Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Apertura di settimana con venature sentimentali: 5 centimetri al secondo, Miha Paradise e AnoHana.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Apertura di settimana con venature sentimentali: 5 centimetri al secondo, Miha Paradise e AnoHana.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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5 centimetri al secondo
8.0/10
Se state leggendo questa recensione significa che volete sapere se vale la pena "specare" un'ora della vostra vita vedendo quest'opera. Se volete la mia opinione personale, io vi dico: sì, ne vale assolutamente la pena. I vostri occhi prima e il vostro cuore poi vi ringrazieranno.
La storia ruota attorno a Takaki e Araki, due bambini che si conoscono a scuola e legano subito, accomunati dai continui trasferimenti e da una salute leggermente cagionevole. Quando, alle soglie dell'adolescenza, la loro profonda amicizia potrebbe trasformarsi in qualcosa di più, Araki deve nuovamente trasferirsi. Inizia così un'intensa corrispondenza che culminerà con un incontro prima dell'ennesimo trasferimento e che segnerà per sempre la futura vita di entrambi.
Ma, oltre ai personaggi e alle loro storie, due sono i veri protagonisti di quest'anime. Innanzitutto l'amore idealizzato, perché non vissuto ma cristallizzato in un istante perfetto, oppure perché non corrisposto, come nel secondo episodio, fra Takaki e una sua compagna di scuola. Un sentimento che, proprio perché non corroso dalla quotidianità, diventa così puro da essere ineguagliabile e che porterà Takaki a rinchiudersi in se stesso e a non essere capace di vivere fino in fondo la sua vita e quello che gli offre.
La natura è l'altra compartecipe di questo affresco, dipinto in maniera superba dal regista Shinkai, moderno pittore di vedute, che grazie alla sua tecnica è stato paragonato ai grandi nomi dell'animazione giapponese come Miyazaki. Essa occupa ogni scena, sotto forma di neve, di mare o di petali di ciliegio ed è resa in maniera così realistica, così perfetta e precisa da togliere il fiato; riusciamo quasi a percepire il freddo intenso dell'abbondante nevicata del primo episodio, la brezza marina e il calore estivo nel secondo e nel terzo la leggerezza delle migliaia di petali che scendono a terra alla velocità di 5 cm al secondo, che danno il titolo all'opera.
Si riesce ad apprezzare tutto questo grazie all'ottima grafica: il disegno è pulito, nitido ma mai freddo, ricco di particolari che rendono il quadro sontuoso senza essere stucchevole. La presenza del computer non è mai ingombrante, né fastidiosa ma serve solo a rendere l'impatto visivo ancora più coinvolgente.
Originale la chiusura, affidata a una canzone il cui testo riassume bene i sentimenti dei protagonisti e che lascia intravedere comunque un barlume di speranza. Triste ma non melenso, "5 Cm Per Second" non indulge nella lacrima facile, ma lascia molto su cui riflettere. Per apprezzarlo appieno bisogna essere nello spirito d'animo giusto, perché è una storia che non fa sconti.
La storia ruota attorno a Takaki e Araki, due bambini che si conoscono a scuola e legano subito, accomunati dai continui trasferimenti e da una salute leggermente cagionevole. Quando, alle soglie dell'adolescenza, la loro profonda amicizia potrebbe trasformarsi in qualcosa di più, Araki deve nuovamente trasferirsi. Inizia così un'intensa corrispondenza che culminerà con un incontro prima dell'ennesimo trasferimento e che segnerà per sempre la futura vita di entrambi.
Ma, oltre ai personaggi e alle loro storie, due sono i veri protagonisti di quest'anime. Innanzitutto l'amore idealizzato, perché non vissuto ma cristallizzato in un istante perfetto, oppure perché non corrisposto, come nel secondo episodio, fra Takaki e una sua compagna di scuola. Un sentimento che, proprio perché non corroso dalla quotidianità, diventa così puro da essere ineguagliabile e che porterà Takaki a rinchiudersi in se stesso e a non essere capace di vivere fino in fondo la sua vita e quello che gli offre.
