Though I keep searching for an answer,
I never seem to find what I'm looking for
Oh Lord, I pray
You give me strength to carry on,
'cos I know what it means
To walk along the lonely street of dreams
(Whitesnake, "Here I go again", 1982)
I never seem to find what I'm looking for
Oh Lord, I pray
You give me strength to carry on,
'cos I know what it means
To walk along the lonely street of dreams
(Whitesnake, "Here I go again", 1982)

Si potrebbe dire che sia questo il messaggio chiave di Stone Ocean, sesta (e, in un certo senso, ultima) parte della lunga saga generazionale di JoJo, nata dalla fervida fantasia di Hirohiko Araki che presenta un nuovo, fondamentale tassello della lotta fra il bene incarnato dalla famiglia Joestar e il male rappresentato da Dio Brando.
L'ombra del malefico nemico apparso nella prima serie Phantom Blood e poi sconfitto definitivamente nella terza Stardust Crusaders, infatti, continua a minacciare l'umanità anche svariati decenni dopo la sua morte, negli Stati Uniti di un 2011 fittizio.
Jolyne Kujo, la figlia di Jotaro, trascorre la sua giovinezza nel carcere di Green Dolphin Street, dove è stata rinchiusa in seguito all'infondata accusa di omicidio.
E' qui che il destino si mette in moto, permettendo alla ragazza di ottenere un potere Stand, Stone Free (capace di creare un filo che Jolyne può controllare a suo piacimento nei modi più ingegnosi) e facendole incontrare amici ed alleati ma anche un enigmatico e pericoloso avversario che ha un profondo legame con Dio Brando e un oscuro progetto in mente.
Ancora una volta, Hirohiko Araki ribalta il suo celebre manga. Dopo averci fatto assistere alla loro mutazione da colossi forti e robusti a mafiosi secchi e pacchiani, l'autore dà il colpo di grazia alla virilità dei suoi eroi presentandoci inaspettatamente come protagonista una ragazza, accompagnata per buona parte della storia da un cast di alleati ed avversari tutti al femminile.
Se, però, Giorno e compagni erano maschi dall'aria molto effeminata, di rimando, Jolyne e le altre ragazze che affollano il penitenziario di Green Dolphin Street sono, invece, un po' mascoline, un po' popstar di fine anni '90 (si dice che, per creare la protagonista, l'autore si sia ispirato al look sfoggiato da Britney Spears nel suo primo video "Baby one more time") e decisamente toste. Sanno il fatto loro, hanno ben chiari i loro obbiettivi e riescono a spuntarla contro le terribili avversarie che le tormentano all'interno del carcere, le guardie e i detenuti del "sesso forte", ma sanno anche essere belle, affascinanti e ben caratterizzate.
I personaggi maschili che, in seguito, si affiancheranno a Jolyne e alle sue compagne magari non brilleranno per virilità (tanto che uno di loro, Anasui, viene inizialmente presentato come donna e poi l'autore gli cambia sesso dopo qualche vignetta), ma sono comunque dei bei personaggi, che è interessante seguire.
Ognuno dei membri del gruppo di personaggi che si verrà man mano a costituire, infatti, ha una sua storia personale e compie un suo ben preciso percorso di crescita.

Quella dei protagonisti di Stone Ocean all'interno del carcere è una ricerca non solo di giustizia e libertà, ma anche di affetti e legami.
Come Jolyne, ragazza ben poco femminile da sempre abbandonata un po' a se stessa, che ha cercato per tutta la vita l'affetto di un padre troppo spesso assente.
L'autore tratteggia in maniera splendida il rapporto fra padre e figlia, costruendolo fra un combattimento mortale e l'altro, mentre la ragazza viene pian piano a conoscenza dei segreti della sua famiglia, di quella storia di maschere, vampiri, frecce, poteri, destini e voglie a forma di stella che la tiene così lontana e allo stesso così vicina a papà Jotaro.
