Più spesso che no, di fronte ad un prodotto dell'industria cinematografica o televisiva giapponese, al di fuori del comparto dell'animazione, si storce il naso.
Sul perché i live action tratti da manga e anime falliscano nell'intento di soddisfare i fan si è recentemente espresso il mangaka Hiroya Oku di Gantz.
Vi proponiamo oggi il pensiero critico del produttore Adam Torel della società inglese Third Window Films, ospite anche in Italia all'ultima edizione udinese del Far East Film Festival con il film Lowlife Love.
 
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Sarebbe ingiusto pensar male indiscriminatamente di tutti i titoli sfornati dal Giappone negli ultimi anni, e lo stesso Torel è il primo a tenere a mente che esistono tuttora grandissimi cineasti in Giappone, quali ad esempio Tetsuya Nakashima e Yoshihiro Nakamura (Prophecy).
Se si guarda però alle produzioni sulla carta più ambiziose, su tutte l'Attacco dei Giganti, appare evidente che il risultato fallisce le aspettative.
La società di Torel non fa mistero di essere interessata alla promozione di buoni titoli asiatici per la distribuzione in Occidente, ma Torel al tempo stesso non nega di essere preoccupato e non risparmia le stilettate:
 
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"Dall'Attacco dei Giganti è emerso qualcosa di peggiore di una serie TV americana di basso profilo, e questo è sinceramente imbarazzante.
Nel panorama asiatico di oggi, la Corea del Sud e la Cina stanno lavorando duramente; di contro il Giappone non ha fatto che abbassare l'asticella della qualità. Un tempo il cinema nipponico era ritenuto il più prestigioso dell'intera Asia, ma è indubbio che Corea del Sud, Cina, Taiwan e Thailandia stiano ora avendo la meglio.
La qualità dei film giapponesi è davvero bassa, sono arrivato a detestarli."


E' chiaro che i riferimenti di Torel non sono generalizzati, ma parlano di una tendenza in atto nel cinema mainstream; nell'intervista rilasciata allo Sankei Shimbun, Torel ha individuato tre punti critici in merito al possibile declino in corso dell'industria cinematografica nipponica.
 
1) Il Team di produzione

Viene chiamato Seisaku Inkai Hoshiki, o Comitato di Produzione, ed è ciò che Torel individua come un grosso problema di partenza: si tratta di quel gruppo di investitori aziendali e sponsor che fanno proprio un ruolo "d'interferenza" piuttosto ampio nella realizzazione di un film, nell'ottica di minimizzare i rischi dell'investimento. Ma si sa, non c'è creatività senza un minimo di rischio, da cui l'evidente falla nel sistema.
 
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Un senso al Comitato di produzione potrebbe venire fornito dalla "fama" dei nomi coinvolti nello staff del film: in altre parole, mentre in Occidente gli spettatori spesso scelgono un film anche basandosi sulla reputazione della persona che lo dirige, in Giappone questo accade raramente, e al di là di nomi della vecchia scuola quali Hayao Miyazaki e Takashi Miike, è raro trovare un regista il cui solo nome basti a garantire dei biglietti venduti.
Torel sostiene che molto spesso gli attuali registi non sono altro che marionette piazzate lì dal Comitato.
 
2) Bassi guadagni

La seconda critica mossa da Torel riguarda il cast e lo staff tecnico, che secondo il distributore non ottengono compensi adeguati per il lavoro svolto. E' insito nella natura umana non sforzarsi di dare il massimo se si ritiene di essere sotto-pagati, e ciò parrebbe accadere anche in Giappone benché il risultato della forbice performance/benefici in ambito lavorativo sia qui ben al di sopra della media mondiale.
 
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Le paghe faraoniche di Hollywood, quindi, sono "cose dell'altro mondo". Proprio nella Third Window Film, però, c'è un caso in cui la mancanza di fondi iniziale è stata rimpiazzata dalle successive royalties: si tratta del film Gesu no Ai - Lowlife Love, di cui Torel afferma "non sarebbe giusto per chiunque il poter condividere in concreto il successo del film?"
 
3) Mancanza di auto-critica

Nemmeno la critica giapponese aiuta il settore della cinematografia domestica: "i giapponesi non dicono che un film fa schifo, benché magari lo pensino, e semmai ne parlano dandone del "fantastico". Perché lo fanno?"
Con qualche eccezione, ovvero ricordando anche qui il plateale senso di malcontento diffuso dalla visione dei film de L'Attacco dei Giganti, va detto che è tipico del costume nipponico non perdere tempo sul lato negativo delle cose. E il vecchio detto "se non hai nulla di buono da dire, allora non dire proprio nulla" è sempre valido.

Un critico dunque non si asterrà dal dire che un film non è propriamente eccelso, ma lo farà in maniera velata, assai indiretta, selezionando accuratamente ogni parola. Un po' come quando si vuol presentare un amico o un'amica a qualcuno iniziando con "sai, è dotata di una spiccata personalità", e tutti intuiscono cosa s'intende con i non detti.
E poi ci sono film che volutamente non si prendono sul serio (nella foto, i supereroistici in parodia EightRanger), ma che nascono ben consci di questo, e di certo non ambiscono ad ottenere il trofeo del capolavoro né mirano ad abbassare la famosa asticella.
 
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Leggere tra le righe è difficile, non impossibile, senz'altro un po' confusionario; eppure in certi casi, una franchezza diretta potrebbe essere precisamente ciò che serve ai produttori di film per aggiustare il tiro.
Lo conferma il fatto che in genere le parole di critica di uno straniero lasciano il tempo che trovano, dal momento che i giapponesi ne prendono a prescindere le distanze, ma in questo caso sono in molti a pensarla esattamente come Torel, o a ritenere che ci sia andato persino troppo leggero.

"Solo di recente? E' sempre stato così."

"E' imbarazzante.
E' molto imbarazzante.
E' seriamente da terzo mondo."

"La tecnologia impiegata qui dai giapponesi è rimasta a 20 anni fa."

"E' tutta spazzatura correlata alle AKB48, ai Johnny's e agli Exile."
(rispettivamente, le agenzie di idol al femminile e al maschile più "potenti" in patria)

"I film giapponesi sono morti con Kurosawa. E non si tornerà più indietro.
Il cinema giapponese è morto da oltre un decennio. Ora è giusto un'estensione della TV."


Il settore magari sarà in crisi, ma la Third Window Films quantomeno non si ferma a lagnarsi dello stato delle cose: Torel investe il proprio denaro in talenti come Sion Sono, Tetsuya Nakashi, Yosuke Fujita, producendo i loro film, ripristinandone altri di Beat Takeshi o Shinya Tsukamoto in Blu-ray, promuovendo Uzumasa Limelight (nella foto) di Ken Ochiai nel Regno Unito, quindi in DVD e blu-ray.
 
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Come a dire che il talento c'è, e ciò che manca è solo l'ambiente adeguato a far attecchire gli artisti affinché si possano esprimere al meglio. Ma fino ad allora, non c'è da stupirsi se la mediocrità parrà più evidente del resto.

Fonte consultata:
EnRocketNews24