Con il termine Shojin Ryori si indica il tipico e tradizionale pasto consumato dai monaci buddisti nei templi diffusi in tutto l'arcipelago e che ha origine con l'arrivo nel paese del buddismo Zen intorno al 13° secolo.
Poichè nelle ricette non vi sono carne, pesce o altri prodotti animali, essa può essere consumata da tutti, compresi i vegani e i vegetariani. Fra le portate, troveremo piatti a base di soia come il tofu, verdure di stagione e piante selvatiche di montagna; si ritiene che tutti questi ingredienti portino equilibrio e allineamento al corpo, alla mente e allo spirito. Dal Shojin Ryori ha inoltre avuto origine anche la tradizionale ed elegantissima cucina kaiseki.
 

La shojin ryori fu introdotta in Giappone dalla Cina grazie al monaco Dogen, il fondatore del buddismo Zen, in cui si enfatizza la meditazione seduta. Poiché la tradizione buddista proibiva di uccidere gli animali per cibarsene, in quanto si credeva che ciò offuscasse lo spirito e interferisse con la meditazione, i pasti iniziarono ad essere preparati senza carne o pesce e si evitavano anche aromi pungenti come aglio o cipolla.
Nonostante questi principi, non crediate che la cucina buddista nipponica sia insipida! Per dare sapore i monaci usano infatti la "regola del 5": ogni pasto infatti deve offrire 5 colori (verde, giallo, rosso, nero e bianco) e cinque sapori (dolce, aspro, salato, amaro e umami), estratti naturalmente dagli ingredienti piuttosto che ricreati con aromi aggiuntivi.
 

Si crede infatti che questo equilibrio di colori e sapori sia in grado di fornire equilibrio nutrizionale e al tempo stesso mantenga il corpo in armonia con le stagioni. Ad esempio, in estate, cetrioli e pomodori forniscono refrigerio, mentre in autunno e in inverno i tuberi e le radici riscaldano il corpo.
Inoltre tutto è curato per ridurre al minimo gli sprechi, usando ad esempio anche le bucce di carota e di ravanello o le verdure a foglia verde per preparare una semplice zuppa con cui accompagnare il pasto.
 

Gli ingredienti principali usati nella shojin ryori sono molto popolari anche al di fuori di essa: tofu, abura-age (cagliata di soia fritta), koya-dofu (tofu essiccato) e natto. Ma anche il fu (alimento tradizionale a base di glutine di grano), spesso associato al al konnyaku, un prodotto simile alla gelatina ricavato dalla pianta konjac, a cui si aggiungono le verdure tipiche di ogni stagione. Ad esempio pomodori e melanzane in estate, kabocha (zucca giapponese) e patate dolci in autunno, daikon e tuberi in inverno, gemme di fuki e semi di colza in primavera per aggiungere un sapore delicatamente astringente.
 

I condimenti sono usati con parsimonia e servono solo a esaltare i sapori delle verdure; fra quelli più utilizzati ci sono il brodo dashi fatto con l'alga kombu, la salsa di soia, il sake, il mirin (vino dolce di riso), il miso (pasta di fagioli di soia fermentata), l'aceto e l'olio di sesamo. Recentemente in alcuni templi si è introdotto l'uso del latte e dei suoi derivati: sebbene non sia tradizione in quanto il latte è arrivato in Giappone solo recentemente, alcuni monaci ritengono che usare il latte non procuri danno agli animali.
 

Un tipico pasto shojin ryori è solitamente strutturato intorno al principio "ichi ju san sai", che tradotto significa "una zuppa, tre piatti" più riso e sottaceti. La zuppa può essere una vellutata di carote o di zucca fatta con latte di soia, o ancora la kenchinjiru, un tipo di zuppa chiara fatta con tuberi, dashi e tofu. Le altre tre portate sono in genere piatti piccoli come il goma-dofu (tofu al sesamo) guarnito con zenzero o wasabi appena grattugiato e salsa di soia.
Ma si può trovare anche la tempura di verdure (prima marinate in una salsa a base di miso) oppure il nasu dengaku a base di melanzane fritte con una ricca glassa di miso. Oppure possono essere presenti le insalate come la shiro-ae, a base di tofu e verdure aromatizzate con salsa di soia e sesamo, o la namasu, con verdure tipo daikon e carota tagliate alla julienne e condite con l'aceto.
 

Per gustare la cucina shojin ryori oltre a pernottare in un tempio buddista (come il Koyasan sulle montagne della prefettura di Wakayama), si può scegliere fra le mille proposte delle grandi città del Giappone come Kyoto, Tokyo, Osaka e Nagoya dove sta diventando molto popolare soprattutto fra chi vuole coniugare dieta e gusto.

Fonte consultata:
SavorJapan

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