Nel panorama videoludico odierno, in cui le vendite non sono importanti ma le uniche cose che contano, un titolo come Senua's Saga: Hellblade II (d'ora in poi semplificato in Hellblade 2) è una mosca bianca.
 
Ecco finalmente la recensione di Hellblade 2

Hellblade: Senua's Sacrifice infatti non è ricordato per essere stato un campione di incassi e nemmeno per aver stravolto le fondamenta del gaming eppure è stato di fondamentale importanza, dimostrando come il media 'videogioco' possa andare oltre i limiti intrinseci di cinematografia e letteratura. La psicosi della protagonista Senua ha colpito in modo diretto i giocatori, catapultati in una realtà esistente intorno a loro, ma mai compresa appieno. Il lavoro svolto da Ninja Theory è stato encomiabile ma a un certo punto si doveva alzare l'asticella. O forse no?

Hellblade 2 arriva forse nel periodo peggiore per Microsoft: dopo diversi e difficoltosi anni di sviluppo, il team si è ritrovato un contesto in cui alcuni studi della famiglia hanno chiuso i battenti, un bersaglio evidente sulla fronte e una campagna marketing deficitaria. Non solo: visto quanto accaduto, alla nuova avventura di Senua è stato in qualche modo chiesto di sopportare molto più peso di quanto preventivato, come se un titolo di questo tipo possa risollevare le sorti dell'intero ecosistema messo su da Phil Spencer & Co.
Tutto sembra remare contro insomma e il rischio che Hellblade 2 sia recepito male, frainteso e dimenticato è più grande che mai. Un vero peccato, considerato che si tratta di una delle opere migliori uscite da Microsoft negli ultimi anni, e non solo.

Se il primo percorso di Senua era configurato come un viaggio interiore, verso l'accettazione di se, della sua psicosi e del lutto che l'ha pesantemente colpita, Hellblade 2 sposta il focus all'esterno, sull'empatia e la reale percezione dell'altro. Ci si sposta anche letteralmente, con le avventure sviluppate in Islanda e contornate da una mitologia norrena affascinante come poche.
Portata lì come schiava dai vichinghi, Senua ben presto troverà modo di raggiungere i suoi obiettivi anche se, lungo il percorso, si arricchiranno di numerose sfumature.
In un'avventura forse meno impattante rispetto al primo capitolo ma non per questo meno efficace, si notano tutti i miglioramenti apportanti a tutti i comparti che compongono il gioco. Quello tecnico ovviamente è quello che colpisce subito l'occhio: l'impatto con Hellblade 2 quasi imbarazza per quanto sia definito e tendente al fotorealismo, con animazioni facciali incredibilmente realistiche grazie alla tecnologia MetaHuman, così come in tutto il resto grazie alla performance capture. È anche uno di quei casi in cui giocare a 30 FPS non crea nessun problema, considerato il ritmo compassato dell'esperienza e dei combattimenti poco frenetici.
 
Ogni frame è un wallpaper

Se visivamente dunque l'esperienza è senza dubbio impressionante, il salto di qualità lo si avverte anche nella narrazione. Ninja Theory si è dimostrata molto intelligente ma soprattutto elegante nel portare avanti qualcosa che avrebbe potuto concludersi tranquillamente con il primo capitolo.
Vediamo infatti una Senua diversa, più consapevole. Anche il rapporto con le voci interiori esprime un diverso rapporto di forze con queste ultime in qualche modo più collaborative e non più in grado di controllare le azioni della protagonista. Il percorso formativo di Senua dunque, per completarsi, deve aprirsi verso l'esterno, verso l'altro, ritrovando una fiducia nel prossimo nel frattempo smarrita dopo l'esser stata costretta all'isolamento dal padre e dalla perdita del suo unico amato.
Qui infatti si intrecciano diversi temi, dall'affrontare ulteriori traumi del passato, soprattutto riferiti alla figura paterna ma soprattutto il saper utilizzare la propria esperienza per aiutare chi sta affrontando le stesse difficoltà. Ma prima di questo, bisogna saper comprendere chi si ha attorno perché, rispondere alle richieste d'aiuto, non è per nulla intuitivo.
Hellblade 2 sembra in qualche modo portare a schermo l'esperienza vissuta da e con Melina Juergens, l'attrice protagonista dell'opera. Come raccontato nel precedente documentario, prima di diventare anima e corpo di Senua, Melina era una video editor presso Ninja Theory che a un certo punto, pensò di fare un provino per interpretare la protagonista del titolo. Tutti rimasero meravigliati da come Melina era in perfetta simbiosi con Senua ma soprattutto, perché la stessa attrice era stata affetta dalle stesse patologie. In quel caso, nessuno si accorse di nulla, nessuno si accorse della sofferenza provata da Melina ed è in Hellblade 2 che tutto questo trova sfogo. L'empatia diventa uno strumento fondamentale non solo per aiutare ma anche per smascherare. I demoni interiori spesso vengono nascosti ed è fondamentale che qualcuno riesca a cogliere le richieste d'aiuto, soprattutto quelle non manifeste.
 
