Though I keep searching for an answer,
I never seem to find what I'm looking for
Oh Lord, I pray
You give me strength to carry on,
'cos I know what it means
To walk along the lonely street of dreams


(Whitesnake, "Here I go again", 1982)

 

Jojo Stone Ocean 1Non c'è pace per la stirpe dei Joestar, i cui componenti sono destinati a lottare contro la leggendaria maschera di pietra e il crudele e ambizioso Dio Brando cui grazie ad essa si è aperta la via del male e del potere. Una lotta epica e sanguinosa che si perpetua sin dalla Londra vittoriana e, con varie diramazioni, prosegue attraverso il tempo, lo spazio e le generazioni, fino a diventare essa stessa una leggenda, che continuerà ad essere narrata e vissuta in eterno...
Si potrebbe dire che sia questo il messaggio chiave di Stone Ocean, sesta (e, in un certo senso, ultima) parte della lunga saga generazionale di JoJo, nata dalla fervida fantasia di Hirohiko Araki che presenta un nuovo, fondamentale tassello della lotta fra il bene incarnato dalla famiglia Joestar e il male rappresentato da Dio Brando.
L'ombra del malefico nemico apparso nella prima serie Phantom Blood e poi sconfitto definitivamente nella terza Stardust Crusaders, infatti, continua a minacciare l'umanità anche svariati decenni dopo la sua morte, negli Stati Uniti di un 2011 fittizio.
Jolyne Kujo, la figlia di Jotaro, trascorre la sua giovinezza nel carcere di Green Dolphin Street, dove è stata rinchiusa in seguito all'infondata accusa di omicidio.
E' qui che il destino si mette in moto, permettendo alla ragazza di ottenere un potere Stand, Stone Free (capace di creare un filo che Jolyne può controllare a suo piacimento nei modi più ingegnosi) e facendole incontrare amici ed alleati ma anche un enigmatico e pericoloso avversario che ha un profondo legame con Dio Brando e un oscuro progetto in mente.

Ancora una volta, Hirohiko Araki ribalta il suo celebre manga. Dopo averci fatto assistere alla loro mutazione da colossi forti e robusti a mafiosi secchi e pacchiani, l'autore dà il colpo di grazia alla virilità dei suoi eroi presentandoci inaspettatamente come protagonista una ragazza, accompagnata per buona parte della storia da un cast di alleati ed avversari tutti al femminile.
Se, però, Giorno e compagni erano maschi dall'aria molto effeminata, di rimando, Jolyne e le altre ragazze che affollano il penitenziario di Green Dolphin Street sono, invece, un po' mascoline, un po' popstar di fine anni '90 (si dice che, per creare la protagonista, l'autore si sia ispirato al look sfoggiato da Britney Spears nel suo primo video "Baby one more time") e decisamente toste. Sanno il fatto loro, hanno ben chiari i loro obbiettivi e riescono a spuntarla contro le terribili avversarie che le tormentano all'interno del carcere, le guardie e i detenuti del "sesso forte", ma sanno anche essere belle, affascinanti e ben caratterizzate.
I personaggi maschili che, in seguito, si affiancheranno a Jolyne e alle sue compagne magari non brilleranno per virilità (tanto che uno di loro, Anasui, viene inizialmente presentato come donna e poi l'autore gli cambia sesso dopo qualche vignetta), ma sono comunque dei bei personaggi, che è interessante seguire.
Ognuno dei membri del gruppo di personaggi che si verrà man mano a costituire, infatti, ha una sua storia personale e compie un suo ben preciso percorso di crescita.

