A silent voice (1).jpgChi ha raggiunto la mia veneranda età ed ha passato la sua giovinezza tra i banchi della scuola pubblica, in una grande città, li avrà incontrati certamente. Io ho un ricordo nitido delle scuole medie, loro erano più grandi (qualcuno sfiorava addirittura la ventina) ed erano di solito distribuiti uno per classe per cercare di contenerne l’irrequietezza. Di solito si sfidavano tra loro ma il più delle volte per loro scuola dell’obbligo significava passare il loro tempo, tra note e sospensioni, prendendo di mira gli elementi più deboli della classe. Questi erano, e penso sono tutt’oggi, i bulli per me!
Ti salvavi da loro solo grazie all’intervento di un fratello più grande o facendo gruppo con altri ragazzini, ecco perché la scelta del bullo ricadeva quasi sempre sugli stessi soggetti: dalla ragazzina più bruttarella al grassottello con evidenti problemi di socializzazione. Un comportamento vigliacco che denotava una totale mancanza di sicurezze nello stesso bullo. Una volta che, dopo l’ennesima nota, era costretto a presentarsi a scuola con il genitore costernato, alla fine si rivelava per quello che era: il più solo di tutti.

Oggi, finalmente, si cerca di combattere questo fenomeno che, quando assume le dimensioni “di gruppo”, raggiunge la ferocia di un branco arrivando all’estrema conseguenza in taluni - per fortuna ancora sporadici - casi di suicidio. Oggi ci sono le videocamere dei telefonini a metterti di fronte alla mostruosità della cosa, proposta sui social come fosse un evento da celebrare, un qualcosa di divertente e di cui vantarsi. Noi non possiamo quindi più voltare la testa dall'altra parte e sminuir tutto come la "ragazzata" di turno, anche se molta strada deve essere percorsa a partire dall'educazione stessa degli adulti prima che dei ragazzi.
Il Giappone non è esente da tutto questo, anzi. In una società altamente competitiva, basata sulla funzionalità dell'individuo, il diverso fa ancora più paura risultando essere una anomalia da eliminare con il tacito consenso di tutti.

Manga e anime ne hanno già parlato in passato, ma oggi fa discutere l'opera scritta e disegnata da Yoshitoki Ōima (classe 1989), A Silent Voice (Koe no Katachi), che dopo dopo aver debuttato come one-shot sul numero di febbraio 2011 della rivista Bessatsu Shōnen Magazine, è giunta ad una serializzazione regolare; non senza difficoltà e una battaglia arrivata fino al tribunale. L'editore Kodansha, evidentemente a causa delle tematiche forti, non ne voleva proprio sapere di una pubblicazione continua su una delle proprie riviste, ma la mangaka, supportata anche dalla Federazione Nipponica dei Sordi, è riuscita a spuntarla. Così a partire dall'agosto del 2013, A Silent Voice ha avuto il suo giusto spazio nella prestigiosa Weekly Shōnen Magazine e arrivando anche da noi grazie a Star Comics con una pubblicazione in sette volumi terminata da pochissimo, a dicembre 2015.
 

Cosa tratta questo titolo che ha iniziato già dal primo volume a far parlare di sé? E' la storia di una redenzione, quella di Shoya Ishida, un ragazzino che alle elementari ha come unica preoccupazione quella di vincere la noia. Questo lo porta a un continuo gareggiare con i suoi compagni maschi, passando da arditi tuffi nel fiume a marachelle di vario tipo, senza mai farsi alcuna domanda sul futuro o sulle relazioni che ha con i suoi stessi amici.
Egli semplicemente vive alla giornata, ma tutto questo è destinato a cambiare il giorno in cui arriva nella sua classe una ragazza non udente, Shoko Nishimiya. La normale routine scolastica viene infatti rivoluzionata da questa nuova venuta che per comunicare usa un quaderno e che si porta dietro tutta una serie di problematiche inerenti la sua disabilità. La curiosità lascia velocemente il posto al fastidio e alla poca comprensione e Shoya, credendo di ergersi ad alfiere dei suoi compagni, inizia a prendere di mira la fanciulla.
 
