All'interno dell'animazione giapponese, il genere majokko è sempre stato uno dei più prolifici e di successo e questo vale anche tuttora, con l'eco di Madoka Magica che ancora non si è spento, il ritorno alla ribalta di Sailor Moon con una serie tv remake e un'invasione di merchandise distribuito in tutto il mondo e la sempreverde saga delle Pretty Cure, che da ormai dodici anni continua a intrattenere le giovani spettatrici giapponesi. Senza contare le molte serie non giapponesi ispirate a questo genere, come il disneyano W.I.T.C.H., il successo tutto italiano Winx Club o il recente, francese, Ladybug. Ma qual è il segreto di tanto successo? Ha provato a spiegarlo Gabriella Ekens, utente del sito Anime News Network, in un recente editoriale.

Pare che le radici del majokko siano da ricercare in Osamu Tezuka e nella sua Principessa Zaffiro, che vestiva panni "altri" per salvare il suo regno e compiere mirabolanti imprese altrimenti precluse ad una normale ragazzina.
Le maghette successive (Sally la maga, Stilly e lo specchio magico, ma anche le maghette dello Studio Pierrot come Creamy) hanno rinunciato all'elemento del combattimento presentando uno schema quasi da sit-com, dove la ragazzina protagonista usava i suoi poteri nella vita di tutti i giorni, creando accidentalmente guai e disastri. Spesso queste eroine erano anche loro principesse provenienti da mondi altri e magici, ma si trovavano invece ad avere a che fare con una realtà quotidiana o scolastica e con problemi e scenari più normali, come l'amore, i rapporti familiari o la realizzazione dei propri sogni (che, magari, passava attraverso la trasformazione in una bellissima cantante adolescente). Anche queste ragazzine, tuttavia, mantenevano un forte "girl power" e un forte messaggio d'indipendenza.
Messaggio, questo, che sarà alla base di quello che forse è il maggior punto di svolta del genere, ossia quel Sailor Moon che trasforma le maghette in combattenti dotate di poteri magici, forti e combattive, ma anche femminili e molto sensibili.

L'intuizione geniale di Sailor Moon è quella di combinare il majokko con il tokusatsu, i telefilm supereroistici, e in particolare con il sentai, una sottobranca del tokusatsu che prevede come protagonisti un gruppo di eroi caratterizzati ognuno da un proprio colore tematico (questo genere di telefilm nipponici è noto anche in Italia tramite il remake americano Power Rangers). Un'idea geniale che ha fatto di Sailor Moon un successo planetario.
Ragazze che salvavano il mondo combattendo il male, esattamente come facevano i loro colleghi maschi dei telefilm o i guerrieri in armatura di Saint Seiya, Samurai Troopers e Shurato. Le guerriere Sailor non hanno un'armatura ma un'uniforme alla marinaretta con una procace minigonna, stivali o scarpe col tacco, fiocchi, orecchini, collane e gioielli vari e riescono a trasformarsi mediante l'uso di spille, penne e cosmetici vari, urlando la formula "Make Up!", inequivocabilmente legata alla sfera femminile dei cosmetici e dei trucchi, che le rende delle "bishoujo senshi", delle bellissime guerriere.
Il successo di Sailor Moon è stato tale che il majokko "puro" è via via praticamente andato scomparendo, e ad oggi quasi tutte le serie del genere prodotte successivamente presentano la formula del gruppo di eroine colorate invece che una singola protagonista alle prese con la sua quotidianità.
Una vera e propria pietra miliare del genere che cambia la visione delle protagoniste femminili, che sognano ancora l'amore e il matrimonio come le maghette precedenti, ma sono anche impegnate in prima persona e in maniera indipendente in scontri mortali e destini travagliati.
Dopo Sailor Moon, sarà proprio quest'ultimo elemento a prevalere, lasciando via via ad un ruolo sempre più secondario l'elemento romantico.

