Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Saenai Heroine no Sodatekata e Mawaru Penguin Drum e il live action Lupin III.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.



-

Quest'anime è un opera dedicata a tutti quelli che non credono più nel valore degli "harem" o nell'utilità degli stereotipi. Questa serie è un'ottima opportunità per rivalutare un genere che stava lentamente sprofondando nell'oblio della ripetitività. Perché "Saenai Heroine no Sodatekata", o più semplicemente "Saekano", è un anime veramente interessante, che riesce a colpire e coinvolgere proprio per la sua freschezza e semplicità.
Dodici puntate di vero divertimento e passione, un genere classico, che unisce il gusto per la commedia scolastica al fattore sentimentale/harem, senza dimenticare poi il fattore ecchi. Insomma, apparentemente può essere classificato come la classica commedia, semplice e leggera, che si vede con piacere, ma non riesce a colpire fino in fondo. Ed ecco dunque la sorpresa, nel constatare come "Saekano", in realtà, è ben più che una semplice opera harem... è "speciale".

Il tutto inizia nel più stereotipato dei modi, con un ragazzo normale, Tomoya Aki, senza particolari abilità se non quelle di essere un otaku sfegatato. Eppure, nonostante questa sua mediocre esistenza, conosce le due stelle della scuola: la bionda e simpatica Eriri (sua amica d'infanzia, nonché segretamente mangaka di serie erotiche per adulti) e Utaha, una vera bellezza orientale, dai lunghi capelli scuri e dalle movenze sensuali (anche lei nasconde il fatto di essere una scrittrice famosa di light novel).
Insomma, una storia incominciata a metà, che sembra celare alcuni piccoli e importanti avvenimenti accaduti l'anno precedente e che, per fortuna, verranno rivelati a lungo andare. Tuttavia, ad essere onesti, non è questo il vero prologo. Perché l'anime incomincia in un modo ancora più classico e scontato... un cappello che rotola per strada, Tomoya che lo raccoglie e, alzando lo sguardo, incontra in cima alla salita una bellissima fanciulla dai capelli castani, sospinti dal vento primaverile e dai petali di ciliegio. Wow, direte voi. Potreste citare un'altra infinità di anime e manga che iniziano con questa esatta scena. Eppure, ciò che rende speciale "Saekano" è il fatto che Tomoya, da buon otaku, lo sa bene dell'effettivo stereotipo in azione e, a tutti gli effetti, gli interessa più del momento in sé (che lo spingerà a creare un videogioco) che della ragazza in questione (di cui non si ricorderà nemmeno il volto).
Ebbene, così incomincia la storia, ma come andrà a finire? Riusciranno i nostri giovani eroi a realizzare il tanto desiderato videogioco? E Tomoya sarà in grado di gestire la tormenta sentimentale che ben presto l'assalirà?

La prima cosa che mi ha colpito è proprio questa consapevolezza di trovarsi di fronte ai più classici dei cliché, anzi, l'abilità nel riproporli in modo fresco e originale. Ed ecco la tsundere dai biondi codini, amica d'infanzia e segretamente innamorata di Tomoya, ed ecco la senpai sensuale e provocante, ed ecco la giovane protagonista, comparsa tra i petali di ciliegio. Senza dimenticare la giovane studentessa delle medie e, ovviamente, la cugina energica e aperta. Insomma, tutti gli elementi ci sono, ma questi non sembrano affatto monotoni o ripetitivi, proprio perché vengono aggiunti piccoli dettagli, accortezze, che li ripropongono in modo nuovo e originale.
L'esempio maggiormente lampante è Megumi Katou, la protagonista (del videogioco); dovrebbe essere, almeno in teoria, la ragazza che irrompe nell'animo di Tomoya e lo porta via dalle altre spasimanti. Tuttavia ciò non succede, per il semplice fatto che Megumi è assolutamente apatica. Non come le classiche protagoniste prive di sentimenti, quello sarebbe normale. In questo caso Megumi appare proprio disinteressata a tutto ciò che la circonda, o così sembra all'inizio.
Successivamente, come non citare la bella e affascinante Utaha che, nonostante i suoi continui battibecchi con Eriri, mostra una maturità veramente intrigante. Lei e Tomoya sembrano nascondere un avvenimento in comune, qualcosa successo l'anno prima e che li ha momentaneamente allontanati. "Rifiutata"? Ecco cosa sussurra Utaha a un certo punto. Ma cosa intende realmente?
I personaggi sono veri, non semplici disegni bidimensionali. Giocano con i propri sentimenti e imparano a conoscerli e ad accettarli. Ma, soprattutto, questi cambiano nel corso della serie, mutano, diventano più maturi e consapevoli. Tomoya è al centro dell'attenzione, ma, sorprendentemente, non sono riuscito a provare quella classica avversità per la solita "protagonista" di turno; forse perché non c'è. Chiunque il ragazzo sceglierà, andrà bene... e questo è senza dubbio positivo, almeno per il sottoscritto (ovviamente tifo per Utaha, e in seconda posizione Megumi).

