Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Nuovo appuntamento con recensioni dedicate ai lungometraggi animati e titoli scelti ad ampio raggio quanto a generi con Kara no kyoukai 1: Overlooking View, Inaka Isha e Loups=Garous.

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Primo di una serie di 8 mini film, "Kara no kyoukai 1: Overlooking View" risulta essere un anime dai toni cupi e misteriosi capace inoltre di mostrarsi tanto cruento quanto riflessivo in particolari momenti.
Shiki è una ragazza silenziosa e non molto socievole che tra le tante cose riesce a vedere gli spiriti, mentre il suo amico Kokuto, di ben altro carattere, è un ragazzo come tanti con la testa fra le nuvole. Una serie di misteriosi e inspiegabili suicidi sta prendendo mano nella città, e per essere precisi in un oramai decadente palazzo, una volta rinomato e moderno. Starà a Shiki scoprirne le motivazioni, anche se a dirla tutta non si capisce perché debba occuparsene proprio lei: insomma, appartiene a un organizzazione o cosa?

Il ritmo lento e riflessivo è una caratteristica voluta e, visti i temi trattati nonché il particolare tipo di narrazione, risulta anche azzeccata come scelta. Le scene d'azione saranno davvero poche, ma splendidamente realizzate mostrandoci animazioni create con grande maestria e un ottimo uso della computer graphic.
Essenzialmente l'anime punta sulla profondità dei dialoghi e sui pensieri dei personaggi principali che, tramite appunto i loro ragionamenti, riusciranno a darci qualche indizio su ciò che sta succedendo attorno a loro, o semplicemente a fornirci qualche dettaglio sulla personalità degli stessi. Se non siete dotati di grande pazienza allora passate ad altro, dato che l'importanza dei dialoghi è assoluta.

Tecnicamente il lavoro svolto è ottimo sotto ogni aspetto, a cominciare da quello grafico che fonde la relativa semplicità dei disegni dei personaggi con l'estrema cura e attenzione per i dettagli degli sfondi e degli oggetti d'uso quotidiano. L'audio è come ci si aspetterebbe, ovvero calmo e rilassante nei momenti di "quiete" ed energico quanto basta nelle fasi d'azione che essendo poche, come già detto, non verranno notate più di tanto.
Questo "Overlooking View" ha del potenziale, ma nonostante la durata del "capitolo" ci vengono fornite solo briciole riguardo ai personaggi e allo status quo del mondo in cui si trovano. Tanto per intenderci, della protagonista, Shiki, non si sa assolutamente nulla, compreso il perché riesca a vedere gli spiriti, così come non si sa nulla di Kokuto o del come si conoscano i due. Insomma, i punti in sospeso sono tanti e lo spettatore meno paziente potrebbe stancarsene presto, il che sarebbe un vero peccato visto il grande valore che questa mini serie nasconde. Uno scontatissimo consiglio è quello di visionarsi anche il secondo capitolo, poiché scopre le carte del passato dei protagonisti e chiarisce molti punti oscuri.



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<i>“La vera via passa per una corda che non è tesa in alto, ma appena al di sopra del suolo. Sembra destinata a far inciampare più che a essere percorsa”.</i>

Se nel 2002 il regista Yamamura Koji si ispirava a un rakugo (un monologo comico giapponese) per produrre il suo corto, questa volta cambia completamente registro e si dedica ad un racconto di Franz Kafka, "Un medico di campagna", che dà il titolo alla raccolta di racconti del 1919 in cui è contenuta.
"Franz Kafka's A Country Doctor", annata 2007, è insieme ad Atama Yama (nomination agli Oscar 2003) l'opera di Yamamura che ha avuto più successo tra i critici cinematografici, facendo letteralmente incetta di premi. La giuria delll'Anifest Film Festival, che l'ha premiato come miglior corto, l'ha definito "ispirato, espressivo, originale, dimostrazione di un'eccellente capacità narrativa e d'animazione".

