Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Se mi venisse chiesto di riassumere in una frase la mia opinione su “Jibaku Shonen Hanako-kun”, direi sicuramente che si tratta di una serie carina che però non ha senso di esistere. L’anime, tratto dall’omonimo manga di Iro Aida, si basa su un’opera sconosciuta ai più, tuttavia è riuscito ugualmente a guadagnarsi una modesta fetta di pubblico grazie al suo character design particolarmente carino. Sfortunatamente, però, questo è anche il suo unico lato positivo, in quanto è difficile chiamare “anime” un’opera che di fatto non contiene quasi nessuna scena animata.

La storia è incentrata su una studentessa di nome Nene che, al fine di esaudire un suo desiderio romantico, ha deciso di evocare Hanako-kun, un fantasmino che vive in uno dei bagni femminili della scuola. Per una serie di sfortunati eventi, però, la ragazza sarà costretta a diventare la sua assistente e ad occuparsi dei fenomeni paranormali della scuola.
Ciò che conquista il cuore dello spettatore è sicuramente l’abbondanza di ‘pucciosità’ presente in questa serie. Con questo non mi riferisco solo allo stile di disegno, ma anche alle personalità di ciascuno dei personaggi. Hanako-kun è un ragazzino sicuramente molto simpatico e misterioso, ma passa facilmente in secondo piano se paragonato alla dolcezza di Nene. La ragazza, infatti, è molto gentile e allo stesso tempo molto impacciata, al punto da creare una serie di situazioni davvero divertenti. Si tratta senz’altro di una delle colonne portanti di questa serie, nonché del mio personaggio preferito tra tutti quelli presenti. Al duo di protagonisti si aggiungerà anche Kou, un esorcista molto orgoglioso, ma anche abbastanza gentile da decidere di aiutare Nene nel suo ruolo di assistente. Sfortunatamente, nonostante si tratti di uno dei personaggi più importanti, è anche uno dei più sacrificati. Uno dei tanti difetti di questa serie, infatti, è la mancata introspezione di alcuni personaggi. Dopo alcuni episodi autoconclusivi, l’anime avrebbe dovuto procedere con l’adattamento di alcuni archi narrativi più lunghi, invece questi archi sono stati tagliati e rimodellati, eliminando molti approfondimenti importanti riguardanti alcuni personaggi secondari che nell’anime sono stati relegati al ruolo di mere comparse.

Dal punto di vista tecnico, il character design ha dei lineamenti molto morbidi, che, unito al carattere dei personaggi, crea un prodotto davvero irresistibile per le amanti delle cose dolci e carine. Ho trovato interessante anche l’inquadratura a “vignetta” utilizzata per gran parte delle scene, ma allo stesso tempo è anche ciò che mi ha delusa di più, in quanto, come ha fatto notare qualcuno, talvolta si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una visual novel. Le animazioni presenti in questa serie, infatti, sono ridotte al minimo, al punto da diventare quasi delle semplici immagini che compaiono e scompaiono una dopo l’altra, mano a mano che si procede con la lettura dei sottotitoli. Anche le OST sono decisamente dimenticabili a causa della frequente ripetizione di pochi brani, ma paragonate agli altri difetti direi che rappresentano il male minore.

La serie resta tutto sommato carina, quindi chi non ha letto il manga non ha di che lamentarsi, ma per chi lo ha fatto la questione è diversa, in quanto si tratta di un boccone davvero difficile da digerire. L’anime risulta godibile solamente grazie agli aspetti positivi ereditati dall’opera originale, ma fallisce completamente nel suo compito. Per tale motivo non posso che sconsigliare la visione dell’anime e raccomandare la lettura del manga. Non vale la pena dedicare del tempo a questa serie animata, quando esiste un formato decisamente migliore.

8.5/10
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“Homunculus” è un manga di Hideo Yamamoto, edito in italia da Planet Manga e raccolto in 15 volumi. La storia parla di Susumu, un senzatetto che vive nella sua auto parcheggiata a metà tra una tendopoli ed un hotel di lusso. Un giorno riceve visita da un laureando in medicina, tale Manabu, un misterioso ed inquietante giovane che sta cercando una cavia per il suo esperimento. L'esperimento è la "trapanazione", tecnica che consiste nell'aprire un piccolo buco nel cranio del paziente per risvegliarne il sesto senso. Manabu offre a colui che si sottopone all'operazione ben 700.000 yen. Nelle condizioni in cui verte, Susumu sarà costretto ad accetare l'esperimento, proiettandosi in un vero e proprio incubo kafkiano. Dopo l'operazione infatti, Susumu si scopre in grado di vedere, tramite il suo occhio sinistro, gli Homunculus, ovvero le patologie dell'anima.