Un'esperienza cinematografica

Ma la ricostruzione empatica dei personaggi con cui Senua interagisce non si ferma solo al buono, ai pentimenti o all'abbandono. È uno strumento potente per capire le vere intenzioni di chi le sta davanti, anche se queste sono tutt'altro che benevole. Un percorso costituito da momenti memorabili, con una regia e coreografia in grado di lasciare attoniti. La breve durata dell'avventura (tra le cinque e le sei ore) è poi un punto di forza in cui tutto è importante ai fini dello sviluppo della protagonista. Ma c'è una cosa che lo rende particolarmente intelligente come prodotto: è coerente con se stesso.
Hellblade non è certo il primo videogioco che tratta temi di una certa importanza ma sembra essere l'unico (se escludiamo alcune opere dell'universo indie) a non essersi fatto trascinare dal pericoloso marketing. Ninja Theory ha avuto il coraggio di continuare per la propria strada senza mai perdere il focus dello sviluppo, raccontare il percorso di guarigione di una persona affetta da psicosi. Il pericolo di precipitare in dissociazioni ludo-narrative dunque era davvero grande, visto la 'richiesta' di alcuni di avere un gameplay più consistente rispetto al primo capitolo. Ma sta proprio nel non averlo sviluppato la forza più grande di Hellblade 2.

The Last of Us Parte II è un'opera straordinaria, in cui la crudezza e la spietatezza della violenza sono leve per spingere il giocatore a provare idiosincrasia verso essa, spingendo verso la sua insensatezza. Tuttavia, Naughty Dog ha reso il gameplay del titolo estremamente vario e divertente cosa che si scontra parecchio con quanto narrato. Il paradosso (e da qui la dissociazione) è che mentre si riflette su quanto Ellie e Abby abbiano sofferto e di come questa sofferenza le spinga a produrne di nuova, si prova soddisfazione nello sparare diversi colpi contro i 'nemici', strappando magari qualche sorriso tra una trappola ben piazzata e un'eliminazione stealth.
Quello che succede è che il gameplay prende il sopravvento sul messaggio, un corto circuito dovuto a un'amalgama tra quanto narrato e quanto giocato non equilibrata.
In Hellblade 2 il gameplay in senso stretto, può essere descritto con una sola parola: adeguato. Non bisogna dimenticare due aspetti infatti: il primo è che per quanto l'aspetto dica il contrario, il concetto di base dell'opera è molto più vicino a un Journey che a un qualunque action/adventure AAA. Il secondo è che Ninja Theory ha tutte le competenze possibili per realizzare un combat system 'dinamico'. Del resto Heavenly Sword, Enslaved e DMC Devil May Cry non sono usciti fuori dal nulla.
 
