Recensione
Devilman
7.5/10
Recensione di The Crovv 97
-
Edizione: Devilman Ultimate Edition Box (J-Pop, 5 volumi)
Go Nagai, con “Devilman”, si presta nel vestire i panni dell’avvocato del diavolo: provando disperatamente a convincere lettore e sé stesso che certe azioni, ideologie e istinti non possano appartenere al puro e retto animo umano.
Per fare ciò arriva a mettere in scena una storia dai tratti fantastici, ma con i piedi ben piantati per terra.
L’idea di rappresentare il male, sotto forma di diavolo è tanto semplice quanto geniale.
In questo modo si crea una distanza rassicurante tra l’essenza più oscura dell’essere umano e l’immagine che egli ha di sé.
È come se il Sensei cercasse di dire: “Non siete voi il male, è qualcosa di esterno a voi”; mentre poi, con brutale onestà, ci mostra che quel male non solo è già dentro di noi, ma fa parte di noi.
Uno dei temi centrali dell’opera è la corruzione dell’animo umano, che si manifesta sia fisicamente, nei corpi deformi dei demoni e dei Devilman, sia spiritualmente, come nel caso della popolazione giapponese nel momento in cui si abbandona a una caccia alle streghe feroce e disumana.
Ciò che se ne deduce è che nei momenti di crisi l’uomo rivela la sua natura più bestiale, quando la ragione cede il passo all’istinto.
Il Giappone raffigurato è quello della seconda metà del novecento: apparentemente pacifico, vivace, accogliente.
Basterà tuttavia una crepa nel tessuto sociale per spalancare un abisso in grado di inghiottire tutto, trasformando il quotidiano in un incubo post-apocalittico fatto di: angoscia, persecuzione e violenza.
Akira e i suoi amici si troveranno a confrontarsi con le paure più profonde dell’essere umano: il pregiudizio, l’odio, la perdita di sé.
I personaggi saranno costretti a evolversi, spesso in modo traumatico, fino a dubitare che la persona riflessa nello specchio siano ancora loro.
La trama diventa un mezzo per proporre una forte critica sociale: mettendoci di fronte alla fragilità della pace e alla facilità con cui l’umanità può scivolare nel caos.
Il comparto tecnico non è particolarmente raffinato o ricercato, ma ha una forza espressiva viscerale.
Le linee sono grezze e lasciano intravedere ogni singola pennellata, mentre sono degne di nota le ombre e le campiture.
Il design dei personaggi umani fatica a spiccare: proponendo prevalentemente anatomie molto simili tra loro e facendo abuso dell’inquadratura in primo piano di tre quarti.
Diverso è il discorso per i demoni: le creature del regno infernale sono disturbanti, grottesche, fantasiose; da far accapponare la pelle.
Gli sfondi vengono utilizzati con parsimonia: venendo inclusi solo quando necessari a focalizzare l’attenzione sulla tavola, altrimenti lasciando spazio a fondali neutri in grado di accogliere i baloon, quindi i testi.
Il supporto cartaceo restituisce una piacevole sensazione di qualità: abbinando al formato tankōbon classico una sovracopertina lucida.
Le pagine sono di un bianco brillante, con stampa prevalentemente in bianco e nero, arricchita da alcune illustrazioni a colori su carta ruvida.
La rilegatura a colla si è dimostrata solida, mantenendo i volumi integri anche dopo la lettura.
+PRO+
• Attualità dei temi trattati
• Critica sociale profonda e senza compromessi
-CONTRO-
• Costruzione delle tavole discontinua: si alternano scene ricche a vignette statiche e ripetitive
• Narrazione a tratti dispersiva, con cali di tensione
• Passaggi tra vignette poco contestualizzati, con bruschi cambi di scena
• Protagonisti poco carismatici a cui risulta difficile affezionarsi
• Dialoghi spesso banali e poco realistici
Concludendo, "Devilman" è un’opera nata per stimolare il lettore e smuoverne la coscienza: l’epopea di Akira e Amon ti cattura e impedisce di distogliere lo sguardo, anche quando le cose si fanno insopportabili.
