Quanto può essere rigenerante ammirare un paesaggio in cui la natura si esprime in tutte le sue mutevoli forme? Purtroppo non sempre è possibile farlo e spesso quadri o fotografie non riescono a catturare l'essenza vitale.
Ecco allora arrivare l'arte del bonsai, tramite la quale si può riprodurre l'eleganza delle montagne e dei campi, l'asprezza delle scogliere, il vuoto della natura selvaggia e la bellezza delle cose che decadono attraverso una particolare tecnica di coltivazione. Potando accuratamente, riducendo le radici e aiutandosi con fili metallici, si indirizza la pianta e le si fanno assumere le forme e le dimensioni volute, sempre nel rispetto delle sue caratteristiche vegetative e funzionali.
Il bonsai ricrea un piccolo mondo, ritaglia una parte della natura e attraverso omissioni ed esagerazioni presenta a chi lo guarda l'estetica tutta giapponese di saper apprezzare la bellezza nella tranquillità e semplicità.
 

La parola bonsai è composta da due kanji: "bon" 盆 che significa "bacinella", "ciotola" e "sai" 栽 che vuol dire "piantare". La storia del bonsai risale a circa 2.500 anni fa. Nasce in Cina con il nome di penzai o bonkei e si dice che fosse praticato dall'aristocrazia.
È arrivato in Giappone tra il periodo Heian (794-1185) e il periodo Kamakura (1185-1333), quando ambasciatori e studenti buddisti giapponesi ritornarono dalla Cina con dei vasi. Tokugawa Iemitsu, il terzo shogun dello shogunato Edo, era un grande appassionato e conoscitore di bonsai e il Parco Omichi nel Palazzo Imperiale ha ancora un bonsai di pino di 600 anni che lui stesso ha coltivato.
Ovviamente arrivando in Giappone, le tecniche sono state modificate applicando alle piante coltivate i canoni dell'estetica nipponica influenzata dallo Zen. Inoltre è legato a filo doppio allo "seishi", l'arte cioè di dare una forma, di coltivare, di praticare le tecniche più svariate sempre nel rispetto della pianta. I bonsai sono dunque natura viva, piccoli alberi che malgrado le dimensioni contenute esprimono tutta l'energia che è racchiusa in una pianta grande.
 

Durante il periodo Edo (1603 - 1867), la cultura bonsai si diffuse dall'aristocrazia alla classe guerriera, fino al grande pubblico. Fino a quel momento, i bonsai si distinguevano per quanto fossero uniche le loro forme, ma dal periodo Meiji (1868-1912), lo "shizen bonsai" (bonsai naturale) che enfatizzava i paesaggi naturali divenne il più popolare e nacque un senso estetico unico.
Moltissime sono le piante che possono essere utilizzate per creare un bonsai: le più comuni sono le conifere, come il pino nero giapponese, il pino rosso e il pino bianco. Ma possono essere usate anche piante con fogliame, come la zelkova giapponese e l'acero, alberi in fiore come ciliegi e prugne e piante come felci e alberi da frutto fino ad arrivare a piante importate come cactus e succulente.
L'importante è sempre rispettare la natura e le caratteristiche della pianta scelta: si cerca di dare una forma ad alberi e arbusti come se fossero stati plasmati dall'ambiente naturale, grazie all'azione del vento o alla topografia del terreno ad esempio.
 

I bonsai, sia come senso estetico naturale sia come la filosofia orientale suggerisce, devono seguire degli stili ben precisi accomunati dalla conicità del tronco, dalla dimensione ridotta delle foglie e soprattutto dalla naturalezza della pianta stessa, che nel suo insieme ha lo scopo di riprodurre la natura in piccole dimensioni.
È importante che un bonsai evochi in chi lo guarda una sensazione di forza, maturità e, soprattutto, di profonda pace e serenità. Un altro aspetto interessante è che si tratta di un'opera d'arte mai finita: la pianta continua a crescere e modificarsi, quindi bisogna continuare ad accudirla sempre.
 

Esistono tanti stili diversi per dare una forma alla pianta. Ad esempio, c'è il "chokkan", che si applica agli alberi che crescono dritti perché crescono senza vento, come le conifere le quali riescono a mantenere vigoria nonostante le condizioni avverse. È uno stile molto vincolante che obbliga a regole fisse, definendo perfettamente la disposizione dei rami e del tronco.
Lo "shakan" invece in cui il tronco è inclinato, si riferisce agli alberi che crescono con il vento che soffia da una direzione. Il tronco e la vegetazione saranno quindi molto inclinati verso destra o sinistra, le radici robuste ed evidenti sporgeranno sulle superficie del terriccio e saranno disposte nella direzione di inclinazione della pianta.
 

Il "kengai", che si abbassa, esprime piante che crescono sulle scogliere di alte montagne o lungo la costa. Questo stile simula perciò una pianta che vive aggrappata ad un dirupo: piegata dalle intemperie, tende a crescere verso il basso e spesso l'apice dell'albero si trova più in basso della base del vaso. Se l'apice si ferma al di sopra del bordo inferiore del vaso si parla di semi-cascata o prostrato. Quest'ultimo si ispira di più agli alberi inclinati sulle sponde dei fiumi o dei laghi.
 

Se siete interessati a provare i bonsai, ma il compito vi spaventa perché vi sembra troppo difficile, potreste cimentarvi con lo "shohin bonsai" che è alto circa 20 cm nel punto più alto e può essere coltivato ​​in un breve periodo di tempo e con poco spazio. I sempreverdi robusti sono i più facili da coltivare. Anche il "Kokedama bonsai", in cui il terreno con piante e fiori viene trasformato in una sfera e ricoperto di muschio, è molto popolare.
 

Avete mai provato a coltivare un bonsai? Siete appassionati? Diteci la vostra nei commenti!

Fonte consultata:
WowJapan