La natura è l'altra compartecipe di questo affresco, dipinto in maniera superba dal regista Shinkai, moderno pittore di vedute, che grazie alla sua tecnica è stato paragonato ai grandi nomi dell'animazione giapponese come Miyazaki. Essa occupa ogni scena, sotto forma di neve, di mare o di petali di ciliegio ed è resa in maniera così realistica, così perfetta e precisa da togliere il fiato; riusciamo quasi a percepire il freddo intenso dell'abbondante nevicata del primo episodio, la brezza marina e il calore estivo nel secondo e nel terzo la leggerezza delle migliaia di petali che scendono a terra alla velocità di 5 cm al secondo, che danno il titolo all'opera.
Si riesce ad apprezzare tutto questo grazie all'ottima grafica: il disegno è pulito, nitido ma mai freddo, ricco di particolari che rendono il quadro sontuoso senza essere stucchevole. La presenza del computer non è mai ingombrante, né fastidiosa ma serve solo a rendere l'impatto visivo ancora più coinvolgente.
Originale la chiusura, affidata a una canzone il cui testo riassume bene i sentimenti dei protagonisti e che lascia intravedere comunque un barlume di speranza. Triste ma non melenso, "5 Cm Per Second" non indulge nella lacrima facile, ma lascia molto su cui riflettere. Per apprezzarlo appieno bisogna essere nello spirito d'animo giusto, perché è una storia che non fa sconti.
Miha Paradise
7.0/10
Qualche anno dopo il fortunatissimo "Ai shite knight", la mai troppo compianta Kaoru Tada ci riprovò. Ecco ancora una volta una giovane, Narumi, e due affascinanti cantanti rock, Ichiro e Keisuke. L'amore, le lacrime, i triangoli, le fans inviperite, i capelli cotonati e i giubbotti di pelle con le borchie.
L'incipit, praticamente, è ancora una volta lo stesso: una ragazza che viene introdotta da un'amica al mondo della musica rock, da lei ignorato fino a quel momento, e finisce per invaghirsi di un cantante.
Un "Kiss me Licia remixed & revisited", che però manca della forza espressiva e innovatrice posseduta dalla storia di Yakko e Go.
La brevità della storia (due volumi di cui il secondo occupato per circa metà da una storia breve che non c'entra con "Miha Paradise"), infatti, non permette a Narumi, Ichiro e Keisuke di scolpirsi troppo nella memoria dei lettori. Narumi è un personaggio assolutamente standard, dal background e dal carattere poco interessanti, mentre di Ichiro praticamente non si sa nulla e appare come un personaggio piatto e un po' schizofrenico nei suoi comportamenti. Dei tre, il personaggio che spicca maggiormente è Keisuke, una rockstar tutta particolare, che appare oscuro, scorbutico e minaccioso quando in realtà è molto tranquillo e per nulla superbo.
Manca, purtroppo, una delle caratteristiche che aveva permesso al lettore di adorare "Ai shite knight" e che successivamente gli farà adorare "Itazura na kiss", ossia la presenza di tanti personaggi, tutti ben caratterizzati e divertenti. Qualche personaggio secondario "Miha Paradise" lo presenta, ma non sono poi così memorabili. Non troveremo, fra le tante groupies più o meno oche che popolano questa storia, un altro Shige-san, un Hashizo, un Giuliano, un Sudo-senpai, e anche i genitori di Narumi sono meno scoppiettanti rispetto a ciò che ci si aspetterebbe da un fumetto della Tada.
Il setting è, ancora una volta, il mondo giovanile del Giappone degli anni '80, quello delle live house e delle rockband. Il Giappone di "Miha Paradise" ha però quasi completamente accettato questa realtà filo-occidentale e, salvo un paio di fugaci frecciatine verso il finale, non c'è quel culture clash così esasperato, divertente e realistico allo stesso tempo, che era parte integrante di "Ai shite knight" e ne aveva decretato il successo.
Quel che rimane è una storiella d'amore piuttosto superficiale che si svolge sullo sfondo degli anni '80. Anni '80 sapientemente dipinti (il solo vedere raffigurata su uno sfondo una maglietta dei Blues Brothers mi farà alzare di un punto il voto di questa recensione), ma che non bastano a far scolpire nel cuore del lettore la vicenda della giovane Narumi, che sarà una fugace lettura sì piacevole ma anche poco memorabile. Molto graziosa, nella sua semplicità, è invece la storia breve che chiude la serie, dove la Tada torna a parlarci di amori che nascono grazie a vivaci bimbi ficcanaso Hashizo-style.
