
Questa è la storia di Jinpei “Jinbe” Takanashi, formidabile portiere della squadra di calcio al liceo e adesso omone quarantenne impiegato in un acquario e impegnato a prendersi cura della figliastra, Miku, un bellissima liceale.
Dove prendersi cura di lei significa farsi accettare in quanto patrigno, combattere ogni giorno con la cruda realtà che ti dice che lei già un padre biologico ce l’ha e quello non sei tu.
Ma anche combattere col fatto che prima o poi qualcuno te la porterà via, cancellando così quel già fragile legame che giorno dopo giorno hai tentato faticosamente di costruire, sia esso quel borioso compagno di classe asso del club di calcio che ci prova spudoratamente con tua figlia, sia esso il suo ricchissimo padre biologico che cerca di convincerla ad andare a vivere con lui.
E’ soltanto apprensione questo sentimento? E’ soltanto un debito nei confronti della tua amata moglie defunta? E’ soltanto il legame che intercorre tra i genitori e i figli?
Rispondi, Jinbe, omone di quarant’anni! Si tratta soltanto di questo? Oppure c’è qualcos’altro?
Se in un futuro non troppo lontano lei scegliesse il suo vero padre e non il suo patrigno, tu che faresti?
Pensi che potresti continuare a starle accanto non come padre ma come qualcosa di più profondo, incamminandoti sulla difficile strada dell’immoralità, soltanto per amore di quella ragazza?
Jinbe, una storia in un unico volumone (completo di superbe pagine a colori) dal piglio estremamente più adulto rispetto allo standard Adachiano, essendo questo un seinen e non il classico shonen di formazione adolescenziale che l'autore è abitato a realizzare ormai da decenni. Anche qui si parla d’amore, ma non dell’amore tra gli amici d’infanzia, tra ragazzi, tra adolescenti. Qui si parla dell’amore del genitore nei confronti della figlia e di quello di un uomo attempato nei confronti di una ragazza molto più giovane di lui che (è proprio il caso di dirlo!) potrebbe essere sua figlia.
Importantissima da sempre nei lavori di Adachi e qui punto cardine della vicenda, la tematica della famiglia e del rapporto tra genitori e figli, è anche in Jinbe trattata con maestria e rende questo volume una delle più ambiziose e meglio riuscite opere del maestro.
La storia di Jinbe e Miku si snoda in sette capitoli, ognuno dei quali aggiungerà un tassello al racconto del loro grande legame affettivo e familiare, fino a farli giungere ad una conclusione del tutto inaspettata e un po' spiazzante ma, a freddo, molto toccante e profonda.
Il tratto caratteristico dell'autore appare qui più sapiente e piacevole, dando il meglio di sé nelle bellissime tavole a colori. I personaggi riescono a brillare nonostante il poco tempo a disposizione per farsi conoscere dal lettore, e difficilmente ci si dimentica di Jinbe, un protagonista inusuale, divertente e indubbiamente ben riuscito, che riesce a divertire e a farsi amare dal lettore anche quando questo è un ragazzo e non ci si può identificare.

Con la sua consueta, sapiente, delicatezza, Adachi ci regala ancora una volta un piccolo gioiellino, che, giusto per la cronaca, ha vinto anche un piccolo ma importante premio come miglior volume a fumetti dell'anno al Romics del 2005.
Consigliato come punto di partenza per scoprire l'opera magna di Adachi? Forse. Ma indubbiamente è un validissimo prodotto.
Consigliato come punto di partenza per scoprire l'opera magna di Adachi? Forse. Ma indubbiamente è un validissimo prodotto.
Titolo | Prezzo | Casa editrice |
---|---|---|
Jinbe | € 5.00 | Star Comics |
Non ho ancora letto nulla di Adachi, ma a 'sto punto, domani in fumetteria richiedo questo, mi sembra interessante e anche il prezzo è accessibile, me lo compro
Se mi convincerà abbastanza proverò qualcos'altro di suo
Come ho già detto altre volte sono fin troppo allergico alla binomia "Sportivo-sentimentale", ovvero allo stesso Adachi.
