy"), mi è sembrato più un banale social network più per giocare e fare amicizia che, una volta corrotto da una IA maligna, influenzare la vita umana fino ad alterare il mondo reale, mettendolo in pericolo.
E la lotta con l'IA si trasforma in un gioco picchiaduro tra l'ineffabile intelligenza artificiale e gli improbabili personaggi reali della famiglia della protagonista Natsuki, in un'apoteosi della esaltazione della forza della sinergia che l'uomo può trovare nelle relazioni reali, avvalendosi dei legami di parentela, amore e amicizia e lavoro.

Credo che il vero punto di forza del film sia insito nei numerosi personaggi della famiglia della protagonista Natsuki: non tanto a livello di approfondimento degli stessi, quanto nella poetica descrizione "slice of life" delle attività familiari quotidiane, nella tenerezza dei gesti più semplici e banali e nella naturalezza con cui più o meno tutti i personaggi interagiscono e si muovono, apparendo molto realistici. Nessun drammone psicologico, nessuna crisi a seguito dell'inatteso evento che avrebbe potuto scombussolare la numerosissima comunità familiare... una positività ingenua, dolce, in cui tutti sembrano comportarsi con una sensibilità, armonia e rispetto, che ho apprezzato tantissimo e che ho rivisto ancor più nel capolavoro successivo di Hosoda (alludo a "Wolf Children").

Nessuno dei personaggi che compongono la famiglia di Natsuki sembra un personaggio "costruito" ad hoc per esigenze di trama: non è difficile sorridere alla umanità varia che probabilmente ciascuno di noi spettatori potrà rivedere nelle proprie esperienze personali e familiari. Abbiamo quello irascibile, il fissato delle strategie di guerra, la tifosa di baseball che, cascasse il mondo, continua imperterrita a guardare la partita, l'otaku che con il nerd matematico cercherà di salvare il mondo, la parente che si giustifica sempre perché non ha ancora un compagno o un ragazzo, la stessa Natsuki che inguaia il compagno di scuola nella sua sceneggiata con la nonna, i bambini fastidiosi che scorrazzano liberi di importunare tutti e a cui viene perdonato tutto, la pecora nera della famiglia che non esita a discutere con tutti inclusa la capofamiglia, e la nonna capo "yakuza" che dall'alto del suo carisma indiscusso su tutti i familiari è ancora il modello e il punto di riferimento di ogni situazione e problema familiare o (nel caso del film) anche "mondiale", dispensando perle di saggezza...

Lato comparto tecnico, si può solo esprimere elogi. Madhouse ha confermato la propria fama in tema di qualità: animazioni fluide, sfondi colorati e ricchi di dettagli. Forse avrei qualcosa da ridire sul peculiare chara design dei personaggi, essenziale e poco dettagliato ma comunque espressivo.
D'altro canto è tipico di Hosoda già da "La ragazza che saltava nel tempo" e ripreso anche in "Wolf Children": non mi fa impazzire... ma si sa, sono gusti del tutto personali.

Insomma, "Summer wars" mi è parso un vero e proprio "peana" alla famiglia unita, costruita con relazioni vere, reali e autentiche. La forza del gruppo che aiuta il singolo ad affrontare qualsiasi criticità e che rappresenta un vero e proprio porto sicuro per coloro che affrontano qualsiasi difficoltà della vita.

Un approccio narrativo, di sceneggiatura e stilistico molto particolare, che tuttavia scade nel comico (e anche nel demenziale) nel trattare con superficialità, ingenuità e con innumerevoli forzature il tema della realtà virtuale e delle interazioni umane.
Per rinnegare l'individualismo esasperato dell'approccio attuale dell'umanità alle relazioni interpersonali, Hosoda spinge al massimo la coralità dei personaggi senza approfondirne uno, lasciandoli così "piatti", senza caratterizzazione e un po' tanto macchiette in un contesto un po' fanciullesco, candido, schietto e spontaneo... un po' troppo per i miei gusti, difettando di quel pathos che avrebbe dato un po' più di profondità alla trama dell'opera.

Tra le opere che ho visto di Hosoda, "Summer Wars" è quella che mi ha convinto meno: manca di quella poetica di cui il talentuoso regista è riuscito a dar sfoggio sia nell'opera precedente sia in quella successiva. Resta un buon esempio di intrattenimento, nulla di più.