La grafica è molto bella e anche abbastanza inusuale. I colori limpidi e chiari risplendono nel corso dell'anime, ma allo stesso tempo riescono a commuovere con effetti degni di nota. Per quanto riguarda i disegni dei personaggi, come già detto, riprendono in parte i canoni classici di tutta l'animazione giapponese, senza però cadere nello scontato. Sono personaggi che brillano, in tutti i sensi.
Le musiche sono magnifiche, sia l'opening che l'ending, passando ovviamente per un'OST gradevolissima e molto allegra. Il doppiaggio è più che buono e privo di alcuna sbavatura di rilievo.
Quello che più mi ha stupito, però, è la regia: davvero interessante e in grado di mantenere lo spettatore con il fiato sospeso dal primo all'ultimo episodio. La storia non scorre tranquilla, ma si agita come un mare in tempesta, intervallato da flashback, ricordi e salti nel tempo. Questo, che non appare per nulla caotico, porta il pubblico a non distogliere mai l'attenzione.

Per concludere, altrimenti mi dilungo troppo, non mi rimane che consigliare a tutti questa serie, veramente bella ed entusiasmante, e non solo per gli amanti del genere. Il finale è aperto, ma considerando che la light novel sta andando avanti e che gli incassi della prima stagione dell'anime non sono stati affatto brutti, si potrebbe anche sperare in una seconda serie.
Per ora gustiamoci queste dodici puntate e assaporiamo di nuovo il gusto verso una storia bella, che riesce a commuovere, appassionare sentimentalmente e, ovviamente, a piacere.

Voto finale: 9




-

Nel 2014, nei cinema giapponesi e di altri Paesi asiatici esce questo "Lupin the Third", film live action basato sul famoso manga e anime omonimo. In realtà si tratta del secondo film basato su Lupin Terzo dopo "Rupan Sansei - Nenriki chin sakusen", uscito in Italia come "Lupin III - La strategia psicocinetica", realizzato nel lontano 1974. Da allora, nonostante la popolarità di Lupin non sia mai calata, anzi, è andata sicuramente ad aumentare, come dimostra il fatto che la produzione di nuovi prodotti animati aventi per protagonisti il ladro e la sua banda non si è mai fermata, non è stato più realizzato nessun film dal vivo fino ad ora.

Il film in questione è una produzione internazionale ad alto budget, che vede coinvolti attori di diverse nazioni asiatiche (Giappone, Cina, Corea, Thailandia) ed europei, con molte parti recitate in più lingue nella versione originale, e nonostante sia evidentemente basato sul Lupin della seconda serie anime (quello in giacca rossa) per le atmosfere e i caratteri dei personaggi, il film ha una storia inedita che riracconta le "origini" della banda di Lupin, supervisionata da Monkey Punch in persona.

La storia del film vede Lupin, Fujiko e Jigen lavorare insieme ad altri ladri per una congrega chiamata "The Works", un gruppo di ladri che ha il nobile obiettivo di rubare tesori agli avidi collezionisti privati che li tengono tutti per sé stessi. Quando l'attuale capo dell'organizzazione decide di ritirarsi e di scegliere un nuovo capo, alcuni traditori fanno la propria mossa e inizia una lotta interna al gruppo. Al centro della contesa c'è un prezioso e inestimabile gioiello e Lupin si ritroverà a lottare contro quelli che fino a poco prima considerava amici in una lotta per il suo possesso.