Ritengo praticamente obbligatorio avere letto il racconto di Kafka per potere godere appieno la visione di questi 20 minuti circa di animazione.
Quando lessi il racconto, provai una sensazione mai provata con un testo scritto, la capacità espressiva dello scrittore ceco riuscì infatti a trasportarmi in una dimensione onirica, la forza delle parole e delle immagini che ne scaturiscono è tale da riuscire a farti vivere un incubo a occhi aperti. Ma Yamamura, sebbene con tutte le limitazioni che derivano dal trasformare un racconto in animazione, riesce ad adattarlo alla perfezione.
Penso che anche Franz Kafka sarebbe entusiasta del risultato, perfino una frase come <i>"La porta si aprì sbattendo ripetutamente sui cardini, e fui investito da una folata calda, odorosa di cavalli."</i>, che esprime un'azione che contempla il senso dell'olfatto, riesce a raggiungere lo spettatore grazie alla natura sperimentale dell'opera.
Il regista giapponese non osa mettere mano sul racconto, nulla di quanto scritto viene cambiato, semmai adattato con diverse tecniche all'animazione, è il caso della voce narrante dello stesso dottore, che viene rappresentata da due piccoli omini neri, che prendono parola durante le scene come se nulla fosse, e nessuno dei personaggi, dottore compreso, si accorge di loro: si tratta di un corridoio tra il protagonista e lo spettatore.
Due voci come il dottore e il paziente, il primo rappresentante la parte razionale dell'uomo e il secondo quella emotiva, il primo afflitto dalla perdita della sua cara Rosa e il secondo afflitto da quel "fiore" nel fianco. Il paziente chiede al dottore di essere lasciato morire, ma anche il dottore (o meglio, uno dei due omini neri) dice "anch'io voglio morire", si tratta di un dualismo.

Movimenti inumani e repentini combinati con la mancanza di proporzione anatomica moltiplicano la vena sperimentale dell'opera, ma un altro grande aiuto arriva dalla particolare musica del duo femminile Syzygys, che ormai può vantare una certa esperienza in questo campo, avendo collaborato con Yamamura già in numerosi corti come Atama Yama, Bavel's Book, A Child's Metaphysics e Man & Whale.
Chi segue Koji Yamamura è a conoscenza dell'importanza che questo regista dà alla comunicazione, di come la utilizzi in modo pedagogico quando indirizza un prodotto ai bambini o di quando in Atama Yama decise d'improntare la narrazione sullo stile rokyoku. Ebbene in questo tassello della sua filmografia egli decide di tentare un altro approccio, includendo nel cast dei doppiatori la casata degli Shigeyama, attiva da 200 anni nel mondo del Kyogen, una forma di teatro tradizionale giapponese. Abbiamo quindi Sensaki (nato nel 1919) che doppia il dottore, suo figlio Shime (1947) che dà voce allo stalliere, e poi tre della generazione più giovane, Ippei nel ruolo del ragazzo e Shigeru e Doji come voci narranti. Tre generazioni che doppiano i ruoli più importanti, tralasciando Rosa per il semplice fatto che nel Kyogen si esibiscono solo uomini, anche in panni femminili se necessario.

Franz Kafka possiede un difetto e un pregio, che è lo stesso: i testi da lui scritti sono talmente criptici e simbolici che perfino le analisi degli esperti delle sue opere non si possono dire realmente oggettive, per quanto ben argomentate. Ritengo che le sue opere abbiano un grosso margine di soggettività, motivo per il quale vi consiglio di leggervi il racconto, guardarvi il corto e ottenere la vostra personale visione d'insieme.