È un’opera che, pur essendo frutto di fantasia, riesce a essere meno crudele della realtà che ci circonda; e forse, proprio per questo, è ancora più inquietante.
Go Nagai, con “Devilman”, si presta nel vestire i panni dell’avvocato del diavolo: provando disperatamente a convincere lettore e sé stesso che certe azioni, ideologie e istinti non possano appartenere al puro e retto animo umano.
Per fare ciò arriva a mettere in scena una storia dai tratti fantastici, ma con i piedi ben piantati per terra.
L’idea di rappresentare il male, sotto forma di diavolo è tanto semplice quanto geniale.
In questo modo si crea una distanza rassicurante tra l’essenza più oscura dell’essere umano e l’immagine che egli ha di sé.
È come se il Sensei cercasse di dire: “Non siete voi il male, è qualcosa di esterno a voi”; mentre poi, con brutale onestà, ci mostra che quel male non solo è già dentro di noi, ma fa parte di noi.
Uno dei temi centrali dell’opera è la corruzione dell’animo umano, che si manifesta sia fisicamente, nei corpi deformi dei demoni e dei Devilman, sia spiritualmente, come nel caso della popolazione giapponese nel momento in cui si abbandona a una caccia alle streghe feroce e disumana.
Ciò che se ne deduce è che nei momenti di crisi l’uomo rivela la sua natura più bestiale, quando la ragione cede il passo all’istinto.
Il Giappone raffigurato è quello della seconda metà del novecento: apparentemente pacifico, vivace, accogliente.
Basterà tuttavia una crepa nel tessuto sociale per spalancare un abisso in grado di inghiottire tutto, trasformando il quotidiano in un incubo post-apocalittico fatto di: angoscia, persecuzione e violenza.
Akira e i suoi amici si troveranno a confrontarsi con le paure più profonde dell’essere umano: il pregiudizio, l’odio, la perdita di sé.
I personaggi saranno costretti a evolversi, spesso in modo traumatico, fino a dubitare che la persona riflessa nello specchio siano ancora loro.
La trama diventa un mezzo per proporre una forte critica sociale: mettendoci di fronte alla fragilità della pace e alla facilità con cui l’umanità può scivolare nel caos.
Il comparto tecnico non è particolarmente raffinato o ricercato, ma ha una forza espressiva viscerale.
Le linee sono grezze e lasciano intravedere ogni singola pennellata, mentre sono degne di nota le ombre e le campiture.
Il design dei personaggi umani fatica a spiccare: proponendo prevalentemente anatomie molto simili tra loro e facendo abuso dell’inquadratura in primo piano di tre quarti.
Diverso è il discorso per i demoni: le creature del regno infernale sono disturbanti, grottesche, fantasiose; da far accapponare la pelle.
Gli sfondi vengono utilizzati con parsimonia: venendo inclusi solo quando necessari a focalizzare l’attenzione sulla tavola, altrimenti lasciando spazio a fondali neutri in grado di accogliere i baloon, quindi i testi.
Il supporto cartaceo restituisce una piacevole sensazione di qualità: abbinando al formato tankōbon classico una sovracopertina lucida.
Le pagine sono di un bianco brillante, con stampa prevalentemente in bianco e nero, arricchita da alcune illustrazioni a colori su carta ruvida.
La rilegatura a colla si è dimostrata solida, mantenendo i volumi integri anche dopo la lettura.
+PRO+
• Attualità dei temi trattati
• Critica sociale profonda e senza compromessi
-CONTRO-
• Costruzione delle tavole discontinua: si alternano scene ricche a vignette statiche e ripetitive
• Narrazione a tratti dispersiva, con cali di tensione
• Passaggi tra vignette poco contestualizzati, con bruschi cambi di scena
• Protagonisti poco carismatici a cui risulta difficile affezionarsi
• Dialoghi spesso banali e poco realistici
Concludendo, "Devilman" è un’opera nata per stimolare il lettore e smuoverne la coscienza: l’epopea di Akira e Amon ti cattura e impedisce di distogliere lo sguardo, anche quando le cose si fanno insopportabili.
È un’opera che, pur essendo frutto di fantasia, riesce a essere meno crudele della realtà che ci circonda; e forse, proprio per questo, è ancora più inquietante.
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