Sono sempre più frequenti, e non soltanto nel mondo nipponico, gli adattamenti cinematografici da libri, fumetti e persino da altri film. Ma quanto frequentemente capita che queste trasposizioni vi catturino al punto da incuriosirvi a leggere o visionare anche l'opera originale?
A quanto pare, il film live action di Tokyo Ghoul riesce abilmente a fare proprio questo.
 
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Dopo essere sopravvissuto all'incontro con un Ghoul mangiauomini, il protagonista Ken Kaneki (Masataka Kubota) si risveglia in ospedale senza appetito. O meglio, scopre di ambire alla carne umana, ma resiste all'impulso con tutte le sue forze. Fortunatamente, un gruppo di Ghoul prendono il ragazzo sotto la propria ala per apprendere più cose su di essi stessi e sul timore che inducono nelle persone.

Il titolo stesso, Tokyo Ghoul, ci porta facilmente a pensare che il focus della storia sia sul protagonista cannibale, quando in verità il film si concentra più sul dramma del personaggio che su qualunque altra cosa. E ciò è particolarmente vero se consideriamo che vediamo Ken affrontare l'idea che, per sopravvivere, deve iniziare a nutrirsi di persone. E' un pensiero inquietante, qualcosa su cui probabilmente non ci si sofferma mai a riflettere più di tanto, ma il film pone la questione allo spettatore in svariate maniere intelligenti, allargandosi fino a chiedersi dove sia la moralità del mangiare essere umani per sopravvivere, e le relative implicazioni sociali che ciò comporta.
Se guardiamo alla figura di Ken, possiamo notarne il combattimento interiore: nutrirsi di essere umani, oppure morire di fame. E qui si trova la chiave del film, ovvero come Ken cerca di trovare la risposta che più si adati a lui. Ad esempio, già in una scena collocata nella prima parte del film, vediamo Ken camminare per Tokyo in cerca di un pasto; quando si rende conto di non riuscire a mangiare umani, non sa che cos'altro potrebbe fare. In quanto umano divenuto ghoul, il pensiero lo ripugna, ma poiché la fame è un'urgenza ben più potente, lo vediamo anche riconsiderare l'idea quando gli viene dato di scegliere se nutrirsi del suo amico Hideyoshi "Hide" Nagachika o di salvargli invece la vita.
 
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Per Ken, questo è il vero test sulla forza di volontà perché non mangia nulla da giorni, e l'espressione dipinta sul suo viso mentre contempla Hide come possibile pasto è quella di pura estasi. E tuttavia, poiché Hide è un suo amico, la domanda che viene posta allo spettatore del film è: Ken dovrebbe nutrirsene, oppure no?
Per la maggior parte degli altri ghoul, la domanda non si pone nemmeno. Hanno bisogno di carne umana per sopravvivere, quindi se la procurano.
Per Ken, invece, ci sono delle barriere etiche e morali da attraversare: mangiare un amico? Oppure magari nutrirsi del proprio animale domestico? Perché è indubbio che Ken non veda più Hide solo come un amico, ma anche come un potenziale approvvigionamento di cibo. Per questo motivo, quando il film prosegue in una scena scomoda di Ken che fa baldoria nel resistere dall'assaggiare l'amico, ciò rafforza la comprensione dello spettatore nel capire ciò che sta passando dentro la testa del ragazzo.
 
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Tokyo Ghoul fa fare al dilemma di Ken un passo in più, segnalando apertamente che ciò che i Ghoul fanno è dettato dalla necessità di sopravvivere. Certamente alcuni amano la caccia, ma nel film vengono mostrati sostanzialmente altri Ghoul che vorrebbero semplicemente vivere in pace. La relazione madre-figlia tra Ryoko e Hinami Fueguchi lo illustra al meglio: entrambe sono Ghoul, eppure non desiderano far male agli esseri umani, per quanto abbiano bisogno di questi ultimi per sopravvivere. Alla fine, tutto ciò che desiderano è di essere lasciate in pace e poter vivere senza divenire oggetto di derisione. Però, le due vengono inseguite dagli investigatori della Commissione Anti-Ghoul Kureo Mado e Kotaro Amon, non tanto perché abbiano fatto qualcosa di sbagliato, ma proprio in quanto Ghoul.

Ryoko e Hinami non sono colpevoli di qualcosa in particolare, né viene mai affermato che abbiano contribuito attivamente all'uccisione di un umano. E tuttavia, Kureo e Kotaro le inseguono proprio perché appartenenti a una determinata "razza", nate e "marchiate" in un certo modo. E ciò ci aiuta a capire il tipo di ostracismo e le battaglie che Ken dovrà affrontare nella sua nuova vita.
 
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In buona sostanza, se le serie animate impiegano 24 episodi nel complesso per disvelare temi e questioni, in un paio d'ore il film di Tokyo Ghoul offre un buon compromesso quanto al riassumere sul tavolo svariate domande piuttosto interessanti. Ma solo quel tanto che basta a desiderare di sapere cos'altro accadrà a Ken. 

Fonte consultata:
Anime Now