Jojo Stone Ocean 2

Quella dei protagonisti di Stone Ocean all'interno del carcere è una ricerca non solo di giustizia e libertà, ma anche di affetti e legami.
Come Jolyne, ragazza ben poco femminile da sempre abbandonata un po' a se stessa, che ha cercato per tutta la vita l'affetto di un padre troppo spesso assente.
L'autore tratteggia in maniera splendida il rapporto fra padre e figlia, costruendolo fra un combattimento mortale e l'altro, mentre la ragazza viene pian piano a conoscenza dei segreti della sua famiglia, di quella storia di maschere, vampiri, frecce, poteri, destini e voglie a forma di stella che la tiene così lontana e allo stesso così vicina a papà Jotaro.
Fra le mura di Green Dolphin, Jolyne cresce; trova degli amici che farebbero di tutto per lei; trova il bizzarro Anasui, che se ne innamora a prima vista e tenta il tutto per tutto, in maniera ora smargiassa e divertente, ora inaspettatamente cavalleresca e romantica, per vincere il suo cuore; ritrova il padre che ha sempre desiderato al suo fianco; trova il suo posto nel mondo, segnato dallo stellato destino della sua famiglia, e trova anche un po' se stessa, una ragazza che, dietro un aspetto da dura, in fondo cerca solo un po' d'amore e di certezze.
Come Ermes, in cerca di vendetta per la morte della sorella; come Emporio, misterioso ragazzino rimasto solo per anni in attesa di compiere una straordinaria missione; come Foo Fighters, essere sovrannaturale che Jolyne prende come sua alleata e a cui insegnerà ad amare e a capire gli umani e i loro sentimenti; come Weather Reaport, che non ricorda nulla del suo passato: tutti i personaggi della storia cercano e trovano un legame, un affetto, un amore che li farà crescere.

Si potrebbero usare, per descrivere la situazione di Jolyne e di un po' tutti i personaggi del manga, le parole della rockband inglese Whitesnake, che nel 1987 cantava:
"Is this love that I'm feeling? Is this the love that I've been searching for? Is this love or am I dreaming? This must be love, 'cos it's really got a hold on me..."
Un nome, Whitesnake, che sorprendentemente ritorna più volte all'interno della storia, associato al carismatico antagonista principale, il cui carattere pare proprio pensato sulla base dei testi della band.
Sicuramente il personaggio più interessante di tutta la vicenda, il boss finale ruba facilmente la scena a tutti gli altri personaggi con una storia personale misteriosa e affascinante che ci viene svelata a piccoli passi, per la sua enigmatica e importantissima missione, per il particolare legame che lo unisce con una geniale ambivalenza linguistica all'indimenticato Dio Brando, il villain principale della serie di JoJo.
Stone Ocean ci svela, infatti, altri tasselli del passato del carismatico Dio Brando, donandogli un'umanità e un fascino filosofico e decadente del tutto particolari, che contribuiscono a renderlo uno dei migliori cattivi mai visti nei fumetti giapponesi.

Jojo Stone Ocean 3

E' un po' il testamento spirituale di Araki, Stone Ocean, poiché contiene tutto ciò che l'autore ha inserito come elementi caratterizzanti della sua serie più famosa.
Si torna in America, ed è un'America fatta di prigioni che sembrano uscite dai film dei Blues Brothers (non a caso, uno degli Stand che a Jolyne toccherà affrontare ha l'emblematico nome di "Jailhouse Lock"), di lunghe e assolate highways (to hell), di criminali, parchi di divertimenti, basi spaziali, paludi abitate dagli immancabili coccodrilli.
Un'America che ci viene evocata attraverso le voci dei suoi cantanti, che riecheggiano ancora una volta nei nomi degli Stand: Elvis Presley, Survivor, Foo Fighters, Talking Heads, Weather Report, Kiss, Van Halen, Limp Bizkit, Marylin Manson, The Manhattan Transfer, Goo Goo Dolls, Bob Dylan, AC/DC.
Ancora, i già citati Whitesnake, Elvis Costello, Rolling Stones, Yo Yo Ma, Queen: Araki continua a saccheggiare la musica di tutto il mondo per crearci un bizzarro e affascinante jukebox dal ritmo indimenticabile.
Stone Ocean è, però, una storia vista dagli occhi di una donna, quindi l'autore non manca di approfittarne per sfruttare anche la sua passione per la moda, non solo creando abiti sempre più bizzarri e pacchiani, ma anche prendendo in prestito i nomi di innumerevoli marche e stilisti per chiamare i suoi personaggi: Guess, Hermés, Wrangler, Emporio Armani, Gucci, Kenzo Suzuki, Enrico Coveri, Dolce e Gabbana, Roccobarocco, Versace, Max Mara, Mila Schon e chi più ne ha più ne metta.