Fra le mura di Green Dolphin, Jolyne cresce; trova degli amici che farebbero di tutto per lei; trova il bizzarro Anasui, che se ne innamora a prima vista e tenta il tutto per tutto, in maniera ora smargiassa e divertente, ora inaspettatamente cavalleresca e romantica, per vincere il suo cuore; ritrova il padre che ha sempre desiderato al suo fianco; trova il suo posto nel mondo, segnato dallo stellato destino della sua famiglia, e trova anche un po' se stessa, una ragazza che, dietro un aspetto da dura, in fondo cerca solo un po' d'amore e di certezze.
Come Ermes, in cerca di vendetta per la morte della sorella; come Emporio, misterioso ragazzino rimasto solo per anni in attesa di compiere una straordinaria missione; come Foo Fighters, essere sovrannaturale che Jolyne prende come sua alleata e a cui insegnerà ad amare e a capire gli umani e i loro sentimenti; come Weather Reaport, che non ricorda nulla del suo passato: tutti i personaggi della storia cercano e trovano un legame, un affetto, un amore che li farà crescere.
Si potrebbero usare, per descrivere la situazione di Jolyne e di un po' tutti i personaggi del manga, le parole della rockband inglese Whitesnake, che nel 1987 cantava:
"Is this love that I'm feeling? Is this the love that I've been searching for? Is this love or am I dreaming? This must be love, 'cos it's really got a hold on me..."
Un nome, Whitesnake, che sorprendentemente ritorna più volte all'interno della storia, associato al carismatico antagonista principale, il cui carattere pare proprio pensato sulla base dei testi della band.
Sicuramente il personaggio più interessante di tutta la vicenda, il boss finale ruba facilmente la scena a tutti gli altri personaggi con una storia personale misteriosa e affascinante che ci viene svelata a piccoli passi, per la sua enigmatica e importantissima missione, per il particolare legame che lo unisce con una geniale ambivalenza linguistica all'indimenticato Dio Brando, il villain principale della serie di JoJo.
Stone Ocean ci svela, infatti, altri tasselli del passato del carismatico Dio Brando, donandogli un'umanità e un fascino filosofico e decadente del tutto particolari, che contribuiscono a renderlo uno dei migliori cattivi mai visti nei fumetti giapponesi.

E' un po' il testamento spirituale di Araki, Stone Ocean, poiché contiene tutto ciò che l'autore ha inserito come elementi caratterizzanti della sua serie più famosa.
Si torna in America, ed è un'America fatta di prigioni che sembrano uscite dai film dei Blues Brothers (non a caso, uno degli Stand che a Jolyne toccherà affrontare ha l'emblematico nome di "Jailhouse Lock"), di lunghe e assolate highways (to hell), di criminali, parchi di divertimenti, basi spaziali, paludi abitate dagli immancabili coccodrilli.
Un'America che ci viene evocata attraverso le voci dei suoi cantanti, che riecheggiano ancora una volta nei nomi degli Stand: Elvis Presley, Survivor, Foo Fighters, Talking Heads, Weather Report, Kiss, Van Halen, Limp Bizkit, Marylin Manson, The Manhattan Transfer, Goo Goo Dolls, Bob Dylan, AC/DC.
Ancora, i già citati Whitesnake, Elvis Costello, Rolling Stones, Yo Yo Ma, Queen: Araki continua a saccheggiare la musica di tutto il mondo per crearci un bizzarro e affascinante jukebox dal ritmo indimenticabile.
Stone Ocean è, però, una storia vista dagli occhi di una donna, quindi l'autore non manca di approfittarne per sfruttare anche la sua passione per la moda, non solo creando abiti sempre più bizzarri e pacchiani, ma anche prendendo in prestito i nomi di innumerevoli marche e stilisti per chiamare i suoi personaggi: Guess, Hermés, Wrangler, Emporio Armani, Gucci, Kenzo Suzuki, Enrico Coveri, Dolce e Gabbana, Roccobarocco, Versace, Max Mara, Mila Schon e chi più ne ha più ne metta.
La storia offre un'interessante trama di base, ricca di misteri da scoprire poco a poco, che, come di consueto, viene raccontata attraverso i vari combattimenti contro i portatori di Stand che i nostri eroi si trovano sul loro cammino.
