Sukasuka, abbreviazione ufficiale di "Shuumatsu Nani Shitemasuka? Isogashii Desuka? Sukutte Moratte Ii Desuka?" (Che farai alla fine del mondo? Sei impegnato? Verrai a salvarmi?), altrimenti noto come WorldEnd, è la trasposizione anime di una light novel di 5 volumi scritta da Akira Kanero e illustrata da Ue.
 
Sono passati cinquecento anni da quando l’umanità si è estinta a causa di esseri mostruosi conosciuti come “Bestie”. Le poche razze sopravvissute si sono ritirate a vivere su delle piccole isole fluttuanti, mentre la terra è invece dominata da queste bestie di cui esistono 17 diverse specie. Le uniche armi in grado di ferire le bestie sono le "DUG Weapon", armi che 500 anni prima solo gli umani potevano brandire e che ora possono utilizzare solo i Leprecauni, una misteriosa razza con l'aspetto di giovani ragazze per le quali la certezza di morire in battaglia è solo una questione di tempo.
Nella vita di queste giovani ragazze e in particolare di Chtholly, entra una figura molto particolare: Willem Kmetsch, un giovane ragazzo che ha perso ogni cosa cinquecento anni fa, l’ultimo essere umano ancora in vita, risvegliatosi dopo essere stato ibernato per tutti questi secoli.

Innanzi tutto va inquadrata e accettata l'ambientazione: si tratta di un fantasy. Il mondo è completamente distrutto e anche i pochi agglomerati sulle isole fluttuanti sono in costante pericolo. Willem è un ex-combattente che si risveglia dopo oltre 500 anni in un mondo a lui totalmente estraneo e solo delle giovani ragazze possono combattere contro i mostri. Forzature? Forse in parte sì, ma molte cose vengono spiegate successivamente con rivelazioni che arriveranno man mano al protagonista Willem (e quindi allo spettatore) come pugni nello stomaco. La serie inizia sì, con mille dubbi e misteri, ma tutto sommato non servirà la novel per trovare risposta a molte domande (non tutte in realtà, ma ci arriviamo dopo).
 
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Il cuore di Sukasuka non è né il fantasy, né i combattimenti: si tratta sostanzialmente della storia d'amore tra Willem e Chtholly. Gli episodi più belli però sono nettamente il primo e l'ultimo anche dal punto di vista tecnico.
Non è uno spoiler dire che occorre tenere i fazzoletti a portata di mano: l'anime inizia infatti proprio dalla scena finale (e probabilmente anche per questo motivo l'ultimo episodio è il più spettacolare come animazioni) e mostra subito una scena tragica con cadaveri e feriti gravi, e quindi, una Chtholly con i capelli rossi e arma in pugno che si getta nel vuoto affermando di essere la ragazza più felice del mondo.

Stop e Rewind: si torna indietro al primo, fortuito incontro tra Willem e Chtholly. Qui le parole lasciano subito spazio alla prima opening che serve anche a mostrare l'ambientazione circostante più di mille descrizioni. Nei luoghi che fanno da scenario all'incontro vengono mostrate le varie razze che popolano la città, le isole fluttuanti e le navi volanti usate per collegarle: insomma il regista Jun'ichi Wada si rivela molto abile a fornire tutte le informazioni del setting di cui lo spettatore ha bisogno pur focalizzando l'attenzione all'incontro tra i due.

E davvero stupendo ed evocativo è il sottofondo musicale scelto. Si tratta di una cover di Tamaru Yamada della versione di Simon & Garfunkel di "Scarborough Fair", una ballata celtica (probabilmente del '600 e si suppone si riferisca a delle epidemie di peste) di cui esistono tantissime variazioni. Nella ballata un giovane che invita l'ascoltatore a domandare alla sua ex amata di svolgere per lui una serie di imprese impossibili come cucire una camicia senza ago e filo, o lavarla in un pozzo senza acqua per dimostrare di essere il suo vero amore. In conclusione la ballata sottolinea come a volte l'amore richieda compiti impossibili, ma anche come ogni cuore richieda forza, coraggio e conforto.
C'è tutta l'essenza dell'anime in questo passaggio, e probabilmente il filmato, dice molto più di tante descrizioni. Una cosa è certa però (e rende più facile la recensione): se i primi 10 minuti non vi bastano a farvi innamorare dell'anime, probabilmente non è il titolo che fa per voi.
 

Al termine del primo episodio, Willem, eroe di guerra, e sostanzialmente in congedo dalle battaglie, viene mandato a prestare servizio presso l'orfanotrofio dove, sin da piccole, le ragazze chiamate "leprecauni" (o fate), vengono cresciute al solo scopo di sacrificare la propria vita in guerra. Nella vita delle ragazze non c'è spazio per interessi personali o per l'amore (e d'altronde sono anche tutte donne a livello fisico in un mondo in cui non ci sono più esseri umani e quindi in ogni caso non si potrebbero riprodurre, non in modo naturale almeno): chi non muore come bomba umana, finirà prima o poi sopraffatta dal "veleno" generato nel proprio corpo a causa dell'utilizzo delle dug weapon.
La situazione però di uomo solo in mezzo a tante ragazze (la maggior parte sono ancora molto piccole, ma non mancano le più grandi) è troppo ghiotta per non strizzare l'occhio al pubblico più otaku ed ecco che cominciano ad apparire situazioni cliché da harem condite con abbondante fan service.
 