L'incipit è geniale, tra i più originali degli ultimi anni, coadiuvato da un ritmo narrativo volutamente lento ma incredibilmente coinvolgente. Con un leggero calo riscontrabile nel pre-finale. La regia delle tavole è claustrofobica, inquadrature strette e frequenti primi piani che trasudano inquietudine la fanno da padrone. Il tratto è pulito, realistico, curati in particolar modo i fondali e l’espressioni dei personaggi.
Yamamoto dimostra una fervida immaginazione nella realizazzione degli Homunculus, spaziando da creature di sabbia ad ammassi di ferraglia, da colossi d'acqua a donne con sei gambe e tre vagine, e chi più ne ha più ne metta. Le patologie dell'anima infatti non sono altro che la materializzazione delle turbe mentali dei protagonisti, delle paure e dei drammi vissuti dagli stessi, ed il lettore sarà spesso in grado, dalla sola rappresentazione dell'Homunculus, di risalire al background del personaggio.

L'autore ci va giù pesante, elargendo taglienti critiche soprattutto al capitalismo, al conformismo ed alla chirurgia estetica. Ognuno di noi ha un costrutto, una barriera che mette tra se ed il mondo. Yamamoto punta ad abbattere queste barriere, costringendo il lettore a guardarsi dentro, per quanto talvolta sia doloroso. Sottintendendo ad un mondo che bada sempre di più alle apparenze, che conta ciò che si è, non come si appare.
È nell'introspezione e nella caratterizzazione psicologica che il mangaka da il meglio di sé. I personaggi infatti sono pochi, ma tutti profondi e curati senza mai risultare stereotipati. Il migliore risulta Manabu (con il suo Homunculus) realizzato davvero in modo egregio. Non ho gradito invece la scelta di accantonare alcuni personaggi (a volte anche dopo un solo volume) e di far sorregere praticamente tutto il plot narrativo a Susumu e Manabu, che per quanto abbiano personalità profonde, se supportati in modo più costante dai comprimari avrebbero reso la lettura un tantino più scorrevole. Avrei approfondito maggiormente alcune cose (tipo l'incidente causato da Susumu al suo amico d'infanzia), e dato più background ad alcune personalità bizzarre.

Il finale è secondo me perfetto per un dramma onirico di questa caratura, con un crescendo di violenza che culmina in uno psichedelico epilogo carico di pathos.
“Homunculus” è un'opera malata, disturbante, perversa. Una lettura unica ed inimitabile che chiunque abbia lo stomaco abbastanza forte da sopportare il cinismo di Yamamoto dovrebbe regalarsi.

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Chi non vorrebbe essere speciale, nato con poteri paranormali che gli permettano di fare cose incredibili?
Saiki, ecco chi.
Saiki Kusuo è dotato fin dalla nascita di capacità fuori dal comune, ma vorrebbe solo farsi una vita tranquilla e passare inosservato; è un misantropo, perché l'attenzione della gente lo irrita, e, quando sei in grado di teletrasportarti, far volare gli oggetti e leggere nella mente, è facile farti notare, anche controvoglia. Per questo motivo, il nostro cerca sempre di non attirare l'attenzione, prendendo voti né troppo alti né troppo bassi a scuola, evitando di eccellere nello sport nonostante le sue capacità fisiche sovrumane, e soprattutto nascondendo i suoi poteri agli altri, ma a tutto questo c'è un forte ostacolo: Saiki è particolarmente empatico e, nonostante cerchi di evitare le scocciature che il prossimo può portargli, finisce spesso per aiutare, dietro le quinte, chi ne ha bisogno, e uno strano karma lo fa finire sempre oggetto della gratitudine altrui, portandolo a costruire una cerchia di amici non desiderati, a cui, però, potrebbe abituarsi...

"Saiki Kusuo no Psi Nan" è la (seconda) conversione anime del manga omonimo di Shuuichi Asou, pubblicata su Shounen Jump e già arrivata al ventesimo volume: non è difficile capire come questa serie abbia ottenuto il successo che ha in patria, seguendone la conversione anime.
Di commedie scolastiche ce n'è quante stelle ci sono in cielo, ma poco spesso si assiste a un'opera in grado di prendere in giro il genere e mostrare personaggi fuori dai cliché, o meglio, che prendono i luoghi comuni e ne fanno una parodia azzeccata: il compagno di classe "grosso e poco sveglio" del protagonista è talmente "poco sveglio" che la telepatia su di lui non funziona; la "bella della scuola" ha un'aura dorata perennemente intorno e fa di tutto per essere pura, dolce e delicata, impuntandosi se qualcuno non viene colpito dalla sua bellezza; lo sportivo del gruppo è talmente fissato per la competizione da sfiorare l'autolesionismo.
Ma attenzione: la serie non è una parodia del cliché, ma vuole raccontare una storia, sfruttando la presa in giro di questi canovacci solo di tanto in tanto.