Anche in questo caso, l'autore si sbizzarrisce nel creare i poteri più bizzarri che ci siano, rendendo gli scontri sempre vari e ricchi di pathos e variabili: adesivi che sdoppiano gli oggetti su cui sono applicati, personaggi capaci di controllare la gravità, i meteoriti, i criptidi, personaggi che combattono seguendo il feng-shui, che incrementano l'adrenalina e la rabbia di chi gli sta intorno, che controllano a loro piacimento gli eventi passati, che resuscitano i morti come zombi, che controllano la memoria degli avversari, che (lo Stand più geniale visto sinora nella saga!) donano la vita ai personaggi di fantasia dei libri, dei fumetti, dei film e dei quadri.
I combattimenti, come da tradizione di Araki, sono sempre avvincenti, diversi e ricchi di violenza, tensione e trovate ingegnose. Dispiace, però, che lo stile di disegno sia diventato tanto piacevole nelle illustrazioni (specie quelle a colori) quanto molto più confusionario nella gestione delle tavole.
Se gli sfondi offrono paesaggi e oggetti riprodotti con grande finezza, le scene d'azione sono confuse, spesso e volentieri poco comprensibili e rendono un po' più complicato seguire gli scontri.

Uno degli elementi di Stone Ocean che fanno maggiormente discutere è indubbiamente il finale, uno dei più bizzarri e assurdi mai concepiti. Allo stesso tempo entusiasmante e anticlimatico, deludente e rassicurante. Lascia nel lettore delusione e curiosità, sconforto e speranza.
Un finale inconsueto, apocalittico, che spinge la follia della storia e del suo autore ai massimi livelli, donando allo stesso tempo un'impagabile sensazione di completezza, perché la storia di JoJo finisce e non finisce qui, lasciando che la leggenda della famiglia Joestar continui a vivere attraverso i tempi e i mondi, continuando a raccontare della lotta fra il bene e il male, di coraggio, di eroi, di citazioni musicali sempre più esplicite, di poteri incredibili e di splendide bizzarrie.
E' una storia strana eppure dotata di gran fascino, quella di Stone Ocean, che si fa leggere fra interesse, entusiasmo ed emozioni, trattando temi come il razzismo, i rapporti familiari, l'amore, l'amicizia, la criminalità, la vendetta, la religione.
Sicuramente, tuttavia, scontenterà molti lettori per via di scelte particolari e coraggiose come una gran preponderanza di personaggi femminili in un racconto di botte e violenza, un'ambientazione carceraria un po' claustrofobica, continui e pressanti riferimenti al mondo della moda (di scarso interesse per il lettore medio di Shounen Jump), uno stile di disegno strambo e confusionario, un finale sui generis.
Si avverte, però, una grande coerenza nell'operato di Hirohiko Araki e nel percorso che lo ha portato a far evolvere il suo JoJo nel corso degli anni, raccontando con amore e maestria la storia della famiglia Joestar generazione dopo generazione.
Col suo stile particolarissimo e col suo finale unico al mondo, Stone Ocean è un tassello importantissimo di questa storia, che si può dire finisca un po' qui, ma solo in parte.
Perché le bizzarre avventure di JoJo sono eterne, come il nastro di Moebius che, furbescamente, il folle e geniale Hirohiko Araki ci cita di striscio nell'ultimo volume, in quello che parrebbe essere l'ennesimo, assurdo colpo di genio dei nostri eroici Joestar per trarsi d'impaccio in una situazione disperata, ma che, forse, è ben più di ciò che sembra.
Un finale inconsueto, apocalittico, che spinge la follia della storia e del suo autore ai massimi livelli, donando allo stesso tempo un'impagabile sensazione di completezza, perché la storia di JoJo finisce e non finisce qui, lasciando che la leggenda della famiglia Joestar continui a vivere attraverso i tempi e i mondi, continuando a raccontare della lotta fra il bene e il male, di coraggio, di eroi, di citazioni musicali sempre più esplicite, di poteri incredibili e di splendide bizzarrie.