Prenderei anche questo volume per dargli una possibilità, ma i disegni mi ricordano troppo Rough che mi ha deluso, e mi fanno provare una sorta di nausea, per cui passo.
[edit] Comunque noto che la trama sembra diversa dal solito, forse una possibilità gliela darò.
E complimenti a Kotaro per l'ottima recensione
Del resto adoro quasi tutte le opere del maestro Adachi, non posso perdermi proprio questa
Jinbe è una delle opere più atipiche della sua produzione, anche perchè per una volta non si parla di ragazzi del liceo, o meglio sì, ma non esclusivamente, poichè vi è un duale punto di vista, quello di Miku, ragazza liceale con tutti i problemi e i sentimenti tipici di quell'età, e quello di Jinbe, che invece è grande, grosso e vaccinato e si porta dietro delle problematiche ben diverse rispetto agli adolescenti protagonisti di altre opere dell'autore come Touch, Rough, H2, Katsu o Cross Game.
Non parla di sport, non parla di adolescenza, non parla di crescita personale (o perlomeno, di tutte queste cose si parlerà anche, fra le righe, ma non saranno l'argomento principale), ma parla dell'amore familiare, del rapporto fra genitori e figli, un rapporto che viene sviscerato, nei diversi capitoli, in tutte le sue possibili sfaccettature.
E' un'opera strana, che forse a qualcuno potrà far storcere il naso, ma che ritengo vada letta, per il consueto garbo con cui tratta problematiche "spinose" e per l'indubbia simpatia del protagonista maschile!
L'edizione della Star Comics, se si riesce ancora a trovarla in giro (volevo regalarlo per Natale ad un amico ma non l'ho trovato nè a Roma nè a Palermo
@ Franzelion
Lo sport qui è unicamente messo come contorno, in quanto il protagonista maschile praticava il calcio da giovane (ma ora non più, salvo sporadici casi di un paio di pagine su circa 200) e perchè uno dei personaggi lo pratica attualmente, ma siccome è un personaggio secondario e non il centro della storia, la cosa non influisce più di tanto e serve anzi solo a caratterizzare il personaggio in questione, che è sbruffone e amato da molte corteggiatrici perchè è bravo a calcio.
Quasi tutti i liceali giapponesi fanno sport perchè, tranne quelli che fanno pittura o altre attività culturali, ci sono i club scolastici che glielo fanno fare e che gli prendono gran parte del tempo che non passano a studiare, quindi l'autore non fa altro che rappresentare la realtà, nel mostrarci un liceale che gioca a calcio nella squadra della scuola o un uomo che, da liceale, giocava a calcio nella squadra della scuola.
Jinbe è una storia molto diversa da Rough, sia per trama che per tematiche che per target (Rough è uno shonen, questo è un seinen, Rough parla di amore adolescenziale, Jinbe di amore in senso più ampio) anche se lo stile grafico/narrativo naturalmente non può che essere lo stesso, essendo un'opera dello stesso autore!
Il manga in sè non è che mi attiri granchè per via di una mia innata infantilità nelle tematiche e nei generi, però è vero, il protagonista ispira simpatia anche solo a vederlo in copertina
Ottima recensione per quello che è a mio parere il titolo più "strano" di Adachi (Arcobaleno di Spezie escluso) am forse uno fra i più profondi
Non credo sia questione di età, piuttosto di gusti. Io Rough l'ho letto nel 95 quando avevo 13 anni e me ne innamorai, tanto da non perdere un solo volume di Adachi da quel momento in poi.
bravo Kotaruzzo! già da giovincello promettevi molto bene
l'ho acquistato da poco e sospetto che il mio fumettaro un'altra copia ce l'abbia... casomai ti faccio sapere?
Altra cosa che mi preme sapere: non è troppo autoreferenziale, vero? Perché da quel {poco} che ne so Adachi ce l'ha, questa tendenza...
{E non costa neanche tanto, dai, pensavo chissà cosa...}
Qui in Jinbe lo sport praticamente non c'è, a parte qualche vignetta in cui il protagonista maschile gioca a calcio con lo spasimante della figlia, ma è cosa di due o tre pagine che non ha alcuna attinenza con la storia!