La storia offre un'interessante trama di base, ricca di misteri da scoprire poco a poco, che, come di consueto, viene raccontata attraverso i vari combattimenti contro i portatori di Stand che i nostri eroi si trovano sul loro cammino.
Anche in questo caso, l'autore si sbizzarrisce nel creare i poteri più bizzarri che ci siano, rendendo gli scontri sempre vari e ricchi di pathos e variabili: adesivi che sdoppiano gli oggetti su cui sono applicati, personaggi capaci di controllare la gravità, i meteoriti, i criptidi, personaggi che combattono seguendo il feng-shui, che incrementano l'adrenalina e la rabbia di chi gli sta intorno, che controllano a loro piacimento gli eventi passati, che resuscitano i morti come zombi, che controllano la memoria degli avversari, che (lo Stand più geniale visto sinora nella saga!) donano la vita ai personaggi di fantasia dei libri, dei fumetti, dei film e dei quadri.
I combattimenti, come da tradizione di Araki, sono sempre avvincenti, diversi e ricchi di violenza, tensione e trovate ingegnose. Dispiace, però, che lo stile di disegno sia diventato tanto piacevole nelle illustrazioni (specie quelle a colori) quanto molto più confusionario nella gestione delle tavole.
Se gli sfondi offrono paesaggi e oggetti riprodotti con grande finezza, le scene d'azione sono confuse, spesso e volentieri poco comprensibili e rendono un po' più complicato seguire gli scontri.

Jojo Stone Ocean Jolyne

 
Uno degli elementi di Stone Ocean che fanno maggiormente discutere è indubbiamente il finale, uno dei più bizzarri e assurdi mai concepiti. Allo stesso tempo entusiasmante e anticlimatico, deludente e rassicurante. Lascia nel lettore delusione e curiosità, sconforto e speranza.
Un finale inconsueto, apocalittico, che spinge la follia della storia e del suo autore ai massimi livelli, donando allo stesso tempo un'impagabile sensazione di completezza, perché la storia di JoJo finisce e non finisce qui, lasciando che la leggenda della famiglia Joestar continui a vivere attraverso i tempi e i mondi, continuando a raccontare della lotta fra il bene e il male, di coraggio, di eroi, di citazioni musicali sempre più esplicite, di poteri incredibili e di splendide bizzarrie.
E' una storia strana eppure dotata di gran fascino, quella di Stone Ocean, che si fa leggere fra interesse, entusiasmo ed emozioni, trattando temi come il razzismo, i rapporti familiari, l'amore, l'amicizia, la criminalità, la vendetta, la religione.
Sicuramente, tuttavia, scontenterà molti lettori per via di scelte particolari e coraggiose come una gran preponderanza di personaggi femminili in un racconto di botte e violenza, un'ambientazione carceraria un po' claustrofobica, continui e pressanti riferimenti al mondo della moda (di scarso interesse per il lettore medio di Shounen Jump), uno stile di disegno strambo e confusionario, un finale sui generis.
Si avverte, però, una grande coerenza nell'operato di Hirohiko Araki e nel percorso che lo ha portato a far evolvere il suo JoJo nel corso degli anni, raccontando con amore e maestria la storia della famiglia Joestar generazione dopo generazione.
Col suo stile particolarissimo e col suo finale unico al mondo, Stone Ocean è un tassello importantissimo di questa storia, che si può dire finisca un po' qui, ma solo in parte.
Perché le bizzarre avventure di JoJo sono eterne, come il nastro di Moebius che, furbescamente, il folle e geniale Hirohiko Araki ci cita di striscio nell'ultimo volume, in quello che parrebbe essere l'ennesimo, assurdo colpo di genio dei nostri eroici Joestar per trarsi d'impaccio in una situazione disperata, ma che, forse, è ben più di ciò che sembra.