E' una storia strana eppure dotata di gran fascino, quella di Stone Ocean, che si fa leggere fra interesse, entusiasmo ed emozioni, trattando temi come il razzismo, i rapporti familiari, l'amore, l'amicizia, la criminalità, la vendetta, la religione.
Sicuramente, tuttavia, scontenterà molti lettori per via di scelte particolari e coraggiose come una gran preponderanza di personaggi femminili in un racconto di botte e violenza, un'ambientazione carceraria un po' claustrofobica, continui e pressanti riferimenti al mondo della moda (di scarso interesse per il lettore medio di Shounen Jump), uno stile di disegno strambo e confusionario, un finale sui generis.
Si avverte, però, una grande coerenza nell'operato di Hirohiko Araki e nel percorso che lo ha portato a far evolvere il suo JoJo nel corso degli anni, raccontando con amore e maestria la storia della famiglia Joestar generazione dopo generazione.
Col suo stile particolarissimo e col suo finale unico al mondo, Stone Ocean è un tassello importantissimo di questa storia, che si può dire finisca un po' qui, ma solo in parte.
Perché le bizzarre avventure di JoJo sono eterne, come il nastro di Moebius che, furbescamente, il folle e geniale Hirohiko Araki ci cita di striscio nell'ultimo volume, in quello che parrebbe essere l'ennesimo, assurdo colpo di genio dei nostri eroici Joestar per trarsi d'impaccio in una situazione disperata, ma che, forse, è ben più di ciò che sembra.
Complimenti.
Quello che a me convince meno di questa serie, non è né la presenza di personaggi femminili né il finale che invece mi è piaciuto molto, perché unico e impensabile. Quello che mi ha convinto meno sono i disegni un po' troppo confusi che speso non mi han permesso di capire esattamente cosa stesse succedendo. Altra cosa i personaggi con cui ho legato molto meno rispetto a quelli delle serie precedenti. Non mi sono affezionato a loro allo stesso modo: infatti nonostante questa sia tra le più recenti serie pubblicate e che ho finita di leggere "solo" una decina di anni fa, non mi ricordo nemmeno tutti i co-protagonisti, figuriamoci gli avversari: solo il boss finale mi è rimasto veramente impresso.
Per quel che riguarda il boss finale:
spoiler
Pucci è troppo potente. Il suo Made in Heaven ha un potere troppo grande.
Anche se viene sconfitto alla fine è lui che vince.
Ed è di nuovo un boss finale che controlla il tempo, come tutti quelli primi di lui, ma questo va davvero ad un livello estremo.
Il finale non mi è piaciuto molto perchè in pratica cancella tutte le avventure vissute.
Non è la peggiore perchè c'è una protagonista femminile (anzi, Jolyne convince come protagonista), il problema è che il cast dei comprimari ad eccezione di Anasui sono veramente anonimi, piatti, tirati via e sciatti. Emporio vince la palma del peggiore di gran lunga.
Jotaro rende molto meglio come comprimario che come protagonista e questo Araki l'ha capito sin dalla quarta serie.
Il problema di questa serie sono i disegni veramente pessimi. La messa in scena dei combattimenti sulla tavola è francamente sballata e oscena, non disegnando poi gli sfondi Araki accentua la sensazione di dispersione del lettore, che farà enorme fatica a comprendere i vari combattimenti e nel penultimo volume, i disegni sono un delirio...
Padre Pucci è un discreto villain, sicuramente meglio riuscito rispetto al boss della quinta serie, con un piano filosofico ed etereo ma che è nobile nelle intenzioni, peccato per la gestione del personaggio. Dio brando e kira erano su ben altri livelli. Araki purtroppo come al solito non sa che significa pianificare una trama e ci ritroviamo quindi una marea di incongruenze e forzature per mandare avanti questa trama.
Oramai Araki usa sempre gli stand, che oramai sono una formuletta che ha stancato dopo 3 serie e che diventano sempre più complicati e dai poteri improbabili, che sono usati a convenienza dell'autore più che per effettiva utilità intrinseca.