Il film della durata di due ore è ben girato e ben fatto, e, nonostante la sua durata, non annoia, rivelandosi piacevole e gradevole da guardare fino alla fine. I caratteri dei personaggi sono stati rispettati e il risultato finale è più che soddisfacente: dicono alcune delle loro frasi più celebri, si comportano come devono comportarsi. Anche per quel che riguarda costumi e aspetto fisico non ci si può lamentare. Lupin è Lupin, fa strano solo vederlo tirare calci volanti, ma si può chiudere un occhio, Fujiko è bella e doppiogiochista, Jigen è forse un po' troppo giovane e Goemon un po' troppo anonimo, ma nel complesso tutti gli attori se la cavano e non deludono le aspettative molto alte. Solo forse Zenigata è davvero diverso dalla controparte animata, ma l'attore che lo interpreta lo fa nel migliore dei modi e, nonostante la scarsa somiglianza, la sua interpretazione è davvero buona.

La storia del film non ha nulla da invidiare a quelli che sono i classici special annuali che vengono prodotti ormai da più di venti anni, ha un buon inizio e un discreto svolgimento e soprattutto un bel finale, perfettamente in linea con il Lupin animato. C'è azione, ci sono sparatorie, inseguimenti in auto a bordo della mitica 500 gialla, c'è l'organizzazione del grande furto e la sua messa in scena.
Anche la colonna sonora fa la sua parte e, nonostante per il film non sia stato usato un solo brano della colonna sonora originale, nemmeno il tema storico di Lupin per dirne uno, c'è la chiara impronta jazz ad accompagnare tutte le scene più importanti e soprattutto i titoli di coda, che sono una piccola chicca e una citazione delle sigle della serie anime.

Per tutti questi motivi ritengo che questo film live action di Lupin sia fatto più che bene. Certo, non posso fare a meno di pensare che se fosse stato realizzato come anime sarebbe venuto ancora meglio, ma per essere un film dal vero, il risultato è davvero più che soddisfacente e lo dico da fan di Lupin, un personaggio che adoro e seguo da più di venti anni.
I fan di Lupin e la sua banda non resteranno delusi.




-

Voler stupire a tutti i costi e con ogni mezzo, indipendentemente dall'ambito di riferimento, molto spesso non si rivela una scelta vincente, anzi: in assenza di caratteristiche imprescindibili e fondamentali quali esperienza, passione, abilità e capacità di discernimento, infatti, il rischio di risultare sterili, vuoti, inutili, perfino pretenziosi, nonostante l'originalità e i vari virtuosismi tecnici o stilistici adoperati, diviene dura verità, certezza. Nel campo delle opere di intrattenimento vi sono numerosi casi del genere, prodotti di vario tipo definibili, in breve, unicamente come meri esercizi di stile dei rispettivi autori.
Fortunatamente, a dispetto delle feroci critiche che lo inseriscono in tale infamante categoria, questo non è il caso di "Mawaru Penguindrum", anime in ventiquattro episodi diretto da Kunihiko Ikuhara ("Utena", "Sailor Moon S").