Uno degli elementi che fanno il successo del majokko è anche la straordinaria semplicità con cui qualsiasi ragazza può identificarsi con l'eroina che più preferisce o, perché no, anche reinventare se stessa nei panni di un'eroina di sua invenzione, caratterizzata da un proprio costume, da un proprio colore e da un proprio potere o arma. Del resto, Sailor Moon, nel suo ispirarsi ai Super Sentai, ne aveva perfettamente fatto suo anche questo elemento: le guerriere Sailor, infatti, hanno tutte quante, di base, lo stesso costume alla marinaretta, che però ottiene particolari, orpelli e colori differenti a seconda dei vari personaggi, aiutandone la caratterizzazione con tanti piccoli dettagli ed accessori: si pensi ai tacchi a spillo della sofisticata Sailor Mars, al visore hi-tech della geniale Sailor Mercury o agli iconici orecchini a forma di rosa di Sailor Jupiter, elemento simbolico legato al suo pianeta ma anche simbolo indiscusso di quella femminilità che fatica a far emergere in pubblico, nascosta dietro la sua stazza imponente e il suo carattere un po' rude e mascolino in apparenza. Inoltre, ogni combattente ha un suo preciso ruolo all'interno del gruppo, in modo da renderne ancora più marcata la caratterizzazione.

Anche il recente Madoka Magica segue lo stesso schema. Le eroine hanno tutte un'uniforme monocromatica, che cambia però colore e armamenti a seconda del personaggio, aiutandone spesso e volentieri a definirne la caratterizzazione, aiutate anche da uno stile narrativo che valorizza i combattimenti e le armi, caratterizzandoli in molti modi differenti, anche in relazione alle streghe che affrontano, legate a doppio filo al carattere e i problemi delle eroine.
Per via della sua struttura, purtroppo, Madoka Magica non offre molte occasioni per vedere le eroine combattere come un gruppo, problema che è stato corretto dal successivo Yuuki Yuuna, a lui ispirato, che presenta motli combattimenti affrontati dalle eroine in gruppi di quattro o cinque. Un elemento che aiuta molto ad aprire la porta della fantasia delle spettatrici, che possono facilmente immaginare se stesse e loro amiche nei panni di eroine e vivere infinite avventure di fantasia.

Nonostante l'elemento romantico della storia d'amore tra Usagi e Mamoru/Tuxedo Kamen fosse uno dei cardini di Sailor Moon, l'elemento che ha fatto più fortuna a posteriori è stato quello dell'amicizia fra le ragazze combattenti. E' davvero bello vedere queste ragazze, che magari litigano di continuo (come Usagi e Rei) tra loro nella vita di tutti i giorni, disposte poi a sacrificarsi l'una per l'altra in tragiche battaglie in nome della forte amicizia che le lega (ricordiamo tutti il finale della prima serie di Sailor Moon, vero?).
L'elemento romantico è stato quasi completamente eliminato dai majokko più recenti, in favore di un'amicizia femminile sempre più forte e marcata. Si pensi alla lunga saga delle Pretty Cure, dove l'elemento amoroso è quasi del tutto ininfluente, salvo rarissime eccezioni (Nozomi e Coco della serie Yes! Pretty Cure 5 sono una delle poche eccezioni, ma in questo caso il partner è uno scoiattolino kawaii capace di trasformarsi in figone bishounen, quindi la storia d'amore è solo accennata per forza di cose).
I majokko per un pubblico adulto, come Madoka Magica, hanno completamente eliminato l'aspetto romantico delle storie, sostituendolo con un legame molto forte e ambiguo fra le varie eroine. Anche in questo caso, Sailor Moon è stato precursore, presentando l'intenso rapporto fra Sailor Uranus e Sailor Neptune, che ha avuto un fortissimo impatto su tutta l'animazione successiva e anche fra il pubblico delle ragazze omosessuali.

Insieme all'editoriale riportato quassù, ne approfitto per fare anche qualche considerazione personale sul mio rapporto con il majokko. Chi vi scrive (Kotaro) si è appassionato al genere in tenerissima età grazie ad una bellissima prestigiatrice dai capelli azzurri, che in realtà era una bambina un po’ capricciosa ma di buon cuore di cui ho adorato seguire il percorso di crescita. In effetti, quello della crescita (dei personaggi e dei piccoli spettatori, che da essi traevano insegnamenti) è uno degli elementi caratterizzanti del majokko classico, dove l’uso della magia metteva la protagonista in confronto con tante altre, diverse, realtà dalle quali imparava sempre qualcosa di più o meno importante.
Poi è arrivata Sailor Moon, coi suoi colori brillanti, con la sua struggente favola romantica, i suoi combattimenti ricchi di azione e pathos, le sue guerriere bellissime che si trasformavano mostrando la silhouette del loro corpo nudo da top model (sulla carta avevano quattordici anni, ma io ne avevo otto e viste dai miei occhi di bambino erano adulte, splendide e mi facevano battere il cuore forte come una discoteca che mandava Scatman John a tutto volume), le sue ambiguità, i suoi mille riferimenti a questo o a quell’elemento culturale, le sue trame avvincenti e drammatiche, e tutto è cambiato, all’interno del majokko, portando una rivoluzione di cui ancora adesso ci si porta dietro gli strascichi in vari modi.

