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"Siamo tutti malati terminali. Ma noi dimentichiamo di essere sulla soglia della morte dal primo istante di vita. Lo rimuoviamo." (Antonio Socci)

"Hanbun no tsuki ga noboru sora" (traducibile liberamente in "Sky with a Rising Half-Moon" e nota come "Looking Up at the Half-Moon") è una miniserie di sei episodi trasmessa nel 2006 e tratta dalle light novel di Tsumugu Hashimoto che al netto di qualche ingenuità e leggerezza di non poco conto, forse dettate dalla brevità dell'opera, prova ad affrontare temi ed argomenti piuttosto impegnativi con un approccio positivo e in apparenza anche spensierato.

La trama è piuttosto semplice: la serie narra le vicende di Yūichi Ezaki, un ragazzo malato di epatite, e Rika Akiba, affetta da una grave malformazione cardiaca, entrambi ricoverati in ospedale per curarsi e per tentare di risolvere le loro patologie. Il loro incontro in ospedale, suggerito dal personale medico, diventa lo spunto per intraprendere un percorso che si potrebbe definire di crescita e consapevolezza sulla fragilità della vita.  

L'idea di base è apprezzabile e per me molto interessante tanto da farmi valutare l'opera in recensione in una posizione "mediana" rispetto ad altre due famose (e più recenti) che mi è capitato di vedere: "Your lie in april" e "Voglio mangiare il tuo pancreas". Per coloro che hanno già visto le opere citate, potranno intuire il senso di "Looking up at the half-moon" e la sua trama senza necessità di spoiler, sebbene quest'ultima si differenzi sostanzialmente dalle due citate perché nella narrazione si arresta ad uno "step" precedente a quello delle altre due.

"L'importante non è quanto tempo vivi, ma come vivi il tempo che hai." (Seneca)

"Looking up at the half-moon" sembra ispirarsi chiaramente alla celeberrima espressione idiomatica "guardare il bicchiere mezzo pieno" perché la storia narrata e i protagonisti invitano lo spettatore a concentrarsi su ciò che è già presente o su ciò che si ha a disposizione e quindi su tutti gli aspetti positivi di una situazione, anche molto negativa, invece di rimuginare esclusivamente e continuativamente sui problemi o sulle mancanze. È in sostanza un invito a mantenere la speranza, la positività e a valorizzare e apprezzare ciò che si ha.
E anche il titolo sembra confermare tale approccio in modo metaforico: la “mezza luna” del titolo diventa metafora di una vita incompleta, segnata dalla malattia irreversibile, ma comunque luminosa e degna di essere ammirata e valorizzata per ciò che rappresenta. E in tale metafora si aggiunge la parte romance che completa il significato della serie: i protagonisti Yūichi e Rika nell'affetto che dimostreranno di provare reciprocamente, dimostrano agli adulti che li circondano che anche un frammento di felicità può avere un significato di tale importanza e forza nelle loro esistenze che invitano sostanzialmente a riflettere sul fatto che la vita non va valutata per la lunghezza visssuta ma per l'intensità di emozioni e legami che si sviluppano, cui non bisogna rinunciare solo perché consapevoli dell'impossibilità di morire di vecchiaia.  

Al pari di "Your lie in april" e "Voglio mangiare il tuo pancreas", i temi affrontati sono i medesimi: la malattia in giovane età, l'amore e il ruolo di coloro che amano la persona destinata a interrompere anzitempo la propria esperienza di vita terrena.
E' abbastanza semplice intuire la tragicità dell'affrontare una patologia infausta in età adolescenziale: significa scontrarsi con la consapevolezza della morte quando si dovrebbe pensare solo al futuro.
In questo senso, la protagonista Rika almeno inizialmente sembra impersonare il cliché del personaggio "a disagio con tutto ciò che lo circonda": ribelle e fragile, alternando momenti di capriccio e repulsione ad altri in cui ha bisogno di qualcuno che con pazienza le doni qualche momento di affetto. E il buon Yūichi, è il cliché del classico ragazzo nipponico che capita al posto giusto al momento giusto: un po' immaturo, ma generoso, premuroso e gentile, capace di trovare la chiave per aprire la serratura della corazza di Rika e farla ricredere sul valore dell'esistenza indipendentemente dalla prospettiva di durata. E'inutile evidenziare che l’amore adolescenziale diventa una sorta di cura ove non riescono i rimedi medici posti in essere dall'ospedale.  
Non passano sottotraccia altri messaggi come la resilienza, che non è rappresentata dalla lotta contro la malattia e il destino infausto, ma contro la rassegnazione a non amare per non soffrire, e il supporto di coloro che circondano le persone che soffrono.
Nel percorso di evoluzione dei personaggi, avvertibile sebbene l'opera sia piuttosto corta, Rika non è più una ragazza consapevole e rassegnata ma diventa una ragazza che vuole vivere, innamorarsi, leggere libri, sognare, mentre Yūichi acquista quel coraggio e consapevolezza di accettare la sicura sofferenza di chi è destinato un giorno a restare solo e non struggersi nella paura di restare solo.

“Hanbun no tsuki ga noboru sora” tuttavia soffre di molte semplicità narrative e di un comparto tecnico non definibile come di prim'ordine, anzi mi è sembrato abbastanza deludente anche tenendo conto dell'epoca in cui è stato prodotto.
Il tutto è sicuramente "aggravato" dalla brevità della serie ma pur essendo la storia narrata dal punto di vista dei due protagonisti che, ricordo, sono due adolescenti, l'approccio alle tematiche sopra citate l'ho percepito troppo ingenuo e semplicistico: quasi una storiella da fiaba che in apparenza sembra banalizzare gli argomenti, ad alleggerirli eccessivamente e a far sembrare gli adulti come dei personaggi poco sensibili o poco coraggiosi.
Certe scelte narrative appaiono forzate, eccessivamente ottimistiche o un po' inserite come filler senza che si capisca il nesso logico con il senso dell'opera e rischiando di fuorviare lo spettatore. Sono consapevole che le mie osservazioni derivino da una sensibilità più "compassata" e forse "adulta", ma certe scene sembrano più da ambientazione melodrammatica (alludo a quella piuttosto "forte" tra il protagonista Yuichi e un'amica della energica infermiera che prende a cuore il destino dei due ragazzi o all'intervento ad adiuvandum degli amici di Yuichi o a certe dinamiche tra lui e il dottore che ha in cura Rika) piuttosto che da un'opera che ambirebbe a sollecitare una riflessione sul senso della vita.

Ad ogni modo, "Looking Up at the Half-Moon" riesce a trasmettere chiaro il suo semplice e potente messaggio: la malattia terminale non deve annullare la speranza di vivere ciò che resta nella sua pienezza e completezza.