Esiste il Destino? Se sì, è possibile opporvisi? E con quale mezzo? Cosa poi, tra gli eventi dolorosi, occorre accettare e cosa no? E' giusto che le colpe dei padri ricadano sui figli? Che senso ha vivere quando si perde la Luce, la fonte della felicità?
"Mawaru Penguindrum" si pone, riuscendoci, l'arduo obiettivo di fornire una risposta convincente a queste domande pesanti, difficili, la cui soluzione coinvolge tanto i personaggi, che ne hanno bisogno per salvare e proteggere quanto hanno di più caro, quanto il pubblico. Si tratta quindi di una serie piuttosto particolare e probabilmente non per tutti i gusti, ma che comunque è in grado innegabilmente di colpire l'attenzione proprio per queste (e molte altre) delicate tematiche e per il modo in cui esse risultano perfettamente integrate con la trama, ricchissima di dettagli e cliffhanger come anche di una buona comicità, efficace nello stemperare e alleggerire situazioni anche drammatiche.
Soprattutto, però, "Mawaru Penguindrum" riesce a comunicare in maniera fortissima un messaggio universale di amore al quale è impossibile rimanere indifferenti, poiché si tratta di quell'Amore in grado di trascendere il tempo e vincere la morte, ridonare la vita, cambiare il Destino, restituire speranza e indicare la via per la felicità anche quando sembra tutto perduto, quando si viene privati di ogni cosa, quando il dolore e la perdita dilaniano e distruggono irreparabilmente anche l'anima.
E lo fa attraverso un cast splendidamente caratterizzato, in alcuni frangenti assurdo e sopra le righe, in altri cupo o malinconico, di cui vengono analizzati dubbi, timori, sentimenti, sogni, desideri. Notevole attenzione è posta anche sui legami che uniscono questi personaggi, legami spesso d'amore appunto, da quello famigliare a quello per un amico o per il partner. Amore che, in ogni sua sfaccettatura, diviene quindi mezzo, fine e motore stesso, il più delle volte, delle loro azioni, fonte della loro forza, scudo contro la morte, come ben testimoniano i tre protagonisti Himari, Kanba e Shoma e anche gli altri comprimari, Ringo Oginome in primis.
Tutto questo rende "Mawaru Penguindrum" una storia sentita, molto incisiva, di forte impatto, grazie anche alla moltitudine di simbolismi grafici e concettuali (cui andrebbe dedicata, per completezza, un'ulteriore recensione) che la impreziosiscono ulteriormente, donandole un'aura onirica, sognante, a volte un po' criptica. Cripticità che però non sfocia mai nell'incomprensibilità o nell'incoerenza e che anzi si rivela un ulteriore pregio della serie, che infatti intrattiene, senza divenire mai pesante, riuscendo sì a stupire, ma anche a colpire e ad essere tutt'altro che vuota.

A onor del vero va anche detto che tutto questo potrebbe non essere perfettamente intuibile negli episodi iniziali: essi, infatti, si presentano apparentemente come un calderone sconclusionato e inconcludente di eventi, simbolismi e citazioni non sempre immediate, comicità, atmosfere ora deliranti, ora angosciose o malinconiche, e personaggi in diversi frangenti totalmente squilibrati, che non rendono chiaro lo scopo, la finalità della serie stessa. Si tratta comunque di puntate estremamente piacevoli, in cui vengono analizzati o costruiti i rapporti tra i protagonisti (come quello tra i tre fratelli o tra Ringo e Shoma), in cui si comincia già a dare spazio a riflessioni di vario tipo e in cui vengono disseminati i primi indizi fondamentali per la comprensione totale dell'anime che, di fatto, risulta studiato in maniera certosina in ogni sua parte.
Tali dettagli sono infatti la base di tutti i colpi di scena della seconda parte, che abbandona parzialmente le atmosfere allegre e spensierate sfruttate in precedenza a favore di momenti più drammatici e intimistici, per culminare poi in uno splendido, commovente finale in cui ogni cerchio viene chiuso senza intoppi e ogni cosa trova la sua giusta collocazione.

La parte tecnica dell'opera non è da meno rispetto al suo contenuto, grazie a un bel chara design, a una colonna sonora orecchiabile e ben integrata con la narrazione, e alle inquadrature sempre di forte impatto visivo ed emotivo adoperate. Menzione d'onore anche per il doppiaggio italiano della Dynit, ineccepibile sia nell'adattamento che nella scelta delle voci, Manuel Meli in primis, che offre un'interpretazione perfetta di Shoma.

Concludendo, mi sento di consigliare spassionatamente, nonostante le diverse particolarità e stramberie, quello che per me è un vero gioiellino dell'animazione degli ultimi anni, simbolo di positività e bellezza, capace di donare molto se gli si concede la considerazione che merita. Se se ne vogliono cogliere tutte le sfumature, è necessario, infatti, dedicare a "Mawaru Penguindrum" la giusta attenzione, evitando tassativamente una visione frammentaria degli episodi che potrebbe portare a valutare la serie come vuota, pretenziosa, inconcludente e eccessivamente contorta, quando di fatto non è nulla di tutto ciò.