Qui scatta il bullismo, attuato però da tutti e non solo dal ragazzo; ed in questo io leggo la vera grande accusa alla società giapponese di questo fumetto. Nishimiya, infatti, viene vista come un peso da tutto l'ambiente che la circonda, professori compresi, e viene velocemente isolata e derisa dall'intera classe. Ishida è semplicemente il meno furbo, quello che la fa in maniera più spudorata e alla fine diviene vittima egli stesso dei suoi compagni e dell'ipocrisia di un sistema che ha bisogno di un capro espiatorio a cui dare l'etichetta di "cattivo" per lavarsene le mani, e aggirare le proprie responsabilità. I mostri a volte non sono altro che il riflesso della realtà in cui vivono, ma tutto questo non può essere capito dall'immaturità giovanile di Ishida che, una volta andata via dalla scuola Nishimiya a causa della sua ultima nefandezza, si ritrova a sua volta vittima del branco, della rabbia e del disprezzo di quelli che una volta lui considerava amici.
Il ragazzo inizia a vivere così il suo periodo più nero, succube di quotidiane angherie e piccole crudeltà che solo i ragazzini sanno commettere con inquietante naturalità, finendo per amplificare la sua sociopatia, già latente da tempo.
Passano gli anni, Ishida arriva a varcare le porte del liceo ma le ferite sono ancora aperte; egli è una persona sola ma questo poco gli importa. E' cresciuto e sente di meritarsi tutto questo come una forma di espiazione che però non è del tutto completa. Deve ritrovare Nishimiya, non per riceverne il perdono, ma per cercare di ridarle le emozioni perse come la sua gioventù fatta di relazioni e momenti ameni. Inizia così il classico percorso catartico, che tanto piace ai giapponesi, che vede come principale protagonista Ishida, ma che ben presto viene accompagnato da personaggi vecchi e nuovi, in cerca di redenzione, come della classica illuminazione per rischiarare il buio della propria identità.
Un nutrito gruppo di personaggi, alcuni piuttosto riusciti altri meno, alla disperata ricerca di relazioni. Spiccano la piccola Yuzuru Nishimiya, sorella minore di Shoko, e il grassottello amico di liceo di Ishida, Tomohiro Nagatsuka.
 
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Yuzuru reagisce alla diversità di sua sorella annientando la propria personalità, con il solo intento di preservarla. Scelta poco logica ma comprensibile per una bambina così piccola ma costretta a vivere un contesto familiare tanto pesante. La madre delle ragazze infatti ha scelto la strada della rigidità: la figlia disabile non va tenuta sotto una campana ma spinta in pasto alle crudeltà della vita, crudeltà che lei stessa ha vissuto essendo stata ripudiata dal marito proprio per aver partorito una bimba sorda. La figlia minore si fa carico invece dei sentimenti della sorella e la aiuta come può... a partire dalla bizzarra pratica di fotografare animali morti, cosa che poi ci sarà spiegata ed avrà una sua effettiva logica.
Un'infanzia negata quindi quella di Yazuru, che potrà sbocciare solo alla fine del percorso di redenzione di Ishida. Ex bulletto che è al centro anche della nuova vita di Nagatsuka, presenza fissa di chi vuol trovare un amico non avendolo mai avuto. Presenza che pian piano e con pazienza riesce nell'impresa di creare, senza neanche volerlo, quel gruppo di amici che lo stesso Ishida non aveva mai avuto, regalando a tutti la spensieratezza dietro la scusa di un progetto comune.
Ishida insomma, nel suo percorso ha diversi legami da dover sistemare e che prescindono dalla guarigione della sua sociopatia applicata (rappresentata nel manga da delle "x" sul volto delle persone, che pian piano scompariranno) e dalla liberazione di Nishimiya dalle sue catene psicologiche, in modo che possa quindi vivere liberamente la propria vita.