Alcuni scontri sono stati interessanti, ma la media è calata moltissimo (i migliori sono lo stand che fa prendere vita ai personaggi delle favole e quello stile "Memento" di Nolan, che sicuramente Araki ha visto visto che alcune inquadrature e situazioni, sembrano pari pari prese dal film).
Il finale è bizzarro e originale per uno shonen, ma era necessario perchè era l'unico modo per contrastare Pucci (ma il reboot è una boiata messa lì perchè per mandare avanti la baracca, era stupido andare sempre più avanti nel futuro con le avventure dei personaggi), ma non basta a salvare questa seria dallo sfascio generale.
Oggettivamente la peggiore di Jojo.
Semplicemente non si è letto con attenzione tutte le vicende della protagonista che vengono giustificate a più riprese sia da lei stessa che da Jotaro stesso (che si autodefinisce colpevole di tutto quello che è successo a jolyne).
Inoltre non bisogna sottovalutare l'evoluzione della stessa che a differenza di tutti gli altri Jojo (compreso SBR) prende consapevolezza di sé e non butta la colpa al padre ma capisce tutto il mondo che Jotaro ha voluto allontanare da lei.
Bellissima recensione. Amo SO, Amo Jolyne e Amo Weather Report
ma succede la stessa cosa anche per la 3-4-5-6 e settima serie (Steel Ball Run)...
Personalmente ciò con cui faticai di più, oltre alla difficoltà nel seguire alcuni scontri, furono i primi volumi. Da Survivor in poi ottima serie.
Per il resto credo che molto influenzi il clima che l'autore volle dare alla serie (consiglio a tutti di leggere l'introduzione dell'autore), quello estremamente pesante di un personaggio che vive un periodo difficile. In un certo senso immedesimarsi in Jolyne è vivere un incubo ad occhi aperti. Chi di noi riesce a immaginarsi di passare in un lampo da una vita da studente normale a carcerato condannato per 20'anni?
Una sola giornata storta e una sola serie di errori (non così impossibili da commettere per nessuno dei lettori) da rimpiangere poi per tutta la vita?
Secondo me Araki è fin troppo bravo nel rendere il clima cupo vissuto dai personaggi ma, così facendo, crea repulsione nella loro immedesimazione e incupisce troppo lo stesso lettore che, in questa situazione troppo evidentemente priva di vie d'uscita, non vuole pensare di ritrovarsi.
In parte la serie soffre nel voler rompere fin troppo i canoni del genere in cui è inserita, con personaggi che davvero rompono ogni convenzione e proprio per questo ci risultano a volte troppo difficili da digerire. L'impressione è che Emporio sia messo lì quasi per cercare di inserire un elemento più facilmente accettabile ai lettori, solo che risulta fuori contesto, tranne che in una sola scena in cui tutta la sua utilità per la storia si rende manifesta.
Concordo con Kabutomaru quando dice che Jotaro funziona bene come comprimario, visto che più si va avanti più Araki ne svela le debolezze, aspetto che nella terza serie non era percepibile. Scopriamo così un Jotaro incapace di comunicare con gli altri, incapace di rispondere se non con battute taglienti... un Jotaro che si concilia perfettamente con quello della terza serie pur essendogli totalmente altro. Scopriamo così definitivamente (anche se in parte già Koichi ci aveva dato una mano) che quando Jotaro era protagonista lo guardavamo con gli occhi ammirati di un Polnareff o con quelli infastiditi di uno dei molti antagonisti (ed entrambi di Jotaro a quanto pare percepivano solo gli aspetti superficiali) mentre proprio ora che il focus si è spostato su altri riusciamo finalmente a capirlo nella sua interezza...
E, curiosamente, anche lui testimonia un crollo di certezze. Il lettore stesso, memore dell'eterno vincitore, si aggrappa alla certezza che basterebbe un suo ritorno in azione per risolvere qualsiasi cosa, visto che nessuno è stato in grado di sconfiggere Jotaro, nessuna situazione capace di metterlo in difficoltà...
Personalmente ho amato Stone Ocean in buona parte dei suoi aspetti, in primis perché l'ambientazione mi è molto congeniale, le citazioni musicali mi hanno conquistato (cioé cita i Survivor, e cita anche Stallone nello stesso dialogo, che volete di più?
