Il giorno della propria partenza, di qualunque tipo, è sempre molto particolare, soprattutto se si tratta di una partenza "importante", di quelle che ci porteranno lontano nel tempo e nello spazio.
La rugiada sui ciuffi d'erba in giardino, il traffico, il cielo stellato, la prima canzone che il nostro riproduttore musicale decide di mandarci: tutti questi dettagli, presenti o assenti che siano a seconda del contesto, definiscono il primo passo verso terre lontane, la prima pietra di una costruzione che verrà edificata, di volta in volta, dalle persone che incontreremo, dai luoghi che visiteremo, dalle nozioni che impareremo.
Che si tratti di un trasferimento duraturo in una grande città da una campagna, di una vacanza su monti sperduti o di un viaggio di formazione, ogni partenza segna la fine di un'epoca e l'inizio di un'altra.
Quando, ormai quasi diciassette anni fa, il giovane Rosso che è in noi fan italiani partì per un viaggio alla scoperta del meraviglioso mondo dei Pokémon, per noi nulla fu più come prima: vide la luce anche qui nel Bel Paese un fenomeno che, pur con fasi di diversa prosperità, tutt'oggi brilla di un'intensissima luce propria, e come esempio basta il grande successo di Pokémon Go quest'estate, che ha coinvolto anche personaggi famosi, è stato citato in video musicali e programmi televisivi in ogni angolo del pianeta.
E dopo quasi diciassette anni di attesa, il manga Pokémon: La Grande Avventura, nella sua saga dedicata ai primi capitoli dell'epopea videoludica (Rosso, Blu e Giallo), giunge finalmente da noi in maniera degna, più che degna, anzi: decisamente principesca.
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Rosso è un giovane allenatore di Pokémon originario di Biancavilla, una pacifica cittadina della regione di Kanto, e da qui partirà alla ricerca di avventure per diventare il migliore del mondo, e completare il Pokédex: da uno spunto, quello dei videogiochi, estremamente semplice, Hidenori Kusaka imbastisce una trama affascinante, ben sviluppata, appassionante e ricca di spunti introdotti di soppiatto e poi sviluppati all'improvviso, tempo dopo, andando a completare una vicenda risolta in modo maturo, per quanto con i toni fanciulleschi adatti a uno shonen che parla di Pokémon ed è per tutte le età.
Per quanto infatti gli incontri tra Pokémon siano più violenti rispetto alla celeberrima serie animata, e coinvolgano anche gli umani, che a volte sono bersaglio principale degli attacchi, il tutto è meravigliosamente tratteggiato con i toni teneri, garbati ed espressivi di Mato, che delinea mostri e umani con uno stile tanto personale quanto simile al design originale di Ken Sugimori, tant'è che spesso e volentieri le persone tendono al super-deformed.
Questo non significa, però, che quando necessario i disegni non sappiano rappresentare situazioni drammatiche o adrenaliniche, anzi: più la storia si avvicina ai suoi climax, più l'epicità delle situazioni e dei combattimenti si percepisce dalle vignette.

L'efficace stile di disegno, adrenalinico come uno Yu degli Spettri e dolce come un Ufo Baby, riesce infatti nella non facile impresa di raggiungere una totale sintonia con la trama, andando a formare un'opera realmente per tutte le età e tutti i gusti: un po' kodomo, un po' shonen, un po' shojo, rende quest'opera veramente "completa", in grado di attirare, e soddisfare, un pubblico eterogeneo.
E visto che si è nominato Yu Yu, è palese come l'autore abbia saputo prendere il meglio del manga per ragazzi anni '90, impregnando le vicende originali dei videogiochi delle migliori caratteristiche di opere come Dragon Ball e Kenshin Samurai Vagabondo: battaglie tra protagonisti e cattivi affrontate "uno per volta", dando il giusto spazio a tutti, nemici redenti carismatici, ironia nei momenti giusti, intrighi, storie passate dei personaggi.
A questo si aggiunge un sapiente uso del fanservice nella sua accezione più generica e, in un certo senso, "positiva": l'autore sa cosa potrebbe mandare in sollucchero il lettore (dell'epoca, ma con un minimo di pensiero retroattivo, anche attuale) e usa queste armi sapientemente, e naturalmente non si tratta di pelle femminile scoperta, quanto più di dettagli presi con intelligenza dagli altri popolarissimi media in cui i Pokémon spopolano e hanno sempre spopolato.
