Riportiamo dal blog di Yupa una recensione su Star Driver:


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Star Driver 1Ci vuole un po' di pazienza con Star Driver (STAR DRIVER 輝きのタクト, serie tv, 2010-2011, 25 epp.).
Se già l'inizio è sùbito disseminato di piccoli indizî, ancora impercettibili, che arriveranno a parlare, ad acquistare un senso solo più avanti, ecco, prima che questo più avanti arrivi occorrono un bel po' di episodî. Almeno una dozzina, diciamo, almeno metà serie.
E la prima dozzina d'episodî è piuttosto erratica: dovrebbe servire a dar corpo ai personaggi, a guidarci negli ambienti dell'Isola della Croce del Sud, a spiegare e dispiegare materia e impalcatura di quel che andremo a vedere; e invece, ahimé, risulta fin troppo dispersiva, un po' singhiozzante, non carbura quanto dovrebbe, rischiando di far chiedere al fruitore il perché di tanto cincischiare, di farlo cedere e abbandonare il confronto.
Bisogna avere un po' di pazienza con Star Driver, perché la seconda parte infine giunga, e si dipani, ben più compatta, elaborata, articolata, ritmata. Tanto che non è insensato chiedersi se, forse, non sarebbe stato meglio distribuire e alternare, spalmare con più equilibrio lungo l'intera serie i due momenti, la stesura in superficie della materia narrativa di base e poi il suo scavo in profondità. Ma dopotutto si sa che, per costituzione, una serie televisiva non permette troppo gioco nel suo lavoro di strutturazione...

Ci vuole pazienza anche per altro, in Star Driver. Forse la sua zeppa maggiore, l'ostacolo che più rischia di frustrarne una fluida visione, è la ritualità dell'eroismo robotico, ritualità che da esasperata si fa presto estenuata.
Nei primissimi episodî, certo, brilla e incuriosisce per originalità, per la sua commistione un po' ribalda tra il metallo cromato della grande macchina guerriera e i lustrini kitsch della trasformazione del protagonista in cui si annusa l'ombra di bacchette magiche e aspirazioni idolesche; venature femminine che spiccano ancor più sul robot stesso che dell'anime è il fulcro, Tauburn dal vitino di vespa, che calca puntualmente la scena su vistosi tacchi a spillo, col capo ornato da una vezzosa piuma lillà.
C'è del lavoro estetico, in Star Driver.
Star Driver 2Non tanto sui personaggi: il loro design, specie e purtroppo proprio nei protagonisti, non risulta incisivo quanto dovrebbe. Si concentra bensì sulle macchine, sui paramenti, sugli ambienti, soprattutto sullo scenario surreale e coloratissimo in cui si scontrano, Tempo Zero, una bolla fuori dell'ordinario flusso cronologico ornata di iridescenti nubi mandelbrotiane.
Ma se molte delle battaglie tra i Cybody, i colossi metafisico-meccanici, sono occasione per esibire un'animazione ricca e piacevole, si fatica a reggere, a ogni singolo episodio, la loro cornice quasi immutabile, un eterno ritorno dell'identico tra urla, evocazioni, entrata in scena dei contendenti, eroe in difficoltà e sua riscossa e vittoria sul nemico all'ultimo istante. Sono schemi comprensibili nei decenni lontani, quando l'anime robotico giapponese era servo del pubblico infantile (o presunto tale), delle esigenze dei pubblicitarî, delle semplificazioni imposte dai produttori; molto meno nel 2011, quando il pubblico si sa che è cresciuto, ed è a esso che si sta parlando.

Ci vuole pazienza, poi, per alcuni lati dell'estetica generale di Star Driver.
Chi ha seguito i trascorsi, in altri titoli e altre serie, di parte dello staff, già conosce una certa deriva a far strabordare, oltre i confini della gestione ottimale, un gusto per il surreale e la trasgressione, per il grottesco e l'assurdo.
Se le tenute di alcune personaggie possono sembrare a volte un po' fuori luogo, persino se intese in senso ironico e/o provocatorio, se alcune sequenze umoristiche possono lasciare un po' spiazzati, c'è da dire che Star Driver mantiene, da questo punto di vista, un valido equilibrio che impedisce alla sua coerenza di spezzarsi (altro tipico tallone d'achille della serialità televisiva, del resto...).