In ultimo, mi ha anche fatto conoscere un sacco di canzoni che ignoravo e che adesso sono fra le mie preferite... e poi dicono che i fumetti sono inutili?
Ormai si è capito che l'autore fa tutto di testa sua e tende a raccontare cose sempre più assurde, a scapito del senso comune e di quello che piace/vogliono i lettori. Le prime tre serie non avevano ancora accentuato ai massimi livelli questo aspetto, che invece è palpabilissimo nelle serie 4-6, sempre più distanti per stile grafico, personaggi, ambientazioni, trame e svolgimenti dai classici shounen di combattimento coi loro clichés. E Steel Ball Run si sta dimostrando essere ancora peggio, just to say
Il finale della storia sicuramente spacca e fa discutere molto, ma nella sua ambigua follia l'ho visto sensato. Sarebbe stato ridicolo narrare le avventure del JoJo del 2045, che vive su Marte e combatte contro la reincarnazione aliena di Dio che ha uno Stand a forma di Chewbacca, quindi la scelta operata dall'autore ha un suo senso e anche una certa poesia, dietro, se si guarda al disegno e alla trama globale della serie.
Quanto all'oggettiva serie peggiore, non credo che esista, in quanto ognuno di noi avrà la sua personale "serie peggiore" per motivi tutti suoi che non necessariamente sono validi per tutti. Per me è la quarta (ma comunque ne ho apprezzato la lettura e l'ho valutata con un voto più che soddisfacente, lo stesso che secondo la valutazione di Animeclick darò a Stone Ocean), ma c'è a chi questa serie piace e invece non gli piace la quinta, la sesta, la prima... persino la terza, che viene spesso elogiata da tutti quanti, ha dei detrattori... insomma, il mondo è bello perché è vario
(by the way, grazie per i complimenti!
Ho già deciso di guardarlo, lo sto guardando (e mi toccherà aspettare un anno prima di essere in pari con la terza serie per poter partire a leggere la quarta), non mettetemi ancora più gola di quella che ho già! XD
E mi sono spoilerata con le prime righe, accidenti...
- Phantom Blood
- Battle Tendency
- Diamond is Unbreakable
- Vento Aureo
- Stardust Crusaders
- Stone Ocean
Il finale diciamo che concettualmente ci sta, anche perchè è l'unico modo per tentare di contrastare Pucci ed è originale per uno shonen, il problema è il reboot che è una boiata becera da parte di Araki, per proseguire una serie che ha finito già di dire tutto quel che aveva da dire da un pezzo. Proseguire in avanti era inutile, ma cancellare così tutto è da mero contabile commerciale e basta. Poi Araki non ha l'obbligo di proseguire, non c'era nessuno che gli puntava la pistola alla testa per ordinargli di proseguire.
Il finale va bene, il problema è che Araki prosegue con la settima serie...e in parte ho capito perchè ci sia riuscito.
"Nessuno di questi, a parte il disegno visibilmente più confuso nella resa dei combattimenti rispetto al passato, è però un dato oggettivo, perché c'è chi può gradire i personaggi o il finale e chi no. "
Per un battle shonen è cosa grave non far comprendere al lettore i combattimenti...
"In ultimo, mi ha anche fatto conoscere un sacco di canzoni che ignoravo e che adesso sono fra le mie preferite... e poi dicono che i fumetti sono inutili?"
A me la musica non piace per niente, quindi tutte queste citazioni musicali in Jojo lasciano il tempo che trovano, visto che non le ho mai colte. Certamente la forza della serie non la fanno le citazioni.
Le uniche che ho colto in questa serie, sono quelle legate agli attori e ai film (Memento e Pic-nic).
Questa serie ha un'ambientazione stupenda e soprattutto ha degli ottimi personaggi con come punta di diamante la protagonista Jolyne. Si può dire che Jolyne sia un personaggio veramente azzecato per questa serie...con i suoi dubbi, debolezze e fragilità continua per la sua strada ed attraversa un vero processo di maturazione e crescita (non come quel paracarro di Jotaro che spara pugni e basta). Per me è indubbiamente la miglior protagonista di tutte le serie ed è anche uno dei migliori personaggi in generale (non a caso è il mio personaggio perferito).