Combattimenti crudi e impattanti

Detto questo, il combat system di Hellblade 2 è uno dei più coinvolgenti dell'intero panorama videoludico. Non sarà tecnico come quello di Devil May Cry 5 o ragionato come quello di un souls like ma di sicuro, lascia qualcosa al giocatore. Al contrario di quanto avvenuto nel primo capitolo, i cui diversi nemici potevano attaccare contemporaneamente, qui ci si focalizza sull'uno contro uno, una scelta che si sposa anche con il nuovo 'rapporto' che Senua ha con le proprie voci interiori. Si avverte tutto il peso dei colpi, con animazioni realistiche e che quindi richiedono un certo tempo per essere completate, così come quando si schiva o si decide di eseguire un parry. Le finestre in questo caso, molto brevi, spingono il giocatore a essere parsimonioso con gli attacchi, cercando di attendere il momento giusto. La discreta varietà di nemici permette anche qualche differente approccio, anche perché alcuni potranno colpire dalla distanza. Ma come detto, è l'impatto coreografico a colpire e lasciare di stucco. Davvero, non si ha coscienza se si sta guardando una cutscene in CGI o del gameplay e il modo in cui viene orchestrato il tutto è letteralmente impressionante. Anche dal punto di vista dei feedback il lavoro è sopraffino, anche grazie all'audio che finora, non abbiamo menzionato. La scelta di non sviluppare qualcosa di più 'complesso' deriva essenzialmente da quanto detto prima: in Hellblade 2 i combattimenti non devono divertire. Ogni scontro deve risultare brutale, quasi asfissiante per non dire, indesiderati. Esiste una perfetta simbiosi tra narrazione diretta e non, e il gameplay con la quale questa narrazione viene veicolata proprio per evitare in primo luogo effetti dissociativi.

Veniamo poi agli enigmi ambientali, una parte essenziale per trasmettere al giocatore le ossessioni di Senua già nel primo capitolo. Anche in Hellblade 2 fanno capolino puzzle ambientali simili a quanto visto in precedenza, loop ossessivi in cui la protagonista si costringe a credere che trovare dei simboli sia necessario per poter proseguire. Anche qui, la situazione proposta deve sposarsi con la comunicazione della psicosi anche se, da un mero punto di vista di gameplay gli enigmi proposti in questo secondo capitolo risultano forse meno organici rispetto la controparte precedente (salvo alcune eccezioni). Se c'è una critica negativa da fare è proprio in questo aspetto, non solo perché alle volte risultano posticci ma anche perché non vi è un progressivo aumento di difficoltà nel corso dell'avventura. Non esiste un senso di progressione (anche in fase di combattimento), per cui, tutto ciò che si compie all'inizio dell'avventura lo si compie anche alla fine. Il che è strano visto che Senua's Sacrifice riusciva a proporre più soluzioni da questo punto di vista.
 
Primo trailer più importante di quanto si pensi

Se dal punto visivo Hellblade 2 è sbalorditivo, dal punto di vista sonoro è incredibile. Ritorna a piena potenza l'audio 3D bineurale e un campionamento dei suoni tra i più precisi in circolazione. Come scritto in uno speciale dedicato all'utilizzo dell'ASMR nei videogiochi, Hellblade 2 ne è l'esempio lampante visto che ogni suono che ascoltiamo all'interno dell'opera è studiato appositamente per produrre una sensazione emotiva nel giocatore, suoni che vanno al di là delle ormai celebri voci che Senua ha nella propria testa. L'utilizzo del cosiddetto 'whispering', voci sussurrate molto vicino all'orecchio, è l'espediente perfetto per renderci un tutt'uno con la protagonista, sentiamo ciò che sente lei ma soprattutto avvertiamo tutte le emozioni non manifeste. Conosciamo l'intimità di Senua, tutte le sue fragilità; sappiamo ciò che pensa ancor prima di agire ed è soprattutto qui che vediamo le reali differenze col primo capitolo. Il tono delle voci infatti è meno caotico, meno aggressivo. Pur rimanendo spesso sfidanti e denigratorie risultano quasi 'addomesticate' e frutto dell'esperienza avvenuta nel capitolo precedente. È anche per questo che è consigliabile procedere in Hellblade 2 se e solo se si è completato Senua's Sacrifice, non tanto per questioni di trama ma quanto per aver chiaro un percorso di redenzione e accettazione che altrimenti, verrebbe meno.

 
Si potrebbero dedicare ore e tante righe di testo per descrivere quanto Senua's Saga: Hellblade II sia un'opera impattante. Dall'utilizzo della telecamera, al suo essere così immersivo pur non essendo in VR, dall'intelligenza di Ninja Theory di allargare il viaggio di Senua al prossimo, all'ovvia meraviglia di un comparto tecnico che fa semplicemente impressione. Nelle sue poche ore di gioco, Hellblade 2 lascia qualcosa: è in grado di emozionare come poche opere sanno fare e visto quello che propone il mercato odierno, non è una cosa da poco. Se solo se ne accorgesse anche Microsoft...