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Inizialmente Willem vede Chtholly solo come una ragazzina immatura, poi con il procedere della storia capisce di non volerla perdere e allo stesso modo lei comincia a pensare di voler stare accanto a lui e di non voler più votare la sua vita a morire in guerra. Emblematico è l'episodio in cui Willem attende che lei torni da una battaglia per poi perdere l'aplomb che aveva mantenuto fino a quel momento, finendo col mettere Chtholly in imbarazzo.

Abbandonato il fan service iniziale, molti episodi centrali proseguono in modo decisamente compassato, occupandosi più di sviluppare il rapporto dei protagonisti che non l'ambiente circostante. Le battaglie, come detto, neanche vengono mostrate: si preferisce ad esempio più indugiare sull'attesa di
Willem che non su cosa accade sul campo di battaglia vero e proprio. Spesso inoltre vengono fatte rivelazioni importanti e drammatiche che farebbero prevedere una svolta degli avvenimenti che non avviene mai. Ci si concentra invece con i due, tenendo però sempre concreto il senso di precarietà e fragilità della situazione e con una Chtholly che sempre più subisce gli effetti delle battaglie e da man mano l'impressione di spegnersi lentamente.
 
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Nell'ultimo episodio invece, la tensione torna a crescere e ci si ricollega finalmente ai primi secondi del primo episodio. Tutto l'ultimo episodio è spettacolare: dalla base musicale, sempre di Tamaru Yamada; alle animazioni del combattimento (specialmente nella cura dei movimenti e dei capelli di Chtholly); al background che va dal giallo intenso del tramonto al rosso cremisi del crepuscolo e che contrasta in modo fortissimo con le zona d'ombra estremamente pesanti disegnate sui personaggi. Tendo a pensare che il finale sia stato preparato sin dall'inizio, dato che spesso a fine serie i tempi stretti di chiusura episodio si fanno sentire.
 
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Due sono le critiche maggiori che si trovano spesso all'anime:
1) La serie è composta da 5 novel, 12 episodi hanno dovuto riassumere troppo.
2) Gli ultimissimi secondi rimettono in gioco tutto il significato precedente.

Innanzi tutto la prima questione è facilmente smentibile dato che la novel si trova online tradotta amatorialmente in inglese. Non è vero che l'anime copra 5 novel in 12 episodi. Copre le prime 3 novel e basta. Non sono neanche tanto lunghe come novel, per cui la trasposizione non omette nulla d'importante. Semmai il problema è che indugia molto sulla storia d'amore e a volte le spiegazioni passano in sordina laddove nella novel alcuni passaggi sono più chiari. La storia non rimane senza finale, l'anime può benissimo chiudersi qui, restano però irrisolte alcune questioni. Che venga fatta una seconda stagione però è irrilevante per quello che racconta l'anime.

Per la seconda questione invece il regista ha realmente voluto un po' giocare con lo spettatore laddove la novel è invece chiara. Difficile spiegare senza spoilerare, ma tutto dovrebbe tornarvi sapendo che quanto viene mostrato negli ultimi secondi è un flashback (tale scena è così presentata nella novel, ma non nell'anime e questo può generare confusione).
 
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Lei, l'arma finale (Saikano) e Sora no Woto sono i titoli che più si avvicinano a Sukasuka. Il primo per tipo di svolgimento con premessa e situazione a limite dell'assurdo, storia d'amore dai risvolti tragici, rivelazioni con pugni nello stomaco e finale molto intenso; il secondo più per un tipo di ambientazione da fine del mondo e vita che va avanti in ogni caso: una tipicità più degli episodi centrali.

Se dal secondo si discosta però molto e possiamo trovare delle similitudini solo in alcuni episodi, è invece più interessante il confronto con Saikano rispetto al quale ho trovato Sukasuka decisamente superiore. Tralasciando i 15 anni di differenza tra le due opere, Saikano non dava troppe spiegazioni per la situazione, laddove qui almeno il setting di base fantasy aiuta ad accettare determinate forzature di partenza. Il comparto sonoro di Saikano non era così curato come in Sukasuka e allo stesso modo quello grafico. In Saikano spesso si indugiava più su scene crude e violente che non sui protagonisti, cosa che qui non avviene, anzi si può dire che l'azione è davvero ridotta solo al finale. Certo in Saikano contava più il messaggio che il contorno, ma è stupefacente vedere come nel confronto tra quella che all'epoca era considerata una "pietra miliare" dell'animazione e quella che è un'opera minore in una stagione anime dominata da titoli di grossa popolarità, la prima ne esca con tutte le ossa rotte.
 
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In definitiva è un anime che ho apprezzato molto e cha ha la sua forza maggiore nel primo e nell'ultimo episodio. Sono stato ad un passo dal lasciarlo dopo 5/6 episodi dato che non sembrava decollare, ma sono contento di aver proseguito fino alla fine. L'atmosfera è quella da storia d'amore tragica dove guerra e combattimenti sono solo il sottofondo. Il livello tecnico è buono e le musiche che sottolineano le scene sono assolutamente fenomenali. Peccato per i difetti su esposti e per il solito problema degli anime odierni tratti da novel di essere in qualche modo meno fruibili a sé stanti senza conoscenza dell'opera originale. Assolutamente da vedere se siete inguaribili romantici e non disdegnate le atmosfere tragiche o tristi.