"Miha Paradise" è una storia molto breve e semplice, che non lascia troppo il segno. E' abbastanza piacevole e i fans del mondo degli anni '80 dovrebbero dargli un'occhiatina d'obbligo, ma dall'autrice ci si aspettava molto di più, e il rimpianto per ciò che sarebbe potuto diventare e non è stato, purtroppo, è grande.
L'incipit, praticamente, è ancora una volta lo stesso: una ragazza che viene introdotta da un'amica al mondo della musica rock, da lei ignorato fino a quel momento, e finisce per invaghirsi di un cantante.
Un "Kiss me Licia remixed & revisited", che però manca della forza espressiva e innovatrice posseduta dalla storia di Yakko e Go.
La brevità della storia (due volumi di cui il secondo occupato per circa metà da una storia breve che non c'entra con "Miha Paradise"), infatti, non permette a Narumi, Ichiro e Keisuke di scolpirsi troppo nella memoria dei lettori. Narumi è un personaggio assolutamente standard, dal background e dal carattere poco interessanti, mentre di Ichiro praticamente non si sa nulla e appare come un personaggio piatto e un po' schizofrenico nei suoi comportamenti. Dei tre, il personaggio che spicca maggiormente è Keisuke, una rockstar tutta particolare, che appare oscuro, scorbutico e minaccioso quando in realtà è molto tranquillo e per nulla superbo.
Manca, purtroppo, una delle caratteristiche che aveva permesso al lettore di adorare "Ai shite knight" e che successivamente gli farà adorare "Itazura na kiss", ossia la presenza di tanti personaggi, tutti ben caratterizzati e divertenti. Qualche personaggio secondario "Miha Paradise" lo presenta, ma non sono poi così memorabili. Non troveremo, fra le tante groupies più o meno oche che popolano questa storia, un altro Shige-san, un Hashizo, un Giuliano, un Sudo-senpai, e anche i genitori di Narumi sono meno scoppiettanti rispetto a ciò che ci si aspetterebbe da un fumetto della Tada.
Il setting è, ancora una volta, il mondo giovanile del Giappone degli anni '80, quello delle live house e delle rockband. Il Giappone di "Miha Paradise" ha però quasi completamente accettato questa realtà filo-occidentale e, salvo un paio di fugaci frecciatine verso il finale, non c'è quel culture clash così esasperato, divertente e realistico allo stesso tempo, che era parte integrante di "Ai shite knight" e ne aveva decretato il successo.
Quel che rimane è una storiella d'amore piuttosto superficiale che si svolge sullo sfondo degli anni '80. Anni '80 sapientemente dipinti (il solo vedere raffigurata su uno sfondo una maglietta dei Blues Brothers mi farà alzare di un punto il voto di questa recensione), ma che non bastano a far scolpire nel cuore del lettore la vicenda della giovane Narumi, che sarà una fugace lettura sì piacevole ma anche poco memorabile. Molto graziosa, nella sua semplicità, è invece la storia breve che chiude la serie, dove la Tada torna a parlarci di amori che nascono grazie a vivaci bimbi ficcanaso Hashizo-style.
"Miha Paradise" è una storia molto breve e semplice, che non lascia troppo il segno. E' abbastanza piacevole e i fans del mondo degli anni '80 dovrebbero dargli un'occhiatina d'obbligo, ma dall'autrice ci si aspettava molto di più, e il rimpianto per ciò che sarebbe potuto diventare e non è stato, purtroppo, è grande.
Recensione di grandebonzo
-
Sinceramente, mi aspettavo qualcosa di più.
Non che sia "Anohana" un brutto anime, intendiamoci. Ma dopo i primi due meravigliosi episodi, intrigante premessa di quello che sarebbe potuto essere un capolavoro, la narrazione perde progressivamente mordente, con l'inevitabile conseguenza - almeno da parte mia - di un brusco calo di interesse per questa serie animata.
La storia, bene o male, la conosciamo tutti: Jintan, hikikomori adolescente segnato dai lutti dell'infanzia, ha la facoltà di vedere il fantasma di Menma, compagna di giochi tragicamente morta quando entrambi erano bambini.
Causa della permanenza terrena di Menma è il desiderio di riunire nuovamente i "Super Peace Busters", il gruppo di amici di cui faceva parte insieme a Jintan, i cui membri si sono progressivamente separati e allontanati proprio a causa della scomparsa della ragazza.