Sono passati più di vent’anni da quando quella bellissima ragazza con i capelli biondi acconciati in modo improponibile e l’uniforme alla marinaretta ha fatto capolino per la prima volta nella mia vita, facendomi innamorare perdutamente di lei e, in vari modi, di ognuna delle sue compagne (di una in particolare, eh eh…).
Adesso di anni ne ho quasi trenta, vivo in Giappone e sono molto contento di vedere che le “mie” guerriere Sailor sono ancora lì, sugli schermi di Aichi TV ogni domenica all’una e mezza del mattino, in ogni macchinetta dei gashapon, in ogni libreria, in ogni centro commerciale che vende gadget, cartoleria e merchandise vario. E con loro, le loro figlie, le Pretty Cure, che campeggiano sugli schermi televisivi ogni domenica mattina, escono al cinema due volte l’anno e hanno invaso i negozi con giocattoli, dolciumi, cancelleria e ogni tipo di articolo per bambini si possa immaginare.
Le bambine che negli anni ’90 hanno sognato con le avventure delle guerriere Sailor adesso sono delle donne, magari forti, belle e gentili come le loro eroine di un tempo, che ricorderanno con un sorriso mentre comprano un lucidalabbra, una matita, un ciondolo a tema.
Queste donne oggi sono delle mamme che portano le loro figlie al centro commerciale, e queste guardano con un grosso sorriso all’orso di peluche mascotte delle Pretty Cure di quest’anno: “Mama, mite! Mofurun, kawaii!!!” . Anche per quelle bambine, come fu per le loro madri, le maghette rappresentano un sogno, un modello, degli splendidi personaggi che sono un po’ amiche e un po’ eroine da prendere ad esempio, che sbagliano, amano e soffrono, esattamente come ogni ragazzina, e insegnano ai loro spettatori ad affrontare la vita con coraggio, anche se nella vita non ci sono veri e propri mostri da combattere e non si può trasformare vestendo abiti ricchi di fiocchi e gioielli e lanciare incantesimi con scettri incantati.

E noi maschietti, che per forza di cose ci troviamo a guardare a queste maghette con meno coinvolgimento rispetto alle spettatrici? A noi rimangono dei personaggi splendidi, che riescono non di rado a toccare anche il nostro cuore, facendoci pensare a quanto sarebbe bello, ad esempio, avere come propria fidanzata una ragazza bella, gentile, forte e altruista ma anche dolce e umana, come Sailor Moon.
Purtroppo per noi, le majokko non esistono davvero, ma gli autori di questo tipo di serie hanno sempre costruito i loro personaggi in modo che ci fosse una fortissima identificazione tra l’eroina e la spettatrice, al punto che intere generazioni sono cresciute e continueranno ancora a crescere portando nel cuore gli insegnamenti e gli esempi di queste eroine, che resteranno per sempre come un mito d’infanzia, un’amica inseparabile, un indimenticabile primo amore, una parte importantissima di ciò che le spettatrici (e anche gli spettatori di sesso maschile, in fondo) diventeranno da grandi.
Credo che continueremo a vedere serie majokko ancora per molto tempo, finché le bambine continueranno a sognare, a crescere e ad aver bisogno di eroine che le rappresentino sullo schermo televisivo. E visti i bei contenuti pedagogici che queste serie nascondono dietro i loro colori accesi, i loro costumini fashion e il vasto giro di merchandise collegato, non credo affatto sia un male.
E voi? Quali sono le vostre serie majokko preferite? Quali sono i motivi che vi hanno portato ad appassionarvi a questo genere di anime? Fatecelo sapere nei commenti!


Fonte consultata:
Anime News Network