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A sentire un titolo del genere, non diresti mai che si tratti invece di una gran bella sorpresa.

Non è la prima, e non sarà l'ultima volta, nel mondo del Cinema.

Un notevole esempio di come prendere in contropiede le aspettative generali lanciandosi a tutto ritmo contro i più micidiali demoni, sia incarnati in corpi fisici e mostruosi, che in meandri più intimi e psicologici.

La neo-regista Maggie Kang, dopo aver fatto gavetta alla DreamWorks per titoli come Kung Fu Panda 3, ma anche e soprattutto Le 5 Leggende, realizza il suo progetto personale in cui riversa le sue ascendenze coreane, unendo in modo inaspettato gli aspetti più tradizionali e moderni di quella cultura.

Un tripudio di mitologia e musica in cui risplendono tanto la luce quanto l'oscurità, il cui precario equilibrio è mantenuto dal più amato trio di K-Pop Idol, che oltre ad allietare i loro fan li difendono anche senza tregua dalla minaccia dei demoni in qualità di Cacciatrici: loro sono Rumi, Mira e Zoey, le HUNTR/X!

Una premessa che sembra promettere, in superficie, un ridicolo spettacolo commerciale fine a sé stesso, ma che invece avvolge subito con una precisa identità che ti fa capire come dietro ci siano volti, tanto dentro che fuori lo schermo, che intendono fare sul serio.

E questo è sicuramente l'aspetto da apprezzare di più del tutto, anche più dell'elettrizzante colonna sonora: la sceneggiatura intende sfruttare tutti i lati giusti di ogni buona storia, specie animata, proponendo in modo deciso e diretto tanto gli aspetti più goliardici quanto quelli più drammatici.
Le tre Cacciatrici non sono mere figurine da esibire su un palco o da ammirare in battaglia, ma anche e soprattutto esseri umani a tutto tondo con più difetti che pregi posti in bella luce, ma riuscendo proprio per questo a risultare carismatiche e farsi amare di primo acchitto.

Di fatto ci è rivelato immediatamente come la loro carriera sia perlopiù uno strumento per portare a termine la ben più importante missione di salvare il mondo, ma non per questo esse la prendono sottogamba, rivelando una sincera passione che le unisce nonostante le nette differenze d'animo che le rendono per questo tanto classiche quanto uniche.
In particolare Zoey è quella che meglio ho apprezzato proprio per il suo essere la più "comune" nel trio a livello di look e sentimenti, la più giovane ed immatura ma comunque talentuosa, contro la freddezza mista ad empatia di Mira e la fierezza turbata di Rumi.

E a tal proposito, un personale plauso alla regista per aver aver tratto spunto, per le esilaranti e riuscitissime espressioni lanciate dai personaggi, da quelle nei film di Bong Joon-ho, in quanto a detta della Kang i comportamenti così sopra le righe degli attori in quei titoli si pongono perfettamente a metà tra natura reale e cartoonesca, e non potrei essere meno d'accordo, tant'è vero che lo stesso Bong ha in programma tra i suoi prossimi lavori proprio il suo primo film animato.

Ma questa eccentricità è un tratto comune a tutta la narrativa orientale, un chiaro esempio di come diversi autori esternino le emozioni delle proprie comunità più represse dalle rispettive regole socio-culturali, qualcosa che in genere accomuniamo perlopiù alla sfera giapponese ma che invece abbraccia appunto più territori, e del resto nella stessa narrativa sudcoreana, come i film del già citato Bong ma anche degli illustri colleghi Park Chan-wook, Kim Ji-woon, Na Hong-jin e anche Kore'eda quando ha diretto in Corea Broker, viene ampiamente illustrata una critica alle pressioni imposte dalla società attraverso i più disparati generi.

E lo stesso si ravvede in questo film, attraverso le backstories di tutte e 3 le HUNTR/X, ma in particolare Rumi che è costretta a portare il peso maggiore, stravolto dal conflitto col nuovo avversario Jun, esso stesso in realtà pronto a rivelare di più di sé, e di cui ho apprezzato soprattutto il modo di concludere il suo percorso nel film.

Ma devo anche dire che, pur essendo un aspetto molto apprezzabile, non riesce a risultare del tutto completo: parte di una questione che ho ravvisato negli ultimi 5 anni o forse più, è evidente come il pubblico si sia adeguato a ritmi nettamente più rapidi rispetto a quelli del passato, o abbia spinto le produzioni a farlo; ragion per cui ho spesso l'impressione che i momenti cardine, o quantomeno quelli più significativi a livello di profondità emotiva, pur essendo mostrati chiaramente non risultino abbastanza scavati a fondo per risaltare come potrebbero/dovrebbero.
Rischierei di andare troppo nello spoiler, ma questo è evidente soprattutto in un preciso momento verso il finale in cui Rumi pronuncia una determinata frase rivolta a un determinato personaggio, lasciando trasparire una svolta "scioccante", per poi però fare esattamente l'opposto nell'apparizione immediatamente successiva, risolvendo dunque una buona percentuale del suo conflitto interiore senza il giusto pathos, almeno a mio dire.
Lo stesso poi l'ho notato anche nel prologo stesso, quando ci viene riassunto il ruolo delle Cacciatrici nei secoli (altra ripresa da figure realmente esistenti nella cultura coreana), e presentando tramite il concerto le tre protagoniste; non lamento il mostrarcele già lanciate e affiatate, vista anche la perfetta alchimia che le lega, ma al tempo stesso ho avuto per tutto il tempo la percezione che mancasse una base più solida da cui tutto ciò è partito e si regge.

Nulla da aggiungere sul comparto tecnico, semplicemente variopinto e che risulta parte integrante aiutando a plasmare la storia in modo genuino, anche se forse prendendosi più spazio del dovuto in quei punti di cui ho parlato prima, così come le divertentissime sequenze comiche, aiutate dall'azzeccato doppiaggio originale che vede anche star come Ken Jeong nel ruolo del simpaticissimo Bobby, e perfino il mitico Lee Byung-Hun come il villain principale.


Quindi una gradevolissima sorpresa che avrebbe forse potuto gestire un pò meglio il ritmo narrativo per quanto riguarda alcuni momenti abbastanza cruciali, ma da cui traspare comunque il giusto senso che riesce a intrattenere e coinvolgere anche i più restii o alienati dal K-Pop e dalla cultura coreana in generale, a dimostrazione delle infinite possibilità dell'animazione con ogni soggetto.