4.0/10
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In un futuro non troppo lontano gli uomini vivono in una società distopica che li controlla ogni secondo, li fa vivere in un isolamento quasi completo; unico contatto con gli altri sono i monitor, aggeggi iper-tecnologici con svariate funzioni, compresa quella da fungere da GPS per localizzare il possessore ovunque si trovi. La città in cui si muovono i protagonisti è deserta, le strade pattugliate costantemente da poliziotti meccanici, le telecamere sparse ovunque. Tutto procede tranquillamente finché una serie di efferati omicidi sconvolge le coscienze della popolazione. Una vera disgrazia, ma non c'è da avere paura, ad affrontare il brutto cattivone che ha osato perpetrare un gesto così nefando assistito dai suoi unici due impiegati sottopagati ci penseranno le nostre allegre protagoniste: quattro adorabili ragazze, che casualmente vanno tutte nella stessa scuola - che sia l'unica della città? -, un team formato da un hacker professionista, un'esperta di arti marziali, un'assassina provetta, e infine, immancabile come sempre, quella "normale".
Certo non ci sarebbe niente di male se <i>Loups-Garous</i>, ovvero "lupo mannaro", fosse un anime che non si prende sul serio, un film concepito solo per farsi due risate, con personaggi e storia chiaramente esagerati. In questa maniera forse sarebbe risultato gradevole, ma il lungometraggio non ci sta, vuole essere credibile, vuole trattare temi evidentemente più grandi di quello che può offrire, finendo inevitabilmente per fare una pessima figura.

Il primo grande difetto è sicuramente una scarsissima caratterizzazione della società in cui le nostre ragazze vivono, le uniche cose che vengono dette e fatte vedere allo spettatore sono piccoli dettagli, cose buttate qua e là tanto per dare una parvenza di realismo all'ipotetica città in cui si dipana la vicenda, cose che non riescono a giustificare buona parte dei comportamenti delle protagoniste. Ma forse questo è anche dovuto ai profili psicologici delle nostre eroine che tendono a ricalcare i soliti stereotipi visti e stravisti: piccola genietta estroversa, tsundere, main character inetta che diventa grande grazie alla "forza dell'amore" delle sue amiche.
Inoltre sono presenti alcune contraddizioni non di poco peso, quale ad esempio il fatto che in una società che opprime gli individui fin dall'infanzia, li fa vivere da soli, li spinge all'isolamento, di punto in bianco, quando i bambini raggiungono i quindici anni - l'età che presumo abbiano le nostre amiche - li obbliga ad andare a scuola per imparare a socializzare con gli altri. Non riesco a trovare il senso di questo comportamento. Oltretutto l'anime è tratto da un romanzo, quindi mi aspettavo una contestualizzazione più decente, qualcosa che si avvicinasse a quella di <i>1984</i>, di <i>Brave new world</i> o de <i>Il signore delle mosche</i>, tutti libri che si possono tranquillamente accostare a questo prodotto viste le tematiche affini e che rivelano quanto quest'ultimo sia mediocre.

Il comparto tecnico non se la cava meglio. Per quanto le animazioni e gli ambienti non siano male, il design spigoloso dei personaggi è piuttosto brutto e decisamente non aiuta a prendere sul serio le protagoniste. Come se non bastasse l'uso di una CG davvero invasiva, che per fortuna non è stata sfruttata per molte scene, e un comparto sonoro a dir poco orribile riescono a rendere la visione ancora meno piacevole di quanto già non sia. In particolare mi riferisco alle "canzoncine" della band delle ragazze, a dir poco inascoltabili, ma se anche piacessero bisognerebbe ammettere che sono decisamente inadatte a un film di questo genere.

Eppure, nonostante tutto, se fosse solo per questo, il lungometraggio potrebbe anche risultare piacevole a chi voglia riempire una serata noiosa d'estate e non abbia di meglio da fare. Ma non temete, non accadrà mai, perché ad affossare il tutto ci penserà una trama che definire prevedibile sarebbe un eufemismo. A volte mi ritrovavo a sperare che non accadesse nulla, perlomeno in questa maniera mi sarei ritrovato sotto gli occhi una storia più classica, ma per certi versi meno banale.
Ma anche questo era sopportabile. Ciò che rovina completamente tutto è il motivo per cui il cattivone ha elaborato il suo piano diabolico, una vera sciocchezza degna del più demenziale dei film in circolazione. E tuttavia, se per caso ci fosse ancora qualcuno intenzionato a visionare questo prodotto, si faccia un favore: si guardi subito gli ultimi dieci minuti e dopo, consapevole di non essersi perso alcuna gemma dell'animazione, usi quell'ora e mezza che avrebbe sprecato con <i> Loups-Garous</i> per visionare qualcosa di meritevole, qualcosa come, tanto per restare in tema, <i>Ghost in the Shell</i>.