Se c'è un piccolo rimprovero da fare è che qualche volta i disegni sono un po' pesanti...ma sicuramente non fa di questa la serie peggiore, per me ce ne sono almeno un paio peggio. Dire che questa "è una delle peggiori serie" non vuol dire che fa schifo...è di gran lunga migliore del 98% dei manga che potreste leggere, solo che rispetto alla perfezione di alcune delle altre serie di JoJo perde un pochino. Tutto qua...non vorrei che le critiche vengano recepite in modo sbagliato.
Comunque, il messaggio che Araki ci vuole far capire da questa serie è chiaro: può anche finire il mondo, ma JoJo vivrà per sempre XD
No...vuol dire che è una serie fallita, non che è superiore al 98% dei manga che si potrebbe leggere. Non è vero che la peggior opera di Araki è superiore a tanta altra roba odierna, inutile tentare una difesa tentando di leggere ciò che non è stato scritto nei commenti.
Anche gli autori che sono bravi, falliscono e Araki ha fallito.
Sono indeciso se a questa serie dovrei dare un 5-5.5 o 6.
Peccato soggetto interessante, protagonista convincente, ma sviluppata male.
Se il problema è che Araki ha continuato con una settima serie, eventualmente sarà un problema della settima (e ne parleremo a tempo debito), non della sesta
Anche se, dal poco che ho visto sinora, a me Steel Ball Run sta piacendo molto, per quanto anche lei si porti dietro una certa confusione nei disegni.
Credo che, nella sua folle testolina, Araki abbia un quadro abbastanza chiaro (anche se magari solo a lui
Confusione nei disegni che comunque non mi impedisce, come non lo ha impedito a Stone Ocean, di godermi una bella storia, al contrario di quanto avvenuto con (esempio) Saint Seiya Episode G, dove non si capiva niente dei disegni ed era come leggere il nulla.
Tra l'altro, esiste anche un certo manga sui pirati che ha dei disegni molto confusi nei combattimenti, ma questo non gli impedisce di vendere come se non esistessero altri fumetti sulla faccia della Terra, per dire che comunque il problema della confusione nel disegno è relativo e non oggettivamente da condannare come un difetto atroce e inappellabile
Per quanto riguarda la musica, mi spiace che a te non interessi. Io non potrei mai vivere senza (*), ed è un elemento molto importante nel mio apprezzamento di JoJo, in quanto volutamente l'autore ci gioca a più riprese nella costruzione dei suoi personaggi o nel dipingere le atmosfere delle sue storie, al punto che lo stesso titolo del manga/soprannome dei suoi protagonisti viene da una canzone dei Beatles, "Get back", che poi è la cassetta che Joseph ascolta nel suo walkman alla fine di ogni serie in cui compare, e che tutta la trama della terza serie si deve al fatto che Ronnie James Dio (il cantante che dà nome al villain) ha scritto una canzone dal titolo "Egypt"
Chiaro, uno non legge JoJo solo per questo e la storia sarebbe bella uguale pure se i personaggi si chiamassero Tizio, Caio e Sempronio invece che Santana, AC/DC e Wham, ma per quanto mi riguarda è un valore aggiunto che rende speciale questo manga, sia in generale sia per quanto riguarda me, che ho sempre avuto una grande passione per la musica, in particolar modo quella americana, e mi fa un piacere grandissimo poter ritrovare in un manga tanti riferimenti più o meno velati ad artisti, album e canzoni che amo e scoprirne di nuovi mentre la lettura mi spinge a interrogarmi sul significato nascosto dietro il nome di tale personaggio.
Visto che è l'autore il primo a farlo, e che i creatori della serie animata (che, ricordiamo, ha come ending una canzone degli Yes e una delle Bangles, invece che due canzoni fatte da un gruppo giapponese) gli van dietro, mi sento anch'io legittimato a giocare un po' con la musica, quando scrivo di JoJo.