Che intendi per "autoreferenziale"?
Comunque, a parte questo, complimenti a Kotaro per la recensione: succinta ma esemplificativa! Bravo!
Proprio qua della ripetitività del tratto non ci si può minimamente lamentare, dato che le fisionomie di Jinbe e Miku non sono mai state riutilizzate in altre storie nè precedenti nè successive (c'è un uomo uguale a Jinbe ma con la carnagione e i capelli di colore diverso in Touch - Crossroad, ma quello è un film filler cui l'autore stesso difficilmente avrà messo mano nei disegni, dunque non vale, e in ogni caso è soltanto un personaggio ultra-secondario
Lettura solo rimandata per il momento, comunque, e anzi non vedo l'ora di trovare un momento per gustarmi questo volume unico. Di recente i volumi unici mi stanno regalando buone soddisfazioni
Ma non mi sarei mai aspettato di ricevere 2 spolicciate dopo aver detto di esser rimasto deluso da Rough
Adoro Adachi e questa opera tratta un tema come il rapporto padre-figlia in modo molto delicato e non affatto pesante quindi bravo Sensei Adachi.
ottima opera per un one-shot, se fosse stata una serie forse sarebbe andato fuori binario invece ha fatto un lavoro encomiabile.
Ripeto trattare un argomento cos' in maniera delicata è segno di vera bravura. So che l'accostamento è forzato ma anche Tsukasa Hojo con Family Compo (e anche alcuni episodi di Hojo World) ha trattato un tema scottante in modo meraviglioso. Sfido chiunque a fare lo stesso.
PS: So bene che le due opere e i due autori sono di quanto più diverso l'un dall'altro, il mio era solo un ragionamento, forse contorto, sulla capacità di trattare tematiche delicate e loro l'han fatto alla grande
Decisamente sbagli (e probabilmente parli solo per luoghi comuni come tutti quelli che non hanno mai letto un manga di Adachi ma si son fatti l'idea che sono tutti uguali quando così non è).
Che l'espressione del volto sia simile, ci può stare, del resto quasi tutti i mangaka hanno delle "facce base", che usano di continuo cambiando i colori o le acconciature, e questo vale per praticamente chiunque, da Wataru Yoshizumi a Tetsuo Hara, per citare i primi che mi vengono in mente.
Nel caso di Miku, poi, ripeto ancora una volta che ragazze con questo taglio di capelli non si sono mai viste nei manga di Adachi, o quantomeno non come protagoniste.
Anche il ragazzo (presumo che tu ti riferisca a quello che si intravede nelle foto sotto) ha un taglio di capelli decisamente differente rispetto a quello di Tatsuya Uesugi (il quale ha ovviamente la stessa faccia di suo fratello poichè sono gemelli, per ragioni di trama).
Jinbe, il protagonista maschile della storia, poi, è un tipo di personaggio completamente nuovo che nelle storie di Adachi prima non s'era mai visto e nemmeno nelle storie successive si è rivisto sinora.
Adachi è un autore che sta attento ai cambiamenti della società, e dunque anche le acconciature e il modo di vestire e parlare dei suoi personaggi cambia da una storia all'altra man mano che passano gli anni della vita reale. Nelle storie adachiane di oggi, non ci sarà più nessun personaggio col taglio "alla Tatsuya", perchè i riccioli alla angioletto evidentemente son passati di moda e oggi si portano più i caschetti "da fighetto" stile Nick Carter dei Backstreet Boys o come il Katsuki Satoyama di "Katsu" oppure capelli scarmigliati e spettinati come quelli di Koh di "Cross Game".
A questo bisogna anche aggiungere che un autore che disegna da quarant'anni subisce giocoforza dei cambiamenti nel tratto, e dunque guardando Touch del 1981 (ma anche guardando il numero 1 e il numero 26 di cinque anni posteriore dello stesso Touch) e Cross Game del 2005, pur essendo dello stesso autore, ci saranno degli evidenti cambiamenti stilistici (anche in piccole cose come il taglio degli occhi, l'uso di un retino piuttosto che di un altro...).