La storia inizia in maniera molto forte, prendendo il lettore, specialmente nei primi volumi. Poi va ad assestarsi, e forse anche a dilungarsi, sulle paranoie del protagonista. Un classico. Paranoie che solo un atto scellerato potranno volatilizzare definitivamente, segno che solo quando si è toccato il fondo si può davvero risalire. Si spezzano le catene e sono tutti davvero liberi di librarsi in volo verso il futuro.
Questo è "A Silent Voice", un po' AnoHana e un po' Shigatsu wa Kimi no Uso con il tema della sordità e del bullismo ma, come ho già detto, con la stessa forma di catarsi e con tante lacrime che, so già, non piaceranno ai più.
Non tutto riesce alla perfezione, tocca dirlo, almeno per i gusti occidentali.
A silent voice (5).jpgLa scelta di incentrare la visuale della storia prettamente sul protagonista maschile può essere anche comprensibile, ma ci si dilunga troppo sulle sue paranoie, almeno un volumetto in meno e il ritmo della storia di sicuro ne avrebbe giovato, a mio parere. L'autrice poi pecca non poco nella psicologia di parecchi personaggi secondari che potevano essere maggiormente approfonditi e che invece, specie in alcuni casi, sembra quasi si trovino nella storia per far numero.
La stessa Nishimiya è praticamente a due dimensioni, assolvendo la sua funzione di "musa" redentrice senza che si capisca mai cosa provi veramente. L'evento stesso, che determina poi il finale della storia, si verifica  senza che ci fossero state avvisaglie di sorta, campanelli di allarme, che facessero capire il perché di un gesto che ovviamente non posso spoilerare.

Riguardo i disegni, questi sono piuttosto essenziali e, a parte certi espressioni in primo piano (tecnica utilizzata moltissimo in questo titolo per esprimere le emozioni dei personaggi), non mi hanno fatto impazzire. Sono infatti davvero curioso di constatare come risulterà sotto quest'aspetto la trasposizione animata di prossima produzione.
Star Comics sceglie epr questo manga un formato economico da 4.90 euro con sovraccoperta; un buon compromesso per diffondere adeguatamente quello che è stato uno dei titoli più attesi e discussi dell'ultima annata. Koe no Katachi è stato infatti in lizza per il 38° Premio Kodansha per i Manga, mentre ha vinto il Comic Natalie Grand Prix nel 2014 ed il Kono Manga ga Sugoi 2015 nella categoria shōnen, senza contare la nomination al Manga Taisho Award 2015.
L'edizione italiana ha però alcuni difetti: in alcuni casi mi son imbattuto in baloon dai testi troppo piccoli, nonché alcuni errori di traduzione; il più evidente proprio nel finale dove la Festa della Maggior Età (Seijin No Hi) viene confuso con la festa del diploma, rendendo poco comprensibile la dimensione temporale in cui avvengono i fatti.
 
Che dire quindi di questo tanto discusso A Silent Voice? Sicuramente siamo di fronte a un titolo che si eleva da un certo piattume degli ultimi tempi, pur non mirando a una specifica nicchia; decisione sicuramente voluta per diffondere maggiormente il proprio messaggio. L'inizio è prorompente, ma poi la storia tende a fossilizzarsi sulle paranoie del protagonista fino allo scossone finale. Questo può piacere o meno ma, a mio avviso, non inficia il valore complessivo della storia.
Non sarà un capolavoro, ma resta uno dei migliori titoli proposti in Italia nel 2015.


Titolo Prezzo Casa editrice
A Silent Voice  1 € 4.90 Star Comics
A Silent Voice  2 € 4.90 Star Comics
A Silent Voice  3 € 4.90 Star Comics
A Silent Voice  4 € 4.90 Star Comics
A Silent Voice  5 € 4.90 Star Comics
A Silent Voice  6 € 4.90 Star Comics
A Silent Voice  7 € 4.90 Star Comics
A Silent Voice Box € 29.00 Star Comics
A Silent Voice Official Fan Book € 5.90 Star Comics
A Silent Voice Ultimate Box € 45.00 Star Comics
A Silent Voice Ultimate Box vuoto € 5.00 Star Comics