(* ho "Another day in Paradise" di Phil Collins, nelle orecchie, mentre scrivo in questo momento)
bah, alla fine è una questione di gusti.
Per esempio, Phantom Blood è un'ottima serie però l'idea dell'ennesimo e banalissimo scontro tra il protagonista che incarna tutti gli ideali del bene contro il cattivo dalla malvagità più pura mi fa cascare un po' i cosidetti, per fortuna c'era Dio Brando a tirare la caretta.
Oppure potrei citarti Vento Aureo, del quale non mi ha preso nemmeno una pagina e personalmente ho trovato ogni personaggio noiosissimo.
Io non sono un fissato di Stone Ocean e non è nemmeno la mia parte preferita di JoJo (a dire la verità, non è neanche tra le prime tre), però non si possono negare neanche le sue qualità oggettive.
Che dire, ottima recensione, mi piace che venga analizzato bene il personaggio di Jolyne, che molti hanno trovato persino di cattivo gusto, quando in realtà è -secondo me-, la più "umana" dei Jojo.
Mi era piaciuto molto il rapporto padre-figlio che Araki aveva ricreato nella quarta serie (Josuke e Joseph, padre assente e fino all'altro ieri sconosciuto, inizialmente non accettato, ma che poi sa legarsi al figlio), ma questo secondo me lo supera; Jotaro è sempre stato un personaggio così perfetto che, secondo me solo con Jolyne si completa davvero, nelle sfaccettature che lo rendono un semplice uomo e non più invincibile. Proprio per questo ho gradito anche questo bizzarro finale: Pucci per quanto forte fosse, non era Dio Brando, per me non lo è mai stato nemmeno dopo avermi buttato tutti quei flashback tra loro due (strano che nessuno abbia fatto battute su quei due
Non capisco chi reputi un'errore aver scelto un protagonista femminile. Ok, forse sono di parte, ma Araki ci ha abituato a donne molto carismatiche e forti: da Lisa Lisa che ha dovuto reggere un peso non indifferente per tutta la seconda serie, senza dar mai cenno di crollare (memorabile la scena della sigaretta e del pianto con Joseph, dove ci fa capire che si sente obbligata a non star male, nemmeno dopo una scena così triste). Abbiamo avuto anche una psicopatica Yukako nella quarta parte, che poi sa cambiare a modo suo (e diciamocelo, non è la classica pazza che vediamo in un manga di questi giorni, lei all'inizio era davvero suonata, ma poi per amore cambia, e non un'amore banale). Trish nella quinta sembra solo una viziata figlia di papà, ma poi imparerà a cavarsela da sola, nonostante riceva un gran numero di colpi psicologici e fisici non indifferenti. Forse Jolyne è la meno elegante, indubbiamente nel primo capitolo non si è presentata con la classe di una Lisa Lisa, ma insomma... è la figlia di Jotaro, accidenti
Forse ricalca un po' il classico cliché del carcere femminile, Hermes soprattutto, con quel fare moolto più maschiaccio della compagna di viaggio, ma non sento di darne una colpa ad Araki: avrebbe stonato di più un gruppo di eleganti donzelle che non si graffiano mai. Menzione d'onore a F.F, che per me è stata una genialata. Dall'inizio alla fine, insieme a Wheater e Anasui (dite pure che sembra una femmina, ma andate voi a chiedere la mano della figlia di Jotaro Kujo!).
Concordo sulla pecca dei disegni, che per me viene accentuata dall'elevata complessità degli stand: siamo davvero ad anni luce rispetto alla terza serie, qua i poteri non sono più niente di semplice, nemmeno per sbaglio! Anche quello che poteva sembrare il più stupido come Kiss, alla fine si trova in mezzo a dei colpi di scena che... dire bizzarri è poco. Questo non aiuta il lettore, io sono alla terza lettura di Stone Ocean, e non penso che sarà l'ultima.
Per il resto, non sto qua a far classifiche, ma per me non è di certo la serie peggiore, ma il premio alla più folle lo vince a mani basse!
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