Afflitti dai sensi di colpa, egoisticamente protesi verso la ricerca di un affrancamento dal loro passato doloroso, i componenti del suddetto gruppo riallacceranno progressivamente i rapporti, vincendo, grazie alla mediazione dell'eterea Menma, quei rimorsi che, come macigni, pesano sulle loro vite, fino alla scontata - ma, in un'opera del genere, necessaria - palingenesi finale.
Trovo che la trama sia originale, resa interessante da un'analisi (in parte) ben fatta dell'evoluzione psicologica dei personaggi dall'infanzia all'adolescenza, i cui traumi, essenziali nel plasmare la loro personalità e il loro comportamento, vengono accuratamente descritti, non senza una discreta dose di pathos; mi sono piaciuti, in particolare, i brevi flashback sulla malattia della madre di Jintan.
A livello grafico, disegni e animazioni sono di buona fattura, nonostante nelle puntate immediatamente precedenti a quella conclusiva si osservi un leggero calo qualitativo.
Bellissime, e orecchiabili, entrambe le sigle.
Purtroppo, accanto ai lati positivi elencati, ce ne sono perlomeno altrettanti negativi, che non posso trascurare e che, dal mio punto di vista, svalutano parzialmente l'opera in questione.
Primo fra tutti, il modo in cui viene inserito nella narrazione l'elemento paranormale. Se all'inizio della storia Menma appare una via di mezzo tra un'allucinazione della mente di Jintan e una presenza spirituale - scelta a mio parere azzeccata -, con il prosieguo della vicenda il fantasma della ragazza acquista sempre più una dimensione "fisica": muove oggetti, scrive, interagisce con le persone, e - cosa alquanto ridicola - mangia (il che mi fa supporre che uno spirito debba assolvere a tutte le funzioni fisiologiche tipiche di un essere umano).
Capisco che non si volesse sceneggiare un dramma psicologico, quanto piuttosto un'opera melodrammatica, ma, in base a quanto detto poc'anzi, certe soluzioni narrative sono davvero incomprensibili: perché, ad esempio, solo Jintan può vedere lo spirito di Menma? Perché, se Menma può fisicamente modificare l'ambiente, le sue parole invece non possono essere percepite?
Evitando di dare spiegazioni metafisiche si finisce per rendere il tutto un polpettone stile "Ghost", dove è lecito avvalersi di ogni espediente possibile per strappare quella benedetta lacrimuccia allo spettatore più incline al sentimentalismo (e, badate, certe volte lo sono anch'io!).
Analogamente, molte altre scene che vorrebbero essere struggenti, soprattutto quelle di pianto collettivo, appaiono forzate, quasi fastidiose, alimentando il sospetto che la parte più drammatica dell'anime nasconda, ahimé, l'assenza di sentimenti genuini.
Non parliamo infine dei cambiamenti repentini, e ingiustificati, che certi personaggi hanno a un certo punto della storia: Yukiatsu, ad esempio, che da sempre alterna disprezzo e invidia nei confronti di Jintan, tutto a un tratto sembra diventare il suo migliore amico, dimenticando d'embleé tutte le incomprensioni e tutti i contrasti avuti.
Sarò io a non comprendere la magia e il candore dell'amicizia pura? Può darsi.
Allo stesso modo non capisco certe dinamiche amorose dell'anime, a mio parere un po' artificiose.
Nonostante i difetti riscontrati, "Anohana" si dimostra comunque una piacevole visione, sorretta da una realizzazione tecnica all'altezza; se affrontata con il giusto spirito, ovvero sedendosi in poltrona senza badare troppo alle falle della sceneggiatura, può rivelarsi decisamente gradevole, soprattutto agli amanti delle storie dichiaratamente strappalacrime.
Non che sia "Anohana" un brutto anime, intendiamoci. Ma dopo i primi due meravigliosi episodi, intrigante premessa di quello che sarebbe potuto essere un capolavoro, la narrazione perde progressivamente mordente, con l'inevitabile conseguenza - almeno da parte mia - di un brusco calo di interesse per questa serie animata.
La storia, bene o male, la conosciamo tutti: Jintan, hikikomori adolescente segnato dai lutti dell'infanzia, ha la facoltà di vedere il fantasma di Menma, compagna di giochi tragicamente morta quando entrambi erano bambini.
Causa della permanenza terrena di Menma è il desiderio di riunire nuovamente i "Super Peace Busters", il gruppo di amici di cui faceva parte insieme a Jintan, i cui membri si sono progressivamente separati e allontanati proprio a causa della scomparsa della ragazza.