Un punto a favore di "Saiki Kusuo no Psi Nan" è la durata degli episodi: in Giappone andava in onda quotidianamente, dal lunedì al venerdì, con episodi da cinque minuti, e i cinque episodi settimanali venivano poi "fusi" in una puntata canonica da venticinque minuti domenicale: questo aiuta moltissimo a mantenere il ritmo delle gag alto, perché un episodio di durata così breve non può avere punti morti e, al contempo, la frequenza con cui gli episodi venivano trasmessi permetteva di limare la sensazione di "assaggio che non sazia" tipico delle serie con puntate di breve durata.
Questo aiuta a familiarizzare rapidamente con tutti i personaggi (visto che in una ventina di minuti si possono avere cinque storie differenti con cinque comprimari differenti, e i personaggi secondari sono moltissimi, e ben caratterizzati), senza però sacrificare la narrazione in sé e per sé: ci sono anche delle piccole "saghe" che possono coprire cinque, dieci mini-puntate e che raccontano il cambiare del rapporto tra il protagonista e gli altri; questo perché la serie ha comunque una trama di fondo, che ci mostra la graduale apertura di Saiki nei confronti degli ignari compagni di scuola, famiglia e conoscenti, facendolo evolvere pian piano e limando la sua misantropia.
Anche la vita dei personaggi secondari viene, inoltre, approfondita, con retroscena, ma anche evoluzioni di ogni genere, lavorative e sentimentali: c'è chi si innamora, chi si lascia... la situazione, anche se il genere può spesso darlo per scontato, non è statica, ma in continua evoluzione.
Nel corso dei 120 micro-episodi c'è anche la possibilità di azzardare metodi di narrazione più "particolari", legati, magari, a un evento "esterno" alla serie, come può essere il raggiungimento del centesimo episodio, e tutto questo dà quel "guizzo" in più all'opera, così come un sapiente uso dello sfondamento della quarta parete, che non lancia semplici strizzate d'occhio allo spettatore ma si limita a ridere di alcuni luoghi comuni delle opere animate e fumettiste nipponiche (scopriremo, per esempio, perché spesso negli anime vengono lacerati i vestiti lasciando solo le parti "sensibili" coperte con estrema precisione, o perché, nonostante la tipica etnia nipponica, in anime e manga ci sono personaggi con colori di capelli improbabili).

Il doppiaggio è eccellente, soprattutto per quel che riguarda il protagonista, con la voce di Hiroshi Kamiya: è una persona dal tono fondamentalmente calmo e distaccato, ma che necessariamente si trova irritato dalle persone che gli ronzano intorno, e che spesso lancia commenti caustici alle azioni e ai ragionamenti altrui, e questo viene reso benissimo dalla recitazione del doppiatore, che dà il giusto spessore al personaggio.
Nota di merito anche a Daisuke Ono, che doppia il migliore amico (o almeno così lui si autoproclama) di Saiki, Riki Nendo: è un ragazzone tonto e con la faccia minacciosa, che viene ben interpretato da un attore che, tendenzialmente, ha ruoli ben più "fascinosi".
Questi due doppiatori non mettono però in ombra il lavoro compiuto da tutto il resto dello staff, che si è impegnato molto in una serie che in certi momenti necessita di sforzi notevoli per recitare al meglio le battute dei personaggi (che talvolta parlano con una velocità volutamente eccessiva, richiedendo manovre peggiori di uno scioglilingua).

L'anime vanta una doppia coppia di opening ed ending, di Natsuki Hanae e delle Denpagumi Inc., che si scambiano i ruoli: prima l'uno si occupa dell'opening, e le altre della ending, e poi il contrario.
In tutta sincerità trovo i brani delle Denpagumi Inc. più apprezzabili e adatti all'atmosfera folle della serie, rispetto alle ballate malinconiche di Natsuki Hanae, tant'è che la prima ending, "Psi-desu I Like You", è anche la mini-sigla degli episodi singoli, ed è quindi palese come sia più "ufficiale" dell'opening degli episodi lunghi.

"Saiki Kusuo no Psi Nan" è, in conclusione, una serie che sa far buon uso di un setting abusatissimo, quello della commedia scolastica, dimostrando un carattere forte, un'innata vena comica, una genialità sull'utilizzo dei poteri del protagonista e sulle loro implicazioni, una saggia gestione dei tempi e un buon comparto tecnico: anche se conta 120 episodi, arrivati alla conclusione dispiace molto lasciarla andare, perché la serie è estremamente abile a far sentire Saiki, Nendo e gli altri personaggi "di famiglia".