Recensione
L'assistente delle rose
4.0/10
Come titolo provvisorio della versione italiana ha avuto “Le rose fioriscono in battaglia” quando sembrava uscisse per la Sensei Books casa editrice nata e fallita in un attimo.
Il titolo era attraente ma è buono anche il titolo definitivo dato dalla Toshokan, che ci da un buon volumetto fisico e un breve articolo sulla questione vecchi shojo a fine volume.
E qui finiscono le parti degne di lode: l’autrice, la stessa “assistente delle rose”, si dimostra incapace di fornire una trama interessante e fa della sua opera un compendio di citazioni di autrici e shojo manga famosi con brevi aneddoti noiosi.
Di fatto si vanta di aver debuttato e poi essere finita fare da assistenti ad altre mangaka in primo luogo Suzue Miuchi, autrice di punta prima della rivista Margaret di Shueisha e poi, dopo della fondazione della casa editrice Hakusensha nel 1974, di Hana to yume dove pubblica il suo capolavoro Glass no Kamen (Il grande sogno di Maya).
Il problema di fondo è questo che io so già chi sono in questo caso la Miuchi e Glass no Kamen ma se non ne sapessi niente il citare il nome e l’opera in modo decontestualizzato (come nel caso di altre autrici e opere che non conosco) non mi avrebbe fatto niente.
Boh e queste chi sono? E’ la domanda che mi sono posto.
Certo per una giapponese cresciuta negli anni ‘70 scatta la scintilla che incendia la memoria, ma la stessa autrice Nami Saso racconta che per fare questo volume si è basato sui suoi diari i quali le hanno portato alla mente ciò che racconta.
Comunque nonostante i disegni che sono carini (anche se forse ricordano tempi andati) in quest’opera non c’ è niente di interessante: l’autrice non vanta i suoi pochi fumetti degli anni settanta perché probabilmente erano già mediocri a quei tempi e invece di interrompere la sua pausa dal mondo dei manga con quest’opera forse avrebbe dovuto continuarla passandola nell’oblio invece di costringere i lettori italiani meno gentili di me a maledirla per aver sprecato i propri soldi in un opera che non merita (per fortuna si trata di un solo volume!).
Voto: quattro
Il titolo era attraente ma è buono anche il titolo definitivo dato dalla Toshokan, che ci da un buon volumetto fisico e un breve articolo sulla questione vecchi shojo a fine volume.
E qui finiscono le parti degne di lode: l’autrice, la stessa “assistente delle rose”, si dimostra incapace di fornire una trama interessante e fa della sua opera un compendio di citazioni di autrici e shojo manga famosi con brevi aneddoti noiosi.
Di fatto si vanta di aver debuttato e poi essere finita fare da assistenti ad altre mangaka in primo luogo Suzue Miuchi, autrice di punta prima della rivista Margaret di Shueisha e poi, dopo della fondazione della casa editrice Hakusensha nel 1974, di Hana to yume dove pubblica il suo capolavoro Glass no Kamen (Il grande sogno di Maya).
Il problema di fondo è questo che io so già chi sono in questo caso la Miuchi e Glass no Kamen ma se non ne sapessi niente il citare il nome e l’opera in modo decontestualizzato (come nel caso di altre autrici e opere che non conosco) non mi avrebbe fatto niente.
Boh e queste chi sono? E’ la domanda che mi sono posto.
Certo per una giapponese cresciuta negli anni ‘70 scatta la scintilla che incendia la memoria, ma la stessa autrice Nami Saso racconta che per fare questo volume si è basato sui suoi diari i quali le hanno portato alla mente ciò che racconta.
Comunque nonostante i disegni che sono carini (anche se forse ricordano tempi andati) in quest’opera non c’ è niente di interessante: l’autrice non vanta i suoi pochi fumetti degli anni settanta perché probabilmente erano già mediocri a quei tempi e invece di interrompere la sua pausa dal mondo dei manga con quest’opera forse avrebbe dovuto continuarla passandola nell’oblio invece di costringere i lettori italiani meno gentili di me a maledirla per aver sprecato i propri soldi in un opera che non merita (per fortuna si trata di un solo volume!).
Voto: quattro