Afflitti dai sensi di colpa, egoisticamente protesi verso la ricerca di un affrancamento dal loro passato doloroso, i componenti del suddetto gruppo riallacceranno progressivamente i rapporti, vincendo, grazie alla mediazione dell'eterea Menma, quei rimorsi che, come macigni, pesano sulle loro vite, fino alla scontata - ma, in un'opera del genere, necessaria - palingenesi finale.
Trovo che la trama sia originale, resa interessante da un'analisi (in parte) ben fatta dell'evoluzione psicologica dei personaggi dall'infanzia all'adolescenza, i cui traumi, essenziali nel plasmare la loro personalità e il loro comportamento, vengono accuratamente descritti, non senza una discreta dose di pathos; mi sono piaciuti, in particolare, i brevi flashback sulla malattia della madre di Jintan.
A livello grafico, disegni e animazioni sono di buona fattura, nonostante nelle puntate immediatamente precedenti a quella conclusiva si osservi un leggero calo qualitativo.
Bellissime, e orecchiabili, entrambe le sigle.
Purtroppo, accanto ai lati positivi elencati, ce ne sono perlomeno altrettanti negativi, che non posso trascurare e che, dal mio punto di vista, svalutano parzialmente l'opera in questione.
Primo fra tutti, il modo in cui viene inserito nella narrazione l'elemento paranormale. Se all'inizio della storia Menma appare una via di mezzo tra un'allucinazione della mente di Jintan e una presenza spirituale - scelta a mio parere azzeccata -, con il prosieguo della vicenda il fantasma della ragazza acquista sempre più una dimensione "fisica": muove oggetti, scrive, interagisce con le persone, e - cosa alquanto ridicola - mangia (il che mi fa supporre che uno spirito debba assolvere a tutte le funzioni fisiologiche tipiche di un essere umano).
Capisco che non si volesse sceneggiare un dramma psicologico, quanto piuttosto un'opera melodrammatica, ma, in base a quanto detto poc'anzi, certe soluzioni narrative sono davvero incomprensibili: perché, ad esempio, solo Jintan può vedere lo spirito di Menma? Perché, se Menma può fisicamente modificare l'ambiente, le sue parole invece non possono essere percepite?
Evitando di dare spiegazioni metafisiche si finisce per rendere il tutto un polpettone stile "Ghost", dove è lecito avvalersi di ogni espediente possibile per strappare quella benedetta lacrimuccia allo spettatore più incline al sentimentalismo (e, badate, certe volte lo sono anch'io!).
Analogamente, molte altre scene che vorrebbero essere struggenti, soprattutto quelle di pianto collettivo, appaiono forzate, quasi fastidiose, alimentando il sospetto che la parte più drammatica dell'anime nasconda, ahimé, l'assenza di sentimenti genuini.
Non parliamo infine dei cambiamenti repentini, e ingiustificati, che certi personaggi hanno a un certo punto della storia: Yukiatsu, ad esempio, che da sempre alterna disprezzo e invidia nei confronti di Jintan, tutto a un tratto sembra diventare il suo migliore amico, dimenticando d'embleé tutte le incomprensioni e tutti i contrasti avuti.
Sarò io a non comprendere la magia e il candore dell'amicizia pura? Può darsi.
Allo stesso modo non capisco certe dinamiche amorose dell'anime, a mio parere un po' artificiose.
Nonostante i difetti riscontrati, "Anohana" si dimostra comunque una piacevole visione, sorretta da una realizzazione tecnica all'altezza; se affrontata con il giusto spirito, ovvero sedendosi in poltrona senza badare troppo alle falle della sceneggiatura, può rivelarsi decisamente gradevole, soprattutto agli amanti delle storie dichiaratamente strappalacrime.
Condivido in pieno sia su 5cm per second che su Anohana.
Il primo è già un piccolo cult, da vedere assolutamente. A volte la bellezza del racconto è quasi messa in ombra dalla maniacale composizione delle inquadrature. Rischiosa ma indovinatissima la scelta di affidare il finale alla canzone.
Anche del secondo ne consiglio la visione, condivido sia i pregi che i difetti (alcuni dei quali tutto sommato trascurabili) riscontrati dalla chirurgica analisi di Grandebonzo. Tutto sommato per me è stata una bella serie con un particolare encomio per le caratterizzazioni e il frequente uso del flashback, davvero efficace.