Giudicare Adachi soltanto da "fa tutti i personaggi uguali" (basandosi sul sentito dire o sulla visione di immagini) è sbagliato. Lo stile è quello e di somiglianze ce ne sono, ma è possibile trovare qualcosa di personale in ogni personaggio e in ogni storia, perchè cambiano i ruoli, cambiano i caratteri, cambiano i contesti e un autore cresce e matura con il tempo, abbandonando determinate sue caratteristiche e sviluppandone di nuove.
A differenza dell'Adachi dei primi tempi, che spesso e volentieri "riciclava" con un diverso nome e ruolo gli stessi personaggi disegnati in maniera identica (vedi Masato/Tatsuya/Yusaku, Kasumi/Miyuki Wakamatsu, Ami/Haruka, Arikawa/Kume), nelle opere più recenti i personaggi assumono una dimensione tutta loro anche dal lato grafico e non soltanto da quello caratteriale come hanno sempre fatto.
A parte ciò, mi sembra che possa avere una mia opinione in merito e pensarla come voglio io senza che uno cerchi di prevaricarmi, no? Comunque, se mi dite che le sue opere sono piacevoli a leggersi, basta, stop! Vorrà dire che il resto passerà in secondo piano, se sarà il caso. Se però continui a voler avere ragione a tutti i costi vorrà dire che dovrò cambiare opinione pure sulla recensione e a togliere dalla wishlist questo Manga. Spero che non sia così.
<i>non parlo di Jinbe che non so perché ti ostini a mettere in campo</i>
Perchè è il protagonista eponimo dell'opera di cui si sta parlando!
<i>E non parlavo nemmeno del ragazzo che tu hai citato</i>
Tu hai parlato dei ragazzi, io ti ho fatto notare come "questo" ragazzo (la cui espressione facciale è basata su quella del "protagonista liceale tipo" delle storie di Adachi) è diverso da Tatsuya e Kazuya perchè ha una capigliatura diversa rispetto a entrambi. In ogni caso, ogni ragazzo di Adachi ha un suo carattere e modo di agire ben preciso, che lo distingue inequivocabilmente dagli altri.
Anche se nelle prime storie questi possono somigliarsi fisicamente, una volta conosciuti si capirà perfettamente la loro individualità.
<i>non ho mai visto una ragazza coi capelli lunghi oltre le spalle.</i>
A memoria no, ma non mi pare che sia una discriminante così pesante. Tanto più che dei capelli così lunghi sarebbero complicati da gestire/disegnare e che, essendo i personaggi di Adachi generalmente mori come il 90% dei giapponesi, darebbero parecchia fatica all'autore che dovrebbe perdere un sacco di tempo a fare le campiture nere per decorarli.
In ogni caso, come per i ragazzi, anche le ragazze di Adachi sono perfettamente riconoscibili fra loro caratterialmente. Tanto più che non capiterà mai, per dire, di vedere Haruka e Ami, che sono praticamente identiche, insieme nella stessa immagine, essendo di due serie diverse, e in un'immagine singola di Ami o di Haruka si comprende perfettamente chi è chi per via dell'eventuale divisa scolastica differente o per le differenze stilistiche fra un'immagine di Ami degli anni '80 e una di Haruka dei '90.
Il "riciclo" dei personaggi era fatto da opera ad opera e non all'interno delle medesime, ed è una cosa naturalissima per la stragrande maggioranza degli autori (vedi per l'appunto i millemila cloni di Yu o Ginta che fa la Yoshizumi, o i personaggi di Rave "rinati" in Fairy Tail).
Non voglio naturalmente importi alcunchè, volevo solo portarti a riflettere sul fatto che molto spesso chi non legge Adachi è portato a pensare che faccia i personaggi e le storie tutti uguali fra loro, e questo non è assolutamente vero ed il contrario è perfettamente palpabile leggendo le sue storie in prima persona. Dunque probabilmente, semmai volessi avventurarti nella lettura delle opere di Adachi (cosa che peraltro ti consiglio e che voleva essere uno degli scopi della recensione), cambierai questo tuo pensiero!
Almeno fin quando non subentra lo sport...
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