E poi arriva la seconda parte, e i difetti di cui sopra si fanno da parte, passando sullo sfondo, cedono la scena principale a vantaggio dell'intricato intreccio narrativo che con studiata progressione comincia a scoprire le sue carte. Il muro di opprimente staticità della prima dozzine d'episodî s'incrina e strani spiragli di luce e oscurità cominciano a farsi largo, a rivelare un disegno coerente, ma complesso.
A questo punto ogni spettatore potrà scegliere a quale piatto attingere dal menù che Star Driver va intavolando. Menù in cui, fino alla fine, non sempre tutti i sapori si combinano con azzeccata armonia, bisogna dirlo, ma a cui certo non manca la virtù della varietà e della capacità di sorprendere.
C'è un'estetica elaborata e studiata, cui già s'è accennato; c'è un gomitolo di trame che va a dipanarsi rovesciando a più riprese aspettative e apparenza, e i cui bandoli vanno scovati anche nel dettaglio minuto di scene, immagini, dialoghi. C'è l'analisi sentimentale e c'è, anche se con toni ben più bassi e trattenuti rispetto ad altri anime, l'ansia di rivelazioni epocali, per uscire dal guscio chiuso di un Io che s'è fatto Mondo opprimente.

Star Driver 3

Ci sono elementi ricorrenti in altri titoli cui già ha lavorato uno dei curatori della serie, forse uno dei pochi addetti ai lavori nell'umile ruolo di sceneggiatore che, negli anni, è riuscito sempre a dar il tuo personale tocco, anzi, ben più d'un tocco, cavalcando se non scavalcando i più visibili nomi di animatori e registi.
Star Driver è l'attuale ultimo capitolo dell'esperienza dello sceneggiatore Enokido Yōji (榎戸洋司), e la sua mano si riconosce, palese, con tutti i suoi vizî e virtù, la stessa che ha già contribuito a firmare, ora più nascosta ora più visibile, con apporti grandi e piccoli a seconda di casi e occasioni, i più indovinati episodî di Sailor Moon, e poi note celebrità quali Evangelion, Utena, FLCL, Rah Xephon, Bōkyaku no senritsu (più conosciuto quest'ultimo come Melody of Oblivion).
Tornano e ritornano lì come qui, ora come allora, le ossessioni e il gusto tipici di Enokido: un'analisi psicologica condotta sul filo del rasoio, sottile quanto basta per eviscerare l'oscuro interiore dei suoi personaggi, tagliente a sufficienza per ferirli con calcolata crudeltà; ci sono rapporti umani votati più spesso alla frustrazione che al successo, c'è un cerebrale sadomasochismo di fondo, c'è la maliconia per un presente fatto di ricordi appassiti, c'è l'idea di essere gli (in?)volontarî prigionieri d'un tempo che s'è fatto immobile, il sospetto d'essere attori d'un palcoscenico in cui si recita solo una tra tante storie possibili, e l'ansia profonda di uscirne e sbocciare in un Mondo esterno (forse metafora della condizione adulta?) e il timore d'affrontarlo, d'uscire da una gabbia dorata per trovarsi unicamente ad affrontare l'aridità di un'esistenza ordinaria.

Star Driver 4

Utena aveva provato a fondere l'estetica shōjo manga e la classica ambientazione scolastica con suggestioni di trasformazioni magiche e allusioni favolistiche ed esoteriche. Ora Star Driver affronta la prova, forse più ardua, di ritornare nello scenario di banchi, lavagne e studenti per combinarlo con gli stilemi dell'animazione giapponese robotica classica, per quanto radicalmente rivisitata.
Il gioco non è facile ma l'esito a conti fatti tiene senza mai scollarsi troppo.
Qualcosa in tal senso del resto già riluceva in Evangelion, anche se rispetto a quest'ultimo Star Driver sta alla larga dalle derive esistenzialiste e freudiane più esasperate (ed esasperanti...) della celebrità Gainax, preferendo un protagonista piuttosto tamarro (e, si deve dirlo, nemmeno così memorabile, specie rispetto a diversi comprimarî) e una risoluzione del suo intreccio che si potrebbe definire quasi classica.
Pur senza rinunciare a qualche gradita spruzzata di originalità anticonformista, Star Driver si conclude in maniera gradevole ma non troppo clamorosa, e pagando un po' pegno con alcuni inciampi di retorica giovanilistica e la scelta per un dualismo buoni-cattivi non troppo calcato, ma comunque un po' dissonante rispetto a un impianto dell'opera che a più riprese si annunciava come ben più ambizioso.
Ma in fondo, senza pretendere né rischiare troppo, Star Driver da dire e da dare ne ha, in attesa di puntare più in alto.