Complimenti agli autori!!
5cm x second ce l'ho da parte da un'infinità di tempo, aspetto il momento giusto, o forse dovrei dire l'umore giusto, per guardarmelo e spero che mi faccia la stessa impressione che ha fatto ad Hachi.
Su Ano Hana concordo con le considerazioni di Grandebonzo e col voto, che è il medesimo che attribuisco io all'opera in questione.
Concordo parecchio anche col commento di Zero zone
Anch'io, tentando di dare un giudizio che non sia solo soggettivo, assegno un 7 ad Ano hana ma lo definirei tutt'altro che imperdibile e molti passaggi sono persin "fastidiosi". Non mi ha dato l'impressione (se non vagamente sul finale) di essere un anime che possa far veramente commuovere e con me proprio non c'è proprio riuscito.
@Sakuragi: se nn ho messo 10 è perchè è un voto che uso con molta parsimonia, per darlo deve esserci stato qualcosa nel manga o nell'anime che mi ha "cambiato" la vita!
Bravi anche agli altri recensori!
Ho visto AnoHana, e gli ho dato 5.
Cosa c'è di sbagliato in me? Perché dove tutti vedono il sentimento io vedo la fuffa?
Anohana è interessante e tutto sommato caruccio, ma paga lo scotto di un design troppo moderno e anonimo e di un cast di personaggi mediamente simpatici come una martellata sull'alluce. Peccato, perchè la storia aveva delle ottime premesse, e se realizzata in modo leggermente diverso sarebbe stato molto più bello, a mio avviso. Nondimeno, nella mia recensione gli ho dato lo stesso voto di Grandebonzo perchè comunque ad altri (soprattutto gli adolescenti di oggi, che hanno la stessa età dei protagonisti e quindi si possono ritrovare sia in loro sia nello stile con cui è realizzata l'opera) può piacere.
Miha Paradise invece, purtroppo, mi ha deluso. Da grande fan dell'autrice mi aspettavo grandissime cose, ma è stata un'opera solo caruccia e nulla più, piuttosto superficiale, che si reggeva solo sull'atmosfera anni '80 (comunque meglio rappresentata in Kiss me Licia).
Grazie della pubblicazione, anche se mi dispiace (ne immagino il motivo - sono le più brevi
Sono d'accordo con te. Se la butto sullo scherzo è perché non vale la pena di farsi il sangue cattivo per delle semplici divergenze d'opinione, che anzi possono essere interessanti se prive di animosità da ambo le parti
{La tua recensione però mi è piaciuta, BTW.}
Un PS al recensore: parla una a cui Ghost non è mai piaciuto, ma da anni e anni nessuno si lamenta del suo essere un polpettone romantico, anzi!
Ti faccio compagnia, ho visto anch'io 5cm al secondo e non sono riuscito ad apprezzarlo, bellissimo l'aspetto grafico, ma della storia non ho capito molto, soprattutto il perché i protagonisti si comportano come si comportano, il tutto é troppo implicito...non fa per me...coloro che lo esaltano, mi perdonino.
Della mia non recentissima recensione di Anohana posso solo aggiungere che vidi l'anime subito dopo aver completato le due serie di "Clannad", e per una sorta di involontario paragone con quest'ultimo - che mi aveva oltremodo entusiasmato -, i difetti che ho riscontrato nel primo mi sono probabilmente giunti amplificati. Tuttavia, continuo a non digerirne alcune scelte registiche, nonché alcune dinamiche (soprattutto nelle relazioni tra i personaggi) a mio parere un po' poco plausibili.
@Arashi84: sul giudizio di Ghost mi trovi pienamente d'accordo! E non è la prima volta che i nostri gusti coincidono!
Ho visto AnoHana, e gli ho dato 5.
Cosa c'è di sbagliato in me? Perché dove tutti vedono il sentimento io vedo la fuffa?
Haha XD Ais quin, siamo in due allora^^
in tre^^
Tre gran belle recensioni, comunque. Probabilmente dovrei rivedere 5cm for second per comprendere appieno il finale (allora non era ancora licenziato in Italia e il fansub che ho seguito faceva pena), Anohana l'ho visto su Rai4 e mi è bastato
Il secondo non mi interessa e AnoHana... veramente bello e toccante in più punti (sebbene troppo artificiosi gli ultimi 2)
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