È inoltre palese come siano state ben recepite, dall'autore, le tematiche principali dei giochi, per quanto in essi vengano esplicitate solo in parte: punto fondamentale della vicenda è il legame tra l'uomo e la natura, e in questo caso, tra persone e Pokémon, l'eterna sfida tra progresso e ambiente, tra ambizioni umane e equilibrio faunistico, con tutte le sfumature di mezzo che è possibile sviluppare.
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L'edizione italiana, a cura di J-Pop, è di gran pregio, in tre volumi a dir poco enormi, con pagine in bianco e nero stampate su carta resistente, liscia, bianchissima, decisamente di lusso, e sovracoperta, come a voler stendere un meritato tappeto rosso a un'opera rimasta per troppo tempo esiliata in patria nonostante la sua fama mondiale, tant'è che è anche possibile acquistare la serie in blocco in un cofanetto apposito in cartoncino decisamente bello a vedersi e "caratteristico" nel suo essere mezzo bianco e mezzo rosso, a simulare i colori della PokéBall.
L'adattamento è, come già accaduto in Pokémon Nero e Bianco, praticamente perfetto, con gli stessi identici termini utilizzati nella versione italiana dei videogiochi, per quanto in un paio di casi Kusaka si sia preso la libertà di inventare un paio di mosse.
Sono presenti anche un paio di refusi, ma rispetto alla totale lunghezza del manga, si tratta di un numero irrisorio.
Le onomatopee sono tradotte in italiano, cosa che non smetterò mai di apprezzare, soprattutto perché, in questa serie in particolare, i Pokémon esclamano il loro nome come verso, e lo fanno sempre in onomatopee e non all'interno di balloons: questo, oltre a colpire duro nei sentimenti chi ha amato tanto l'anime, sarebbe risultato molto meno efficace con una notina a pie' di vignetta o con semplici ideogrammi volanti senza alcuna traduzione.
Altro dettaglio particolarmente apprezzabile è la totale assenza delle bizzarre censure che avevano inficiato alcune edizioni americane, così come il fatto che spesso, tra i vari capitoli, sono presenti approfondimenti degni di un data book, con i livelli dei vari Pokémon protagonisti, gli spostamenti dei personaggi nella mappa del gioco e altri dettagli e curiosità interessanti.

Il momento in cui un viaggio si conclude, soprattutto un viaggio che ha dato tanto al nostro cuore, è sempra accompagnato da sensazioni contrastanti: da un lato siamo ancora inebriati da un'invisibile manto tutto intorno a noi, fatto delle piacevoli sensazioni provate: le meraviglie che i nostri occhi hanno visto, il suono delle risate di chi ci è stato vicino.
Dall'altro, pensieri tristi affollano la nostra mente: rivedremo mai le persone care incontrate in viaggio? E quando? Quanto tempo passerà prima di provare ancora emozioni così forti? Quanto sarà difficile rimettere piede nella nostra vita ordinaria, dopo aver provato della reale vita straordinaria?
Le nubi nere dei pensieri e la pioggia nel cuore, però, possono innaffiare un bel germoglio: quello della consapevolezza che la fine di un viaggio, è sempre l'inizio di un altro.
Quello che si prova dopo l'ultima pagina del terzo volume di Pokémon: La Grande Avventura è esattamente questo.
Gli eroi e gli antagonisti ci hanno accompagnato, e a loro ci siamo affezionati, tantissimo, grazie alle sapienti mani di Hidenori Kusaka e Mato, che li hanno saputi manovrare con destrezza dalla prima all'ultima pagina, ma è finita.
È finita, sì, ma come finisce la nostra canzone preferita dopo un ascolto, una felice tempesta interiore pronta a ricominciare in qualsiasi istante.
Se si amano i Pokémon, o le avventure ben realizzate e ben disegnate, questo manga è l'ideale, e una lettura consigliata anche se la conoscenza del marchio Nintendo è estremamente ridotta nel lettore.
Una volta conclusa l'esperienza, sarà come essere di ritorno da un bellissimo viaggio: malinconici, ma speranzosi verso un futuro che, forse, sarà d'oro.
E d'argento.